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Cinema in Bianco e Nero

Ultimo Aggiornamento: 24/10/2011 14:46
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23/10/2011 02:44
 
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Bianco e Nero che Passione.

Il bianco e nero cinematografico è stato per molto tempo un mezzo tecnico obbligatorio,determinato dall’inesistenza del colore.
Il colore nel cinema è stato applicato in via sperimentale fin dal 1908,è stato perfezionato nel 1935,ma solo successivamente,dal 1962 (epoca in cui il technicolor esplose definitivamente) in poi, soppiantò decisamente l’uso del bianco e nero.

Negli anni in cui il bianco e nero dominava nel mondo della celluloide,ci furono registi che giravano film considerandolo semplicemente un limite e altri che,invece,lo studiarono e ne fecero qualcosa di più che un mero contrasto tra luci e ombre;gli diedero vita propria..ne fecero un mezzo comunicativo ulteriore che non solo realizzava ma arricchiva la pellicola.

Forse proprio il fatto che il bianco e nero (artisticamente parlando) è di per se un fenomeno visivo semplice e definito,fa di questo un ottima possibilità di delineare i contorni espressivi delle immagini e non solo la loro materialità.
Si può andare oltre alle linee degli oggetti..si possono creare atmosfere pesanti o leggere a seconda dell’uso delle luci e delle ombre..si può aggiungere un impatto emotivo ulteriore a una scena o a una sequenza di immagini.
In fondo il compito del cinema è questo: raccontare,coinvolgere,creare emozioni.

Non so se la passione per i vecchi film in bianco e nero sia determinata da qualche fatto specifico..magari è una deformazione professionale legata ai vecchi fumetti in bianco e nero..chissà..
Resta il fatto che ci sono pellicole del passato che restano per me affascinanti più di un qualsiasi film a colori e più di mille effetti speciali atomici.

Credo di aver cominciato con “Twilight Zone” (In Italia tradotto con “Ai Confini della Realtà”),una serie di telefilm degli anni 60-70 che annoverava tra gli autori Ray Bradbury,Arthur C. Clarke e Richard Matheson (grandi scrittori di fantascienza).
I racconti che la serie proponeva erano più legati al Mistero che alla Fantascienza pura;ero affascinato dal fatto che si narrassero storie incentrate sulle vite di normali persone che venivano radicalmente cambiate dall'incontro con l'"ignoto", con uno squarcio nella realtà che faceva diventare credibile anche l'impossibile.
Ma il fascino vero veniva dalle immagini legate a quei racconti:atmosfere rese inquietanti da giochi di luci e ombre che disegnavano contrasti netti e surreali.

Poi incontrai Hitchcock e i suoi racconti brevi.
Hitchcock è stato il re della suspense applicata a racconti che spaziano tra il poliziesco,l’horror e il mistero.
“L’ora di Hitchcock” o “Alfred Hitchcock presenta”,furono una serie di telefilm trasmessa in Italia tra gli anni 60 e 70 e poi ritrasmessa negli anni fino poco tempo fa.
La serie proponeva brevi racconti girati da Hitchcock stesso e da altri registi (tra cui il bravissimo Robert Stevens),tutti incentrati sul genere noir.
A parte lo stile del girato e le sceneggiature che suonavano come sinfonie,erano proprio i giochi tra luci e ombre a caratterizzare quel genere di cinema e a rendere quelle storie così tremendamente magnetiche e affascinanti.
Il bianco e nero non era più un limite dettato dal fatto che non si era ancora pienamente nell’epoca del colore,ma diventava,anzi,strumento vivo plasmato e utilizzato per creare atmosfere particolari e suscitare emozioni cinematografiche legate a doppio filo con l’emotivo dello spettatore.
Mi ci volle poco per passare dai telefilm ai film del grande maestro: ovviamente “Psyco” resta impresso per i suoi bianchi e neri (oltre che per la storia in se),ma anche film a colori come,”Gli Uccelli”,”La donna che visse due volte”,”Frenzy”,”Intrigo Internazionale”,”La finestra sul cortile” (per citare i più famosi) restano grandiosi per lo stile particolare del maestro.

Dopo Hitchcock venne il turno di Robert Aldrich e di due delle sue opere che,ancora oggi reputo tra le migliori mai viste: “Che fine ha fatto Baby Jane?” e “Piano..Piano Dolce Carlotta”.
Anche in questo caso fui colpito dall’unione delle sceneggiature coinvolgenti all’utilizzo del bianco e nero fatto dal regista (e dal direttore della fotografia).
Metto quà una clip.."Oh, Blanche, did ya know we have rats in the cellar?" - ("Oh,Blanche,sai che abbiamo i topi in cantina?")



(P.S. La risata di Bette Davis dopo che ha servito la cena “speciale” a Joan Crawford in “Che fine ha fatto Baby Jane?”,mi fa venire i brividi ogni volta che la rivedo).




Dopo Aldrich venne il periodo del neorealismo italiano:Visconti,Rossellini,De Santis,Germi…..
Ma questa è un’altra storia..

Il cinema è una bellissima forma d’arte;
Che sia a colori o in bianco e nero,resta un meraviglioso mezzo espressivo e comunicativo.
Io ho adorato il technicolor degli anni 60-70 e amo incondizionatamente il cinema in generale ma,il bianco e nero che ho vissuto,ha lasciato in me una traccia che difficilmente si può sostituire.

[SM=x2320233]




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"Vivo tra lo Stato Sovrano della Realtà e la Repubblica Popolare del Sogno..."



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