Alla soglia dei 61 anni è morto Pietro Mennea

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binariomorto
00giovedì 21 marzo 2013 14:07
È morto Pietro Mennea: aveva 60 anni
L'olimpionico dei 200 era malato

Olimpionico a Mosca 1980, fu per 17 anni recordman mondiale dei 200. Un minuto di silenzio questa sera a Ginevra prima dell'amichevole Italia-Brasile, azzurri col lutto al braccio

È morto stamattina in una clinica a Roma, all'età di 60 anni, Pietro Mennea, ex velocista azzurro, olimpionico e per anni primatista mondiale dei 200 metri. Era nato a Barletta il 28 giugno 1952. Da tempo lottava con un male incurabile. Appresa la notizia, il presidente del Coni, Giovanni Malagò, è rientrato da Milano, dove si trovava per impegni di lavoro. Il numero 1 dello sport italiano ha disposto l'allestimento della camera ardente per oggi pomeriggio, nella sede del Coni, a Roma.

Il mare di Formia deve essersi intristito di brutto stamattina. Pietro Mennea è morto a 60 anni e pochi mesi – era nato a Barletta il 28 giugno del 1952 - e oltre alla sua Barletta, al suo studio di avvocato, ai tanti stadi frequentati, al dolore di sua moglie Manuela, c’è venuto da pensare a quei giorni infiniti fra l’hotel Miramare e la scuola dello sport di Formia, la sua seconda casa, diventata negli anni prima, primissima, alle mille ripetute sui 150 metri, gli allenamenti durante le feste di Natale, di Pasqua e di Capodanno, lui con quella strana tuta blu della nazionale che portava larga larga e il professor Vittori con il cronometro in mano. L’atletica era la sua vocazione, il terreno su cui aveva scelto di spremere se stesso, come disse lui in una delle tante biografie: “da quando non contavo nulla a quando una gara era diventata un esame”. E che esami. Quelli vinti, stravinti, sempre con qualche retroscena alle spalle, riempito da un’insicurezza che si trasformava in forza della natura. La natura di uomo normale che s’era messo a sfidare i marziani.

RECORD E MEDAGLIE — Pietro Mennea è stato campione olimpico a Mosca nel 1980 sui 200 metri, un anno prima s’era preso a Città del Messico il primato del mondo con quel 19”72 che sarebbe rimasto sul trono fino al 1996 (lo battè Michael Johnson prima degli anni dell’uragano Bolt), 6018 giorni di regno, e che ancora oggi è il migliore tempo di un europeo sulla distanza. Ma nel suo curriculum interminabile c’è di tutto: i tre titoli europei fra Roma ’74 (100) e Praga ’78 (100 e 200). E poi un argento mondiale con la staffetta a Helsinki ‘83. Ma a proposito di staffetta, chi non ricorda quella prodigiosa rimonta che portò al bronzo la 4 x 400 a Mosca? E non uno, ma due ritorni, come se l’atletica fosse qualcosa di cui non si riusciva a fare a meno, prima nell’82, poi nell’87. In tutto cinque finali olimpiche, 528 gare per 52 presenze in Nazionale.
Era tutto cominciato a Barletta, dove aveva cominciato con l’Avis. La pista che ha difeso con il cuore negli ultimi anni in cui l’avrebbero voluta smantellare, quella in cui realizzò quel 19”96 post olimpico, un’altra medaglia d’oro per lui. Poi era venuta quella notte a Termoli, il giorno in cui Tommie Smith l’aveva preceduto nell’albo d’oro del record del mondo dei 200 metri. Il giorno dopo avrebbe dovuto correre lui, una gara giovanile. Il momento in cui scatta qualcosa, in cui senti dentro di te una storia che prende la strada giusta. Quella che l’avrebbe portato al bronzo di Monaco, alla delusione del quarto posto di Montreal, a Praga, a quel ragazzino messicano con cui aveva condiviso la vigilia delle Universiadi nel villaggio di Città del Messico, un’amicizia portafortuna di cui ci aveva parlato a lungo. Quindi Mosca, la botta sui 100 metri, il “non corro” prima dei 200, un grande tira e molla dell’animo. E ancora il primo ritiro e poi il ritorno a Helsinki e quel viaggio all’inferno, 1984, a Los Angeles già andata, l’”assaggio” del doping, quasi il gusto perverso di vedere per un solo attimo ciò che era più lontano da lui, un atleta tutto e solo allenamento.

