Allora, le cose fra parentesi sono pensieri.
No, lo scrivo non perchè io pensi che siete un pò tardi, ma solo perchè non sono molto convinta dell'efficacia dei miei geniali espedienti letterari. Uhm. vado.
E' un pò molto lungo.
- Dai, dai: su avanti veloci che la nonna vi aspetta e io faccio tardi a lavorare! Enrico non tirare nell'agaphanthus che lo sradichi!-.
- non è un agafantus sono foglie secche-
- non sono secche, si riposano- (boh sembra bello morto però)
Marta attraversa il giardino con lo sguardo basso, le piante assetate e malconcie, le erbacce cariche di talmente tanti semi che fanno star male a guardarle.
(appena finite le rate della macchina si prende l'impianto di irrigazione, col cavolo che Federico si compra la bici da corsa nuova) (certo che poi con più acqua crescono meglio le erbacce, accidenti anche il giardino per sentirsi inadeguate, non basta il resto? accidenti dove lo trovo il tempo).
- dai bambini per favore non cincischiate, sù in macchina!-
- posso darmi il lucidalabbra per andare dalla nonna?-
- no Maria che non puoi-
- uffaa e perchè non posso, tu te lo sei dato-
- ma io ho 35 anni, non 8-
- e a quanti anni me lo posso dare?-
- a 34-
- non è vero bugiarda!-
- allora se lo sai, perchè lo chiedi?-
( bene, zittita) pensa sorridendo.
(dunque io esco alle quattro, passo da casa a prendere la macchina e vado da mia madre a recuperare Enrico e Maria, quando torno faccio in tempo a sistemare un pò in giardino)
- mamma ti ricordi di comprare il collirio per il gatto che l'ha detto la Paola veterinaria?- dice Maria
- sì sì che ci passo-
(allora io esco passo a prenderli sulle cinque, poi in farmacia, poi faccio in tempo lo stesso..ah no, finito il detersivo, beh passo al supermercato veloce lì al centro commerciale..no , no no accidenti devo anche stirare le camicie di Federico) approfittando del semaforo appoggia la fronte al volante.
risatine soffocate.
-mamma potevo darmi il lucidalabbra dentro le orecchie?-
Si volta di scatto, Enrico sta usando il bastoncino del suo lucidalabbra, che stava dentro la borsa, come un cotton-fioc.
-Maria togliglielo, Enrico dai piantala che poi la nonna ti deve lavare tutto-
(meno male che siamo arrivati).
Sono le quattro e pochi minuti, Marta è ancora in giardino e si guarda intorno. (aspetto le quattro e un quarto per andare a prendere i bambini, almeno tolgo quelle erbacce lì intorno alle rose coi semi pronti, dai dieci minuti). Afferra i semi nel pugno perchè non svolazzino via e cerca intanto con l'altra mano di tirar via la radice dell'erbaccia. (oh, ma guarda questa rosa, ma poverina con tutta la sete che ha patito ha il coraggio di esser piena di boccioli adesso le dò un pochino di acqua per premio, accidenti era vero che è rifiorente di brutto). Con la canna dell'acqua in mano ruota leggemente il polso per leggere l'ora. (le quattro e poco, uhm bene faccio in tempo anche a togliere quei rami secchi dalla buddleia viola, chissà perchè quella bianca sembra stare molto meglio).
Così leggera come i pensieri del giardino, taglia innaffia strappa e osserva. Anche il tempo si fa lieve.
(uh ma che or'è. le quattro. come le quattro?? madonna mi si è fermato l'orologio: fa vedere sul cellulare. le quattro. beh e quei tre minuti di prima. allora avevo letto male, ma no come che sono uscita dal lavoro alle tre e mezza.)
Si raddrizza perplessa: una mazzo di erbacce in una mano, le cesoie nell'altra. Improvvisamente conscia del silenzio: il giardino ha i suoi suoni, tutto normale. Il vento fra i rami del ciliegio, un uccellino e lo sgocciolio dell'acqua dalla canna. (allora?) E' fuori che sta tutto zitto, mancano le voci della città. Si avvicina alla cancellata.
Il mondo si è congelato, fermato, come fotografato.
Le auto immobili, un camioncino con uno sbuffo di gas di scarico che esce dal tubo di scappamento, tanto fermo da sembrare solido.
