Creazione di un personaggio originale
Premetto anche questa volta che non pretendo d’insegnare niente a nessuno, ma vorrei dare qualche consiglio a chi magari si trova a dover inventare un OC e non sa da che parte cominciare! Per cui questo piccolo saggio è suscettibile di miglioramenti e modifiche! Questo è il metodo che uso io e con il quale mi trovo abbastanza a mio agio. Ci sono, direi, 4 fasi nella creazione di un personaggio:
1) la visualizzazione fisica (come è fatto)
2) il carattere
3) il background
4) la rifinitura
Descrizione fisica
Direi che è la parte più semplice ^__^ (almeno lo è per me!). Qui ci possiamo sbizzarrire, magari per chi è capace anche disegnandolo. Ovviamente dovremo rammentarci se il nostro pg è umano ovvero di altre razze (elfo, alieno, angelo e così via) perché come è ovvio ciò influisce non poco sul suo aspetto fisico! Quando andremo a descrivere il nostro pg nella storia è secondo me un bene evitare quella che io chiamo “sindrome dell’identikit”. Si tratta appunto della descrizione fisica a mò di identikit appena dopo la presentazione del nostro personaggio. Non è che sia sbagliato ma io lo trovo piuttosto sciatto. Sarebbe più carino far filtrare mano mano le informazioni nel contesto della storia. Io uso, per esempio, un paio di espedienti: il primo è far specchiare il personaggio e così dare una prima descrizione. Il secondo metodo è una descrizione indiretta, cioè farlo descrivere da un altro personaggio.
Qualche esempio per essere più chiara:
1) Identikit:
“Isabel era una giovane ragazza alta un metro e cinquantasette, aveva i capelli lunghi biondi e gli occhi azzurri che sfumavano nel verde acqua e quando si arrabbiava diventavano blu cupo. Aveva il viso a forma di cuore con labbra piene e lucide. Nonostante fosse bassa aveva tutte le curve al posto giusto con le gambe snelle come quelle di una gazzella.”
Cosa c’è che non va in questa descrizione?
“una giovane ragazza”: questa è probabilmente una idiosincrasia mia e lo ammetto. Il fatto è che è un’espressione pleonastica, basta dire una giovane, o una ragazza. Se è molto giovane si può usare il termine ragazzina, adolescente e così via. Se è una ragazza un po’ più matura si può evitare di dire giovane o scrivere giovane donna.
“alta un metro e cinquantasette”: ecco questa espressione la lascerei agli ufficiali di pubblica sicurezza! XD Volete dare l’impressione che il personaggio sia basso? Allora semplificate e dite “era bassa, minuta, piccolina” e così via…
“occhi azzurri che sfumavano nel verde acqua e quando si arrabbiava diventavano blu cupo” : direi troppe informazioni, il fatto che gli occhi diventano più scuri (o meglio, danno l’impressione di) è meglio dirlo nel momento in cui si arrabbia effettivamente.
“aveva tutte le curve al posto giusto”: questo è un modo dire stra-abusato. Non è sbagliato in sé ma non significa niente: sta povera donna non è un’autostrada! XD Se volete dare l’impressione che sia ben fatta ci sono espressioni come formosa, attraente, ecc
“con le gambe snelle come quelle di una gazzella”: ecco questo è un piccolo scivolone secondo me in cui si può incorrere facilmente quando non si ha ben presente ciò che si sta descrivendo. Abbiamo detto che Isabel è piccolina ma formosa, difficilmente potrà avere le gambe di gazzella che si associano invece più spesso a chi è alta e molto magra (le avete viste come sono le gambe delle gazzelle?). Per la povera Isabel potremo dire, per esempio, che aveva delle belle gambe tornite.
2) Lo specchio:
“Giacomo terminò di pettinarsi e rimase qualche tempo fermo davanti al suo riflesso: lo specchio gli rimandava l’immagine di un uomo maturo, la mascella un tempo ben segnata era adesso cadente, gli occhi neri contornati da piccole rughe avevano un’espressione disincantata e triste, come tutto il resto del viso squadrato.”
