Un pessimo film di fantascienza..

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Mr Weiss
00martedì 26 maggio 2009 22:41
Stasera verso le nove e mezzo mi avviavo verso gli spogliatoi per una strada buia che passa dietro i capannoni del cantiere. Dal grande ingrgesso di un capannone che illuminava la strada di una fioca luce gialla esce un operaio che conoso che mi saluta per nome. Il suo aspetto era spettrale, come solo certi malati gravi che incontri per i corridoi di un ospedale hanno. Li mani in tasca, due parole apatiche di convenevoli, e si è rintrodotto nel capannone da dov'era uscito come un dannato che rientra nel proprio girone.
Faccio altri venti metri e vedo profilarsi dal buio un altro operaio sindacalista che mi guardava di sottecchi con titubanza e sospetto. Quando mi è stato a tiro l'salutato e a quello nasce un gran sorriso e mi risponde.. quel tipo sta male.
Andando in là ho trovato altre facce spente, e mi son detto che se le ditte massacrano la gente, le grandi società son capaci di bersele.
Sto parlando della classe operaia, ma per gli impegati è la stessa cosa. Un brutto film di fantascienza in cui entri in un gruppo che si definisce leader del settore, e ti puppano la polpa. Lasciano un guscetto semitrasparente vuoto che non si può definire neanche carapace che continua a far finta di essere te..
@Mimmi the Maneater@
00mercoledì 27 maggio 2009 09:18
che significa:"ti puppano lo palpa"?
merinze
00mercoledì 27 maggio 2009 10:46
Gian Luigi Solinas aveva 26 anni. Daniele Melis 30 li avrebbe compiuti nei prossimi giorni. Bruno Muntoni 56 e una pensione ormai vicina. Ieri mattina hanno superato i cancelli della Saras per macinare otto lunghe ore di lavoro. I primi due operai a contratto, il terzo una vita trascorsa da metalmeccanico. Tutti dipendenti della Comesa-Sarcomi-Comes, una delle principali aziende d'appalto che operano per conto della raffineria. Ma ieri pomeriggio, nessuno dei tre è uscito vivo dalla fabbrica. Uccisi dal lavoro sul posto di lavoro, dopo essersi infilati dentro un impianto, l'Mhc1, un silos d'acciaio orizzontale lungo una decina di metri e alto poco meno di due dove si accumula il gasolio e dove gli idrocarburi vengono desolforati. All'interno l'aria doveva essere salubre, respirabile. A misura d'uomo. Non lo era affatto. Il tasso d'ossigeno era sensibilmente crollato dopo le immissioni di azoto necessarie per scacciare la presenza di altri gas insidiosi come il monossido di carbonio e l'idrogeno solforato. Lì dentro, insomma, nessuno ci sarebbe dovuto entrare prima del ripristino delle corrette condizioni ambientali. Della completa bonifica. Ma qualcosa ieri a Sarroch, cinque minuti prima delle due del pomeriggio, non è andata per il verso giusto.

LA DINAMICA Gian Luigi Solinas sarebbe stato il primo a entrare nell'accumulatore di gasolio. Il primo a svenire. Morire. Gianluca Fazio, 34 anni di Siracusa, unico sopravvissuto della squadra impegnata nella manutenzione (ricoverato al San Giovanni anche se le sue condizioni non sono fortunatamente gravi), avrebbe tentato di riportarlo all'aperto, attraverso quel foro d'ingresso largo appena sessanta centimetri, agguantandolo per le braccia dopo essersi accorto del malore. Non ce l'ha fatta, restando leggermente ferito nell'urto contro il bordo dell'oblò. Il giovane operaio è ripiombato nella cisterna restando ucciso. È stato un altro lavoratore Renato Porcu, a urlare con tutte le sue forze e chiedere aiuto. Bruno Muntoni e Daniele Melis lavoravano in un'altra area dell'impianto Mhc. E non ci hanno pensato due volte a infilarsi dentro la cisterna. Il primo è morto all'istante, il secondo, nonostante indossasse una maschera di protezione dai vapori organici e dalle polveri, è crollato al suolo.


