Parola di Tinto Brass: "Il culo è più onesto della faccia"

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binariomorto
00giovedì 31 gennaio 2013 13:19
Tinto Brass: “Il culo è più onesto della faccia, ma a volte coincidono”



ROMA – “Il culo è più onesto della faccia, ma a volte sono la stessa cosa”. Il regista Tinto Brass risponde così ai giornalisti del Fatto Quotidiano che lo hanno intervistato. Brass, la cui biografia è in uscita in primavera con il titolo “Brass the ass“, racconta Alessandro Ferrucci e Malcom Pagani la sua vita da adolescente spesa tra i bordelli, il lavoro da regista, l’amore e le amicizie. Arrivato a quasi 80 anni, guai a chiedere al regista se prova “malinconia”: “All’ultimo che me lo ha detto, gli ho tolto il saluto”.

Brass parla della sua adolescenza, passata nei bordelli di Venezia, e dei rapporti difficili con la famiglia, che arrivò a cacciarlo di casa. Ma al cinema tutto è diverso:

“Sulle mie attrici non tolleravo intrusioni. Le sceglievo io, come facevo con la biancheria intima che indossavano in scena, ma non sempre ho realizzato i miei desideri. Ne La chiave avrei voluto Sofia Loren. Carlo Ponti sbottò: “Hai per caso lo sperma nel cervello?”.

Per La Chiave la scelta finale cadde su Stefania Sandrelli, l’unica che non abbia mai rinnegato il regista:

“Alla proiezione assiste senza dire una parola e fugge via. Penso sia rimasta disgustata e mi preparo al peggio. Poi leggo i giornali. Lei sfrontata, allegra: “Son felice di aver dimostrato di saper recitare anche con il culo”. Le voglio bene. È stata l’unica a non rinnegarmi. L’avrei voluta dirigere ancora.

La chiave, un trionfo, l’aveva resa irraggiungibile. Per il film le avevo corrisposto 16 milioni. La volta successiva me ne chiese 600. La mandai affettuosamente a cagare”.


Focoso regista, non ebbe mai storie con le sue attrici. Ma uno dei sogni di Brass era portare la “culologia” in televisione fin dai tempi dell’omaggio ricevuto in Mutande Pazze da Roberto D’Agostino. Poi parla della sua biografia, redatta da Caterina Varzi, amante, attrice, avvocato e musa del regista.

“Brass the ass“, il “culo” in italiano, questo il titolo della biografia del regista in uscita in primavera. Dice Brass al Fatto:

“Il culo è più onesto della faccia, ma a volte il culo coincide con la faccia stessa. Poi guardate, il mio caso è strano. È come se il Cantico del culo avesse cancellato tutto il resto. Il cinema serio, la sperimentazione, la cultura, i miei inizi. Quando era direttore a Torino, Moretti mi chiamò per discutere del mio Chi lavora è perduto. Fu adorabile. Ci eravamo sempre combattuti. Avevo stroncato il Caimano e mi era scappato un giudizio poco benevolo sul suo cinema.

Cosa aveva detto?

Che aveva funzioni lassative. È stato spiritoso, Nanni. Come Sordi e la Vitti conosciuti nel ’64 sul set de Il disco volante, o le domeniche con Antonioni, tra il ping-pong e la gioia pura. Michelangelo era un amico fraterno, ma di cinema non parlavamo mai. Io consideravo Deserto Rosso soporifero e battute come “Mi fanno male i capelli” imperdonabili, ma gli volevo veramente bene”.

Fonte: blitzquotidiano
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