« Non uccidere » (Es 20,13).
« Avete inteso che fu detto agli antichi: "Non uccidere; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio". Ma io vi dico: Chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio » (Mt 5,21-22).
2258 « La vita umana è sacra perché, fin dal suo inizio, comporta l'azione creatrice di Dio e rimane per sempre in una relazione speciale con il Creatore, suo unico fine. Solo Dio è il Signore della vita dal suo inizio alla sua fine: nessuno, in nessuna circostanza, può rivendicare a sé il diritto di distruggere direttamente un essere umano innocente ». (168)
I. Il rispetto della vita umana
La testimonianza della storia sacra
2259 La Scrittura, nel racconto dell'uccisione di Abele da parte del fratello Caino, (169) rivela, fin dagli inizi della storia umana, la presenza nell'uomo della collera e della cupidigia, conseguenze del peccato originale. L'uomo è diventato il nemico del suo simile. Dio dichiara la scelleratezza di questo fratricidio: « Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo! Ora sii maledetto lungi da quel suolo che per opera della tua mano ha bevuto il sangue di tuo fratello » (Gn 4,10-11).
2260 L'Alleanza tra Dio e l'umanità è intessuta di richiami al dono divino della vita umana e alla violenza omicida dell'uomo:
« Del sangue vostro anzi, ossia della vostra vita, io domanderò conto [...]. Chi sparge il sangue dell'uomo, dall'uomo il suo sangue sarà sparso, perché ad immagine di Dio egli ha fatto l'uomo » (Gn 9,5-6).
L'Antico Testamento ha sempre ritenuto il sangue come un segno sacro della vita. (170) Questo insegnamento è necessario in ogni tempo.
2261 La Scrittura precisa la proibizione del quinto comandamento: « Non far morire l'innocente e il giusto » (Es 23,7). L'uccisione volontaria di un innocente è gravemente contraria alla dignità dell'essere umano, alla « regola d'oro » e alla santità del Creatore. La legge che vieta questo omicidio ha una validità universale: obbliga tutti e ciascuno, sempre e dappertutto.
2262 Nel discorso della montagna il Signore richiama il precetto: « Non uccidere » (Mt 5,21); vi aggiunge la proibizione dell'ira, dell'odio, della vendetta. Ancora di più: Cristo chiede al suo discepolo di porgere l'altra guancia, (171) di amare i propri nemici. (172) Egli stesso non si è difeso e ha ingiunto a Pietro di rimettere la spada nel fodero. (173)
La legittima difesa
2263 La legittima difesa delle persone e delle società non costituisce un'eccezione alla proibizione di uccidere l'innocente, uccisione in cui consiste l'omicidio volontario. « Dalla difesa personale possono seguire due effetti, il primo dei quali è la conservazione della propria vita; mentre l'altro è l'uccisione dell'attentatore ». (174) « Nulla impedisce che vi siano due effetti di uno stesso atto, dei quali uno sia intenzionale e l'altro preterintenzionale ». (175)
2264 L'amore verso se stessi resta un principio fondamentale della moralità. È quindi legittimo far rispettare il proprio diritto alla vita. Chi difende la propria vita non si rende colpevole di omicidio anche se è costretto a infliggere al suo aggressore un colpo mortale:
« Se uno nel difendere la propria vita usa maggior violenza del necessario, il suo atto è illecito. Se invece reagisce con moderazione, allora la difesa è lecita [...]. E non è necessario per la salvezza dell'anima che uno rinunzi alla legittima difesa per evitare l'uccisione di altri: poiché un uomo è tenuto di più a provvedere alla propria vita che alla vita altrui ». (176)
2265 La legittima difesa, oltre che un diritto, può essere anche un grave dovere, per chi è responsabile della vita di altri. La difesa del bene comune esige che si ponga l'ingiusto aggressore in stato di non nuocere. A questo titolo, i legittimi detentori dell'autorità hanno il diritto di usare anche le armi per respingere gli aggressori della comunità civile affidata alla loro responsabilità.
2266 Corrisponde ad un'esigenza di tutela del bene comune lo sforzo dello Stato inteso a contenere il diffondersi di comportamenti lesivi dei diritti dell'uomo e delle regole fondamentali della convivenza civile. La legittima autorità pubblica ha il diritto ed il dovere di infliggere pene proporzionate alla gravità del delitto. La pena ha innanzi tutto lo scopo di riparare il disordine introdotto dalla colpa. Quando è volontariamente accettata dal colpevole, essa assume valore di espiazione. La pena poi, oltre che a difendere l'ordine pubblico e a tutelare la sicurezza delle persone, mira ad uno scopo medicinale: nella misura del possibile, essa deve contribuire alla correzione del colpevole.
2267 L'insegnamento tradizionale della Chiesa non esclude, supposto il pieno accertamento dell'identità e della responsabilità del colpevole, il ricorso alla pena di morte, quando questa fosse l'unica via praticabile per difendere efficacemente dall'aggressore ingiusto la vita di esseri umani. Se, invece, i mezzi incruenti sono sufficienti per difendere dall'aggressore e per proteggere la sicurezza delle persone, l'autorità si limiterà a questi mezzi, poiché essi sono meglio rispondenti alle condizioni concrete del bene comune e sono più conformi alla dignità della persona umana. Oggi, infatti, a seguito delle possibilità di cui lo Stato dispone per reprimere efficacemente il crimine rendendo inoffensivo colui che l'ha commesso, senza togliergli definitivamente la possibilità di redimersi, i casi di assoluta necessità di soppressione del reo « sono ormai molto rari, se non addirittura praticamente inesistenti ». (177)
L'omicidio volontario
2268 Il quinto comandamento proibisce come gravemente peccaminoso l'omicidio diretto e volontario. L'omicida e coloro che volontariamente cooperano all'uccisione commettono un peccato che grida vendetta al cielo. (178) L'infanticidio, (179) il fratricidio, il parricidio e l'uccisione del coniuge sono crimini particolarmente gravi a motivo dei vincoli naturali che infrangono. Preoccupazioni eugenetiche o di igiene pubblica non possono giustificare nessuna uccisione, fosse anche comandata dai pubblici poteri.