LA RABBIA “Morti d'appalto”: così le hanno chiamate i colleghi, le centinaia di operai della Saras e delle aziende d'appalto che ieri hanno occupato il grande piazzale straziato dal caldo torrido e dal dolore. «Rischiamo la vita tutti i giorni per mille euro, i turni sono massacranti», urla un operaio con le lacrime agli occhi. È una tuta blu degli appalti, uno del gruppo che ha tentato di fermare i pullman dei dipendenti Saras per rabbia contro le «vittime annunciate».

L'AZIENDA Stringato il comunicato dell'azienda Moratti. Sul luogo del'incidente sono intervenuti i medici dell'azienda che, nonostante i ripetuti tentativi di rianimazione hanno potuto solo constatare il decesso. Saranno ora il pubblico ministero Maria Chiara Manganiello e i carabinieri della Compagnia di Cagliari al comando del capitano Paolo Floris, a chiarire la dinamica di questa tragedia. E verificare se tutte le procedure di sicurezza siano state rispettate. Se, insomma, i tre operai avessero tutte le autorizzazioni per poter operare all'interno di quel cilindro d'acciaio saturo d'azoto e avaro d'ossigeno.

Andrea Piras
Mr Weiss
00mercoledì 27 maggio 2009 10:49
Re:
@Mimmi the Maneater@, 27/05/2009 9.18:

che significa:"ti puppano lo palpa"?




Errore di battitura. Corretto.

merinze, 27/05/2009 10.46:

Gian Luigi Solinas aveva 26 anni. Daniele Melis 30 li avrebbe compiuti nei prossimi giorni. Bruno Muntoni 56 e una pensione ormai vicina. Ieri mattina hanno superato i cancelli della Saras per macinare otto lunghe ore di lavoro. I primi due operai a contratto, il terzo una vita trascorsa da metalmeccanico. Tutti dipendenti della Comesa-Sarcomi-Comes, una delle principali aziende d'appalto che operano per conto della raffineria. Ma ieri pomeriggio, nessuno dei tre è uscito vivo dalla fabbrica. Uccisi dal lavoro sul posto di lavoro, dopo essersi infilati dentro un impianto, l'Mhc1, un silos d'acciaio orizzontale lungo una decina di metri e alto poco meno di due dove si accumula il gasolio e dove gli idrocarburi vengono desolforati. All'interno l'aria doveva essere salubre, respirabile. A misura d'uomo. Non lo era affatto. Il tasso d'ossigeno era sensibilmente crollato dopo le immissioni di azoto necessarie per scacciare la presenza di altri gas insidiosi come il monossido di carbonio e l'idrogeno solforato. Lì dentro, insomma, nessuno ci sarebbe dovuto entrare prima del ripristino delle corrette condizioni ambientali. Della completa bonifica. Ma qualcosa ieri a Sarroch, cinque minuti prima delle due del pomeriggio, non è andata per il verso giusto.

LA DINAMICA Gian Luigi Solinas sarebbe stato il primo a entrare nell'accumulatore di gasolio. Il primo a svenire. Morire. Gianluca Fazio, 34 anni di Siracusa, unico sopravvissuto della squadra impegnata nella manutenzione (ricoverato al San Giovanni anche se le sue condizioni non sono fortunatamente gravi), avrebbe tentato di riportarlo all'aperto, attraverso quel foro d'ingresso largo appena sessanta centimetri, agguantandolo per le braccia dopo essersi accorto del malore. Non ce l'ha fatta, restando leggermente ferito nell'urto contro il bordo dell'oblò. Il giovane operaio è ripiombato nella cisterna restando ucciso. È stato un altro lavoratore Renato Porcu, a urlare con tutte le sue forze e chiedere aiuto. Bruno Muntoni e Daniele Melis lavoravano in un'altra area dell'impianto Mhc. E non ci hanno pensato due volte a infilarsi dentro la cisterna. Il primo è morto all'istante, il secondo, nonostante indossasse una maschera di protezione dai vapori organici e dalle polveri, è crollato al suolo.


LA RABBIA “Morti d'appalto”: così le hanno chiamate i colleghi, le centinaia di operai della Saras e delle aziende d'appalto che ieri hanno occupato il grande piazzale straziato dal caldo torrido e dal dolore. «Rischiamo la vita tutti i giorni per mille euro, i turni sono massacranti», urla un operaio con le lacrime agli occhi. È una tuta blu degli appalti, uno del gruppo che ha tentato di fermare i pullman dei dipendenti Saras per rabbia contro le «vittime annunciate».

