Racconto: slaves to darkness

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K4oS
00martedì 10 agosto 2004 17:01
Piu' che racconto il background per il mio nuovo esercito del Caos di warhammer fantasy.

I - La genesi del campione

Tiomor alzo' lo sguardo al cielo, mirando le nubi multicolori che turbinavano
in alto, sopra la terra consumata e vetrificata dalle energie che la
flaggellavano costantemente.
Alzo' al cielo il suo trofeo insanguinato e nefasto aspettando di ricevere il
favore del suo dio.
Ai suoi piedi si ergeva un tumulo di cadaveri mutilati e orribilmente mutati.
Li aveva trascinati fin li' da solo, sorretto dalla sua forza sovrumana e
un'incrollabile volonta' nel soddisfare i desideri del suo oscuro patrono.
Poteva essere stato un atto vile, insensato, un massacro dettato dalla ricerca
di un oscuro piacere, un'orgia di sangue e fuoco, spenta nelle grida e nei
lamenti delle vittime innocenti, dei bambini, delle donne.
Ma qui l'onore non c'entrava, ne' il coraggio, ne' la vigliaccheria. Si
trattava solo di essere scelti. Ed essere scelti era meglio che non esserlo.
Perche' al signore del mutamento non importava chi cadesse, solo bastava che
qualcosa mutasse, nel bene o nel male. Le oscure potenze bramavano la
devastazione, lo sconvolgimento di ogni ordine costituito. E qusto Tiomor lo
sapeva, da quando era nato nella sua tribu' di predoni, uomini che adoravano
la forza dei quattro venti invece di combatterla, perche' i loro dei erano
piu' forti di quelli della gente del sud. I loro dei volevano bene ai propri
figli, li sceglievano e gli facevano doni e lusinghe.
Le nubi turbinarono intorno a Tiomor, danzando nell'aria e avvolgendolo, con i
loro colori mutevoli. Poi si trasformarono in un fuoco multicolore e
lambirono le sue carni. E la dove la pelle bruciava, emanando un odore di
incenso, veniva ricoperta da placche di solido metallo che si fondevano con
gli arti, le vene scoppiavano e si ricomponevano sotto e dentro il metallo
degli dei.
La colonna vertebrale si stacco' dalle carni dell'uomo e sembro' volare e poi
camminare come uno strano animale. Poi fuggi' via zampettando, mentre occhi e
bocche la ricoprivano. E il fuoco gli invase l'interno del corpo, bruciando
fino alle viscere, mutando e ricomponendo, mentre sulla sua schiena sorgevano
altre vertebre d'acciaio e osso, coperte di spuntoni malevoli e affilati.
Infine il fuoco gli ustiono' la carne del volto, lasciando un lungo segno
sinuoso della forma di un serpente e cinse il suo capo con un elmo
cornuto e duro come il diamante. Il marchio del dio oscuro comincio' a
scorrere muovendosi sinuoso sulle carni di Tiomor e strisciando sulla sua
armatura.
Egli era stato scelto.
Era nato un nuovo campione.

II - I doni del dio oscuro

Gli uomini vedendolo tornare cinto nella sua corazza cangiante lo acclamarono,
perche' immenso e' il destino di colui che viene scelto e grande la gloria che
spetta a coloro che sono accanto a lui. Gli uomini si prostarono offrendo le
loro spade come tributo, e Timor li benedisse tutti, parlo' con loro e gli
dedico' il suo tempo. Adesso la sua tribu' poteva parlare con gli dei. Il
serpente marchiato nelle carni del campione era il simbolo di quel legame
speciale che lo univa al regno degli immortali. E lui non fu il solo a riceverlo.
Quando Tiomor e la sua banda obbedirono ai comandi del loro signore, facendosi
messaggeri della mutazione e dell'evoluzione, anche i suoi uomini ricevettero
lo stesso dono e la stessa armatura che cingeva il loro condottiero. Ma
Tiomor era l'unico a poter imbrigliare il potere dei venti e trasformarlo
in fuoco azzurro o verde, in energia che preservava o distruggeva, a
seconda del suo capriccio. E mentre i suoi successi aumentavano, molti dei
suoi uomini si ricoprivano di armature benedette dal dio oscuro e
ricevevano doni bellissimi e potentosi, chi un becco da rapace, chi la
pelle coperta da piume multicolori, chi un braccio tramutato in
tentacolo. Anche Tiomor aveva ricevuto alcuni doni fantastici: dal suo
avambraccio sorgeva una lama bellissima e affilata, dei colori
dell'arcobaleno, con cui abbatteva i suoi nemici. Sulla sua fronte inoltre
si era aperto un terzo occhio, con cui vedeva nel futuro, e prevedeva
tutti gli attacchi che gli venivano sferrati dai nemici, riuscendo sempre
a evitare le trappole e sventare le insidie.
E gli uomini adoravano Tiomor al pari di una divinita' poiche' aveva dato loro
la possibilita' di diventare i guerrieri degli dei, impegnati nella santa
missione che avrebbe permesso loro un giorno di calcare la terra non piu' come
briganti ma come signori.
Quando i successi di Tiomor divennero troppo grandi perche' egli potesse
continuare a essere ignorato dalla terra, il suolo si spacco' sotto i suoi
piedi. Lingue di lava e fuoco si riversavano dalle fessure, spuntoni di
roccia affilata saettavano dalle crepe cercando di ferirlo. Allora il suo dio
vedendo che egli non poteva piu' calcare il suolo come gli altri mortali gli
diede in dono un disco su cui poteva librarsi in aria, ed esso si muoveva
secondo la sua volonta', colpendo i nemici con spuntoni, tentacoli o fulmini.
Sulla superficie del disco comparivano volti ghignanti che soffiavano fuoco ed
enumeravano le vittorie di Tiomor, inneggiando al campione e all'oscuro
signore che serviva, in modo tanto ossessivo che i nemici impazzivano e si
tappavano le orecchie pur di non sentire quelle voci terribili e riecheggianti.
E Tiomor continuava ad innalzare i suoi trofei al cielo, sqarciando i ventri
dei nemici e stringendo nella mano i preziosi tesori che lo scrigno delle
costole conteneva. Le viscere striscianti e insanguinate si contorcevano nelle
mani del campione, per poi trotterellare via, con le loro zampette appena
cresciute, come giocose scolopendre mentre con i loro nuovi occhi scrutavano i
volti gioviali dei guerrieri, che applaudivano e gridavano divertiti ogni
volta che uno degli organi prendeva vita e scompariva verso nord, per andare a
riunirsi con le entita' del Caos.