Una signora carina sulle strisce pedonali con un bimbo per mano, tutto proteso a sfuggirle.
Un cane con la gamba sollevata per far pipì contro un palo.
Un uomo con la giacca scomposta dal vento.
Lo spazzino con la scopa a mezz'aria.
Un paio di piccioni sospesi.
Marta sente il sangue defluirle rapido dalla faccia, dalla testa, dalle gambe, il cuore rimbomba contro le costole: rimane ferma, gli occhi sgranati, lo sguardo fisso sui piccioni.
(ma come fanno a star lì quei picc..madonna cos'ho, accidenti è un sogno, no lo so che sono sveglia... sto impazzend..mi hanno drogata, no è un ictus un colpo, un aneurisma ecco mi si è rotto un aneurisma in testa e sto morendo questo è un fotofinsh, adesso morirò e niente) (perchè ci metto tanto? allora è che sto impazzendo madonna come lo zio Piero e adesso cosa faccio cosa faccio cosa faccio).
Prova a sporgersi verso la strada, muscoli e ossa funzionano, anche la bocca: tira le labbra sui denti.
Fuori c'è un silenzio tanto forte da essere assordante, non è silenzio: è vuoto. Come infilare la testa in una bolla. Nel giardino l'acqua gorgoglia, il vento muove i rami, un'ape le sfiora la manica.
(sono prigioniera qui, se esco divento come loro, il sangue mi si congela nelle vene ma forse capiscono? sono fermi e disperati accidenti devo uscire cosa faccio qui da sola ma poi entro nella foto magari poi si espande fra poco arriva qui e mi prende devo chiamare qualcuno: Federico, no il babbo)
Il cellulare naturalmente non funziona.
Torna verso l'aiuola per strappare rabbiosa o disperata o solo per una specie di coercizione ad agire un altro pò di erbacce. (adesso faccio finta di niente, ecco mi rimetto al punto di prima e torna tutto normale è pazzesco accidenti quando lo racconto..se lo racconto..mica ne esco..a chi lo racconto..no dai devo uscire non posso mica rimanere così, dai adesso esco e vado dalla mamma, sarà una bolla spazio qualcosa ma sarà qui io passo dalla zona ferma e vado dalla mamma al telegiornale lo diranno tanto se ne saranno accorti non sono impazzita ma no sto ragionando benissimo allora adesso prendo la macchina e vado, anzi prima esco a piedi metto fuori poco per volta, se sento che mi congelo torno dentro allora si dai vado).
Marta si allunga sul cancello, forse non è impazzita, ma sembra effettivamente una matta: un braccio, due, una gamba, fuori! (viva!viva?)
La realtà si riavvia con una piccola smagliatura, come una leggera inceppatura nel movimento ma poi le auto ripartono rumorosamente, il camioncino lascia lo sbuffo di fumo e sparisce, la signora e il bimbo attraversano sani e salvi, il cane fa pipì e prosegue e i piccioni continuano ignari nel loro volo.
Marta rossa in faccia sale in macchina ed esce, sembra una fuga. Un clacson sottolinea la manovra azzardata.
E l'orologio ha ripreso a ticchettare.
Naturalmente non ne ha fatto parola con nessuno, a chi si racconta una cosa del genere? Man mano che i giorni passano si convince sempre più che deve essere stato una sorta di cortocircuito neuronale, una specie di attacco epilettico, una cosa di cui dimenticarsi che è meglio.
Ha però una specie di timore strano per il giardino, non solo quel senso di colpa misto a fastidio di prima: qualcosa di molto peggio. Qualcosa che la fa transitare quasi correndo.
Ma non si può andare avanti così, le aiuole traboccano di erbacce e le piante muoiono di sete, la vite americana si sta seccando e perde le foglie che si ammucchiano sul resto.
E' ovvio che non si può andare avanti così.
E quindi una domenica mattina, bel tempo, ma non troppo caldo, niente di urgente da fare, nessuna scusa: Marta si rimette al lavoro.
All'inizio è terribilmente nervosa, si vede bene che si muove a scatti e frettolosa: lancia sguardi di cui si vergogna al traffico che scorre sopra la siepe, poi si calma.
(adesso tutte queste foglie secche le metto in un mucchio laggiù potrei fare del compost, speriamo che non muoia povera vite, ma l'ibisco ha fatto i fiori miniaturizzati ma guarda sarà una strategia di risparmio acqua acqua povere piante).