L'AZIENDA Stringato il comunicato dell'azienda Moratti. Sul luogo del'incidente sono intervenuti i medici dell'azienda che, nonostante i ripetuti tentativi di rianimazione hanno potuto solo constatare il decesso. Saranno ora il pubblico ministero Maria Chiara Manganiello e i carabinieri della Compagnia di Cagliari al comando del capitano Paolo Floris, a chiarire la dinamica di questa tragedia. E verificare se tutte le procedure di sicurezza siano state rispettate. Se, insomma, i tre operai avessero tutte le autorizzazioni per poter operare all'interno di quel cilindro d'acciaio saturo d'azoto e avaro d'ossigeno.

Andrea Piras




E' già triste vivere per lavorare, ma morirci..
@Mimmi the Maneater@
00mercoledì 27 maggio 2009 10:49
Re: Re:
sì, ma non ho capito
Mr Weiss
00mercoledì 27 maggio 2009 11:31
Re: Re: Re:
@Mimmi the Maneater@, 27/05/2009 10.49:

sì, ma non ho capito




Ulteriore correzione. Ora dovrebbe essere chiaro.
666
00mercoledì 27 maggio 2009 20:51
Re:
merinze, 27/05/2009 10.46:

Gian Luigi Solinas aveva 26 anni. Daniele Melis 30 li avrebbe compiuti nei prossimi giorni. Bruno Muntoni 56 e una pensione ormai vicina. Ieri mattina hanno superato i cancelli della Saras per macinare otto lunghe ore di lavoro. I primi due operai a contratto, il terzo una vita trascorsa da metalmeccanico. Tutti dipendenti della Comesa-Sarcomi-Comes, una delle principali aziende d'appalto che operano per conto della raffineria. Ma ieri pomeriggio, nessuno dei tre è uscito vivo dalla fabbrica. Uccisi dal lavoro sul posto di lavoro, dopo essersi infilati dentro un impianto, l'Mhc1, un silos d'acciaio orizzontale lungo una decina di metri e alto poco meno di due dove si accumula il gasolio e dove gli idrocarburi vengono desolforati. All'interno l'aria doveva essere salubre, respirabile. A misura d'uomo. Non lo era affatto. Il tasso d'ossigeno era sensibilmente crollato dopo le immissioni di azoto necessarie per scacciare la presenza di altri gas insidiosi come il monossido di carbonio e l'idrogeno solforato. Lì dentro, insomma, nessuno ci sarebbe dovuto entrare prima del ripristino delle corrette condizioni ambientali. Della completa bonifica. Ma qualcosa ieri a Sarroch, cinque minuti prima delle due del pomeriggio, non è andata per il verso giusto.

LA DINAMICA Gian Luigi Solinas sarebbe stato il primo a entrare nell'accumulatore di gasolio. Il primo a svenire. Morire. Gianluca Fazio, 34 anni di Siracusa, unico sopravvissuto della squadra impegnata nella manutenzione (ricoverato al San Giovanni anche se le sue condizioni non sono fortunatamente gravi), avrebbe tentato di riportarlo all'aperto, attraverso quel foro d'ingresso largo appena sessanta centimetri, agguantandolo per le braccia dopo essersi accorto del malore. Non ce l'ha fatta, restando leggermente ferito nell'urto contro il bordo dell'oblò. Il giovane operaio è ripiombato nella cisterna restando ucciso. È stato un altro lavoratore Renato Porcu, a urlare con tutte le sue forze e chiedere aiuto. Bruno Muntoni e Daniele Melis lavoravano in un'altra area dell'impianto Mhc. E non ci hanno pensato due volte a infilarsi dentro la cisterna. Il primo è morto all'istante, il secondo, nonostante indossasse una maschera di protezione dai vapori organici e dalle polveri, è crollato al suolo.


LA RABBIA “Morti d'appalto”: così le hanno chiamate i colleghi, le centinaia di operai della Saras e delle aziende d'appalto che ieri hanno occupato il grande piazzale straziato dal caldo torrido e dal dolore. «Rischiamo la vita tutti i giorni per mille euro, i turni sono massacranti», urla un operaio con le lacrime agli occhi. È una tuta blu degli appalti, uno del gruppo che ha tentato di fermare i pullman dei dipendenti Saras per rabbia contro le «vittime annunciate».

