dani-cippi
00sabato 10 novembre 2012 15:21
in tutto il mondo dove i pappagalli sono esseri autoctoni gli abitanti dei vari luoghi hanno delle loro leggende che rientrano nella loro cultura mitologica sono molto carini ed interessanti, vorrei raccontarvene qualcuno:
Per esempio gli yoruba, una tribù africana credevano che i morti, o meglio gli spiriti dei morti si reincarnavano in pappagalli, il primo animale dopo la vita da essere umano era il pappagallo, ma noi possiamo sapere ben poco della verita di questa tribù in quanto nel periodo della deportazione degli schiavi, la maggior parte delle persone di questa popolazione sono state deportate in america come schiavi, e la loro cultura è andata perduta.
1 il Dio dell'amore:Kama è il dio indiano dell’amore. L’iconografia lo rappresenta come un giovane dal volto luminoso ma dallo sguardo febbricitante. Cavalca un pappagallo e sullo stendardo rosso acceso inalbera quello strano animale, miscuglio di coccodrillo e di delfino. Ha un paradiso suo proprio, il “mondo del desiderio”, che nel buddhismo è quello in cui noi trascorriamo questa vita. Nel mondo umano, il desiderio (kama) è uno dei tre scopi dell’esistenza e appartiene alla giovinezza. Alla maturità appartiene il dovere sociale (artha) e alla vecchiaia lo studio e la pratica della legge universale (dharma). Il desiderio sessuale è la funzione specifica (sva-dharma) della prostituta e della cortigiana; mentre, molto più pudicamente, la funzione della donna sposata è la fedeltà coniugale (shraddha, altro nome di una delle mogli di Kama).
Nei Veda, il desiderio simboleggiato da Kama viene paragonato al desiderio d’acqua di un vitello assetato e al pungolo con cui il dio stimola gli amanti, prendendo così l’appellativo di madana, “colui che fa ubriacare”, ovviamente di passione. Oltre al desiderio sessuale, il termine sanscrito kama indica una metrica poetica, una varietà di mango e il seme maschile.
Kama non è una parola estranea al nostro mondo linguistico, perché dalla radice kam vengono il verbo latino amo, con la caduta della consonante iniziale, e l’aggettivo carus. Kama viene considerato un dio (Kamadeva) o uno yaksha, uno spirito “veloce”. Come l’Eros greco porta gli appellativi di non-nato (a-ja) o creato da se stesso (atma-bhu). Oppure si dice che sia scaturito direttamente dal cuore dell’essere originario, che in India riceve molti nomi.
Come spesso accade nella mitologia, un demone ha accumulato una tale potenza interiore da minacciare gli dèi, che rischiano continuamente di venire spodestati da qualcuno più forte di loro. Solo il grande dio Shiva può tenere testa al demone e salvarli, ma Shiva è immerso in perenne meditazione, sprofondato in se stesso sulle vette himalayane. Per scuoterlo dal suo stato viene inviato il dio dell’amore, Kama, “desiderio”.
Come il Cupido latino è armato di arco, che nel suo caso è ricavato da una canna da zucchero e la cui corda è costituita da una fila di api. L’amore è dolce. L’arco è munito di cinque frecce, motivo per cui Kama viene anche chiamato pañca- bana, “cinque-frecce”. Ma queste frecce sono cinque fiori, ognuno dei quali provoca una specifica emozione legata all’amore. Una lista classica elenca ebbrezza, bruciore, paralisi, torpore e stupefazione; ma le liste variano e ognuno può sostituirvi le proprie esperienze.
Inviato dagli dèi a scuotere Shiva dall’assorbimento in se stesso, Kama si apposta e per sessanta milioni di anni attende il momento buono con una freccia incoccata. Nel frattempo una donna, Parvati, la ‘figlia della montagna’, ha terminato le lunghe pratiche ascetiche necessarie per unirsi a Shiva, l’unico che desidera, e lo raggiunge sulla vetta. Appena arriva, Kama scocca la freccia.
Kama stesso diventa la freccia, che volando assume la forma di una dolce brezza primaverile proveniente dal sud, dal caldo subcontinente indiano. infatti Kama è spesso accompagnato da Vasanta, la Primavera (letteralmente la stagione “splendente”). La brezza cerca di penetrare nel corpo di Shiva attraverso l’orecchio. Shiva si riscuote, si accorge dlla presenza di Kama e lo incenerisce all’istante con il potere del suo terzo occhio. Parvati è disperata: senza il desiderio, come faranno lei e Shiva ad unirsi?
Perciò supplica Shiva di riportare in vita Kama e alle sue suppliche si aggiungono altre due dee, altrettanto preoccupate, Kali e Uma, che è la stessa Parvati nel suo aspetto divino. Oppure a supplicare Shiva è la moglie principale di Kama, Rati, personificazione del piacere sessuale (loro figlia è Trishna, “sete”). Shiva rifiuta. nell’aspetto ascetico della sua complessa simbologia, Shiva è infatti kamari, il “nemico del desiderio”. Ma non può resistere a tante suppliche e propone un compromesso: Kama tornerà in vita, ma privo di corpo. Da allora Kama è conosciuto come an-anga, “privo di membra” ed è il sottile brivido incorporeo che scuote le membra e il cuore di uomini e dei. (http://www.filosofiaamica.it/2009/05/21/kama-il-dio-dellamore/)
2 la nascita delle stelle (brasile):Le donne erano andate a cogliere il mais, ma non riuscivano a fare un buon raccolto. Condussero allora con sé un fanciullo, che trovò molte spighe. Esse portarono il mais sul posto, per fare delle focacce e dei dolci da dare agli uomini quando fossero tornati dalla caccia. Il fanciullo rubò un’incredibile quantità di chicchi e li nascose in tubi di bambù, che egli portò alla nonna, pregandola di fare un dolce di mais per sé e per i suoi compagni. La nonna li accontentò, e i fanciulli mangiarono a sazietà.
