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Campionato di calcio Serie A stagione 2022/2023 di Award & Oscar FFZ

Ultimo Aggiornamento: 12/06/2023 14:35
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Il weekend ferragostano ci riporta il campionato di calcio di Serie A con l'inusuale e anticipata data di inizio a causa dell'ancor più inusuale e inedita collocazione dei Mondiali di Calcio 2022 del Qatar in pieno autunno (per i paesi occidentali ed europei in particolare): praticamente la coppa finale quest'anno la porterà... Babbo Natale.
Mondiali di calcio che, inutile girare il coltello nella piaga, non vedranno scendere in campo per la seconda volta consecutiva la nazionale italiana. Gli azzurri, nonostante il blasone di freschi vincitori del campionato europeo hanno fallito la qualificazione proprio dopo la baldoria ed i festeggiamenti di Wembley, dapprima fallendo l'opportunità nelle qualificazioni con ben due rigori falliti in altrettanti confronti con gli svizzeri che, invece, hanno vinto il girone di questo macchinoso mondiale, e poi rimediando una figuraccia mondiale epocale perdendo il primo e decisivo spareggio con i macedoni quando i pronostici ci volevano almeno a disputare il secondo degli spareggi, quello coi favoriti portoghesi (che infatti ai mondiali ci vanno).

La mancata qualificazione ai mondiali del Qatar ha inevitabilmente diminuito il valore del calcio italiano che con Roberto Mancini stava cercando, e in parte riuscendo, a risollevarsi dopo lo sprofondo del periodo con Ventura in panchina. Valore in diminuzione del calcio italiano confermato anche dagli scarsi risultati di questi ultimi anni nelle competizioni europee per club (la vittoria della Roma del primo trofeo dell'UEFA Europa Conference League una piccolissima eccezione) e, ultimo in ordine di tempo, dal magrissimo bilancio delle amichevoli estive con le squadre spagnole (14 a 2 per la Spagna, tra cui il crollo della Juve per mano dell'Atletico Madrid e dell'ex Alvaro Morata). Un brutto campanello d'allarme per le ambizioni tricolori nella stagione che sta per iniziare.

In quanto al campionato di Serie A, Inter e Milan sembrano le favorite. L'Inter ha fatto i sacrifici contabili per riportare a Milano Lukaku e sembra la squadra dal punto di vista tecnico e dei singoli quella messo meglio. Il Milan, però, ha fatto buoni acquisti, puntando sui giovani e De Ketelaere viene indicato un vero colpaccio della dirigenza rossonera. La Juventus ha fatto una vivace campagna di calciomercato sia in ingresso che in uscita: ha perso Morata e Dybala (andato alla Roma), ha ceduto De Ligt per acquistare Bremer ma ha fatto il gran colpo di riportare Pogba a Torino e un certo Di Maria (i due andranno a rinforzare la fascia destra). L'infortunio di Pogba, il mancato riscatto di Morata e con Chiesa in fase di recupero, oltre a qualche altro tassello da sistemare, considerando anche le vistose cadute della fase estiva, non pongono la Juve al pari delle milanesi, almeno non dalle prime giornate. Non si può non ricordare anche l'addio di Giorgio Chiellini che ha deciso di concludere lontano da Torino la sua lunga e gloriosa carriera calcistica: ora è a Los Angeles, negli USA. Max Allegri, intanto, è già sulla graticola.

Addii importanti anche nelle fila del Napoli, altra grande incognita del precampionato estivo. Anzi, si può dire che il patron Aurelio De Laurentiis abbia pensato più a monetizzare il patrimonio calcistico del Napoli piuttosto che dare rinforzi a Spalletti. Insigne partito per il Canada, Mertens andato in Turchia, anche il faro della difesa Kalidou Koulibaly (Campione d'Africa proprio nel 2022 con la nazionale senegalese di cui è capitano) ha lasciato Napoli per andare nella più blasonata Premier League, in forza al Chelsea. Ma nel Napoli è la maglia del portiere a far parlare: prima per l'acquisto del veterano Sirigu (come secondo di Meret ?) dal Genoa poi per la prematura scomparsa, appena ieri, di Claudio Garella, mitico portiere del primo scudetto partenopeo e dell'unico del Verona (quasi un record aver vinto due scudetti con squadre che mai lo avevano vinto prima), morto a 67 anni per problemi cardiaci. Sicuramente Napoli e Verona che saranno in campo a Ferragosto per il loro debutto stagionale ricorderanno congiuntamente con grande affetto quel gigante buono, ribattezzato "Garellik", che aveva nelle respinte di piede e di coscia il suo marchio di fabbrica.

Anche la Roma è una delle candidate allo scudetto, anzi dopo le milanesi è quella da tener d'occhio. Forte di un gran allenatore in panchina, quel José Mourinho capace di riportare un trofeo continentale in Italia dopo anni, e con un calciomercato oculato (colpo Dybala a parametro zero) che ha portato interessanti rinforzi ad una squadra che non sembra aver cambiato troppo pelle.
Sempre che si chiarisca il futuro di Zaniolo nella rosa giallorossa dopo un'estata passata, virtualmente, con le valigie in mano in direzione Torino bianconera.

Si preannuncia, quindi, un campionato più aperto rispetto alle ultime stagioni.
Il fischio d'inizio è alle 18:30 con gli anticipi Milan-Udinese e Sampdoria-Atalanta, mentre in serata debuttano l'Inter a Lecce (una delle neopromosse) e il Torino a Monza (il nuovo giocattolo di Galliani e, ovviamente, di Silvio Berlusconi).
Si chiude a Ferragosto la prima giornata con Verona-Napoli (le due squadre nel cuore di "Garellik") e Juventus-Sassuolo.

Buon campionato a tutti.
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Ragazzi, è sempre un'emozione quando binariomorto apre un nuovo topic del calcio, sapete bene che per me l'anno nuovo comincia a settembre, stavolta è cominciato un po' prima e che sia il benvenuto!

Quanta carne al fuoco...il campionato, le elezioni, la guerra...restate sintonizzati!!! [SM=x1583472]





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Il Milan riparte a valanga: poker all’Udinese, comanda Rebic

Doppietta per il croato, di Hernandez e Diaz gli altri gol.
Esordio nella ripresa per De Ketelaere, Origi e Pobega.
Ma occhio alla fase difensiva: le reti di Becao e Masina sono un campanello d’allarme


Marco Pasotto


I sogni di mezza estate non svaniscono all’alba del campionato. Semmai si rafforzano perché questo Milan si riaffaccia al torneo con lo stesso vigore col quale aveva concluso lo scorso. I quattro gol spremuti nella porta dell’Udinese, oltre a essere tanti in sé per sé, servono anche per nascondere qualche amnesia in fase difensiva da non sottovalutare, e a vanificare quindi le due reti messe a segno dai friulani. In poche parole, è lo stesso Milan visto lungo il precampionato: spietato davanti, un po’ svagato dietro, sgradevole novità vista com’era andata la scorsa stagione.