2269 Il quinto comandamento proibisce qualsiasi azione fatta con l'intenzione di provocare indirettamente la morte di una persona. La legge morale vieta tanto di esporre qualcuno ad un rischio mortale senza grave motivo, quanto di rifiutare l'assistenza ad una persona in pericolo. Tollerare, da parte della società umana, condizioni di miseria che portano alla morte senza che ci si sforzi di porvi rimedio, è una scandalosa ingiustizia e una colpa grave. Quanti nei commerci usano pratiche usuraie e mercantili che provocano la fame e la morte dei loro fratelli in umanità, commettono indirettamente un omicidio, che è loro imputabile. (180) L'omicidio involontario non è moralmente imputabile. Ma non si è scagionati da una colpa grave qualora, senza motivi proporzionati, si è agito in modo tale da causare la morte, anche senza l'intenzione di provocarla.
L'aborto
2270 La vita umana deve essere rispettata e protetta in modo assoluto fin dal momento del concepimento. Dal primo istante della sua esistenza, l'essere umano deve vedersi riconosciuti i diritti della persona, tra i quali il diritto inviolabile di ogni essere innocente alla vita. (181)
« Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo, prima che tu uscissi alla luce, ti avevo consacrato » (Ger 1,5).
« Non ti erano nascoste le mie ossa quando venivo formato nel segreto, intessuto nelle profondità della terra » (Sal 139,15).
2271 Fin dal primo secolo la Chiesa ha dichiarato la malizia morale di ogni aborto provocato. Questo insegnamento non è mutato. Rimane invariabile. L'aborto diretto, cioè voluto come un fine o come un mezzo, è gravemente contrario alla legge morale:
« Non uccidere il bimbo con l'aborto, e non sopprimerlo dopo la nascita ». (182)
« Dio, padrone della vita, ha affidato agli uomini l'altissima missione di proteggere la vita, missione che deve essere adempiuta in modo degno dell'uomo. Perciò la vita, una volta concepita, deve essere protetta con la massima cura; e l'aborto come pure l'infanticidio sono abominevoli delitti ». (183)
2272 La cooperazione formale a un aborto costituisce una colpa grave. La Chiesa sanziona con una pena canonica di scomunica questo delitto contro la vita umana. « Chi procura l'aborto, se ne consegue l'effetto, incorre nella scomunica latae sententiae », (184) « per il fatto stesso d'aver commesso il delitto » (185) e alle condizioni previste dal diritto. (186) La Chiesa non intende in tal modo restringere il campo della misericordia. Essa mette in evidenza la gravità del crimine commesso, il danno irreparabile causato all'innocente ucciso, ai suoi genitori e a tutta la società.
2273 Il diritto inalienabile alla vita di ogni individuo umano innocente rappresenta un elemento costitutivo della società civile e della sua legislazione:
« I diritti inalienabili della persona dovranno essere riconosciuti e rispettati da parte della società civile e dell'autorità politica; tali diritti dell'uomo non dipendono né dai singoli individui, né dai genitori e neppure rappresentano una concessione della società e dello Stato: appartengono alla natura umana e sono inerenti alla persona in forza dell'atto creativo da cui ha preso origine. Tra questi diritti fondamentali bisogna, a questo proposito, ricordare: il diritto alla vita e all'integrità fisica di ogni essere umano dal concepimento alla morte ». (187)
« Nel momento in cui una legge positiva priva una categoria di esseri umani della protezione che la legislazione civile deve loro accordare, lo Stato viene a negare l'uguaglianza di tutti davanti alla legge. Quando lo Stato non pone la sua forza al servizio dei diritti di ciascun cittadino, e in particolare di chi è più debole, vengono minati i fondamenti stessi di uno Stato di diritto. [...] Come conseguenza del rispetto e della protezione che vanno accordati al nascituro, a partire dal momento del suo concepimento, la legge dovrà prevedere appropriate sanzioni penali per ogni deliberata violazione dei suoi diritti ». (188)
2274 L'embrione, poiché fin dal concepimento deve essere trattato come una persona, dovrà essere difeso nella sua integrità, curato e guarito, per quanto è possibile, come ogni altro essere umano. La diagnosi prenatale è moralmente lecita, se « rispetta la vita e l'integrità dell'embrione e del feto umano ed è orientata alla sua salvaguardia o alla sua guarigione individuale [...]. Ma essa è gravemente in contrasto con la legge morale quando contempla l'eventualità, in dipendenza dai risultati, di provocare un aborto: una diagnosi [...] non deve equivalere a una sentenza di morte ». (189)
2275 « Si devono ritenere leciti gli interventi sull'embrione umano a patto che rispettino la vita e l'integrità dell'embrione, non comportino per lui rischi sproporzionati, ma siano finalizzati alla sua guarigione, al miglioramento delle sue condizioni di salute o alla sua sopravvivenza individuale ». (190)
« È immorale produrre embrioni umani destinati a essere sfruttati come "materiale biologico" disponibile ». (191)
« Alcuni tentativi d'intervento sul patrimonio cromosomico o genetico non sono terapeutici, ma mirano alla produzione di esseri umani selezionati secondo il sesso o altre qualità prestabilite. Queste manipolazioni sono contrarie alla dignità personale dell'essere umano, alla sua integrità e alla sua identità » (192) unica, irrepetibile.