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David Fedi (Zeb). Un artista tra storia e cronaca

Ultimo Aggiornamento: 17/10/2011 17:08
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Pubblicato il 8 luglio 2011 da Filippo Lotti

David Fedi, in arte Zeb, nasce a Livorno nel 1966. Ha studiato all’istituto d’arte di Pisa ed al Liceo Artistico di Firenze, entrambi lasciati in anticipo sulla conclusione degli studi per insofferenza verso qualsiasi tipo di disciplina se non quella dettata dal suo rigore artistico. La sua notorietà è legata, soprattutto, tra le mura labroniche come il fantomatico graffitaro livornese. Ma come pittore è qualcosa di diverso, qualcosa di estremamente e straordinariamente dissimile dalle dissacranti ed ironiche scritte sui muri.
Ho conosciuto David nel novembre 2007 presentatomi dall’editore Michele Quirici di Pontedera. Tra me e David, magicamente, fu subito simpatia ed anche empatia, come quando uno spettatore si trova di fronte ad un’opera d’arte. Io lo spettatore, lui l’opera d’arte.
Ambiguo ma non equivoco, persona ma anche personaggio. Dietrologo nato, riservato e schivo. Dissacrante e originale nelle celeberrime scritte fatte per anni sui muri della sua Livorno, alcune ormai cancellate, altre ancora ben visibili. Tutte rimaste, comunque, nella memoria della città. Profondo e originale nei dipinti. Niente al caso. Tutto seguito minuziosamente, passo dopo passo, dall’idea alla sua realizzazione. Nel 1992 un libro delle sue vignette che gli aprì le porte del “Maurizio Costanzo Show” dove, però, non fu più richiamato perché era “troppo scomodo”, diceva.
Possessore di ottime capacità tecniche, ma anche e soprattutto creativo. Lui, toccato dalla mano divina del pensare e del sentire e quindi del fare. Mi mostrava orgogliosamente, una ad una, le sue opere consegnate al tempo. Ne percorreva, scansionandole con gli occhi e con lo sguardo, furbo ed attento, la genesi e lo sviluppo, con amore, indicandone pregi e difetti. In una atmosfera intrigante ed accattivante ripercorreva interiormente anche le sofferenze di quel periodo, i sacrifici, i sentimenti ora ritratti, impressionati, irrimediabilmente inglobati nel dipinto. Riflessioni sul mondo, sull’essere e sull’esistere. La sua più grande amarezza era quella di essere incompreso. E per questo, forse, non ha lasciato che il destino fosse se stesso, lasciandolo al suo indelebile corso. Era solo. Solo tra i suoi pensieri, immerso tra i suoi libri letti e da leggere e tra i suoi appunti. Tutto gli andava stretto e lui cercava un suo mondo pieno di fantastiche fantasie artistiche per vincere la solitudine.
Dal maggio 2008 ha deciso – così vogliamo pensare – di dare un taglio netto alla sua vita e si è reso irreperibile. Da allora ad oggi la storia del fantomatico Zeb è diventata cronaca.
Così il ritrovamento della sua auto sulla scogliera del Romito, vicino Livorno, su quella strada famosa per il film “Il sorpasso” di Dino Risi a ridosso delle scogliere a picco sul mare.
Si è parlato della peggiore ipotesi, il suicidio. Pensiero al quale gli amici, la famiglia ed io stesso non solo non vogliamo credere ma che riteniamo un’ipotesi inverosimile, perché è vero che David può essere, come ha detto qualcuno, “un’anima tormentata che mal si adatta ai severi schemi imposti dal vivere di questa società”, ma non un uomo che decide di farla finita, con un colpo di testa: troppo intelligente per decidere di togliersi la vita, di cui aveva molto rispetto, anche per alcune esperienze dolorose che aveva vissuto in famiglia. Per capire meglio la storia dobbiamo fare un passo indietro e cominciare da un imprecisato giorno di maggio del 2008 e da quell’ultima telefonata fattami, in cui mi parlò di minacce. Stava scrivendo un libro che avrebbe dovuto raccontare la sua vita, ad occhi aperti e fuori dai denti, con nomi, personaggi, date, luoghi, incontri e forse a qualcuno questo non andava a genio. Tutto cominciò con la scritta allo stadio di Livorno dopo le elezioni dell’aprile 2008: “Ha vinto il peggio perché il meglio è uguale a loro”. Dopo pochi giorni accanto a quella scritta apparve un target in rosso. Era preoccupato, in tensione, come se avesse timore per qualcosa o per qualcuno e si sentiva braccato.
Poi è sparito nel nulla. Una scomparsa che non ha risposta.
Il caso Zeb è approdato anche a “Chi l’ha visto?”, la trasmissione di Rai 3 che si occupa delle persone scomparse e che ha seguito la vicenda di David Fedi. E da lì niente di rilevante se non una traccia in Corsica, tutta da verificare, come da verificare il pensiero di alcuni che lo vogliono arruolato nella Legione Straniera. Nell’agosto del 2008 il mio viaggio in Romania, a Bucarest, a cercare quella ragazza, Cristina, che aveva avuto anni prima rapporti con David e alla quale era ancora legato da rapporti epistolari costanti. E anche da lì niente.
Tutto quello che è successo dopo è fatto solo di flebili tracce, segnali sbiaditi di Zeb che però non trovano riscontri certi. A parlare di lui oggi solo le scritte sui muri, i suoi dipinti e noi, irriducibili, che aspettiamo il suo ritorno.

