00 29/08/2006 20:40
Ore 07:00, casa mia
Cosa spinge l’uomo a cercare di imprimere il suo nome nella storia? Manie di grandezza, oppure semplicemente l’orgoglio di sapere che il proprio nome sarà ricordato nel tempo? Ok, possiamo capire i gesti leggendari di uomini come George Washington, Giulio Cesare e tanti altri ancora che sono passati alla storia per la loro grande abilità. Personalmente, provo un forte culto per i registi, uomini che sfruttano le loro idee per creare dei capolavori. Spesso, tutti si ricordano degli attori; “Titanic”, il film con Leonardo Di Caprio, “Fuga Da New York”, il film con Kurt Russel, oppure tanti altri capolavori cinematografici, ma i registi restano sempre persone idolatrate solo da una stretta minoranza. Martin Scorsese è il mio preferito, seguo i suoi film dai primi anni ’70 e per me è sempre stato un eroe. Conoscete il suo grande capolavoro “Toro Scatenato”??? È un film del 1979 che ripercorre la storia di uno fra i maggiori pugili della storia, Jack La Motta. L’attore scelto per il ruolo di questa leggenda del pugilato era Robert De Niro, sì, proprio lo stesso che con Scorsese aveva partecipato al mitico “Taxi Driver”. Ecco, io mi sento un po’ come La Motta, un pugile che proveniva dai quartieri bassi e che divenne un campione, un idolo della folla. Io sono proprio come lui, un campione che ha raggiunto il successo in mezzo al tifo della gente, poi ha avuto il suo declino. Lui, come me, non faceva pesare la sua età, non vi era un momento in cui bisogna abbandonare i propri sogni, Jack voleva essere il numero 1. La differenza fra me e lui è piuttosto grande: lui ce la fece, io no, non ho mai potuto varcare l’arca della gloria. È triste dirlo, ma i sogni a volte muoiono, proprio come le persone. A Scorsese piacevano i grandi personaggi, proprio come a me. Sono più regista che attore, non posso negarlo, preferisco essere dietro le scene. Eppure, ho deciso che oggi farò parlare di me qui a New York.

Ore 07:40, armeria di Bryan
Bryan stava ancora rimettendo a posto l’arsenale delle sue armi sugli scaffali, ancora 20 minuti prima dell’apertura della sua terra santa, un negozio d’armi piccolo, forse la gente la definirebbe una bettola, ma provate a dirlo a lui, vi ritrovereste con una Colt 44 Magnum puntata alla tempia. Ah, non lo farebbe per intimorirvi oppure far farvi capire quanto ci tiene, il suo sarebbe un gesto di rabbia e Dio solo sa se voi avreste qualche speranza di uscirne vivi. Bryan Sorrow è famoso per tre caratteristiche: la prima già la sapete, un’ira pronta a scatenarsi su chi dice qualcosa che non gli aggrada, una fedina penale sporca come le sue zozze mutande da texano ed infine “il cappello di Bryan”, così denominato perché se l’era fatto costruire ed aveva pure ottenuto il brevetto. Un cappello nero tutto bucato, con dei proiettili di varie armi a fargli da tappabuchi. Bryan diceva sempre che i proiettili erano già stati usati, ma nessuno ci credeva, quel cappello poteva essergli utile in ogni occasione, bastava estrarre il proiettile giusto per l’arma che aveva in mano in quel momento per diventare letale come un killer. Aspettai le ore 7 e 55 minuti, poi non potei più trattenermi ed entrai con cinque minuti di anticipo, la porta era aperta!

