Con gli azzurri ha fatto tutta la trafila delle giovanili e adesso è uno degli emergenti
Musacci: Empoli, il terzo posto
«E’ il nostro obiettivo e ad Avellino possiamo centrarlo. I miei maestri? Non certo Cagni...»
EMPOLI - Se un giorno Gianluca Musacci dovesse farcela a salire sull'Olimpo dei piccoli grandi campioni azzurri una scalata già a buon punto - potrà ringraziare non solo chi gli è stato vicino, ma anche e soprattutto quel carattere tosto e caparbio che l'ha accompagnato nei dodici anni 'empolesi'. Ne aveva solo dieci infatti quando venne scovato nella scuola calcio del 'Centro Lido National', a pochi passi dalla natìa Viareggio. Faceva il difensore centrale, così, tanto per giocare. « Iniziai nei Pulcini del Ponzano, allora società satellite dell'Empoli
- racconta un protagonista dell'esaltante momento azzurro - per fare poi tutta la trafila delle giovanili, dagli Esordienti alla Primavera, passando da Giovanissimi, Allievi e Berretti». Ruolo?
«Prima centrocampista puro - ricorda - poi trequartista, fino a che Ettore Donati non mi sistemò proprio davanti alla difesa della Primavera, il ruolo che sto ricoprendo ultimamente in prima squadra, anche se all'inizio della nostra grande rimonta verso i play off mister Silvio Baldini mi aveva riportato sulla trequarti. E io d'accordo, perché, pur di giocare, avrei fatto anche il difensore o l'attaccante. Tra l'altro ad Ancona rischiai di segnare un paio di gol. Ma quel che conta è che da quel momento non abbiamo più fatto passi falsi, tanto che col successo sulla Triestina ci siamo assicurati gli spareggi promozione».
Anche con un bel gol tuo. «Nelle giovanili mi accadeva di segnare, perché battevo rigori e punizioni - spiega - ma penso che quello di sabato sia stato il più bello della mia vita, arrivato oltretutto in una gara in cui sono tornato all'antico, giocando davanti alla difesa».
E ora? «Visto che siamo in ballo, balliamo
- ribatte Gianluca Musacci - sperando di agguantare a Avellino quel terzo posto così importante. Il gruppo è in salute, per cui non vedo perché non dovremmo sognare. E a proposito del gruppo, ringrazio i miei compagni, perché in campo mi danno una grossa mano ».
Ventidue anni e testa da adulto. Ecco perché è giusto parlare del suo carattere, visto che, a dispetto delle sue qualità tecniche, il nuovo debutto in prima squadra se l'è dovuto sudare tra infortuni e difficoltà varie, nonostante che ancora giovanissimo - giocava negli Allievi - fosse finito nel mirino dell'Arsenal, un club che di baby talenti se ne intende. Fu babbo Luciano - una presenza assidua, ma discreta a suo fianco - a dire no, e lui, da figlio modello, obbedì.
LO “SCHIAFFO” DI CAGNI - Tanti allenatori, da Giuseppe Giannini, che nella Massese gli affidò la guida del centrocampo, ad Alberto Malesani, che lo lanciò in una storica sfida con la Juve. Li ricorda tutti con gioia, meno uno. «Gigi Cagni non mi ha mai considerato molto
- confessa - e non potrò mai dimenticare quando, al suo ritorno dopo l'esonero, mi chiamò prima di Torino-Empoli. 'Come stai a fiato' mi chiese. E io 'bene'. E lui 'allora vai in tribuna e fai il tifo per noi'. Uno schiaffo che mi fa ancora male».
Antonio Bassi/atc