UOMO DI LEGGE — Raccontò e poi si mise a lottare contro il doping a testa bassa: libri, denunce, proposte di legge. Già, la Legge. Mennea ne aveva fatto la sua seconda vita. Giurisprudenza, la sua prima laurea, nell’89, subito dopo Seul. E poi Scienze Politiche, Lettere, Scienze Motorie. Un record del mondo pure questo. Se n’è andato a 60 anni. Vivendo tante vite. A un certo punto, finiti tutti i ritorni possibili, aveva cominciato a non sopportare l’atletica. Qualcosa di strano, come se si fosse convinto che quell’impegno, quelle corse, gli avessero portato via tutta la vita che c’era. Era finito pure nel calcio, procuratore di giocatori e poi direttore generale della Salernitana alla fine degli anni ’90. Ma non era il suo ambiente. Quindi, in politica, deputato europeo con Di Pietro e relatore del Rapporto sullo sport votato a Strasburgo nel 2000. Poi era tornato al mestiere di avvocato, aveva riscoperto l’atletica, facendoci pace. Voleva dare, voleva trasmettere anche se lo sport, lo sport che deve organizzare, dirigere, promuovere, non era riuscito mai a considerarlo una risorsa. Il matrimonio con Manuela aveva spostato parecchio in questa trasformazione. Forse si era finalmente reso conto dell’importanza delle pagine scritte incontrando il gusto di rileggerle. Gli piovevano i complimenti di tutto il mondo. Quelli di Mourinho, per esempio, che dichiarò di essersi ispirato a lui. Questi ultimi mesi li ha vissuti in silenzio. E noi qui a interrogarci su un segnale che ci avrebbe potuto portare a quel dramma che si stava consumando e di cui non sapevamo niente. Una scheggia di conversazione riferita da un amico: “Scusa, non ti ho potuto rispondere, ero in clinica”. Di certo c’è lo smarrimento di tutto lo sport italiano, soprattutto delle persone di mezze età, quelle abituate al “Mennea, Mennea” pronunciato tante volte da Paolo Rosi, quelle che da ragazzini prendendo l’autobus al volo si sentivano dire dal conducente “e chi sei, Mennea!”. Da oggi quegli italiani lì si sentono più vecchi, più soli, più tristi.

Valerio Piccioni

Fonte: gazzetta
Orchidea
00giovedì 21 marzo 2013 20:08
ora corre sulle nuvole [SM=g7364]
Blumare369
00venerdì 22 marzo 2013 14:35
Re:
io.donna, 21/03/2013 20:08:

ora corre sulle nuvole [SM=g7364]



io penso semplicemente che il suo corpo si sita decomponedo. IL suo ricordo invece non morirà per moltissimi anni, forse non morirà mai.


Mr Weiss
00venerdì 22 marzo 2013 22:36
Re: Re:
Blumare369, 22/03/2013 14:35:



io penso semplicemente che il suo corpo si sita decomponedo. IL suo ricordo invece non morirà per moltissimi anni, forse non morirà mai.






Non so Gatto.
La dipartita terrena è l'unico vero grande mistero mistico.
Fantasmi, alieni, folletti e lumache mannare; tutte stronzate, ma cosa ci sia, e se ci sia qualcosa dopo la morte non è dato di sapere.
E' difficile pensare che il nostro io svanisca in un attimo insieme a questa stupida materia, ma forse è solo vanità, o magari quel che c'è dopo, o meglio a seguire, è la mutazione del nostro io in qualcosa di diverso che con l'io non ha più niente a che spartire. Un granello di energia che si riamalgama alla grande blob primordiale.