Pioli ha le chiavi per metterci mano, ma intanto negli occhi resta soprattutto l’altra faccia della medaglia. Quella che luccica e che offre un Diavolo feroce nel pressing, fantasioso nella manovra, dinamico nelle giocate e tonico nelle gambe. Fa effetto pensare che rispetto al disastroso Udinese-Milan (1-0) dell’agosto 2019, nell’undici di partenza Calabria sia l’unico superstite. Sono passati solo tre anni ed è stata una rivoluzione totale capace di portare uno scudetto, costruita su quei giocatori a cui si è affidato oggi Pioli dal primo minuto: nessuna faccia nuova, i debutti sono arrivati tutti in coda al match perché questo non è un gruppo che ha bisogno di essere stravolto. Sottil invece non è riuscito a santificare la sua prima panchina in A: evidente il divario tecnico, e ci sta, ma pasticci brutti come sul terzo e quarto gol rossonero è meglio che non si vedano più.

LE SCELTE — Pioli ha confermato le sensazioni di vigilia: spazio al tuttologo Krunic accanto a Tonali, Messias preferito a Saelemaekers e Diaz dietro Rebic, con Giroud reduce da un affaticamento dirottato in panchina. Sottil ha potuto contare sul rientro di Becao in difesa, okay anche Walace al centro della mediana, affiancato da Pereyra e Makengo, con Soppy e Masina in fascia. Attacco affidato all’ex Deulofeu e Success, con Beto sulla strada del pieno recupero pronto a subentrare. Sono bastati una novantina di secondi per accendere il match e tirare un cazzotto a freddo al Meazza: angolo di Deulofeu e testa vincente di Becao (esatto, ancora lui: tre dei cinque gol in A del brasiliano sono arrivati col Milan), con la gentile collaborazione di Rebic e Leao, svagati nell’osservare il movimento dell’avversario. Una secchiata d’acqua gelida dalla quale il Milan si è liberato in meno di un quarto d’ora, confermando la maturità di una squadra che non finisce più – ormai da tempo – sott’acqua quando le cose si mettono male. Il pareggio è arrivato su un rigore (ma ci saranno svariate discussioni) di Hernandez propiziato dall’incursione di un incontenibile Calabria, che ha floppato l’appoggio a porta spalancata e si è poi scontrato pesantemente con Soppy: revisione di Marinelli al monitor Var e penalty concesso. Sottolineatura tattica: all’ultimo atto dell’azione, al netto del rigore, c’è arrivato un terzino.

NOVITÀ — E’ questo il Milan di Pioli (lutto al braccio per Villiam Vecchi), che ha poi sferrato un altro calcione ai friulani al 15’, al termine di un’azione molto bella – l’ennesima di questa estate – innescata da Diaz, sviluppata da Calabria e rifinita da Rebic a centro area. Denominatore comune dell’uno-due rossonero: Diaz, che ha cucito sapientemente entrambe le azioni. Nota a margine: il Diavolo è stato pericoloso soprattutto a destra, ed è una novità che non passa inosservata. Un Milan lungamente pioliano anche dopo, con le consuete linee guida: aggressione alta, ritmi intensi, tanti giocatori portati in fase offensiva oltre la linea del pallone. Oltre alla tecnica individuale di diversi giocatori, ovviamente. Tutte cose che hanno costretto l’Udinese a rintanarsi, sì, ma disordinatamente, senza avere la possibilità di organizzare un vero contrattacco. Soppy ha provato a spingere ma ha sbattuto su Theo, Deulofeu ha cercato di inventare ma non ha trovato grande supporto nei compagni. E quando qualche rossonero ha combinato pasticci – anticipo a vuoto di Tomori -, qualcun altro è corso in aiuto: un recupero di Kalulu su Deulofeu lanciato in porta è valso quanto un gol. Quando nei primi 45 tutto pareva finito, però, l’Udinese ha rimesso in piedi la partita. Cross di Pereyra, altro colpo di testa vincente. Stavolta di Masina. Sogni d’oro per Messias, che a un certo punto ha mollato completamente la marcatura. Due gol presi dal Milan entrambi a difesa schierata: non benissimo.

CHE REGALI — Pochi secondi dopo l’inizio della ripresa l’Udinese ha deciso di partecipare alla galleria degli orrori difensivi. Lungo cross avvolgente di Hernandez, Nehuen Perez salta goffamente a vuoto, la palla rimbalza altrettanto goffamente su Masina e termina sui piedi di Diaz, quasi incredulo. Grazie, e appoggio in rete facile facile. Diavolo di nuovo avanti, ma rispetto al primo tempo i bianconeri hanno messo fuori la testa con più coraggio e dinamismo. Pereyra e Makengo hanno alzato i giri e il match è diventato più equilibrato, anche se Maignan non ha corso rischi concreti. Un equilibrio che si è definitivamente spezzato al minuto numero 23, quando il Milan ha trovato il quarto gol. Cioè, se lo è proprio andato a prendere, con Messias e Diaz che sono andati a pressare Pereyra a ridosso dell’area friulana mordendolo fino a quando non ha perso palla. A quel punto è diventato tutto facile: appoggio di Diaz e secondo centro personale di Rebic. Un gol cercato e voluto con cattiveria. Questo, sì, un gran bel segno. Altro da segnalare? Una maestosa azione personale di Leao (alto di un soffio) e soprattutto il debutto di Origi e del principino Charles: minuto 26, fuori Diaz e dentro De Ketelaere, oltre a Giroud per Rebic. Il biondo si è mosso bene, aiutato certamente da una gara ormai in discesa, ma comunque con personalità. CDK va anche in gol, ma era tutto fermo già da qualche secondo per fuorigioco. Non c’è fretta, come battesimo è già stata una bella festa così.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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L'Atalanta inizia col piede giusto a Marassi:
2-0 alla Samp, decidono Toloi e Lookman