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Voglio ricordarlo con l’intervista che mi ha rilasciato nell’ aprile 2008, proprio pochi giorni prima
della sua inspiegabile scomparsa.
Proposi a David di rilasciarmi un’intervista e lui ne fu entusiasta; gli presentai a David una serie di domande, più o meno quelle di seguito ma lui volle rispondere con calma, rifletterci su, e si prese tempo per leggerle e per, come direbbe lui, studiarle. Era meticoloso anche in questo – oltre che nella sua pittura -, rigoroso. Pensava – ne sono certo – che dall’intervista dovesse venir fuori la sua anima, la sua parte più nascosta, il suo vero essere, il suo sentire. E così è stato.

Cominciamo con i tuoi studi, la tua formazione culturale ed artistica.
L’autodisciplina dell’autodidattismo.

Ti ricordi come è nata la tua passione per l’arte? In famiglia c’è stato qualcuno che ti ha indirizzato verso la pittura?
Il mio babbo era un artista [omissis]…io non potevo fare altro che il mestiere più difficile al mondo: il pittore.

Quando ti sei formato come pittore?
Una volta una donna mi disse: “David, te non sei come un bimbo di tre anni ma come un bimbo di un anno, che è nel massimo della sorpresa della magnificenza del sogno di questo mondo”… quindi da sempre!

Ti ricordi il tuo primo quadro?
[omissis] il primo quadro lo feci su cartone telato, ad olio: un cavaliere nero del signore degli anelli –avevo nove anni-, come dire: qui sono tutti spettri!

Ti ricordi la tua prima esposizione?
Sì, vinsi anche il primo premio.

Chi sono stati, se ci sono stati, i tuoi maestri?
Il mio guru oltre che amico è stato lo scultore Vitaliano De Angelis (artista livornese, ndr). Lui mi ha trasmesso con la sua sola presenza la cosa più importante: l’emotività della pazienza, confermata e definita da un altro mio amico, un “film vivente” che ha fatto tutta la seconda guerra mondiale nei sommergibili.

Le influenze pittoriche hanno condizionato la sua pittura?
All’inizio la metafisica e il surrealismo e poi, anche se non è pittorica, l’iconografia del fumetto.

Come nascono i tuoi quadri?
Da soli, il pittore vero ha già scritto prima di fare.

Come realizzi un quadro?
Con disciplina, concentrazione e pazienza.

Hai mai avuto difficoltà nel portare avanti un quadro?
Tanto quanto è difficile avere disciplina, concentrazione e pazienza. Queste tre parole ormai le potrebbero anche scancellare dal vocabolario mondiale, visto che quasi nessuno ha una frazione delle tre.

Quando senti che un tuo quadro è un quadro?
Quando realizzo qualcosa che non ci capisco nulla nemmeno io, alcuni l’ho capiti dopo anni. Poi ci sono i dipinti realizzati con consapevolezza ma quando poi qualcosa viene facile va subito abbandonata per ritornare nel mistero e nel sogno.

Hai mai distrutto o buttato un quadro?
Sì, qualche volta, ma per motivi tecnici, non perché non andava bene, infatti dopo l’ho rifatto uguale, più o meno…

Cosa caratterizza un buon dipinto?
Quando anche un ignorante ci rimane davanti esterrefatto.

Nel momento creativo segui un progetto ben definito o, semplicemente, improvvisi?
È un progetto ben definito, profondo, occulto…

Qual è la mole della tua produzione in termini quantitativi? In media quanti quadri dipingi in un anno?
Questa domanda ha più senso se viene fatta ai mercanti d’arte.

Cos’è, secondo te, l’originalità?
È naturalmente essere se stessi, con la consapevolezza però degli stati mentali realizzati fino ad ora.

Hai mai collaborato con altri artisti?
No

Hai fatto incontri significativi per la tua crescita artistica e professionale?
Certo, come potrebbe essere altrimenti.

Quale peso ha il retroterra culturale nella creazione artistica?
Ha il peso di creare come minimo la tua avanguardia.

