GIGANTE DI CEMENTO

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ZAK007.
00giovedì 1 ottobre 2009 22:13
GIGANTE DI CEMENTO

Accosciato come un giocatore di calcio in posa per la foto della squadra,me ne stavo sulla collinetta di ghiaia a guardare la vecchia fabbrica.La “Sindar”.Ci hanno prodotto sapone dagli anni ‘30 agli anni ‘60,prima che andasse in fallimento e venisse abbandonata a se stessa.Un gigante di cemento e acciaio coricato tra la stazione ferroviaria e la periferia della città viva.
Era già vecchia e fatiscente quando noi bambini ci andavamo a giocare,totalmente sordi alle raccomandazioni dei nostri genitori;”Non andate alla Sindar.E’ pericoloso.Può crollare da un momento all’altro e se finite in un pozzo,poi non vi si ritrova più.”
Questo ci dicevano le mamme e i papà cercando di spaventarci,ma noi eravamo bambini.Curiosi e incoscienti,cani sciolti con una gran voglia di correre,attratti da qualunque cosa,specie se proibita e pericolosa.
Ci sentivamo esploratori di fronte a quell’enorme costruzione grigia e cadente,come fosse un antico tempio azteco pieno di chissà quali misteri e tesori.Non vedevamo l’ora di uscire da scuola per recarci alla fabbrica,superare la rete di recinzione ed entrare per avventurarci tra corridoi,scalinate,pozzi e pertugi vari,incuranti di qualsiasi rischio.
Quanti pomeriggi passati tra quelle mura vecchie ma incrollabili.quante avventure di bambino e quanti momenti da adolescente vissute nel ventre del gigante di cemento e acciaio.
La osservo e sento un lieve fremito al pensiero che tra qualche giorno la Sindar non esisterà più.Dopo 70 anni il Comune ha deciso di abbatterla per costruire al suo posto un centro commerciale.Domattina all’alba un manipolo di ruspe e gru arriveranno per cancellare un pezzo di storia di questo quartiere..per cancellare un pezzo di storia dal cuore di tutti coloro che hanno vissuto in quello spazio un momento di vita..
Domattina all’alba il gigante morirà..e con lui forse anche qualcosa di me.

Percorro la recinzione dalla parte della ferrovia.
C’è aria di pioggia e mi vien da sorridere pensando che sembra che anche il cielo abbia voglia di piangere per l’imminente scomparsa.
Arrivato a metà del perimetro scosto i cespugli che crescono disordinati e lo trovo.C’è ancora.
Lo squarcio nella rete che utilizzavamo per entrare nella fabbrica;il passaggio segreto usato da tutti coloro che volevano passare dal “mondo esterno” al “magico mondo della Sindar”.
In 40 anni nessuno l’aveva mai richiuso.Nascosto dai cespugli era rimasto invisibile ai profani.
Sorrisi ripensando a quante volte l’avevo usato,poi entrai per l’ultima volta..un’ultima visita.

All’interno si distende uno spiazzo dove la vegetazione selvaggia ha prosperato liberamente senza limitazioni.La luna piena sfuma l’oscurità e forma giochi di luci ed ombre che sembrano tagliate con un coltello;rassicuranti e affascinanti.Mi stupisco di quanto i percorsi e i passaggi tra le rovine siano ancora impressi nella mia memoria..come se il tempo non fosse mai passato.
Vedo il muretto di fronte all’entrata mezzi,sul quale tante serate avevo passato da solo e in compagnia.Un’edera rampicante ne copre parzialmente la superficie,altro simbolo del dominio della vegetazione.La scosto.
Ci sono ancora,sbiaditi ma leggibili,i nomi di chi aveva lasciato una firma o un commento su quella specie di lunga panca di pietra;solite frasi tipo “Ale ama Mary”..”Iron Maiden Forever”..”Punk’s not dead”..
In un angolo trovo ciò che stavo cercando;un pennarello indelebile di colore rosso,molti anni prima,aveva vergato la frase:”Niente è dentro e niente è fuori..perché tutto ciò che è dentro è anche fuori”.La pioggia,la neve e il vento non l’avevano cancellata…


(continua)