III - La venuta di Ghemendrung

Una grande vittoria attendeva Tiomor quando con il suo esercito di
guerrieri prescelti sciamo' verso sud per muovere contro la ricca citta'
di Kledistov. Khaz-marak il suo possente ariete da assedio coperto delle
oscure benedizioni del dio oscuro abbatte' lo spesso portone con una
facilita' disarmante, mentre eruttava fiamme e fumo dalla bocca metallica,
lacerava carni e metallo nelle sue fauci mostruose e fiammeggianti. Quella
mostruosita' forgiata nelle oscure fucine dei nani rinnegati infuriava sui
nemici dotata di volonta' propria mentre il demone rinchiuso al suo
interno strepitava e infuriava, riversando sui nemici le frustazioni di
secoli di prigionia. Tiomor sul suo magico disco lasciava dietro di lui
una scia di sangue e cadaveri, che fendeva con la sua possente lama, e la
sua gigantesca spada che roteava contro i nemici, troncando arti e aprendo
ventri, spaccando mura e macchine da guerra con la stessa facilita'. La
sua orda di guerrieri gia' sciamava in citta', appiccando il fuoco e
uccidendo chiunque incontrassero sul loro cammino. I cadaveri si
ammucchiavano sui lati delle strade, sulle porte, o in mezzo alla strada,
schiacciati da zoccoli impietosi di possenti destrieri. Il combattimento
infurio' a lungo, mentre l'orda di Tiomor si abbandonava ai piaceri del
massacro. E dove essi passavano sorgevano volti demoniaci, sulle pareti,
sulle porte, sulla strada. Orridi visi gorgoglianti e ridacchianti, che
narravano la storia della distruzione di Kledistov, con toni diversi,
sibilanti, acuti, ossessionanti.
E quando la devastazione giunse al suo culmine, quando anche le mura
vennero ridotte in cenere e polvere, allora Tiomor si fermo' per
contemplare il mare in tempesta che fremeva e ruggiva, proferendo parole
selvagge attraverso i suoi gorghi, le sue onde che si infrangevano sul
porto ormai in fiamme.
E dal mare sorse Ghemendrung ruggendo spaventosamente, le due
teste che si contorcevano bramando distruzione, le ali enormi,
multicolori, lo spingevano nel cielo, artigli affilati e pronti a ghermire
vittime impotenti.
E Ghemendrung parlo' un linguaggio di rabbia e fiamme, Timor rispose con
parole di guerra e conquista e nel profondo del loro animo i due si
compresero, entrambi esseri mostruosi generati da potenze superiori.
Ghemendrung plano' sulla riva, squassando i pochi edifici che il fuoco non
aveva ancora divorato. Chino' le zampe e distese l'enorme mole, mentre
l'acqua bolliva e gorgogliava, al contatto con la sua pelle fiammeggiante
e cangiante, per permettere a Tiomor di montare sul suo dorso. Non servo,
ma potente alleato, in un'empio sodalizio di distruzione e massacro. Il
condottiero monto' sulla schiena della creatura e si libro' nell'aria,
acclamato dalle grida esaltate degli uomini.
E l'importante non era aver vinto. L'importante era essere stato scelto.
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Con muscoli di ferro e tendini d'acciaio, col respiro di fumo e fiamme, con i passi simili al rombo del tuono, e' cosi' che voglio vivere.
E quando verra' la mia ora, sprizzero' scintille e sanguinero' olio nero, come i fratelli d'acciaio, quando moriro', moriro' nel vapore.

[Modificato da K4oS 10/08/2004 22.16]

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