Ecco in questo modo ho dato una prima descrizione fisica di Giacomo senza spiattellarla così ex abrupto. Potete notare che non mi sono soffermata tanto su altezza, peso, corporatura; io scrittrice so che Giacomo è alto 1,80, ha le spalle larghe, gli occhi neri e i capelli brizzolati, ma sono cose che magari salteranno fuori in un secondo momento, all’occasione. Ho descritto invece piccoli elementi che caratterizzeranno il personaggio in maniera univoca.
3) Descrizione indiretta:
“Appena Giacomo vide Isabel gli balenò subito alla mente l’espressione “venere tascabile”: era minuta ma formosa, con gambe tornite che catturarono immediatamente il suo sguardo. Gli sorrise e con un gesto seducente si scostò i capelli biondi dal viso a forma di cuore. Lei sembrava conscia del proprio fascino perché gli lanciò un’occhiata maliziosa e ammiccò. Fu in quel momento che Giacomo notò il colore dei suoi occhi di un azzurro brillante.”
Vedete che in questo modo ho dato le stesse informazioni del primo esempio ma in modo più sottile, se si può dire così. Inoltre ho cominciato a far interagire i personaggi tra di loro.
Bene in tutto questo alcune altre piccole considerazioni:
- ci sono espressioni abusate che non significano più niente, le famose “curve al posto giusto” per esempio. Ma anche “i muscoli ben messi” (vorrei vedere che fossero messi male povero cristo!), e altre simpatiche espressioni che potete trovare nel
topic delle frasi che non sopportiamo.
- le “denominazioni da parrucchiere” come le ha argutamente definite Reader. Mi trovo d’accordo con lei, definire il personaggio il bruno (è un orso?), il moro (può essere solo Otello e basta!), la bionda (una birra?) come vedete è un po’ ridicolo. A meno che la capigliatura non sia elemento contraddistintivo del personaggio e anche lì con moderazione*. Per il resto si possono usare i nomi (ce l’hanno, usiamoli!), i pronomi personali, ecc. Inoltre faceva rilevare sempre Reader che generalmente nessuno pensa ad una persona che conosce identificandola con il colore dei capelli. A meno che non sia di un ambiente malavitoso e/o non sia un soprannome ormai entrato nell’uso (tipo quelli che usa De Cataldo in “Romanzo Criminale”).
- ricordiamoci di che razza è il nostro pg. Questo per evitare di dargli caratteristiche improbabili come i sueschi occhi multicolori e via dicendo.
- uscire dal cliché della bellezza a tutti i costi. Questo discorso mi sta molto a cuore. È naturale che quando si ama un pg si tende a renderlo piacevole se non bello. Io penso che invece sia una liberazione poter finalmente rendere umano il nostro oc dandogli elementi che belli non sono. Basta, per esempio, un naso a patata, capelli crespi (che non sono il male, si può essere amati anche con i capelli crespi *guarda ficcy!Hermione*) ma ci può spingere anche più in là!
*un esempio è il romanzo “Il diavolo nella cattedrale” di Frank Schätzing. Il protagonista ha i capelli rossi elemento che lo contraddistingue non solo perché nel medioevo (epoca nella quale è ambientato il romanzo) i capelli rossi erano mal visti, ma perché effettivamente rari tra i cittadini della città in cui si svolge l’azione. Inoltre Jacop dà a se stesso l’appellativo di “Volpe” sia per il colore dei capelli, appunto, sia perché è (o meglio, si crede) un ladro piuttosto abile. Ecco quindi che in questo caso la capigliatura assume un carattere così preminente da avere travalicato la mera fisicità per riflettersi quasi in una condizione morale.
La caratterizzazione vera e propria.
Questa, se vogliamo, è un po’ la parte più difficile del nostro lavoro. Perché il personaggio è come un bambino piccolo. Nel momento della creazione avrà sì delle caratteristiche peculiari, diciamo delle inclinazioni, che come diceva Mark Twain influenzano i comportamenti del protagonista, ma è vero anche il contrario. Come nella vita reale sono gli avvenimenti che ci capitano ad influenzare il nostro carattere. Quindi partiamo da qui. Anche in questo caso evitiamo di fare la lista della spesa non appena presentiamo il personaggio.
Esempio:
“Gigia era sincera, caparbia, con un carattere forte, ma anche molto dolce, leale e generosa.”
