Preghiera cristiana, preghiera di Cristo
di padre Pedron Lino
Entriamo dunque nel mistero della preghiera cristiana attraverso la porta che è Cristo (Gv 10,9).
Da sempre Dio esiste in se stesso come amore, come dialogo d’amore del Padre e del Figlio nell’unità dello Spirito santo. Mediante il battesimo noi siamo introdotti in questo mistero, chiamati personalmente ad essere figli e figlie nella famiglia della Trinità, ad essere in comunione col Padre, mediante il Figlio, nell’unità dello Spirito santo. Essere battezzati significa partecipare al rapporto di Gesù col Padre.
Ma che cos’è questo rapporto filiale di Gesù col Padre? Come lo vive concretamente Gesù? Ci risponde il vangelo prospettandoci la preghiera di Gesù. Gesù è Figlio. Ciò significa innanzitutto che egli prega.
Spieghiamoci meglio. Anche quando agisce in mezzo agli uomini, Gesù rimane aperto al Dio vivente che lo ascolta sempre (Gv 11,42) in uno stato di lode e di supplica incessante. Non può fare a meno di lunghe e frequenti ore d’intimità gratuita con lui. Il Padre è la fonte di tutta la sua vita e il suo continuo riferimento. Il Figlio riceve la propria vita dalle profondità del suo ininterrotto dialogo con il Padre. È Figlio, ed è detto tutto. La sua esistenza consiste nell’essere in comunione costante e reciproca col Padre suo. A differenza dei figli di questo mondo, che possono continuare a vivere anche quando muoiono il padre e la madre, il Figlio di Dio dipende eternamente nel suo essere dal Padre. Il Figlio esiste perché è da sempre generato dal Padre, è nel seno del Padre (Gv 1,18) e vive per il Padre (Gv 6,57).
Per capire il genuino significato della preghiera cristiana dobbiamo comprendere che cos’è l’adorazione in spirito e verità di cui parla Gesù nel vangelo secondo Giovanni al capitolo quarto. La donna samaritana interroga Gesù su un problema che opponeva giudei e samaritani. Leggiamo: "Gli replicò la donna: ‘Signore, vedo che tu sei un profeta. I nostri padri hanno adorato Dio sopra questo monte e voi dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare’. Gesù le dice: ‘Credimi, donna, è giunto il momento in cui né su questo monte né in Gerusalemme adorerete il Padre... È giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori. Dio è spirito e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità’" (Gv 4,19-24).
È una risposta solenne che segna la grande svolta nella storia della preghiera per tutta l’umanità. Fino alla venuta di Gesù nessun uomo era figlio di Dio nel senso pieno della parola. Dio era l’Altissimo e conveniva rendergli culto sui luoghi alti dove si costruivano i santuari. Ma ora il Figlio di Dio si è fatto uomo. Gesù è qui, uomo tra gli uomini. Quindi tutti i templi non valgono più nulla perché il solo luogo da cui sale la sola adorazione degna di Dio non è un edificio di pietre consacrate, ma Qualcuno, il Cristo. È lui il vero tempio, è lui il vero adoratore. Ormai l’adorazione in verità non sale né salirà più da un monumento di pietre, ma da un cuore d’uomo, dalla vita d’un uomo, dell’uomo-Dio Gesù. Ed essendo Gesù il Figlio, l’adorazione non si rivolge più al Dio altissimo, ma al Padre.
La parola chiave di questa adorazione in spirito e verità è: "Abbà, Padre!’’. È lo Spirito santo che nel cuore del Figlio fa salire questo grido filiale verso il Padre. Ripetiamo: da quando il Figlio di Dio si è fatto uomo, la sola adorazione vera è quella "in Spirito" e il tempio da cui sale non è più un luogo sacro, ma il cuore dell’uomo-Dio Cristo Gesù. È Gesù stesso che identifica il nuovo tempio con il suo corpo. Leggiamo nel vangelo secondo Giovanni: "Gesù rispose ai Giudei: ‘Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere’. Gli dissero allora i Giudei: ‘Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo fai risorgere?’. Ma egli parlava del tempio del suo corpo" (Gv 2,19,21).
Questa rivelazione ha un’importanza sconvolgente per comprendere la vera preghiera cristiana: non esiste altro luogo sacro, altro tempio al di fuori della persona di Gesù. Osserviamo, dunque, come vive la preghiera questo Figlio così unito al Padre suo nell’unità dello Spirito santo. Leggiamo qualche tratto del vangelo.
All’inizio della sua vita pubblica, il giorno del suo battesimo: "Quando tutto il popolo fu battezzato e mentre Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e scese su di lui lo Spirito santo in apparenza corporea, come di colomba, e vi fu una voce dal cielo: ‘Tu sei il mio Figlio prediletto, in te mi sono compiaciuto’" (Lc 3,21-22).
Il vangelo secondo Marco ci dice: "Al mattino si alzò quando ancora era buio e, uscito di casa, si ritirò in un luogo deserto e là pregava" (Mc 1,35).
E il vangelo secondo Luca: "La sua fama si diffondeva ancor più: folle numerose venivano per ascoltarlo e farsi guarire dalle loro infermità. Ma Gesù si ritirava in luoghi solitari a pregare" (Lc 5,15,16).
E quando giunse il momento di scegliere i Dodici "Gesù se ne andò sulla montagna a pregare e passò la notte in orazione" (Lc 6,12).
Dopo la prima moltiplicazione dei pani "salì sul monte a pregare" (Mc 6,46).