Bryan: “bah, arriva lo yankee che vuole fare il cowboy. Jack Leone, come va?”
Jack: “molto bene, grazie! Bryan, non ti separi proprio da quel cappello, eh!”
Bryan: “perché dovrei? Questo è il MIO cappello. Ma piuttosto dimmi che ci fai qui”
Jack: “ovviamente sono qui per comprare delle armi”
Bryan: “ma non avevi detto che ti bastava la tua stupida pistola arrugginita?”
Jack: “vedi, stavolta ho bisogno di qualcosa di grosso, cerca di capirmi”
Bryan: “e non vorrai mica fare una rapina in banca! I soldi non ti mancano”
Jack: “tranquillo, roba da poco. Mi serve un po’ di artiglieria pesante, hai una pistola mitragliatrice, preferibilmente che non mi impegni troppo ad utilizzarla?”
Bryan: “avrei una Glock 18C, fuoco automatico a scelta. Premi un pulsante e lei spara per te, adoro questo aggeggio”
Jack: “uhm, fantastico. Poi hai degli Uzi?”
Bryan: “ma ce l’hai la licenza per utilizzare queste cose??? Non sei mica un poliziotto”
Jack: “senti, sai che sono una persona tranquilla. Ho solo una piccola faccenda da sbrigare, sai che pago bene”
Bryan: “tieni qui, Uzi SMG, prodotti ad Israele. Hai bisogno d’altro???”
Jack: “tanto che ci sono ti chiederei quello stupendo M61 Vulcan, ma ho paura che mi risponderesti male”
Bryan: “vaffanculo”
Jack: “me la sono cercata! Dammi molti proiettili”
Bryan: “ma che te ne fai?”
Jack: “sai, fra un po’ arriva l’inverno, non vorrai mica far uscire di casa un povero vecchietto come me a fare scorta…”
Bryan: “vaffanculo di nuovo, cazzo, dai, hai almeno 10 anni in meno di me. Alla tua età andavo a scalare gli edifici e sostituire quelle stupide insegne yankee con le nostre del Texas, eh, eh, eh”
Jack: “ok, tieni questi, sono 100000 dollari”
Bryan: “ma sei pazzo? Mi stai dando una cifra spropositata, neanche l’esercito mi paga così tanto!”
Jack: “tu non puoi capire quando io goda nel pagare il prezzo della notorietà”
Bryan: “non ho capito un emerito cazzo, ma fa lo stesso. Se volevi fare beneficienza, potevi andare alla chiesa metodista qui dietro, lì c’è gente che ha davvero bisogno!”
Jack: “fanculo ai sentimentalismi. Qui si parla di armi, ora vado”
Bryan: “una cosa nel caso che i signori dalla maglia blu ti fermino: tu non sei mai entrato qua”
Jack: “tranquillo, come sempre io non ti conosco!”

Una bella scorta d’armi, messe in un sacchettino della spesa. Ero tentato a comprarmi degli occhiali da sole, ma non avrei voluto trasformare l’ingresso del tranquillo negozio nei paraggi in una discoteca per via dell’allarme che sarebbe scattato appena fossi passato con tutte queste armi.

Ore 08:43, esterno “La Plaza” Club
Devo essere sincero, non apprezzo i fottuti latino-americani. Il mio non è razzismo, sia chiaro, è intolleranza alle loro usanze. Lo scorso mese ero venuto al “La Plaza” Club per un’importante discussione con un manager che cercò di proporre un lottatore alla WBFF. Mi disse che era il nuovo The Rock, ma dopo aver visto che era un messicano alto 1 metro e 60, con un braccio più corto dell’altro ed i denti a pezzi iniziai a pensare che quello avrebbe potuto debuttare come The Flop. The Flop si chiamava (e si chiama ancora così, purtroppo!) Oscar Defuente ed era figlio di una famiglia d’alta società del Messico, poi trasferita a New York a rompere l’armonia di noi poveri italo-americani. Quell’ignorante continuava ad imprecare contro gli italiani, così stupido da non capire che Leone è un nome del Sud Italia. Vabbè, ma vaglielo a spiegare a quest’uomo. Vi illustro la sua abilità nel ring: ringhiare e mostrare gli artigli come un gatto di casa, urlare “De madre puta” da tutte le parti ed esaltarsi come un drogato iniziando a battersi sul petto per poi rischiare di vomitare il Rum che aveva bevuto prima del match. Se lo vedesse Scott Hall, di sicuro gli consiglierebbe di farsi ricoverare in una clinica e smetterebbe di bere anche solo un po’ di Coca Cola! The Flop iniziò ad attaccare uno degli uomini del padre con dei pugni mal assestati, forse bisogna insegnare alla gente che nessuna federazione vuole che i suoi lottatori si spezzino le mascelle a cinque secondi dall’inizio del match. The Flop continuava a mancare i colpi e quel suo amico cretino fingeva di essersi fatto davvero male, supplicandogli di risparmiarlo. The Flop lo afferrò in una Choke e lo lasciò lì, che gesto nobile da parte sua. Il manager mi diede una pacca sulla spalla ed esclamò nuovamente “esto es al nuevo The Rock”. La mia reazione fu spontanea, mi misi a ridere come un folle e credo che al “La Plaza” Club nessuno prese bene questa mia risposta, sbattendomi fuori a calci nel sedere e lasciandomi come ricordo un occhio nero.