Ottima prestazione anche degli uomini di Giampaolo
che colpiscono due legni con Sabiri e Quagliarella.
Gol annullato al 15’ a Caputo:
Dionisi richiamato al monitor da Pairetto
segnala un tocco dubbio di Leris su Maehle


Filippo Grimaldi


Non tutte le emergenze sono eguali. Dipende dal punto di partenza. La sfida del Ferraris (0-2 il finale) lo certifica chiaramente: Gasperini torna a Bergamo con tre punti pesantissimi per l’Atalanta, perché il gol di Toloi (26’ del primo tempo, a chiusura di una combinazione Zapata-Pasalic), preceduto da un palo clamoroso di Maehle, dà il via a una partita completamente diversa, soprattutto per gli ospiti, che poi crollano definitivamente solo alla fine di un recupero infinito. Ma sul verdetto finale ha giocato un ruolo determinante il gol annullato al 15’ a Caputo, dopoché il Check Var, con il direttore di gara Dionisi richiamato al monitor da Pairetto, ha segnalato un tocco (molto dubbio, in verità) di Leris, autore dell’assist, su Maehle. Il gol prima concesso e poi tolto ai blucerchiati ha avuto un effetto disastroso sui padroni di casa, che sul piano psicologico hanno visibilmente patito la decisione. Che, al contrario, ha dato nuovo vigore all’Atalanta. E a quel punto fatalmente la maggiore qualità e organizzazione degli ospiti è riuscita ad avere il sopravvento. Perché è innegabile, lo si diceva all’inizio, che nei due cantieri di Sampdoria e Atalanta, quello di Gasperini possa meglio affrontare questa sorta di interregno che accompagnerà i due club alla fine del mercato.

GUIZZO MANCANTE — E questo dice una volta di più anche il verdetto del Ferraris. Ognuno, poi, ha i propri problemi. Nell’Atalanta c’è Malinovskyi che non vede l’ora di fare le valigie, e allora bisogna affidarsi alla coppia Zapata-Muriel sperando che i problemi e gli acciacchi della stagione passata siano definitivamente alle spalle. C’è ancora strada da fare, però contro una Samp così in difficoltà i due hanno trovato una discreta intesa, con Zapata più utile quando partiva da dietro. Va peggio, insomma, a Giampaolo, che in mezzo non riesce a mettere argine alle ripartenze nerazzurre quando Pasalic punta Vieira. E non è abbastanza, per far ballare la difesa davanti a Musso, contare solo sulla buona vena di Caputo che spesso nel primo tempo manda fuori giri Okoli. La Samp (che prima del fischio d’inizio propone un commovente ricordo per onorare la memoria del compositore Vittorio De Scalzi, autore della “Lettera da Amstderdam”, storico brano dei sampdoriani) ha problemi diversi. Giampaolo ha dato fiducia a Djuricic – arrivato solo undici giorni fa –, schierato largo a sinistra, in un 4-1-4-1 ancora privo del suo regista titolare, Villar, per il quale ci vorranno tempo e pazienza prima di vederlo in campo. Sabiri fa il suo (ma ha fatto vedere prestazioni migliori), Caputo punge, Leris e Augello spingono, ma non è abbastanza, anche perché dopo l’ora di gioco la spinta cala e una Samp su ritmi meno alti non aiuta certo a mettere pressione all’Atalanta. Che cambia strategia, contiene la Samp, evita i guai e cerca di limitare i guai dalle parti di Musso.

IN BILICO — Certo, nel primo tempo prima del gol annullato agli ospiti c’erano stati due lampi, uno per parte, ma senza esito. Prima Léris murato al momento del tiro e poi Zapata sprecone (5’) da buona posizione. Avrebbe avuto bisogno di altro, Giampaolo, che invece può solo movimentare l’attacco dando fiducia a De Luca (fuori Caputo) e inserendo Verre per Djuricic e Depaoli per Bereszynski. Lookman ha dato il cambio a Muriel nell’Atalanta, ma ai blucerchiati è mancata la giocata in velocità per creare la superiorità in avanti. E la sfida è proseguita così sino al termine, con la Samp ancora una volta masticare amaro per il destro senza fortuna su punizione di Sabiri (25’ della ripresa) che ha fatto tirare un sospiro di sollievo a Gasperini e alla sua Atalanta. Giampaolo ha perso poi Léris per crampi e si è giocato la carta dell’esperienza con il capitano Quagliarella, il cui diagonale (31’) ha messo paura a Musso e che ha cercato il bis al 38’: tocco delizioso sopra la traversa. Non era serata: a quel punto la Samp era troppo lunga per cercare di forza l’acuto impossibile per riaprire la sfida, nonostante l’assalto finale. Squadra sbilanciatissima, così al 50’ ecco il due a zero definitivo di Lookman. Il campionato di Giampaolo inizia in salita: a Genova sperano, almeno, in buone notizie sul fronte del cambio di proprietà per una svolta attesa da troppi mesi.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Inter all'ultimo respiro a Lecce:
segna Dumfries al 95'!
Lukaku, ritorno con gol



Big Rom sigla il vantaggio dopo 82 secondi, Ceesay pareggia a inizio ripresa.
Nel recupero l'olandese regala i tre punti a Inzaghi


Vincenzo D'Angelo

Aveva talmente tanta voglia di tagliare col passato e riprendersi l'Inter, che ci ha messo ottantadue secondi per trovare il primo gol della sua nuova avventura nerazzurra. Ma senza il guizzo in mischia di Dumfries all'ultimo secondo, sarebbe stato un ritorno amarissimo per Romelu Lukaku in Italia. Perché dopo il gol in avvio, il belga si è visto troppo poco e ha mancato in due occasioni anche la possibilità di evitare al popolo nerazzurro una gara da batticuore già alla prima giornata. Ma l'Inter è così, pazza per Dna. E vittorie come queste, contro un Lecce straordinariamente combattivo e volenteroso, possono valere tanto a fine stagione. Il 2-1 del Via del Mare regala un Ferragosto con il sorriso, ma per Inzaghi c'è ancora tanto da lavorare per ritrovare la sua Inter dominante.