ZAK007.
00giovedì 1 ottobre 2009 23:22

…”Io,Ivano,Franchino,il Minoz e il Giuva,passammo la rete con movenze tipo squadra speciale d’assalto.Circospetti e veloci per non farci vedere mentre entravamo in un posto che era considerato pericoloso e proibito.Le prime esuberanze di ribellione alle regole,tipiche dei dodicenni.
Una volta all’interno della vecchia Sindar,si era al sicuro;non c’erano guardiani a controllare eventuali invasioni non autorizzate,ne possibilità di essere visti dall’esterno (visto la folta vegetazione che circondava quasi tutto il perimetro).
Ci andammo a sedere sul muretto di fronte all’entrata mezzi.
Erano gli ultimi giorni prima della fine della scuola e già sentivamo l’odore delle vacanze estive e il pizzicore di “libertà” che ci pervadeva lo spirito.
-”Avete visto che faccia aveva Fantone-Grassone quando gli ho fatto cadere il ghiacciolo?”- disse il Minoz accendendosi una sigaretta.
Il Minoz era il più bastardo tra di noi;un vero animo diabolico.Godeva un mondo a fare scherzi cattivi e a prendersela con chiunque non gli stesse a genio per i più svariati motivi.
Prima dell’inizio delle lezioni pomeridiane,aveva addocchiato Fantone (un ragazzo dal fisico grassoccio con una faccina da tipo tranquillo) che mangiava un ghiacciolo in cortile.
Fingendo di non averlo visto,l’aveva urtato da dietro facendoglielo cadere di mano.
-”Ma checazz..”- sbottò Fantone istintivamente.
-”Ma che cosa?”- gli disse il Minoz spingendo la fronte sulla sua e fissandolo malamente.
-”No..niente..”- rispole Fantone abbassando lo sguardo.
-”Ah,ecco..bravo Fantone-grassone.”-
Il Minoz se ne andò tutto fiero di se stesso e della sua bravata,mentre Fantone gli lanciava un’occhiata carica d’odio.
-”Certe volte mi chiedo perché ti diverti così tanto a fare il bastardo.”- disse il Giuva aggrappandosi al ramo di un albero.
-”Perché posso.”- rispose candidamente il Minoz con un sorriso malvagio e beffardo.
Io e Ivano ci mettemmo a fare una gara di tiro al bersaglio lanciando sassi contro una fila di lattine vuote,mentre Franchino si mise a scrivere qualcosa sul muretto con un pennarello indelebile.
-”Ehi,Miki”- disse il Minoz rivolgendosi a me -”Che ne pensi della Gabry?”-
Parlava di Gabriella Nave,una nostra compagna di classe.Aveva capelli ricci e scuri,un fisico molto precoce per una ragazza della sua età e due occhi che riuscivano a ipnotizzarti se li guardavi per più di 30 secondi.
-”E’ molto carina”- risposi cercando di restare distaccato.In realtà mi piaceva moltissimo,ma non volevo farlo sapere.Era uno dei miei segreti e io i segreti li tenevo per me.
-”Domenica pomeriggio la porto al cinema”- disse il Minoz soffiando una nuvola di fumo.
Non dico niente,ma sbaglio il lancio del sasso e non colpisco la lattina.Deconcentrazione.
-”Finito”- sentenziò Franchino sollevandosi dal muretto con aria soddisfatta.
-”Che hai scritto?”- chiese il Giuva scendendo dall’albero.
-”Ho scritto:niente è dentro e niente è fuori,perché tutto ciò che è dentro è anche fuori.”-
-”Capirai che frasona!”- lo schernì il Minoz -”E cosa vorrebbe dire?”-
-”Simboleggia il dualismo”- disse Franchino.
-”Il dua cosa?”-
-”La doppiezza delle cose.Hai presente il Tao?”-
-”Quel cerchio mezzo bianco e mezzo nero?”-
-”Sì,ma se lo guardi bene nella metà nera c’è un ponto bianco e nella metà bianca c’è un punto nero.Significa che in ogni cosa c’è anche il suo opposto.”-
-”Secondo me tu leggi troppo,secchione.”- gignò il Minoz sarcastico.
-”Almeno io so leggere”- gli rispose Franchino mostrandogli il dito medio.
-”Ma vaffanculo.”-
-”Dopo di te.”-
Iniziarono a rincorrersi tirandosi dietro sassolini e scambiandosi mezzo vocabolario di epiteti.
In realtà era vero che Franchino leggeva un sacco.Aveva la passione dei libri,e sapevamo che era sicuramente quello più acculturato tra di noi.Lo prendevamo sempre in giro ma.lo ammiravamo per questo..anche il Minoz.
Il sole stava per andare a nascondersi,quando ci mettemmo in marcia per tornare a casa.
Il Minoz e Franchino continuavano a discutere di Tao e a prendersi in giro,Giuva raccontava barzellette sconce a Ivano..e io..continuavo a pensare a Gabry che sarebbe andata al cinema con il Minoz.
Per poco non mi strappai i pantaloni impigliandomi tra le maglie della rete di recinzione.Maledetta deconcentrazione...