Ecco. Ancora.
Un bel fermo immagine fuori dal giardino.
Questa volta però va meglio: ormai in fondo lo sa. Può uscire e riavviare tutto e, alla fin fine, se di pazzia si tratta, è una pazzia privatissima: mica ha fatto danni in questa settimana.
Esce per prova: svhisssh.. piccola esitazione come l'altra volta..poi a posto, il tempo rifluisce, la realtà riparte. Sorride.
I giorni successivi comincia a prenderci gusto, il trucco sta nel lasciar vagare leggeri i pensieri: piante, fiori, basta staccarsi dal resto, immergersi nel giardino.. e il tempo là fuori si ferma. Un sacco di tempo extra!
Il giardino in una settimana è in ordine come mai prima: innaffiato, pulito, potato vangato ed in piena salute. E lei alla sera stanca come un minatore: mica riposante avere giornate di boh chissaquante ore.
Prende l'abitudine di portarsi un libro, qualcosa da mangiare: mele o biscotti. E poi può anche farsi un pisolino sul prato.
In breve tempo diventa una specie di tossica del "tempo fermo": pianifica ed inventa cose da fare mentre sta in giardino. E' esaltante fermare il tempo di greenwich con un pensiero sulla rifiorenza! Riprende i libri dell'università. Inizia una specie di complicato ricamo che la annoia da morire.
Porta fuori un mangianastri e si ascolta le cassette di quindici anni prima.
Sfoglia ed impara da quell'enorme enciclopedia del giardinaggio che le hanno regalato quando si è sposata.
E pensa, pensa come non faceva da anni.
Nel complesso ha l'aria di godersela parecchio.
E' passato un mese: Marta e Federico prendono il caffè al tavolo della cucina, il tempo è bello ed il giardino fuori dalle finestre, uno schianto.
- ah Federico, sai mi ha chiamata Carlo Morelli. Hai presente Carlo, dai quel mio compagno dell'univer..-
- si quel deficiente che ti sbavava dietro- (e tu gli davi moltissima corda)
- ma no che non sbavava- ribatte Marta- e poi non mi piaceva per niente- (adesso in effetti è molto meglio)
- altrochè se sbavava, comunque..allora che dice? Ha trovato qualcuna che lo ha sposato?-
- no, ma non è che non l'ha trovata, dai non so comunque non è sposato. ma questo non c'entra. E' che lui è dentro l'università, insomma c'è un progetto nuovo, mi ha chiesto se voglio partecipare: potrei lavorare qui da casa-
Federico la guarda molto perplesso. - ma scusa tu lavori, hai una famiglia, sei sempre di corsa, la sera ti addormenti sul divano: hai intenzione di farlo di notte??- ( questa è impazzita cosa crede di esser una single bohemien?)
- ma no che di notte, tu non preoccuparti del mio tempo, Carlo diceva due pomeriggi a settimana: potrebbe venire lui qui da noi..-
- Ah, qui vuole venire?- (ma da dov'è spuntato adesso questo, cosa c'ha le nostalgie? se lo sogna di venire in casa mia)
- Ma sì dai non fare il geloso sù, potrebbe venire quando torno dal lavoro, così rimango qui coi bambini: ma che problema c'è? E poi mi pagano eh.- (prova a dire che non vuoi, se hai il coraggio, cosa ti credi di poter decidere per me? ho deciso di farlo e lo faccio)
Federico sospira, forse un pò in difficoltà? Replica col tono paziente di chi parla con un bambino, o uno scemo:
- non c'è nessun problema, solo che non ho capito perchè adesso vuoi fare questa cosa-
- ma perchè ho voglia di fare qualcosa per me, di rimettere in moto la testa, di sentirmi sveglia. Senti tu non preoccuparti, non te ne accorgerai nemmeno-
- ah! dove avete intenzione di lavorare? mica nel mio studio eh? no no non c'è posto lo sai questa casa trabocca, non voglio il mio studio pieno di cartacce vostre. Dove avete intenzione di stare? a questo non avevi pensato eh??-
Marta sorride finalmente, con la calma di chi si è tenuta per ultima la carta migliore:
- penso proprio che staremo in giardino -.
[Modificato da chicchis 05/09/2003 23.14]