DIMARCO DA APRISCATOLE — Come già annunciato alla vigilia, Inzaghi ritrova Brozovic e lancia Gosens alla prima da titolare in nerazzurro, ma a sorpresa preferisce Dimarco a Bastoni nel tridente difensivo e Darmian a Dumfries in fascia destra. E la presenza di Dimarco è subito decisiva: al primo affondo, cross sul secondo palo per Darmian, che preferisce l'assist alla conclusione. E Lukaku deve solo spingere a porta vuota il vantaggio nerazzurro. L'avvio veemente sembra il preludio a un tiro al bersaglio, ma in realtà – pur dominando e controllando a piacere il possesso – l'Inter fa fatica a sfondare negli ultimi venti metri (all'intervallo appena due tiri in porta), nonostante il Lecce fatichi ad opporre resistenza. Dopo la mezzora la gara si infiamma per alcune brutte entrate: prima Baschirotto entra durissimo su Lautaro, beccandosi un giallo che sa di arancione, poi è Lautaro a cercare la vendetta personale intervenendo su Gonzalez, ma qui l'arbitro Prontera lascia correre e il Via del Mare diventa una corrida. La carica del pubblico arriva forte al Lecce, che al 39' sfiora il pari con una bella incursione di Strefezza, che però non riesce ad angolare e centra Handanovic.

IL GRAFFIO DI CEESAY — L'avvio di ripresa è da incubo per l'Inter, che alla prima ripartenza viene bucata dal Lecce. Di Francesco e Ceesay (3') con un doppio scambio in velocità tagliano fuori la difesa nerazzurra, col gambiano che trova il diagonale vincente e fa esplodere il Via del Mare. Il Lecce prende fiducia e l'Inter all'improvviso sembra si smarrisce. Strefezza (7') prova il gol capolavoro con un destro a giro, ma la mira non è precisa, la reazione Inter è tutta in una conclusione debole di Barella. Inzaghi cerca la scossa dalla panchina: fuori un impalpabile Gosens e Brozo, dentro Bastoni (con Dimarco alzato a esterno) e Mkhitaryan, con Calha che scala in regia. Ma è ancora il Lecce a sfiorare il vantaggio con una punizione velenosa di Bistrovic, su cui Handa esalta i suoi riflessi. Poi tocca al collega giallorosso Falcone (16') respingere d'istinto un sinistro al volo di Dimarco.

ARREMBAGGIO — Inzaghi aumenta il peso dell'attacco al 23': fuori Darmian e Calha, dentro Dumfries e Dzeko, per un inedito tridente fatto da tutti centravanti, con Lautaro leggermente più basso a fare da raccordo. E il colpo vincente per poco non lo trova subito Dumfries su cross del solito Dimarco, ma lo stacco dell'olandese finisce sul palo. Poi è Lautaro (26') a non trovare la porta di testa da pochi passi. I cambi hanno rimodificato l'inerzia del match: il Lecce è stanco, l'Inter spinge sugli esterni e manda dentro palle velenose in ogni affondo. Eppure, è ancora Handanovic alla mezzora a salvare l'Inter, mettendo in angolo un missile del neoentrato Banda. Falcone salva ancora su De Vrij e poi viene caricato da Lukaku: gol irregolare. Il duello Rom-Falcone si ripete pochi minuti dopo e vede ancora il numero uno giallorosso vincitore, con miracolo su colpo ravvicinato. Inzaghi tenta il tutto per tutto al 40': Correa per Skriniar e chiusura con quattro punte. E alla fine la vittoria arriva nel modo più rocambolesco, con un tocco di Dumfries di pancia in mischia e all'ultimo assalto del recupero, al 95'. Una vittoria pazza, degna della pazza Inter.

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Monza-Torino 1-2, i gol di Miranchuk e
Sanabria rovinano la prima in A dei brianzoli

Il russo festeggia l'esordio in granata con un bel gol,
il centravanti di Juric chiude i conti nella ripresa.
Inutile la rete di Dany Mota all'ultima azione


Mario Pagliara


E’ dolce, anzi dolcissima, la notte monzese del Toro. E’ illuminato dal talento di Radonjic, trascinato dalla classe di Ricci, spinto dai gol di Miranchuk e Sanabria: i granata partono subito forte in campionato con una meritata vittoria per due a uno, rovinando la festa del Monza nel sabato della sua prima volta in Serie A. Juric presenta una squadra che interpreta in maniera impeccabile le difficoltà della serata e il tipo di partita: Toro solido e pericoloso, pratico e che non va mai in affanno. Il gol del Monza di Mota Carvalho arriva allo scadere.

E' SUBITO MIRANCHUK— Era stato profetico, Ivan Juric, nella vigilia di questo debutto in campionato. “Che problema ci sarà se pure butterò dentro Miranchuk dall’inizio? – aveva commentato il tecnico anticipando un tassello della formazione -, lui conosce già i concetti del nostro calcio venendo da due anni col Gasp”. Ci sarà tutto il tempo per affinarne l’inserimento nei meccanismi del Toro, però a due minuti dall’intervallo Miranchuk conferma il teorema-Juric. Prima volta in maglia granata, e subito in gol grazie a un morbido tocco di sinistro, dopo l’assist di Sanabria innescato da Radonjic. Il Monza gioca la sua prima partita in Serie A sotto gli occhi di Silvio Berlusconi: non sfigura affatto, poca emozione e tanta concretezza. Prova pure ad arginare un Toro che ha più fame, più qualità ed è più rodato. A proposito di Radonjic è necessario aprire una parentesi: nel primo tempo il serbo è l’uomo in più. Accelerazioni come se fosse alla playstation, colpi di esterno, cross: molto parte da lui, quasi tutto finisce con lui. Come al 5’ quando inventa l’assist per Sanabria, che sotto porta incredibilmente stecca. Due minuti prima il paraguaiano assistito da un passaggio no-look di Ricci si era fatto bloccare da Di Gregorio in uscita. Al ventesimo Milinkovic è incerto sul tiro dalla distanza di Ranocchia, sei minuti più tardi lungo l’asse Miranchuk-Radonjic nasce il diagonale del serbo. Serve un super Di Gregorio. A due minuti dall’intervallo il colpo di coda di Miranchuk: non segnava in Serie A dal 28 febbraio in Atalanta-Sampdoria.