L'AZIENDA Stringato il comunicato dell'azienda Moratti. Sul luogo del'incidente sono intervenuti i medici dell'azienda che, nonostante i ripetuti tentativi di rianimazione hanno potuto solo constatare il decesso. Saranno ora il pubblico ministero Maria Chiara Manganiello e i carabinieri della Compagnia di Cagliari al comando del capitano Paolo Floris, a chiarire la dinamica di questa tragedia. E verificare se tutte le procedure di sicurezza siano state rispettate. Se, insomma, i tre operai avessero tutte le autorizzazioni per poter operare all'interno di quel cilindro d'acciaio saturo d'azoto e avaro d'ossigeno.

Andrea Piras




le chiamano morti biance, anche di fronte a queste tragedie si tenta di minimizzare la cosa...
Mr Weiss
00giovedì 28 maggio 2009 22:19
Re: Re:
666, 27/05/2009 20.51:




le chiamano morti biance, anche di fronte a queste tragedie si tenta di minimizzare la cosa...




I dati in proposito sono agghiaccianti, ma c'è un discorso ancor più subdolo: ho iniziato a lavorare nell'ambito della sicurezza nei cantieri navali più di dieci anni fa, e posso dire che negli ultimi cinque anni la sicurezza è scemata enormemente (insieme a tante altre cose), ma quel che è veramente infame è che è diminuita sensibilmente per quel che riguarda l'igiene dell'ambiente di lavoro. Le estrazioni son sempre più carenti, i materilai usati son sempre più pericolosi, il lavoratore sempre meno in condizione di reagire a una situazione evidentemente irregolare.
Io stesso mi son trovato a evacuare delle zone chiaramente impraticabili per fumi e polveri presetni, e in seguito diffidato (indirettamente) dal capobarca a rifarlo.
Il personale della sicurezza è ingaggiato e pagato dall'azienda che dovrebbe controllare. Se non gli piace come lavori te ne vai.
In questo meccanismo c'è qualcosa che non funzione.

Il fatto che si continui a guardare con insistenza ( per altro giustamente) ai dispositivi di protezione individuale e si guardi sempre meno a situazioni che SICURAMENTE cagioneranno malattie perlopiù gravi in molti degli operai che lavorano in questi ambienti è semplicemente riconduvibile al fatto che se uno si rompe la testa in cantiere verrà l'USL, ci saranno degli accertamenti e l'assicurazione aumenterà. Se tra vent'anni qualcuno si ammalerà di tumore difficilmente la cosa sarà riconducibile ad una costruzione a cui l'ammalato aveva lavorato per quattro o cinque anni vent'anni prima.

Vorrei esaurire anche il discorso dei meteriali usati accennato prima.
Tutti noi sappiamo che l'amianto è stato bandito perchè altamente cancerogeno, ed è stato sostituito con altro come la lana di vetro. Si chiaro che questi materiali non sono innocui. Quel che viene detto in merito non è stato ANCORA dimostrato che son nocivi. Basta però vedere l'effetto che hanno nell'immediato sul corpo per rendersi che a lungo termine probabilmente bene non fanno.
Anche per l'amianto fu lo stesso, e anche quando fu chiaro passò ancora qualche tempo prima di bandirlo.


Questo è quel che succede in una delle azinde leader del settore navale a livello mondiale. Nei piccoli cantieri E' PEGGIO!


merinze
00giovedì 28 maggio 2009 22:26
Network documenta angosce di gente Sarroch

MILANO - "In questo Paese ci vogliono sempre i morti per far accendere i riflettori su qualche problema sociale. E quello della gente che vive nei dintorni del petrolchimico di Sarroch è un vero problema". E' questo il commento del regista Massimiliano Mazzotta, il produttore indipendente che sull'impianto ha realizzato un documentario d'inchiesta ora al centro di una richiesta di sequestro giudiziario da parte della società Saras. "Seguo quanto avviene tra gli operai della Saras e delle ditte appaltatrici, compresa la Comesa, da un anno e mezzo - racconta Mazzotta - grazie a un network costituito da continui contatti e scambi d'informazione su Facebook e online grazie a una serie di videocamerine installate a casa delle famiglie degli operai, e nei comuni adiacenti alla raffineria. Quando è accaduto l'incidente - aggiunge - l'ho purtroppo saputo in diretta: un operaio di un'altra squadra, non coinvolta direttamente, mi disse 'sono morti tre ragazzi, stiamo evacuando'".