Forse, non vi starete più chiedendo che ci facevo alle ore 8 e 43 minuti davanti al “La Plaza” Club un mese dopo, posso dirvi che durante tutto il mese avevo ricevuto minacce di morte ed in questa giornata avevo voglia di fare un po’ casino. Ok, nei film di Scorsese non ci sono uomini così idioti da fare i vendicativi senza ragione, Leonardo Di Caprio in “Gangs of New York” era molto più caratterizzato di me, ma vaffanculo alla finzione, qui si faceva sul serio.

Guardia: “ehi, Pablito, esto es el kokone del mese scorso”
Pablito: “ahhhhhh, Jack LeoneS”
Jack: “ehm, sono Jack Leone, la S finale potete mettervela nel culo”

Mi ritrovai due pistole puntate al petto, oh, che paura, peccato che i due cretini non si erano accorti che avevo due buchi al posto delle tasche e le mani infilate nei pantaloni (e di certo non per eccitazione personale).

Bang, Bang

Mano sinistra e mano destra, un colpo prima dell’altro, ma i due si ritrovarono ognuno con una gamba perforata. Presi gli Uzi e li usai per colpire entrambi anche al petto. Non volevo uccidere nessuno, non è da me un’esecuzione così plateale, e ricordate sempre che sono un bastardo, meglio lasciarli soffrire piuttosto che porre fine alle loro sofferenze. Entrai nel “La Plaza” Club dove il volume di quella odiosa musica latino-americana veniva sparata a tutto volume nelle orecchie di un centinaio di obesi uomini d’affari, per non dire mafiosi-criminali-narcotrafficanti e tutto quello che volete aggiungere di negativo.

Ore 08:48, interno “La Plaza” Club
Una volta dentro il club, iniziai a sparare colpi di Uzi in tutte le direzioni, in modo da attirare le guardie. Può anche darsi che abbia colpito qualche “ospite”, ma tanto non avrebbe fatto differenza visto quello che penso dei frequentatori del club. Una volta arrivati i rinforzi, tirai fuori la Glock 18C, fuoco semi-automatico per un migliore controllo. Bang, bang, bang, colpi verso tutti, mica male per uno non abituato ad avere a che fare con gente che ammazza tutti i giorni. Mentre la Glock faceva il lavoro sporco, io cercavo di ricordare il percorso fatto la volta scorsa verso la sala dove si trovava The Flop, il mio obiettivo. Le guardie caddero ai miei piedi come sudditi di un regno inesistente, potevo essere colpito alla testa da un momento all’altro, ma la morte non sarebbe servita a togliermi la gioia che provavo nel vedere questi messicani ai miei piedi, a baciare le chiappe di un italo-americano. Iniziai a correre nel corridoio, aspettando che da un momento all’altro sarebbe uscito qualcuno da un angolo e mi avrebbe perforato la testa, ma nella realtà non esistono tutte queste strategie difensive. Fu così che mi trovai finalmente di fronte The Flop ed il suo manager, ma sopresa delle sorprese, nel club c’era anche il padre di quel lottatore, il señor Armando Defuente, con tanto di guardie del corpo a carico.

Jack: “fermi tutti, per chi non mi conoscesse io sono Jack Leone, l’uomo che da un mese riceve minacce di morte da qualcuno di voi. Sono qui per chiedere chi cazzo è che mi vuole morto, io sono qui e non ho paura di nessuno”

IO!!!

Il señor Armando Defuente puntò il dito verso di me e con fare arrogante iniziò a parlare in un americano mal pronunciato.

Armando: “tu hai rovinato il sogno di mio figlio di diventare un lottatore professionista. È possibile che non hai visto in lui alcun talento? Lui sarebbe stato un grandissimo campione”
Jack: “a dire il vero… mi piace chiamarlo The Flop”
Armando: “brutto insolente. Guardie, giustiziatelo”

Quegli uomini erano pronti a sparare, ma io feci l’unica mossa che poteva permettermi di salvarmi, ovvero puntare la mia Glock verso la testa di The Flop. Subito, Armando fece in tempo a fermare l’azione dei suoi uomini.

Jack: “ora, ascoltatemi bene, questo figlio di puttana a cui sto puntando questa stupenda arma comprata circa 2 ore fa all’armeria del mio amico Bryan Sorrow (meno male che non dovevo dire di conoscerlo, ma adoro mentire!) sta stimolando il gene del bastardo che c’è in me. Sappiate una cosa, non ho problemi a morire ora, magari potreste evitarmi un’altra pessima figura sul ring contro mio figlio Denny o magari in EWF contro Sinclair e John Chain, non si mai come vanno a finire i match anche quando si è più forti dei rivali. Ma se parte un colpo vi assicuro che ho ancora il tempo di reazione per perforare la testa di questa merdaccia che tengo di mira”
Armando: “allora cosa vuoi da noi? Cosa devo fare per salvare mio figlio?”
Jack: “dunque, considerando che sinceramente non so neanche io perché sono qui, vi chiedo solo una cosa: distruggete questo fottuto club ed andatevene da New York una volta per tutte”
Armando: “non lo faremo mai!”