SANABRIA IN VOLO — Non giocava da tanto, Miranchuk, e allora ad inizio ripresa Juric riparte con Vlasic al suo posto. Staffetta tra ultimi arrivati in casa Toro. Dopo l’ora di gioco, Stroppa getta nella mischia Carboni (per Carlos Augusto), Ciurria (per Caprari) e Dani Mota (per Ranocchia). Raccoglie gli applausi di tutto lo stadio lo striscione esposto dalla curva del Monza “Gigi Radice, la tua partita”, in ricordo del tecnico che partì da Monza e che vinse lo scudetto con il Torino nel 1976. Finiti gli applausi, il Toro raddoppia e ipoteca la prima vittoria del campionato: Radonjic va in percussione nell’area brianzola, Carboni svirgola, Ricci raccoglie e firma un assist per Sanabria che arriva in volo e segna con una mezza rovesciata. Nel finale il Toro controlla, il Monza ci prova, qualche pericolo dalle parti di Milinkovic mentre Radonjic sfiora più volte il tris. Allo scadere Milinkovic sbaglia i tempi e Mota Carvalho fa 2-1. I primi tre punti della stagione li portano a casa i granata.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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La Fiorentina acciuffa i tre punti contro
la Cremonese: decide una papera di Radu

Per i viola segnano pure Bonaventura e Jovic.
I lombardi, in A dopo 26 anni, avevano raccolto
il momentaneo 2-2 direttamente su calcio d'angolo


G.B. Olivero


Un clamoroso errore di Radu, che al 95’ finisce in porta con il pallone nel tentativo di bloccare un cross di Mandragora, condanna una bella Cremonese a un’ingiusta sconfitta contro una brutta Fiorentina. Il portiere, che in primavera era stato protagonista negativo in Bologna-Inter compromettendo la corsa scudetto dei nerazzurri, aveva alternato ottimi interventi a inquietanti uscite a vuoto. E poi, quando ormai era tutto finito, ha regalato il successo ai viola. Alvini torna a casa con un vagone di rimpianti, ma anche con la consapevolezza di aver costruito una squadra organizzata e coraggiosa, brava a recuperare due volte lo svantaggio e a non concedere troppo nonostante abbia giocato in dieci tutta la ripresa. Italiano, invece, ha alcuni motivi di preoccupazione in vista dell’andata del turno preliminare di Conference League di giovedì contro il Twente.

PRIMO TEMPO — Italiano sorprende tutti e schiera Benassi terzino destro (Dodo e Venuti in panchina) e Kouamé ala destra. Jovic vince il ballottaggio con Cabral e Gollini quello con Terracciano. Alvini si affida al 3-4-1-2 e in avanti schiera le frecce Okereke e Dessers. Parte forte Sottil che si accentra e tira un paio di volte. Al 12’ Chiriches chiude su Jovic e al 16’ la Fiorentina segna: bella iniziativa di Kouamé che salta Vasquez e serve Bonaventura, che di piatto sinistro trova l’angolo sul secondo palo. Alla Cremonese bastano appena tre minuti per pareggiare: Chiriches anticipa Jovic, serve Ghiglione sulla destra, perfetto cross e perfetto anche lo stacco di Okereke. La Cremonese non rinuncia mai ad attaccare la profondità e la Fiorentina soffre l’aggressività degli avversari. Al 31’ Radu è bravo a respingere un tiro di Sottil. Al 34’ la Viola torna in vantaggio con una bella azione aperta da Kouamé (cambio di gioco molto preciso), rifinita da Sottil (cross rasoterra) e conclusa da Jovic: stop sul mancato anticipo di Chiriches, finta su Vasquez e rasoterra incrociato. La Cremonese è comunque in partita, ma al 43’ Escalante complica le cose al suo allenatore entrando duro a centrocampo su Kouamé: per l’arbitro Sacchi è fallo da espulsione.

SECONDO TEMPO — La Cremonese cambia modulo, passa al 4-3-2 e continua a proporre il suo gioco organizzato e verticale. La Fiorentina costruisce una sola occasione con Maleh che innesca Jovic: Quagliata salva sulla linea. Al 23’ arriva il 2-2: Buonaiuto, direttamente da corner, sorprende Gollini. Italiano finalmente attinge dalla panchina, ma gli innesti di Zurkowski, Dodo, Saponara, Mandragora e nel finale di Gonzalez creano solo qualche mischia. Dessers sfiora il colpaccio con un contropiede concluso con un pallonetto fuori misura. Radu è bravissimo su una punizione di Biraghi e su un colpo di testa di Milenkovic, ma al 95’ pasticcia e si fa gol da solo. La Fiorentina scarta il regalo e festeggia i primi tre punti del campionato.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Immobile regala la prima vittoria a Sarri:
la Lazio ribalta il Bologna

I biancocelesti vincono in rimonta 2-1 grazie
alla rete di Ciro e all'autogol di De Silvestri.
La partita finisce in dieci contro dieci per
le espulsioni di Maximiano e Soumaoro


Stefano Cieri


Lazio con il cuore e con la fame. La formazione romana supera di rimonta il Bologna e porta a casa i primi tre punti del campionato. Vittoria sofferta ma meritata, giunta in coda ad una partita in cui succede di tutto e vengono a galla più i valori caratteriali di quelli tecnici. La formazione di Sarri gioca in pratica tutta la partita in dieci (il portiere Maximiano viene espulso dopo appena 6 minuti), ma poi alla fine del primo tempo si ristabilisce la parità (rosso anche per Soumaoro). Non a caso la Lazio nella ripresa rimonta e vince. Grandi rimpianti, però, per il Bologna, sia per non aver sfruttato a dovere la superiorità numerica nel primo tempo (chiuso comunque in vantaggio di una rete) sia per l’atteggiamento un po’ troppo remissivo nella ripresa. Per Mihajlovic, applaudissimo come sempre dai tifosi laziali, c’è parecchio da lavorare.

ROSSI E RIGORI — Pronti, via ed è subito corrida. Dopo appena sei minuti la Lazio si ritrova in dieci. Maximiano, il giovane portiere portoghese preso dal Granada, commette un’ingenuità che costa cara alla sua squadra. Blocca con le mani la palla appena fuori area su un’azione pericolosa, ma neanche troppo, del Bologna. L’arbitro Massimi lascia correre ritenendo l’intervento effettuato entro l’area, ma viene poi richiamato dal Var e, dopo l’esame delle immagini, estrae il rosso per il giocatore della Lazio (intervento volontario). Entra il secondo portiere Provedel e gli fa posto Basic. La Lazio si riorganizza con un 4-4-1 con i due esterni offensivi Anderson e Zaccagni che sono chiamati in pratica a coprire tutta la fascia. E’, forse, proprio la stanchezza a giocare un brutto scherzo a Zaccagni poco dopo la mezzora: l’ex Verona interviene in ritardo su Sansone e provoca il rigore che Arnautovic trasforma. Poi l’austriaco esulta polemicamente verso la curva laziale e si becca un giallo. Più pesante quello che qualche minuto dopo tocca a Soumaoro. Perché durante il recupero del primo tempo il difensore francese commette un altro intervento da giallo (su Lazzari, il primo era stato su Zaccagni) e prende il rosso, ristabilendo quindi la parità in campo tra le due squadre. Si va al riposo con gli ospiti in vantaggio per 1-0. Buona Lazio per i primi venti minuti nonostante l’inferiorità numerica (Immobile spreca un’ottima occasione sullo 0-0, un’altra la sventa Skorupski con un intervento prodigioso che impedisce allo stesso Immobile il comodo tap-in d testa). Meglio però il Bologna nella seconda parte del primo tempo. Provedel si supera per negare il gol a De Silvestri sullo 0-0. Poi, dopo il vantaggio di Arnautovic, è Sansone a sprecare la comoda palla per il raddoppio.