Come reagisce la realtà livornese alla tua pittura?
Con invidia, gelosia, indifferenza, snobismo e paura. Quindi sono sulla strada giusta, vuol dire che funziona…

Quali sono stati i tuoi modelli pittorici, gli artisti che hanno contribuito a creare il tuo stile?
Della pittura contemporanea Roy Lichtenstein, ma lui era un artista, io sono solo un pittore.

Che differenza c’è tra artista e pittore?
L’artista pensa solo all’invenzione, il pittore va dietro solo agli stati emotivi e sentimentali.

C’è un momento che consideri più significativo nella tua arte?
Sì, quando ho fatto il primo quadro con la “contraddizione”.

C’è un’opera che senti come più rappresentativa? Se sì, qual è?
Quella appunto con la contraddizione; è il primo tentativo di fare l’anima archetipica che non è né uomo né donna. Altra opera significativa è il primo d’aprés di una donna di Modigliani.

A chi si rivolge veramente la tua arte?
A tutti i dannati

Chi è David Fedi?
Un aborigeno e un indiano messi insieme, che è venuto per…

I tuoi pregi e i tuoi difetti…
Né pregi né difetti… mi basta saper digiunare dell’orgoglio…

Che cosa è per te l’arte?
È la funzione trascendente fra il bene e il male…

Cosa rappresenta per te la pittura?
Uno strumento offensivo-difensivo contro il nemico, come disse Picasso.

Qual è il filo conduttore che accomuna i tuoi lavori?
Smascherare… smascherare…

Perché dipingi Diabolik?
Perché è un’icona conosciuta, altrimenti la maggior parte delle persone non te lo guardano nemmeno, poi perché sbagliare è umano, perseverare è diabolico, e poi perché ho una pazienza diabolica… almeno per ora!

A proposito dei tuoi soggetti prediletti, posso chiederti le ragioni di queste scelte?
Perché è l’archetipo dell’eroe che lotta contro il male.

Quale visione hai della donna?
Se non sono impazzite si crogiolano nella mediocrità e nell’ignoranza, e gli sembra anche di essere furbe…

E la visione dell’uomo?
È un cretino che non sviluppa la sua parte femminile, cosicché non trova empatia nella donna che lo fa appunto giustificare a fare la furba, e poi come al solito gli interessa il potere e il denaro per “trombare” quelle impazzite più belle…

Cosa pensi dell’arte contemporanea degli ultimi 20 anni?
La maggior parte se non son corrotti, son solo dei mediocri che hanno fatto funzionare solo gli artisti ed i pittori dovrebbero dire chi sono gli artisti ed i pittori, no i critici quasi tutti corrotti, o peggio i mercanti o peggio ancora gli imprenditori dell’arte…

L’affermazione di un pittore dipende da episodi casuali o va perseguita?
Perseveranza… perseveranza… perseveranza…

Pensi che Internet possa contribuire a diffondere le opere d’arte, a farle conoscere ad un pubblico più vasto?
Non c’è nulla di male a farsi conoscere con tali mezzi, anzi, basta continuare a fare l’opera come si deve anche se ti conosce e la vuole tutto il mondo.

Cosa hanno cambiato le nuove tecnologie digitali nella creazione artistica, se hanno cambiato qualcosa?
I sogni non sono digitali, la spiritualità non è digitale, l’essenza non è digitale. Si possono usare ma bisogna stare attenti a non sparirci dentro.

Oltre che pittore disegni vignette…
Già… le vignette, con queste stai un po’ più in superficie ma a volte l’ironia ha bisogno di non essere troppo profonda e complicata come nella pittura; e il male davanti all’ironia è disarmato…

E oltre a questo, da oltre vent’anni, scrivi anche sui muri di Livorno, conosciuto con lo pseudonimo di Zeb…
Vent’anni… mi conoscevano da anni per le scritte e non è bastato a farli venire a vedere i dipinti… figuriamoci se non avevo nemmeno fatto le scritte.

Secondo te, le scritte sui muri sono una forma d’arte?
No, almeno le mie. Sono solo provocazioni per iniziare un dialogo, una discussione su di un problema.

Cosa vuol dire Zeb?
In arabo vuol dire cazzo!

Le arti si influenzano?
Alla fine non si inventa nulla….

Progetti per il futuro.
E chi l’ha mai conosciuto il futuro…

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Il futuro di David Fedi è avvolto dal mistero. “Un mistero – scrive Fabrizio Borghini – che avvolge la figura di questo singolare artista che ha scelto come alter ego il personaggio di Diabolik e come forma di comunicazione più eclatante le scritte sui muri.
Nelle imprese dell’inafferrabile personaggio mascherato, David ha cercato una vita altra, da vendicatore di sé stesso e delle vittime delle ingiustizie e delle prevaricazioni, un moderno e solitario Robin Hood che combatte per una società più equa e giusta”.
E noi vogliamo pensarlo proprio così, ovunque lui sia.





Fonte:www.ilgrandevetro.com
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