Le guardie del corpo di Armando cominciarono ad avvicinarsi a me, a quanto pare quel ricco grassone non aveva così tanto a cuore la vita di suo figlio. Peggio per lui, così dovevo fargli capire che non scherzavo.

Bang! Un colpo alla gamba destra di quel lottatore da 4 soldi, le guardie stavano per riempirmi di proiettili fino alla gola, ma Armando diede lo stop, permettendomi di tornare in vantaggio psicologico.

Jack: “avete capito le mie condizioni o ve le devo ripetere ancora? Distruggete questo locale e muovete il vostro grasso culo da New York, tutta la famiglia compresa”
Armando: “va bene, hai vinto. Ma ora lascia andare mio figlio!!!”

Mi avvicinai ancora di più a The Flop, da vicino sembrava ancora un ragazzino mentre imprecava per il dolore che stava provando. Il mio gesto gli avrebbe cambiato la vita, non avrebbe seguito le orme del padre e sarebbe diventato un uomo serio, certe esperienze non si dimenticano! Armando diede l’ordine di sparare contro il locale e partirono colpi durissimi, il “La Plaza” Club stava finalmente venendo smantellato. Riuscii a godermi ogni istante di questo splendido e commovente gesto da parte del ricco messicano, che ormai voleva solo riabbracciare suo figlio. Eppure, qualcosa dentro di me mi fece capire che non era ancora finita.

Bang! Dalla mia Glock partì un colpo dritto al cervello del señor Armando Defuente, le guardie erano pronte a spararmi, ma perché farlo? Non erano più sul libro paga di nessuno!

Jack: “state tranquilli, da questo momento siete di proprietà di Jack Leone. Siete le mie guardie del corpo, sappiate che anch’io pago bene. Dovrete stare ai miei ordini, se poi mi ammazzano allora potete anche cambiare padrone, non ho intenzione di diventare un fantasma per terrorizzarvi dopo la morte. Ora non resta che decidere cosa farne di The Flop, questo sfigatissimo, odioso messicano. Credo che in futuro non sarà una cattiva persona, voglio dargli una possibilità di redenzione… però, ha visto troppo, farò in modo che non possa più vedere e parlare”

Bang, Bang! Il primo colpo trafisse laterlamente The Flop fra un occhio e l’altro, abbastanza potente per privarlo della vista per tutto il resto della sua vita. Il secondo fu alla gola, piazzato bene in modo che lui, in caso di sopravvivenza, non riuscisse più a proferire parola. Ah, già, gli restavano le mani con cui scrivere messaggi. Bang, Bang!!!!!! Due colpi di Uzi, le sue mani erano bucate, praticamente inagibili. Con tutto il sangue che aveva perso, The Flop era ormai poco più di un vegetale, lo lascai agonizzare mentre io ed i miei uomini uscimmo all’esterno del club. Restava da utilizzare un ultimo regalino da parte di Bryan Sorrow. Una bella C4 a carica esplosiva diretta. BOOOOOOOOOOOM!!!!!!! Il “La Plaza” Club andò in fiamme e crollò una volta per tutte, io mi avvicinai ad un cameriere impaurito e gli dissi che il tutto era opera di Jack Leone. Che lo dicesse al mondo, volevo vedere se davvero la polizia avrebbe osato fermarmi. Quando si è in guerra, bisogna esaminare tutti i dettagli.

Ore 12:00, casa mia
Mi sentivo come un Dio a New York!!! Al telegiornale, si parlava di me come possibile mandante di tutto quel casino che era successo ad un “raffinato club di nobili artisti latino-americani” come dicevano sulla CNN. Mi versai un drink e scoppiai a ridere in compagnia delle mie nuove bodyguards. Brindai all’onore di Martin Scorsese, chiedendomi se questa messa in scena fosse stata abbastanza degna di un suo grande fan. Bè, ho finito l’inchiosto e come ho scritto all’inizio mi sento troppo vecchio per andare a comprare una nuova stilografica. Se qualche regista ha intenzione di girarci su un film, faccia pure, sarà ben accetto.

Oggi, tutti parlano di me! Un domani, la mia storia sarà incisa su un pezzo di carta come questo.
“Mr.Attitude” Jack Leone


(mannaggia, ho dovuto concludere con una penna normale. Anche questo è un esempio di capolavoro interrotto!).