Network documenta angosce di gente Sarroch
MILANO - "In questo Paese ci vogliono sempre i morti per far accendere i riflettori su qualche problema sociale. E quello della gente che vive nei dintorni del petrolchimico di Sarroch è un vero problema". E' questo il commento del regista Massimiliano Mazzotta, il produttore indipendente che sull'impianto ha realizzato un documentario d'inchiesta ora al centro di una richiesta di sequestro giudiziario da parte della società Saras. "Seguo quanto avviene tra gli operai della Saras e delle ditte appaltatrici, compresa la Comesa, da un anno e mezzo - racconta Mazzotta - grazie a un network costituito da continui contatti e scambi d'informazione su Facebook e online grazie a una serie di videocamerine installate a casa delle famiglie degli operai, e nei comuni adiacenti alla raffineria. Quando è accaduto l'incidente - aggiunge - l'ho purtroppo saputo in diretta: un operaio di un'altra squadra, non coinvolta direttamente, mi disse 'sono morti tre ragazzi, stiamo evacuando'".
"Ogni giorno parliamo con loro - prosegue Mazzotta - ascoltiamo le loro angosce per la paura di ammalarsi, per il timore di perdere un lavoro precario, e adesso assistiamo al dolore delle famiglie dove si sono verificati i tre lutti". Mazzotta, grazie agli 'occhi' delle sue telecamere sul posto, vede riunioni, proteste, incontri privati nelle abitazioni. Il regista, proprio in questi giorni, è al centro di una vicenda giudiziaria che riguarda la sua opera, di cui la Saras ha chiesto il sequestro giudiziario. Il documentario doveva essere proiettato in una università, ma poi gli spazi non sono stati più disponibili. "Ha l'aria di una censura bella e buona - secondo Mazzotta -, ma non ci spaventa. Ovviamente non c'é alcun legame tra l'incidente accaduto e quello che testimoniamo noi".
Ora a breve finalmente il film dovrebbe diventare pubblico. Il film di Mazzotta, intitolato 'Oil', "é una denuncia di situazioni ancora tutte da chiarire", si spiega sul sito Oilfilm.it, e verte sull'apparente proliferazione di morti per malattie tumorali che alcuni abitanti di Sarroch avrebbero confermato. Sulle motivazioni, però, i ricercatori hanno per ora dato interpretazioni discordanti. "Per ironia della sorte - conclude il regista - uno dei ragazzi che ci ha sostenuto nell'organizzare la proiezione del film a Sarroch, Michele Muntoni, prima ha visto vanificare i suoi sforzi grazie alla censura della proiezione, poi è stato colpito dal lutto per la morte dello zio, uno dei tre operai che hanno perso la vita nell'incidente".