E Luca ci riferisce così il fatto della trasfigurazione: "Circa otto giorni dopo questi discorsi, prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. E mentre pregava il suo volto cambiò d’aspetto..." (Lc 9,28-29).
I tre testimoni della trasfigurazione saranno in seguito i testimoni della sua agonia. Nel Getsemani, racconta Luca, "Gesù, inginocchiatosi, pregava: ‘Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà’... E, in preda all’angoscia, pregava più intensamente" (Lc 22,40-44).
Messe una dietro l’altra, queste citazioni ci sorprendono. Forse, per la prima volta, attirano con forza la nostra attenzione sulla vita interiore di Gesù. Questi "pregava", ripetuti, all’imperfetto, indicano e sottolineano un’abitudine, una vita di preghiera frequente e prolungata. Questi lunghi tempi gratuiti, queste notti in preghiera sconcertano tutti e in particolare quelli che non hanno mai tempo di pregare e tutti quegli indaffarati, quegli attivi ad ogni costo per i quali "lavorare è pregare". Il Figlio di Dio non la pensa in questo modo e non si comporta in questo modo.
E di che cosa è fatto questo dialogo Padre-Figlio nello Spirito santo? Innanzitutto Gesù prega per illuminare e orientare il suo cammino missionario, per capire a chi e dove il Padre lo invia. Dopo la prima giornata di insegnamento e di guarigioni a Cafarnao, Gesù prende un breve riposo e poi se ne va, quando era ancora buio, a pregare in un luogo solitario. Al mattino, Simone e i suoi compagni si affrettano a trovarlo e gli dicono: "Tutti ti cercano!". E lui: "Andiamocene altrove per i villaggi vicini, perché io predichi anche là: per questo infatti sono venuto!" (Mc 1,35-38).
Gesù prega per i suoi apostoli e per la sua chiesa: "Padre, prego per coloro che mi hai dato. Custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato... Non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li custodisca dal maligno... Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me, perché siano una cosa sola..." (Gv 17).
Gesù prega per avere il coraggio di aderire alla volontà del Padre, accettando la croce (ricordiamo la preghiera nel Getsemani). Gesù prega per ottenere la salvezza, cioè la sua risurrezione e la nostra. Leggiamo nel vangelo secondo Giovanni: "Alzàti gli occhi al cielo, Gesù disse: ‘Padre, è giunta l’ora, glorifica il Figlio tuo, perché il Figlio glorifichi te. Poiché tu gli hai dato potere sopra ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato’" (Gv 17,1-2).
E nella Lettera agli Ebrei leggiamo: "Nei giorni della sua vita terrena, egli (Cristo) offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a colui che poteva liberarlo da morte e fu esaudito per la sua pietà; pur essendo Figlio, imparò tuttavia l’obbedienza dalle cose che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono" (Eb 5,7-9).
Infine, e soprattutto, Gesù pregava proprio per conversare disinteressatamente con il Padre e solo perché è Figlio. Tertulliano ha scritto: "Nessuno è tanto Padre quanto Dio; nessuno è così tenero quanto lui". Allo stesso modo possiamo dire che nessuno è tanto Figlio quanto Gesù, nessuno è così tenero quanto lui.
Gesù è il Figlio, Iahvè è suo Padre, o meglio, il suo papà. È questo infatti il termine che gli esce dalla bocca e dal cuore; una delle prime parole balbettate dal bambino ebreo: abbà, papà; un termine completamente diverso da quello che usava il popolo di Dio quando ripeteva: "Iahvè tu sei nostro padre" (Is 63,15; 64,7; Ger 3,19; ecc.).
Scrive Ioachim Ieremias: "Ci troviamo qui di fronte a qualcosa di completamente nuovo: il termine ‘abbà’... Uno sguardo d’insieme sulla grande e ricca letteratura giudea della preghiera ci porta a concludere che è completamente sconosciuta l’invocazione di Dio col nome di ‘abbà’. Come spiegare questo fatto? I padri della chiesa Crisostomo, Teodoro di Mopsuestia e Teodoreto di Ciro, originari di Antiochia, le cui nutrici, conseguentemente, parlavano il dialetto siriano occidentale dell’aramaico, sono concordi nell’affermare che ‘abbà’ era il nome dato dal bambino a suo padre. E il Talmud conferma: ‘Quando un bambino è svezzato, impara a dire ‘abbà’ e ‘immà’, papà e mamma. ‘Abbà’, ‘immà’ sono le prime parole balbettate dal bambino. ‘Abbà’ è puerile e comune; nessuno avrebbe osato dire ‘abbà’ a Dio! Gesù ha quindi parlato a Dio come un bambino al padre suo, con la stessa intima semplicità e lo stesso fiducioso abbandono".
Un figlio non può dire "abbà", papà, a uno che non è suo padre nel senso più forte del termine, se non è stato generato da lui, se non è della stessa natura, della stessa sostanza. L’uomo Gesù è quindi Dio, "della stessa sostanza del Padre" . Per questo la sua vita è pregare, perché la sua vita è essere Figlio. E la sua preghiera è "abbà" perché Dio è il suo "papà". Mai prima d’allora si era sentita una simile preghiera. Eppure da allora sarà la preghiera del mondo, la preghiera di tutti gli uomini, perché il Figlio si è fatto uomo appunto per essere "il primogenito tra molti fratelli" (Rm 8,29), ai quali dirà: "Quando pregate, dite: ‘Padre nostro’, chiamatelo papà". Per il fatto che tutti i cristiani sono "partecipi della natura divina" (2Pt 1,4), la preghiera "cristiana" passerà dal cuore e dalle labbra di Gesù al cuore e alle labbra dei cristiani.