"Ogni giorno parliamo con loro - prosegue Mazzotta - ascoltiamo le loro angosce per la paura di ammalarsi, per il timore di perdere un lavoro precario, e adesso assistiamo al dolore delle famiglie dove si sono verificati i tre lutti". Mazzotta, grazie agli 'occhi' delle sue telecamere sul posto, vede riunioni, proteste, incontri privati nelle abitazioni. Il regista, proprio in questi giorni, è al centro di una vicenda giudiziaria che riguarda la sua opera, di cui la Saras ha chiesto il sequestro giudiziario. Il documentario doveva essere proiettato in una università, ma poi gli spazi non sono stati più disponibili. "Ha l'aria di una censura bella e buona - secondo Mazzotta -, ma non ci spaventa. Ovviamente non c'é alcun legame tra l'incidente accaduto e quello che testimoniamo noi".

Ora a breve finalmente il film dovrebbe diventare pubblico. Il film di Mazzotta, intitolato 'Oil', "é una denuncia di situazioni ancora tutte da chiarire", si spiega sul sito Oilfilm.it, e verte sull'apparente proliferazione di morti per malattie tumorali che alcuni abitanti di Sarroch avrebbero confermato. Sulle motivazioni, però, i ricercatori hanno per ora dato interpretazioni discordanti. "Per ironia della sorte - conclude il regista - uno dei ragazzi che ci ha sostenuto nell'organizzare la proiezione del film a Sarroch, Michele Muntoni, prima ha visto vanificare i suoi sforzi grazie alla censura della proiezione, poi è stato colpito dal lutto per la morte dello zio, uno dei tre operai che hanno perso la vita nell'incidente".
SPACC THE BALLS
00giovedì 28 maggio 2009 22:31
Quando parlo del mio lavoro a Vele, si rabbuia e preoccupa sempre.
Per l'uso dell'aria compressa a togliermi la polvere di dosso ( che dice può venirmi un embolo ), per l'uso di diluente, che dice cancerogeno, per abrasioni varie da radiazioni da saldatura.

Ho poi varie cicatrici ad alcune dita ( la punta dell'indice sinistro mi fu portata via da una pressa difettosa ), uso da anni la lana di roccia, da adolescente per un periodo usai anche l'amianto ( e DOPO iniziarono a dire che è cancerogeno ) : insomma, probabilmente me ne andrò presto da questo mondo.

Mr Weiss
00venerdì 29 maggio 2009 16:56
Re:
SPACC THE BALLS, 28/05/2009 22.31:

Quando parlo del mio lavoro a Vele, si rabbuia e preoccupa sempre.
Per l'uso dell'aria compressa a togliermi la polvere di dosso ( che dice può venirmi un embolo ), per l'uso di diluente, che dice cancerogeno, per abrasioni varie da radiazioni da saldatura.

Ho poi varie cicatrici ad alcune dita ( la punta dell'indice sinistro mi fu portata via da una pressa difettosa ), uso da anni la lana di roccia, da adolescente per un periodo usai anche l'amianto ( e DOPO iniziarono a dire che è cancerogeno ) : insomma, probabilmente me ne andrò presto da questo mondo.





Per quanto riguarda l'aria compressa è una stronzata. Per il resto ha ragione!

Va beh, visto che anche il mio lacoro si svolge in posti del genere (e forse anche peggiori) ci vedremo 'di persona' nell'aldilà. Il primo che arriva aspetta.
666
00venerdì 29 maggio 2009 17:46
visto che son 30 anni che lavoro in pelletteria, x cui polvere di pelle, solventi, colle, acetone, diluenti vari, senza contare i rumori assurdi, tenetemi il posto
Mr Weiss
00sabato 30 maggio 2009 08:29
Re:
666, 29/05/2009 17.46:

visto che son 30 anni che lavoro in pelletteria, x cui polvere di pelle, solventi, colle, acetone, diluenti vari, senza contare i rumori assurdi, tenetemi il posto




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