Blumare369
00lunedì 25 marzo 2013 18:16
L'evoluzione della specie ha fatto si che la razza umana acquisisse enormi capacità intellettuali. Abbiamo coscienza di noi stessi e della più o meno prossima dipartita fin dall' età della ragione. Ciò spinge l' essere umano a temere la morte, o più precisamente a non poter credere che quando l'enegia neuronale si spegne e inizia la decomposizione il nostro io svanisca. Ci siamo quindi inventati l'anima che prosegue in qualche maniera dopo la morte fisica. Ci siamo inventati la religione, che giustificherebbe e organizzerebbe la nostra vita oltre la morte. Rimaniamo attaccati alla speranza, che non costa nulla ma fa tanto bene alla serenità.
Gli animali intuiscono la morte poco prima che avvenga e la temono istintivamente qando ormai per loro è troppo tardi. Noi invece la temiamo da quando comprendiamo decenni prima che moriremo. Noi -come ho detto- più che la vita fisica temiamo la morte del nostro essere spirituale. Ma il pensiero, la coscienza e la spiritualità sono un pò come un computer: se lo getti nel fuoco si scompone e i miracoli che faceva quando veniva usato cessano per sempre. Il computer è un prodotto tecnologico dell'uomo come l'uomo è un prodotto biologico della natura: nascono invecchiano e si decompongono ritornando allo stato primordiale chimico-fisico.
Mr Weiss
00lunedì 25 marzo 2013 22:39
Ci son troppe cose che non sappiamo per aver tutte queste certezze
Blumare369
00martedì 26 marzo 2013 18:09
Re:
Mr Weiss, 25/03/2013 22:39:

Ci son troppe cose che non sappiamo per aver tutte queste certezze



Mio caro amico,

o si crede nella vita dopo lo morte o non ci si crede. Se ci si crede allora si deve anche credere in dio e in luoghi dove stare dopo la morte. Immagina un pò cosa ci faresati da solo nello spazio infinito fra 100 milioni di anni quando forse l'umanità sarà scomparsa?

Tu sei colui che si definisce agnostico, cioè non crede in dio del tutto, crede in una fase trascendentale dopo la morte senza ovviamente avere nessuna certezza. Insomma, capisci che non può essere vero ma per non sentirti solo dici che non si può essere sicuri di niente. Vabbeh, non c'è niente di male. Non voglio mica convincerti.

In fondo anche tutte le onde elettromagnetiche emesse dalle radio, dalle televisoni, dai cellulari e dalle ricetrasmittenti da quando sono state create stanno viaggiando nello spazio siderale verso l'infinito... perché non dovrebbero restare per sempre anche le onde del cervello degli umani vicine al cadavere che le ha generate? Si sa infatti per certo che il campo elettromagnetico dell'essere umano è di pochi millivolt e non si allontana di oltre mezzo metro dall'emittente, che cessa di emettere una volta morto.

Una volta morti tutto finisce.. ovvero, tutto si trasforma e la materia biologica si decompone per ricombinarsi con la terra. Fattene una ragione. Se poi dopo morto qualcuno ti verrà a prendere per portarti in paradiso tanto meglio... ma non ci contare troppo, potresti rimanerci male quando la luce si spegnerà per sempre. [SM=g7483]


Blumare369
00martedì 26 marzo 2013 18:31
Io, carto amico, sono statisticamente a circa dieci anni dallo spegnimento della luce e devo dire che il 'credere' mi manca. Sarebbe bello dire che dopo, da qualche parte, potrei ridere di Equitalia che mi cerca sempre. Oppure girellare fra le chiappe delle donne. Quando 'credevo' mi ci consolavo. Mi icevo: vabbeh, poi ritrovo mamma e le persone che ho amato. Poi la mente mi si è aperta e ragionando serenamente senza la caparbia ostinazione di volere sperare nell'aldilà ho capito che la vita è tutto ciò che abbiamo e che nostro malgrado si nasce, si cresce, si invecchia e poi come accade anche per gli animali e per le piante si appassisce, si cessa di vivere e si muore... semplicemente.

Certo, alcuni uomini lasciano tracce nella storia, altri passano inosservati; altri ancora sono amati in vita e ricordati da morti per una o due generazioni, altri vivono e muoiono praticamente soli.