In seguito, per dissimulare il loro piccolo furto, essi tagliarono la lingua alla vecchia, poi quella di un ara, un giovane pappagallo addomesticato, e misero in libertà tutti gli altri pappagalli che venivano allevati nel villaggio. Temendo la collera dei genitori, i fanciulli fuggirono in cielo arrampicandosi lungo una liana nodosa che l'uccello mosca aveva fissato in alto.
Nel frattempo le donne tornarono al villaggio e cercarono i fanciulli.
Esse interrogarono inutilmente la vecchia donna e il pappagallo, privi di lingua. Una di loro scorse la liana e la fila dei bimbi intenti ad arrampicarsi.
Costoro non prestarono orecchio alle suppliche, e salirono anzi più speditamente.
Le madri, sconvolte, li seguirono, ma il ladro, che era l'ultimo della fila, tagliò la liana non appena giunto in cielo: le donne caddero e si schiantarono al suolo, dove si tramutarono in animali e in bestie feroci.
A punizione della loro malvagità, i fanciulli, trasformati in stelle, contemplano ogni notte la triste condizione delle madri. Sono i loro occhi che vediamo brillare. (http://www.tes.mi.it/sir2itastoriaweb/immaginari/mito/attivit14.htm)
3 sempre mito brasiliano IL GIORNO E LA NOTTE:Una volta, tanto tempo fa, Sole se ne andò a caccia nella foresta e trovò due pappagalli così piccoli che non sapevano neanche volare. Le loro piume verdi erano talmente belle che il cacciatore decise di portarseli a casa e di regalarne uno a Luna, il suo compagno e amico. Ogni giorno Luna e Sole davano da mangiare ai pappagallini e insegnavano loro una parola nuova, finché gli uccelli diventarono grandi, forti e capaci di parlare come una persona. Un giorno, un pappagallo disse all’altro: «Sole e Luna mi fanno davvero pena. Tornano a casa stanchi e non hanno nessuno che pesti il mais per loro.» Ed ecco, un attimo dopo i due pappagalli si erano trasformati in ragazze dai lunghi capelli neri: una preparava da mangiare e l’altra stava di guardia, per paura che arrivasse qualcuno e le vedesse in quel nuovo aspetto. Verso sera Luna e Sole tornarono dalla caccia, e mentre si avvicinavano a casa sentirono uno strano rumore: pum-pum, pum-pum...Sole appoggiò l’orecchio a terra e disse:«Forse sono i passi di un animale che attraversa la foresta!» Il rumore diventava sempre più forte, sempre più forte, e quando i due cacciatori furono quasi sulla porta di casa, Luna esclamò: «Non è un animale! Sembra che qualcuno stia pestando il mais con forza, come se avesse una gran fretta.»«Hai ragione» disse Sole «in casa dev’esserci qualcuno, andiamo a vedere.» Ma nel momento stesso in cui entrarono, il rumore cessò: la capanna era vuota, a parte i due pappagalli appollaiati su un trespolo. «Guarda!» disse Sole. «Per terra ci sono impronte di piedi, ma chi può averle lasciate?» «E il mais è pronto» aggiunse Luna. «Chi lo avrà pestato? Qui ci sono solo i pappagalli, e, anche se volessero, non sarebbero capaci di fare una cosa simile.» Era proprio un mistero! Per quanto ci pensassero, Sole e Luna non riuscivano a trovare una soluzione. Il giorno dopo fu lo stesso: prima sentirono il rumore, poi trovarono le impronte di passi e il mais pestato. E intorno, nessuno. Allora decisero che avrebbero fatto finta di andare a caccia e si sarebbero nascosti accanto alle due porte di casa. Così, appena il solito pum, pum si fosse fatto sentire, si sarebbero precipitati dentro per sorprendere i misteriosi visitatori. E infatti, dopo un po’, ecco il rumore del bastone che batteva il mais, ecco voci e risate di ragazze! Sole e Luna entrarono di corsa, uno da una porta e uno dall’altra. In casa c’erano due bellissime ragazze dai capelli lucenti, che vedendosi scoperte abbassarono gli occhi.«Ecco chi ci preparava da mangiare! » disse Sole, rivolto alla più graziosa. «Ma chi siete, e da dove venite?»«Siamo i pappagalli, non l’hai ancora capito?» rispose la ragazza. «Ogni mattina ci trasformiamo in esseri umani e pestiamo il vostro mais, visto che non c’è una moglie a farlo per voi.»«Una moglie? Che buona idea!» disse Luna. «Non vi piacerebbe sposarci?» Così Sole e Luna si sposarono con le ragazze-uccello, e siccome la casa era troppo piccola per tutti e quattro, decisero che Sole e sua moglie l’avrebbero usata di notte, mentre gli altri due ci avrebbero vissuto durante il giorno.Ed è per questo che non li si vede mai insieme: perché quando uno se ne sta a casa l’altro va in giro. (http://www.lacrimediluna.it/luna_miti_e_leggende.asp)