IL SORPASSO — Si riparte col Bologna che sostituisce Sansone con Bonifazi per ristabilire la linea a tre difensiva. Mihajlovic ridisegna la squadra con un 3-5-1-1 in cui i centrocampisti sono chiamati a turno a dare una mano ad Arnautovic. La formazione emiliana si difende molto bene fino alla metà della seconda frazione. Paradossalmente è più ordinata di quando, nel primo tempo, godeva della superiorità numerica. Dopo il 20’, però, lo scenario cambia. L’ingresso di Luis Alberto (al posto di Cataldi) rende la squadra di casa più imprevedibile e meno facile da leggere. In più si accende il turbo di Lazzari sulla destra. Proprio da un’iniziativa dell’ex Spal arriva il gol dell’1-1: lo provoca l’ex De Silvestri con un’autorete sul traversone del terzino. La Lazio a quel punto ci crede e spinge sull’acceleratore. Mihajlovic capisce che deve correre ai ripari e fa entrare Aebischer e Casius e poi anche Barrow, passando - dopo l‘ingresso di quest’ultimo - al 3-4-2. Ma la Lazio è in fiducia e continua a premere. Il gol del 2-1 arriva al 34’ grazie al solito Immobile che sfrutta alla perfezione un assist al bacio di Milinkovic, dopo una bella iniziativa di Luis Alberto. La partita finisce lì, il Bologna ci prova (Mihajlovic butta dentro anche Vignato), ma la stanchezza impedisce agli emiliani di trovare la via del pareggio.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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La Roma spreca, ma gioca bene e vince:
a Salerno ci pensa Cristante

Un gol del centrocampista regala a Mou i primi tre punti,
dopo che Zaniolo aveva mancato tre occasioni.
Palo di Dybala


Andrea Pugliese


Ogni anno la stessa storia. Deve partire dalle retrovie, poi è quello che gioca più di tutti o giù di lì. E stavolta anche qualcosa in più, perché oltre a giocare a sorpresa (al posto di Matic), Bryan Cristante ha regalato anche la prima vittoria ufficiale alla Roma di questa stagione. Suo il gol decisivo con cui i giallorossi hanno infatti superato per 1-0 una buona Salernitana (che ha anche chiuso con un possesso palla superiore ai giallorossi, 53%). E quando ti aspetti una magia dai Fab Four, ecco che arriva il gregario di lusso. E gli altri? Zaniolo è stato spesso pericoloso, ma ha sbagliato anche tanto. Dybala ha regalato alcune giocate, colpendo un palo, mentre Pellegrini ha cucito spesso il gioco. Unico neo, Abraham ancora lontano dai suoi standard.

TRA ERRORI E GOL — Si inizia con un dolce ricordo comune, dedicato a Di Bartolomei: “Guidaci ancora Ago”, sui maxischermi dell’Arechi, dove Mourinho opta per il solo Dybala tra i nuovi in casa giallorossa, mentre Nicola si affida subito agli ultimi tre innesti: Bronn, Candreva e l’olandese Vilhena. Del resto, la Salernitana vuole provare a giocarsela e per un po’ anche ci riesce. Vilhena ha qualche buon colpo, Mazzocchi a sinistra spinge spesso e volentieri, e Coulibaly prova a dare ritmo, anche se è troppo falloso. Dall’altra parte, invece, la Roma costruisce tanto, ma ha la sfortuna di trovare uno Zaniolo poco preciso sotto porta. Nicolò gioca anche una partita discreta, lotta ovunque, fa valere fisico e strappi (soprattutto sull’azione del palo di Dybala), ma ha il torto di sbagliare un paio di gol e mezzo. Il primo proprio su errore di Coulbaly (tiraccio fuori), il secondo su lancio di Mancini (parata di spalla di Sepe) e il terzo su assist di Dybala, con un calcio frettoloso che finisce al lato della porta granata. In altre circostanze la Roma si ritroverebbe già con la partita in mano ed invece deve faticare oltremodo, proprio per gli errori sotto porta. A sbloccare la partita allora ci pensa Cristante con un tiro da fuori dove la deviazione di Gyomber inganna Sepe. Una volta in vantaggio, la Roma gioca con meno frenesia e più tranquillità e trova anche l’occasione per il raddoppio proprio sugli sviluppi di un’azione stratosferica di Zaniolo, dove Dybala colpisce il palo e Abraham arriva molle per il tocco decisivo, ribattuto da Mazzocchi. A conti fatti il vantaggio a metà gara è anche giusto, seppur la Salernitana ci abbia messo voglia e intensità.

GARA CONGELATA — Ed infatti nella ripresa la squadra di Nicola diventa anche più aggressiva e dopo 8’ si gioca anche la carta Ribery, passando di fatto al 3-4-1-2 e aumentando il suo potenziale offensivo. La maggior spinta offensiva della squadra di casa permette però alla Roma di avere spazi per andare e far male. Così prima Dybala ha la palla del 2-0 (tiro ad incrociare fuori), poi Abraham sbaglia la giocata decisiva. Zaniolo continua la sua battaglia personale, sfiorando il gol da lontano e intestardendosi in un paio di occasioni. Nicola allora manda dentro Valencia e Sambia, Mourinho risponde con Matic per Abraham, creando una diga di centrocampo con il serbo e Cristante e mandando Dybala a fare la prima punta (con Pellegrini più alto, vicino a Zaniolo). Poi entra anche Wijnaldum, con i giallorossi che passano al 3-5-2. Mou di fatto butta dentro tutta l’esperienza che ha per congelare una partita in cui gli ultimi minuti sono soprattutto in mano ai granata. Al 41’ arriva anche il 2-0 su invenzione di Matic e assist di Dybala per Wijnaldum (ma l’argentino era in fuorigioco). Finisce così, con Karsdorp che si mangia un altro gol e Mou e Nicola a farsi i complimenti a vicenda.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Nzola scatenato: lo Spezia comincia bene.
L'Empoli non sfonda e va k.o.