Morire è accettato dalla mente umana ma non si è altrettanto disposti a pensare che tutto ciò che abbiamo provato sia di bene che di male in vita cessi del tutto. In effetti non cessa niente. Si muore noi ma la vita continua e continuerà per qualche centinaia di migliaia di anni. Dopo la nostra morte i nostri cari per qualche anno soffriranno, poi pian piano il ricordo di noi vivi non sarà più doloroso per loro. Certamente cento anni dopo la nostra morte nessuno più ci ricorderà. Forse qualche aminoacido che ci è appartenuto verrà ingerito, magari fra molti anni a causa dello scolo delle acque reflue dei cimiteri, da qualche animale o da qualche pianta che qualcuno avrà mangiato... ma niente di più.

Per cui, caro Weiss datti una smossa e cerca di vivere al meglio... prima o poi -spero per te molto tardi- la luce si spegnerà.


Non so perché, ma stasera faccio ragionamente alla binariomorto [SM=g7361]
Mr Weiss
00martedì 26 marzo 2013 19:09
E bravo Gatto. Argomenti, e ti trovo in grandissima parte condivisibile.
Vado comunque a precisare alcuni punti:
Non temo la morte, anzi passati i ventotto da vivente ci son rimasto un po deluso essendomi precedentemente prefiguarato un altro destino.
Dico di più: ormai convintomi che invecchierò mi prefiguro anziano accogliere la vecchia Signora con un dolce sorriso sulle labbra.
Non credo in Dei, folletti, fantasmi, e cocker mannari.
Se mi prefiguro un 'seguito' lo immagino come una trasformazione per il concetto che nulla si distrugge, tutto si trasforma.
Questa trasformazione potrebbe essere un semplice dissolversi nella terra per quel che concerne la materia e nulla più come dici tu o altro.
Se fosse altro non è detto che il nostro IO in questa trasformazione si salvi (ci scrissi anche un racconto. Capperini!)
Il pensare che la morte sia l'unico momento mistico di questa vita terrena non mi toglie la volontà di vivere.
Blumare369
00martedì 26 marzo 2013 21:17
Ci masturbiamo mentalmente attribuendoci qualcosa in più degli animali ma questo è solo un inganno che facciamo a noi stessi. Andare sulla luna, capire in parte il Cosmo, operare il cuore e il cervello con la microchirurgia non fa di noi qualcosa più di un criceto se ci riferiamo alla dinamica della vita: nascita, sviluppo, maturazione, declino, morte. Esattamente come per i criceti. [SM=g7483]
Mr Weiss
00martedì 26 marzo 2013 21:18
Ho molto altro da dire, ma ora vado a letto che son sfatto.
Una cosa te la dico al volo Gattaccio:
Come ben rappresenta il bellissimo 'Per grazia ricevuta' anche i più accaniti mangiapreti spesso vicini THE END cercano la rappacificazione con Nostro Signore.
Il fatto che tu invece ti senti relativamente vicino (dieci anni non sono pochi) alla dipartita senza mostrare cedimento alcuno ti fa onore.
Mr Weiss
00martedì 26 marzo 2013 21:20
Re:
Blumare369, 26/03/2013 21:17:

Ci masturbiamo mentalmente attribuendoci qualcosa in più degli animali ma questo è solo un inganno che facciamo a noi stessi. Andare sulla luna, capire in parte il Cosmo, operare il cuore e il cervello con la microchirurgia non fa di noi qualcosa più di un criceto se ci riferiamo alla dinamica della vita: nascita, sviluppo, maturazione, declino, morte. Esattamente come per i criceti. [SM=g7483]




Capperini, abbiamo scritto in contemporanea.
C'è poi da dire che un criceto sulla ruota è perbacchissimo dinamico... [SM=g1686168]


Blumare369
00martedì 26 marzo 2013 22:58
Re:
Mr Weiss, 26/03/2013 21:18:

Ho molto altro da dire, ma ora vado a letto che son sfatto.
Una cosa te la dico al volo Gattaccio:
Come ben rappresenta il bellissimo 'Per grazia ricevuta' anche i più accaniti mangiapreti spesso vicini THE END cercano la rappacificazione con Nostro Signore.
Il fatto che tu invece ti senti relativamente vicino (dieci anni non sono pochi) alla dipartita senza mostrare cedimento alcuno ti fa onore.



Spesso l'anziano si rincretinisce e se si considera anche la paura che comunque è umana ci sta che qualche ateo si riconverta.




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