E’ come con le descrizioni fisiche, lasciamo filtrare mano mano le informazioni. C’è poi un altro tipo di descrizione che mi dà particolarmente fastidio: la descrizione “ossimorica”. Che cosa intendo? Una cosa de genere:
“Francesco era un ragazzo forte, ma sensibile, arrogante ma umile…!” ecc.
Capisco che ci vogliono sia i pregi che i difetti, ma così viene ad essere un elenco spiattellato di caratteristiche che alla fine di giochi non vogliono dire molto.
Caratterizzare moralmente, psicologicamente e caratterialmente un pg è complicato. Io faccio finta che sia una persona che esiste veramente, magari ispirandomi a caratteristiche che ho riscontrato in persone che conosco. Prendo un po’ dall’uno e un po’ dall’altro, insomma! Quella che chiamo la “tecnica del chiaroscuro”, è esattamente come disegnare, solo lo si fa con le parole invece che con la matita. Parto da un elemento e poi mano mano che vado avanti nella narrazione aggiungo dettagli, coloro, rendo il mio pg a tutto tondo. E nel corso della storia può capitare che cambi, maturi. Un po’ come Renzo che all’inizio dei Promessi Sposi è un bietolone senza arte né parte e alla fine si è fatto un opinione della vita e delle cose. A parte il carattere propriamente detto poi ci sono tante altre piccole sottigliezze. Quelle che rendono unico il nostro pg.
Un sistema che uso spesso è esasperare un pregio fino a farlo diventare un difetto o al contrario far diventare un difetto un pregio. Come nella vita reale non ci comportiamo sempre esattamente nello stesso modo. Prendiamo una tipica MarySue: non solo è il coacervo di tutti i pregi del mondo, ma lo è anche dei difetti (e nonostante ciò è amata). Ora la cosa che ho riscontrato spesso è che ciò che viene spesso definita come sincerità, cinismo e/o determinazione sono niente di più che una grossolana maleducazione. Una MarySue che entra come una signora e padrona e si permette di trattare a pesci in faccia presidi/elfi del Gran Consiglio/Re ecc. è solo una gran maleducata. Questo è non aver ben chiare le sottigliezze del carattere umano né sapere bene ciò di cui si sta parlando.
Il background
Ovvero la storia personale del nostro personaggio. Dove è nato, come era la sua famiglia, le sue esperienze passate, il suo grado d’istruzione, ecc. . Ovviamente non tutto ciò che avremo “inventato” nella vita personale del nostro oc troverà spazio nella narrazione, né è detto che sia necessario. E’ divertente creare una vita fittizia ed è utile perché ci aiuta anche a dare carattere al nostro personaggio. Come dicevo prima sono infatti le esperienze passate a farci essere ciò che siamo nel presente e questo vale anche per personaggi fittizi. Di solito preparo una piccola scheda per meglio ricordarmi tutti i dati su quel personaggio. Anche in questo caso bisogna cercare di avere un po’ di equilibrio, soprattutto per quei pg che hanno avuto un passato difficile. Compiacersi sui dettagli più torbidi e drammatici della vita di un oc può essere a volte controproducente. A me personalmente quando leggo di uno a cui hanno, nell’ordine: trucidato il padre, violentato le sorelle, distrutto il villaggio, torturato, bruciato le piante dei piedi, ammazzato il cane e per di più rubato la macchina, dopo un po’ viene da ridere. Credo che sia importante controbilanciare i fatti. Non dico che non possano accadere tutte queste cose (anzi, sono accadute e continuano ad accadere) ma perfino nei campi di concentramento i prigionieri riuscivano a trovare un momento di speranza. Mi ricordo la storia di una deportata che scriveva poesie sul cielo azzurro di Auschwitz. Ricordiamoci di Shakespeare, che anche nelle tragedie più fosche inseriva un elemento comico per distendere la narrazione. Quindi al nostro pg diamo anche episodi di vita felici o che lui considera tali.