La squadra di Gotti vince 1-0 con un
gol dell'angolano nel primo tempo.
Toscani poco concreti in attacco


Stefano Cantalupi


È il 14 agosto e M'Bala Nzola ha già segnato più gol che nell'intera stagione scorsa. È l'angolano a dare i primi tre punti allo Spezia in questa Serie A: firma l'1-0 all'Empoli e continua nel momento magico, dopo la doppietta in Coppa Italia. I problemi e le incomprensioni dei mesi passati sono un ricordo: il nuovo corso di Luca Gotti punta forte su di lui.

SENZA PAURA — Sono cambiati gli allenatori, ma Spezia ed Empoli (in panchina c'è Zanetti) affrontano la Serie A con lo spirito che li ha condotti alla salvezza nello scorso campionato. Per buona parte del primo tempo, si passa da un lato all'altro del campo contando occasioni dipinte ora di bianco ora di blu, con Dragowski (al debutto nello Spezia) e Vicario comunque non troppo sollecitati. Gotti mastica amaro per una buona chance mancata da Agudelo, dall'altra parte Bajrami va molto vicino a sbloccare il match per i toscani. Anche Lammers, recente e prezioso acquisto empolese, si dà da fare. Dopo la mezz'ora, però, lo Spezia inizia a dare maggiore continuità alla pressione offensiva. Caldara illude il Picco ma spreca di testa da due passi, Henderson prova a rispondere e trova attento Dragowski, si arriva al 36' e Nzola trova l'1-0. Il filtrante è di Bastoni, Ismajli e Luperto si fanno prendere in mezzo, Vicario vede il pallone passargli tra le gambe. Reca avrebbe anche l'occasione di raddoppiare subito, con un diagonale stoppato da Vicario. E l'Empoli per poco non punisce appena prima dell'intervallo: galoppata centrale di Parisi, appoggio per Destro che si gira bene in area e tiro fuori di un soffio.

TOSCANI IMPRECISI — Un sinistro di Henderson a inizio ripresa dà subito l'idea di quanto l'Empoli si senta ancora in partita e voglia rendersi aggressivo. Il piano organizzato da Zanetti in spogliatoio sembra riuscire, il baricentro della squadra è più alto. Bajrami su punizione mette altri brividi a Dragowski, Lammers mostra tecnica ma manca sempre la stoccata finale. E così i minuti passano, lo Spezia trova spazi in contropiede con lo scatenato Nzola e Gotti inizia a pregustare i primi tre punti di questo campionato. Dragowski allontana tutti i palloni che arrivano nell'area piccola, Lammers è l'ultimo ad arrendersi ma non basta. Festeggia il pubblico del Picco: il cammino verso la salvezza inizia da qui.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Napoli, è subito show: cinquina al Verona,
brilla la stella di Kvaratskhelia

Hellas in vantaggio con Lasagna, poi il ribaltone col georgiano e Osimhen.
Pari di Henry, quindi gli azzurri dilagano: a segno Zielinski, Lobotka e Politano


Fabio Licari


Forse è come dice Spalletti: la gente potrebbe innamorarsi di questo Napoli. Se continua così il gioco è fatto. D’accordo, non ci sarà sempre un Verona così indifeso, il calcio d’agosto può illudere, la strada è lunga, ma l’impressione regalata da questo 5-2 al pronti-via è un avviso al campionato: il Napoli c’è, equilibrato, compatto, scaltro, potente, con fasce d’attacco che sanno essere devastanti, Osimhen che può soltanto crescere e Lobotka sempre più padrone del gioco.

Lozano e il nuovo Kvaratskhelia sono stati la chiave per scardinare un Verona chiuso dietro, incapace di impostare dal basso, costretto a lancioni lunghi e poco sicuro dietro, eppure in partita fino al 2-2 di inizio secondo tempo. Perché? Semplice. Il Napoli aveva sbagliato troppo sottoporta – particolare sul quale Spalletti dovrà lavorare – e gli automatismi in difesa non erano stati perfetti, malgrado il bel debutto di Kim. Poi, però, s’è scatenata la tempesta, tre gol, uno annullato, altri sfiorati, mentre i cambi finivano con indebolire il Verona. Se il Napoli qui non s’è accorto che Koulibaly, Mertens e Insigne non ci sono più, Cioffi deve fare i conti con le assenze terribili di Simeone, Caprari, Casale e con Barak a mezzo servizio. Malissimo la sua “prima”.

POSSESSO TOTALE — Impressionante la superiorità del Napoli nel primo tempo: un possesso dell’80 per cento non è da tutti i giorni. Ma in quanto a precisione lasciamo perdere. Il Verona non riesce a impostare e deve affidarsi ai lancioni per Lasagna ed Henry, molto lontani dal resto della squadra. La difesa del Napoli chiude senza problemi: Kim sembra esaltarsi nel confronto fisico. Eppure, è proprio il Verona a portarsi in vantaggio quasi alla mezzora, nell’unica azione d’attacco, poco dopo il cooling break. Quasi il Napoli fosse ancora a dissetarsi. Hongla va al tiro da venti metri e Meret devia in angolo: sul cross dalla bandierina, la deviazione di testa di Gunter è un assist perfetto per Lasagna che al volo non sbaglia, 1-0. Spalletti non ci crede. D’altra parte, il controllo ossessivo della palla ha portato soltanto un tiro di porta, di Zielinski, mentre tutte le altre occasioni sono finite al lato o alte, soprattutto quella di Osimhen che sbaglia l’incredibile sottoporta.

GOL IN FOTOCOPIA — La rete di Lasagna è però una scossa per il Napoli che riprende a creare gioco e al 37’ trova il pari con Kvaratskhelia: schiacciata di testa prepotente sul cross di Lozano da destra. Bel giocatore il georgiano, “ignorante” in senso buono, fisico e tecnico. Quindi, nel recupero, azione fotocopia del vantaggio del Verona, ma l’angolo lo batte il Napoli, il ruolo di torre lo interpreta Di Lorenzo e Osimhen, in anticipo su Faraoni, è implacabile: adesso è 2-1. L’esultanza del nigeriano è irridente per i tifosi di casa che si scatenano in cori contro il centravanti. Forse c’è stato qualche maledetto “buu” prima. Neanche l’applauso in comune, da brividi, per ricordare Claudio Garella, protagonista con le due maglie, ha ravvicinato tifoserie che non si amano.

