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Riflessioni 01

Ultimo Aggiornamento: 30/06/2014 14:28
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30/06/2014 09:23
 
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ZAK007., 29/06/2014 03:26:


Stasera, dopo aver sfogato i nostri impulsi in una jam-session/tributo ai Pearl Jam, ci siamo accucciati a bere una boccia, a far due brasche e a raccontarci un po’.
Siam finiti a parlare di “lavorare una vita”;
L’argomento è peso ma è piuttosto palese che, a meno che uno non faccia il mestiere che gli piace o per cui nutre una gran passione, questo sistema sociale con il lavoro ti limita,ti schiaccia,ti illude e ti ammazza.
Il punto centrale non era il lavoro in se..il punto era cosa si fa pur di lavorare..e dove ci porta il lavoro che facciamo, nei fortunati casi in cui riusciamo a farlo per 40 anni e più.
Lavorare una vita?..lavorare per cosa?..sacrificare quanto?..rinunciare a cosa?..per arrivare dove?..
Ciò che viene considerata una cosa normale..un opportunità..alla fine non è una sorta di controllo?
Alla fine non diventiamo schiavi di questo? Non siamo costretti a fare salti mortali,a spossarci,a svuotarci,tutto per portare a casa il pane? Non ci porta via tempo e vita che potremmo godere in altro modo?
Utopie..forse..chissà..

Alla fine la mia amica Manu, che nel frattempo si era recata in saletta biblio, torna con un libro tra le mani, si siede e ci legge questa cosa:


“Scintilla”

“Mi hanno sempre irritato tutti gli anni, le ore i
minuti che gli ho regalato lavorando come un mulo,
mi ha fatto seriamente male alla testa,
mi ha fatto male dentro, mi ha stordito
e mi ha fatto diventare pazzo - non riuscivo ad accettare
questi miei anni assassinati
eppure i miei compagni di lavoro non davano segni di
agonia, anzi molti di loro sembravano addirittura soddisfatti,
e vederli così mi faceva impazzire quasi quanto
quel lavoro monotono e insensato.

I lavoratori sottostavano,
il lavoro li annientava, venivano
racconti col cucchiaino e buttati via.

Mi irritava ogni minuto, ogni minuto mentre veniva
mutilato
e nulla alleviava la noia.

Ho valutato l'ipotesi del suicidio.
Mi sono bevuto le poche ore di libertà.

Ho lavorato per decenni.

Ho vissuto con la peggiore specie di donne,
e loro hanno ucciso
quello che il lavoro non era riuscito ad uccidere.

Sapevo che stavo morendo.
Qualcosa dentro mi diceva: continua così, muori, spegniti,
diventa come loro, accettalo.
E poi qualcos'altro dentro diceva: no, salva un pezzetto
minuscolo.
Non importa che sia molto, basta solo una scintilla.
Una scintilla può incendiare un'intera
foresta.
Solo una scintilla.
Salvala.

Penso di esserci riuscito.
Sono fiero di esserci riuscito.
Che stramaledetta
fortuna.”


E’ una poesia di Charles Bukowski.
Abbiamo brindato alle sue parole..e ringraziato la Manu con sguardi di apprezzamento al suo acume.
Alcuni avevano il sorriso tirato..ma altri hanno accarezzato quella scintilla, consapevoli di averla ancora viva dentro di loro..me compreso.
Anche alcuni di noi hanno conservato integra quella scintilla.
E tutti abbiamo pensato “Che stramaledetta fortuna!”


[SM=g7350] [SM=g7350] [SM=g7350]


Difatti mi sembra di aver letto, tempo fa, che Bukowski ha lavorato a lungo ( mi sembra alle poste ) prima di avere successo con i suoi scritti, cosa avvenuta quando era già abbastanza avanti di età.

Io ho lavorato per trent'anni a fare un mestiere che aveva ben poco di umano, e più si andava avanti e peggio era, e non reggevo più, fisicamente e mentalmente, e mi sono appunto detto che la vita è una e solo una : val la pena buttarla proprio tutta così, sempre di corsa a violentare i miei ritmi e ispirazioni? Di certo non mi dava felicità nè soddisfazioni, di nessun genere, solo fatica, stress e infelicità. Ci ho accumulato un ( piccolo ) capitale ed ora faccio un cazzo. O meglio, vivo. O vivacchio. Prima sopravvivevo, non la consideravo vita. Ora ho ripreso a dedicarmi alle mie vere aspirazioni ( per esempio scrivere storie a fumetti ) e cose così, che negli ultimi anni avevo abbandonato nel modo più totale : un tempo mi ci dedicavo nel tempo libero, e, nonostante il lavoro inumano, riuscivo pure a pubblicare ( ho pubblicato alcune storie a fumetti, ho collaborato per 5 anni ad un giornale locale, ho pubblicato articoli e servizi fotografici per alcune riviste per vari anni ). Poi non ho avuto più le energie per fare tutto ciò in contemporanea, ancora oggi, pur non lavorando, mi sento sempre fisicamente stanco e debole, ho dato troppo prima ( e del resto fin da piccolo non sono mai stato molto in forma e di salute abbastanza cagionevole ). Oggi vivacchio con i miei hobby, con un semplice tran tran quotidiano, tentando di rimettermi in gioco con le mie passioni ( fumettistiche o fotografiche che siano ) anche se mi sa che.. quello che ho dato ho dato e non mi sembra interessi più a nessuno quel che ancora posso dare.




[Modificato da SPACC THE BALLS 30/06/2014 09:24]
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