Interessante è anche il background sociale/politico/culturale del nostro personaggio. In che epoca vive, per esempio. Le cose cambiano parecchio da un periodo storico all’altro e di questo dovremo tenere conto nella creazione del nostro pg. Poniamo il caso che sia una donna e che sia un medico. A seconda delle epoche la situazione è assai differente. Nel medioevo era quasi impossibile a meno che non fosse una farmacista o speziale come nei romanzi di Candace Robb e anche in quel caso si sono dovute presentare ben precise condizioni affinché fosse possibile. Diverso il caso tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900 dove le donne hanno cominciato una qualche pur timida rivendicazione. Fino ad arrivare alla nostra epoca dove un medico donna è del tutto diffuso e normale.
Oppure possiamo porre l’accento sulla condizione sociale, se il nostro protagonista proviene da un ambiente ricco ovvero operaio o addirittura contadino. E ancora se ambientiamo la nostra storia in campagna anche le abitudini dello stesso ceto sociale cambieranno. E infine il grado d’istruzione. Che cambia anche questo a seconda delle epoche, dell’ambiente ecc. Quindi come vedete sono tutte considerazioni che forgeranno il nostro pg in un modo o nell’altro. Una piccola noticina a margine: cerchiamo di tenere sotto mano la piccola scheda che avremo preparato o di ricordarci le caratteristiche salienti del nostro protagonista. Come dice Mark Twain non c’è niente di peggio di un personaggio che “inizia a parlare come un lezioso libro stampato e finisce come un menestrello nero”!
La rifinitura
Questa è la parte che personalmente preferisco. E’ il dare ancora maggiore nitidezza e verità al pg attraverso la descrizione di qualcosa che lo caratterizzi peculiarmente. Può essere qualsiasi cosa: un difetto fisico (una zoppia), un tic (strizzare gli occhi), un’abitudine (fumare), un modo di parlare (l’erre moscia) o anche modi di dire che utilizza spesso (“come diceva mia madre”) e via dicendo. Può essere una passione, quello che ama, quello che odia, insomma tutto ciò che non rientra propriamente nel carattere ma che ci contraddistingue. E’ un po’ come quando nei blog facciamo la descrizione di noi stessi e poi a parte scriviamo: ama/odia/legge/ascolta, ecc.
O anche il modo di parlare, se usa termini dialettali, o lo slang, se parla in maniera colta, oppure se dice un sacco di parolacce. Ovviamente questo dipenderà sempre dall’ambiente/ceto/educazione del pg. Una ricca ereditiera francese degli anni ’50 non potrà usare gli stessi termini di una ragazzetta gangsta/hip hop del ghetto. Al contrario un operaio di Termini Imerese difficilmente parlerà come Lapo Elkan (per quanto…), a meno che la vostra storia non sia imperniata sul riscatto sociale negli anni ’60. Comunque sia anche per quanto riguarda questi elementi di rifinitura è consigliabile non dire subito tutto insieme ma presentare le informazioni quasi in filigrana rispetto al contesto della storia. Ad esempio Carlos (tizio a caso) ha l’abitudine di masticare liquirizie. Per tutto il racconto lo vedremo quindi prendere una liquirizia e cacciarsela in bocca. Magari non è importante ai fini della trama, ma serve a rendere più vivo il personaggio, specie quando poi scopriamo che ha smesso di fumare. E lì ci verranno in mente magari nuove domande (quando è successo? Perché?) che serviranno a loro volta a delineare ancora meglio il nostro Carlos. Oppure no. Ma se decidiamo di dare una particolare caratteristica al nostro oc dobbiamo anche ricordarci di mantenerla viva per tutta la storia. Quante volte mi è capitato di leggere (anche in romanzi) di un personaggio che magari fuma una volta sola e poi mai più perché l’autore si è dimenticato! XD
In conclusione, come abbiamo visto, creare un personaggio a tutto tondo non è affatto facile, per quanto divertente. Si devono tenere a mente parecchi piccoli particolari, a prima vista forse insignificanti, ma che contribuiscono a rendere vivo e veritiero il nostro protagonista. Ciò che spesso inficia tutto il lavoro fatto è proprio una caratterizzazione piatta e sciatta dei personaggi ovvero ingenua e inverosimile. E’ consigliabile leggere molto, cercare di farsi un’esperienza, informarsi e avere buone dosi di spirito d’osservazione. Cercare di cogliere nelle persone che ci circondano caratteristiche, modi di camminare, vestirsi, parlare che poi ci saranno utili in fase di creazione.