Il giovane Lord Dustin era rimasto sulle prime decisamente sorpreso nell'apprendere che il protettore del Nord, Rickard Stark, l'aveva iscritto al grande torneo di Harrenhal, richiedendo dunque esplicitamente la sua presenza nelle Terre dei Fiumi e, di conseguenza, di accompagnarlo nel viaggio. La cosa non gli piacque particolarmente : Casa Dustin godeva di un grande prestigio nel Nord e, forse, anche di un certo nome nel sud, per via delle imprese militari del suo avo “Roddy la Rovina”, risalenti al tempo della Danza dei Draghi, ma a parte questo, non è che ci fosse molto altro con cui impressionare i potenti signori degli altri regni. Città delle Tombe era un centro importante, certamente, ma già il nome di per sé non è che ispirasse allegria. Se poi ci si aggiungeva che il castello era eretto su Grande Tumulo, insomma...c'era poco da stare allegri, per quanto in realtà fosse un luogo tutt'altro che spiacevole. Ma vallo a spiegare. Ad ogni modo, la curiosità di William era stuzzicata a sufficienza. Si trattava pur sempre della sua prima, vera partecipazione ad un grande evento, dove avrebbe potuto conoscere il fior fiore della nobiltà dei Sette Regni e perchè no,magari vedere anche il Re in persona. Non avendo necessità di andare fino a Grande Inverno, Lord Dustin aveva concordato di unirsi al seguito di Lord Stark dalle parti del Moat Cailin.
Visto che in fondo era pur sempre un Lord di media importanza, non certo un Lord maggiore, si risolse ad arrivare al Moat Cailin accompagnato soltanto da uno sparuto numero di cavalieri.
Siccome viaggiavano piuttosto leggeri, però, arrivarono a quella fortezza diroccata del Moat con qualche giorno di anticipo rispetto a quanto concordato. Per un paio di giorni aspettarono, poi si rimisero in cammino, avanzando da soli verso sud, superando le paludi dell'incollatura quasi fino al confine. A quel punto sì, si fermarono ed attesero pazientemente l'arrivo del Protettore del Nord, Lord Rickard Stark, figlio di, di Winterfell, eccetera eccetera.
Quando finalmente la colonna Stark arrivò, non rimase certamente impressionata da chi si trovò di fronte. Contando Lord Dustin, erano di fronte a otto cavalieri in tutto, sì ma cavalieri belli grossi. Il più piccolo era verso il metro e novanta, il più grande lo superava abbondantemente. Avevano tutti in comune di avere delle pance che erano decisamente evidenti quanto a dimensioni tanto che le armature erano ricurve verso l'esterno, e non fosse stato perché erano al seguito di un lord, a guardarli in faccia, con le loro barbe lunghe e irsute, i lunghi capelli raccolti all'indietro da lacci dozzinali e le asce di ottima fattura che portavano, si sarebbero sicuramente scambiati per dei boscaioli che di quando in quando arrotondavano seppellendoci qualcuno, nei boschi. In mezzo a quelle forti braccia strappate alla delinquenza, Lord Dustin appariva l'unico raccomandabile.
Più basso, con un fisico ancora accettabile, i folti capelli neri più curati e lunghi fino alle spalle, la barba molto corta e curata, avrebbe anche potuto sembrare piacente d'aspetto, ma la sua armtura, seppur era evidente essere di pregevole fattura, non sembrava essere stata lucidata troppo bene e sopra di essa portava i colori della propria casata, con al centro del pettorale le due asce arrugginite e la corona a quattro punte. Al primo incontro in effetti non sembrava neanche tanto sobrio, ma se non altro riusciva a stare a cavallo senza cadere o barcollare. Le cose più belle che aveva con sé erano le armi, per quanto non le indossasse mai. Una spada lunga quella sì lucida e di pregevolissima fattura, e due asce. Una in particolare era veramente fuori del comune, l'asta era rivestita d'argento e la lama aveva la testa d'oro. Doveva essergli costata un occhio, ma era anche vero che Lord Dustin non aveva problemi di denaro, per quanto non è che fosse neanche troppo ricco. Se la passava bene, tutto qui. Dopo la dovute e sicuramente non troppo positive presentazioni e impressioni, il drappello di Città delle Tombe trovò la sua giusta collocazione al seguito di Lord Stark : in fondo, ma proprio in fondo, ultimi degli ultimi. Si facevano notare lo stesso.
Cantavano tutto il tempo a squarcia gola canzoni decisamente colorite ed erano quasi sempre ubriachi. Bevevano e cantavano, bevevano e cantavano e, quando chiacchieravano, erano per parlare delle scopate passate e di quelle future. E con una dovizia di dettagli e particolari da far impallidire anche la puttana più consumata. Conoscevano praticamente a memoria l'ubicazione di qualsiasi postribolo, locanda o semplice posto dove procurarsi il vino durante il viaggio e appena erano vicini a uno di quei posti uno di loro si dileguava e tornava col vino. Mai una volta che fosse tornato qualcuno con qualcosa di diverso.
Erano entrati già da un po' nelle Terre dei Fiumi che, in vista della Forca Verde e quindi delle Torri Gemelle, stavano cantando tutti insieme, sbronzi e allegri, uno dei loro canti preferiti
< Era meglio morire da piccoli, con i peli del culo a batuffoli! Che morire da grandi soldati, con i peli del culo bruciaaaati! Moriremo con in mano le asce, scoperemo anche in mezzo alle frasche, vieni qui o mia bella biondina, che ti mostro una bella cosinaaaa! Dimmi un po' a che ti serve la veste, che ti voglio vedere le tette, tanto resto soltanto una notte! Quindi fatti aprire le cosce, domattina riprendo le asceeee! >
Stavano ancora allenando i polmoni quando dalla testa della colonna si annunciò che erano in vista delle Torri Gemelle.
Lord Dustin, che era sbronzo come gli altri, alzò un pugno in alto e si voltò verso i compagni. Sembrava serio.
< Uomini! > disse biascicando come ogni ubriaco che si rispetti
< Siamo quasi arrivati dal Lord...quello del castello lì davanti. > sospirò perché la testa gli girava parecchio.
< Fate i seri! > ordinò, ma non arrivò in fondo al dirlo che già stava ridendo lui e ridendo più forte i suoi cavalieri grossi e panciuti.
< Ho detto fate i seri, non mi fate far figure! > disse, accolto da un'altra ondata di risate. Scosse la testa.
< Siete una banda di cialtroni. > commentò, e indubbiamente era difficile dargli torto. Petto in fuori, ci mancò poco che non cascò da cavallo, ma se non altro avevano smesso di cantare mentre, bevendo le ultime riserve di vino, mormoravano tra loro continuamente. Si capiva poco di quel che dicevano, ma una frase circolava con una certa insistenza
< ...seminiamo a Casa Frey...>