(continua)
ZAK007.
00venerdì 2 ottobre 2009 02:05
I Ricordi.
Arrivano in silenzio e si diffondono nel pensiero.Ovvio che sia così;questo posto è stato un punto importante che mi ha accompagnato per gran parte della mia adolescenza.Troppi eventi sono successi in questo spiazzo,tra queste vecchie mura sbrecciate.Cose belle e cose brutte..frammenti di vissuto che restano impressi nel profondo.
Accendo una sigaretta e mi siedo sul muretto.C’è un concerto di grilli a far da sottofondo a questa notte illuminata di luna.
In un angolo di questa specie di giardino crescono ancora,chissà come,gli oleandri.Strano che crescano a questa latitudine;di solito il loro habitat naturale è più a sud.L’aria tiepida di inizio estate è piena del tenue profumo dei suoi fiori.
Anche quand’ero ragazzino qui crescevano le piante di oleandro.Ricordo che avevamo paura di toccarle,perché ci dicevano che fossero velenose.In realtà scoprimmo solo da adulti che era vero solo in parte;infatti l’oleandro è davvero velenoso,ma solo se ingerito (soprattutto i semi).
Però il profumo dei suoi fiori e i colori vividi che avevano mi piacevano moltissimo,e ancora mi evocano immagini di giornate di sole passate tra queste rovine.
Sorrido pensando a mio nonno che chiamava gli oleandri “mazze di S.Giuseppe”,chissà perché.

Decido di proseguire la mia ultima visita al gigante di cemento e mi dirigo all’interno.
Lo spiazzo del parcheggio nel primo capannone è coperto di polvere e detriti,ma anche qui la vegetazione ha dettato la sua legge;rampicanti disegnano sulle pareti strani disegni naturali,e qua e là la pavimentazione di pietra è sfondata da radici e da piante robuste.La natura ha una forza davvero senza eguali.
Cammino fino ad arrivare al bivio da dove partono due scalinate;una sale verso i vecchi uffici e poi ancora più su,verso i laboratori,fino a giungere alla terrazza.L’altra scende verso i sotterranei dove si trovavano i magazzini e i pozzi.
Quelle scale le avevo salite e scese centinaia di volte.Le ringhiere di ferro battuto erano arrugginite e pericolosamente instabili,ma gli scalini erano di pietra solida e sicura.
Sul muro che divide le scalinate,ancora si staglia una enorme scritta realizzata con le bombolette di vernice.La parola “Free Art”,affrescata con i colori rosso,bianco e viola,è ancora vivida nonostante l’umidità che l’ha martoriata per tanto tempo.
Sono passati più di vent’anni da quando è stata impressa su quel muro.Vederla ancora così grande,intonsa e immortale mi provoca un attimo di tenera commozione.
Le mani che hanno vergato quelle lettere sono le mie..fu il mio primo graffito…
(continua)

ZAK007.
00martedì 26 gennaio 2010 01:56
..”Il primo l’avevo visto fare da un amico di mio fratello.
Si chiamava Mirko ed era un seguace della musica Heavy Metal.Capelli lunghi,“chiodo” (il mitico giubbotto di pelle) e uno straordinario talento nell’arte del graffito.
Fu dopo una partitella di calcio all’oratorio (l’unico campo decente nei dintorni) che lo sorpresi al lavoro.Le costruzioni che circondavano la chiesa erano piene di angoli nascosti e anfratti dove le giovani coppiette andavano ad imboscarsi,o i gruppetti si facevano le canne.
Sentii l’odore pungente della vernice e il tipico soffio della bomboletta spray..PSSS..FSSS..PSS..
Lo vidi all’opera proprio su uno dei muri laterali della chiesa,nascosto da una scalinata e dai cespugli.
-”Merda!..Ah,sei tu!”- disse quando si accorse che lo stavo guardando -”Spostati da lì.sennò ti vedono.”-
Stava riproducendo il logo degli Iron Maiden,un gruppo Metal molto in voga in quegli anni.L’avevo visto spesso sulle copertine dei loro dischi,e quello che stava riproducendo era proprio uguale all’originale.
Il suo armamentario era composto da due bombolette (una rossa e una nera) e da un paio di pezzi di cartone.
-”E’ una vera figata”- dissi sedendomi su un muretto.
-”Sì,sta venendo abbastanza bene.”-
Usava i cartoni per fare le linee dritte e gli angoli,e le bombolette danzavano in ogni direzione come fossero pennelli su una tela.Alternava spruzzi lunghi a spruzzi corti,avvicinando e allontanando la bomboletta per creare sfumature quasi perfette.Era davvero bravo.
Quando ebbe finito,venne a sedersi accanto a me,rimirando la sua opera completa.
-”Fumi?”- mi chiese porgendomi il pacchetto di bionde.
Ne presi una continuando a guardare il graffito che lentamente si stava asciugando.
-”Ne voglio fare uno anche io”- dissi -”Mi insegni qualcosa?”-
-”Perché?”- rispose lui facendo anelli di fumo.
-”Perché no?”-
Si mise a ridere e raccolse i cartoni e le bombolette dentro al suo zainetto.

