00 29/10/2009 00:56
Mi ricordo molto bene di "il segno di una resa invincibile" : lo lessi nella rivista Corto Maltese nell'83 ( poi ovviamente presumo sarà stato raccolto in qualche antologia insieme ad altre storie ).

Mi colpì molto perchè era simile a me. Di solito tutti si identificano ( o vorrebbero identificarsi ) in Zanardi, perchè "trasgressivo" e vincente. Io no, non mi è mai interessato volermi identificare in qualcuno che sento distante da me. Invece in Michele ( purtroppo ) mi identificai fin troppo bene, lo sentivo veramente simile : una persona schiva, senza qualità ( o se le aveva riusciva a non lasciarne traccia ), piatta, riservata, che si teneva tutto dentro senza far pesare nulla agli altri, incapace di lasciare un qualsiasi segno della sua esistenza, del suo passaggio nel mondo. Persino l'amico che, nel racconto, lo rievoca, fatica a ricordare qualcosa di lui. Michele appariva sempre più spento e apatico, divorato da dentro dal suo immenso vuoto interiore, impenetrabile da chi gli stava vicino. Chi rievoca la sua storia passò gli ultimi giorni accanto a lui, da un lato temendo si volesse suicidare, dall'altro alla ricerca di un SEGNO, un qualunque segno che una persona sensibile come lui doveva per forza lasciare. Invece nulla, non nelle sue foto ( malgrado fosse molto in gamba in qual campo ) non nei suoi discorsi, in nulla.
Infine l'amico lo trova morto nel suo letto, ma non si tratta di suicidio, il suo cuore ha "semplicemente" cessato di battere. L'amico si chiede se il cuore sia davvero un muscolo involontario e se non fosse proprio quello il "segno" lasciato da Michele, il segno di una resa invincibile..

A quei tempi invidiai Michele, avrei voluto avere anch'io la capacità di fermare il mio cuore con la forza del pensiero, per non sentire più il vuoto..

Beh, non sono cambiato molto, anche se con gli anni me ne sono fatta una ragione.. ma rimane sempre un racconto straordinario, che tocca nel profondo tutti gl'invisibili senza qualità che attraversano il mondo senza sapere come difendersi dal senso di vuoto che li divora.

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