Passai un paio di settimane seguendolo nelle sue scorribande.Mi insegnò diversi “trucchi del mestiere”,tipo come allargare i fori del tappo delle bombolette,come utilizzare i cartoni (che chiamava maschere) e come ottenere diverse sfumature a seconda della distanza dello spruzzo dalla superficie.Imparavo presto.
Mi fece terminare uno dei suoi graffiti,prima di dirmi che ero pronto per fare un graffito tutto mio.
-”Per prima cosa”- mi disse -”Devi preparare uno schizzo su carta.Gli esperti non ne hanno bisogno,ma per le prime volte è sempre saggio avere un modello sul quale lavorare.”-
Passai il giorno seguente a lavorarci nella mia stanza.Ero così eccitato dal pensiero della mia prima opera che,al principio,pensai di riprodurre il logo di qualche gruppo musicale tipo Saxon,Metallica o AC/DC.
Ma poi pensai che sarebbe stato più bello inventarmi qualcosa di originale,di tutto mio..tanto per rendere più personale il mio debutto come graffitaro.
Venne fuori la scritta:”Free Art”,realizzata con caratteri molto secchi e angolati e colori vivaci tipici dell’arte murale di quegli anni.Non era certo una frase originale,ma come prima opera poteva andar bene così.
Ricordo lo sguardo sospettoso del proprietario del colorificio in cui andai ad acquistare le bombolette.
-”Uhm..che ci fai con tutte queste vernici,figliolo?”-
Avrei voluto rispondergli di farsi una bella forchettata di cazzi suoi,ma mi trattenni e risposi che mio padre doveva riverniciare dei mobili.
Mi diressi alla Sindar con tutto il mio armamentario nello zaino:bombolette,cartoni.una grossa matita da falegname e il foglio con il bozzetto della mia scritta.
Superata la rete,trovai Mirko che mi aspettava seduto sul muretto,fumandosi una sigaretta.
-”Sei pronto?”- mi chiese sorridendo.
-”Prontissimo”- gli risposi.
La mia “tela” l’avevo già scelta:il muro in fondo,che faceva da divisorio tra le scale,sotto allo spiazzo del parcheggio coperto.Un bel rettangolo di 5 metri per 3,pronto ad essere decorato.
Cominciai subito a tratteggiare la mia scritta usando la matita da falegname.
Andai avanti per quasi un’ora,maneggiando i cartoni e le bombolette,mentre Mirko alle mie spalle mi dava suggerimenti su come rendere omogenea la sfumatura.
Quando ebbi finito,rimasi in piedi con un sorriso ebete a rimirare il mio primo graffito per due minuti buoni.
-“Ragazzo mio”- disse Mirko -”Niente male!Mi sa proprio che sei tagliato per fare il writer.”-
Erano parole profetiche le sue,ma io continuavo a guardare la scritta compiacendomi dell’effetto che ero riuscito a dare alle sfumature dal viola al bianco.Certo era un po’ grezzo..certo non perfetto,ma io ero soddisfatto.
Erano colori su un muro sbrecciato..il mio primo graffito.
Mi pareva d’aver fatto una magia.

(continua..)

ZAK007.
00martedì 26 gennaio 2010 02:10

OPS..ovviamente il pezzo è riferito al passato quindi era in corsivo.
Se il dottor Weiss può correggere,egli puote.. [SM=g1652044]

@Mimmi the Maneater@
00martedì 26 gennaio 2010 09:32
uà mi ricorda i primi anni col mio ex, quando andavo a fargli compagnia allo stadio mentre lui pittava. era proprio bravo. mi pare di avere ancora qualche pezzo che mi aveva dedicato, ma non so dove li ho messi. però le foto di quelli più belli ce le ha lui...
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