SCATENATO — Emozioni che non si esauriscono neanche a inizio secondo tempo. Al 3’ Henry illude il Verona, schiacciando di testa il temporaneo 2-2 su assist di Faraoni. Ma è l’ultimo sussulto. È’ il Napoli a prendere definitivamente il sopravvento. Poco dopo, al 10’, su contropiede, Kvaratskhelia lancia Zielinski inseguito invano da Hongla: 3-2. Al 20’ è Lobotka, ancora una volta indispensabile al centro del gioco, a premiarsi con un gran gol in discesa solitaria, tra una difesa di birilli e appoggio imparabile per Montipò: 4-2. Al 34’ il portiere del Verona deve inchinarsi anche alla botta precisa di Politano, appena entrato, 5-2. Di occasioni ce ne sarebbero altre, Ounas entrato da neanche dieci secondi infila il 6-2 su un altro contropiede ma il Var annulla. Il Verona ormai non c’è più.

AL LAVORO — Per il Verona c’è molto da fare. Se è parsa azzardata la mossa di Cioffi di schierare il deb Amione su Lozano, imprendibile, è anche vero che da Ilic a Faraoni, da Tameze a Dawidowicz, nessuno è stato all’altezza. Non s’è visto niente del gioco di Tudor, pressione alta, organizzazione in fase di non possesso, cattiveria. Si salva Lasagna che per i compagni è un lusso. Il Napoli è uno spettacolo, è al sesto debutto vincente di fila in campionato e ora ospita il Monza per continuare la corsa, aspettando Dombelé e Raspadori.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Di Maria-Vlahovic assist e gol.
Juve, tutto facile col Sassuolo

Dopo una partenza sofferta, i bianconeri dilagano: l'argentino va a segno dopo 26 minuti,
il serbo firma una doppietta: rigore al 43' e raddoppio al 51' su assist del Fideo


Fabiana Della Valle


L’Allianz Stadium è quasi pieno (38 mila spettatori) e la Juventus fa bene il suo dovere: le nubi di una settimana fa, provocate dalla brutta sconfitta in amichevole con l’Atletico Madrid, si sono dissolte all’improvviso grazie alla nuova coppia bianconera. Dusan Vlahovic e Angel Di Maria timbrano il 3-0 nel debutto contro il Sassuolo e grazie ai suoi tenori Madama tiene testa a Milan, Inter, Roma, Napoli, Atalanta e Lazio, tutte vittoriose alla prima di A. Una Juventus che ancora non è bella però ha ricominciato a essere cinica, come certificano i 3 gol realizzati con 4 tiri in porta. Curiosità: è la prima volta dal suo ritorno a Torino che Allegri vince con 3 reti di scarto.

FIDEO, DEBUTTO COL CUORE — Fino al 22’ la Juventus non aveva fatto un tiro in porta, poi le bastano altri 21 minuti per chiudere la contesa, con una prodezza di Di Maria e un rigore procurato e trasformato da Vlahovic. Prima i bianconeri non avevano incantato: troppo statici e poco movimento senza palla, nessuno a parte Di Maria che va a prendersi il pallone sulla corsa. Allegri parte con un abbottonato 4-4-2, con McKennie esterno a sinistra e Cuadrado a destra, ma passa presto al 4-3-3, spostando il colombiano a sinistra e arretrando McKennie sulla linea dei centrocampisti. Pochi minuti dopo arriva il vantaggio: bel cross di Alex Sandro, stavolta bravo a non far pentire Allegri di averlo preferito a De Sciglio, e aggancio perfetto del nuovo acquisto argentino, che festeggia con il classico cuore. La Signora passa nel momento migliore del Sassuolo, che dopo un inizio soft aveva preso coraggio.

IL RUGGITO DI DV9 — Senza Raspadori e Pinamonti, tutti e due in panchina, l’azione più pericolosa la confeziona la coppia Berardi-Defrel. Pochi minuti dopo il numero 92 neroverde impegna ancora Perin. Il vantaggio bianconero ha il potere di sbloccare gli Allegri boys. Vlahovic vanifica due buone occasioni per il raddoppio ma poi si fa perdonare con il 2-0: ancora una bella apertura di Alex Sandro (uno dei migliori) che lo lancia verso la porta. Nel corpo a corpo con Ferrari il serbo finisce a terra: stavolta anche l’arbitro non ha dubbi, al contrario di quanto era accaduto a una ventina di secondi dall’inizio dell’incontro, quando aveva lasciato correre su un contatto dubbio tra Muldur (costretto a uscire poco dopo per un problema fisico) e Alex Sandro, e indica il dischetto. Vlahovic s’impossessa del pallone e non sbaglia: sinistro secco e vincente per il primo centro della nuova stagione (e per il primo rigore calciato in maglia bianconera).

DOPPIETTA E CINISMO — Nella ripresa Dionisi si gioca la carta Raspadori e il Sassuolo è subito pericoloso con Herique. Però passa ancora la Juventus, perché Di Maria approfitta di un pallone perso da Ayhan per servire a Vlahovic un altro cioccolatino: finta e assist delizioso del Fideo e timbro di destro del centravanti serbo. Quando sbagli la Juve non perdona. La doppietta fa bene a DV9, che nel finale sfiora anche il terzo gol. C’è spazio per l’esordio di Kostic e anche per l’inserimento dei giovani Miretti e Fagioli: la squadra di Max è in totale controllo e nonostante il largo vantaggio non concede più di un tiro agli avversari. Il Sassuolo ha provato a mettere sotto la Juventus nella fase centrale del primo tempo, ma alla lunga non ha retto, condizionato dall’assenza di Maxime Lopez (squalificato) e dalle tante problematiche legate al mercato. La festa dei bianconeri invece è velata dalla preoccupazione per le condizioni di Di Maria, uscito per un problema alla coscia sinistra: sarebbe un peccato se Allegri dovesse rinunciare subito al suo Angelo custode.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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SERIE A 2022/2023 1ª Giornata (1ª di Andata)

13/08/2022
Milan - Udinese 4-2
Sampdoria - Atalanta 0-2
Lecce - Inter 1-2
Monza - Torino 1-2
14/08/2022
Fiorentina - Cremonese 3-2
Lazio - Bologna 2-1
Salernitana - Roma 0-1
Spezia - Empoli 1-0
15/08/2022
Verona - Napoli 2-5
Juventus - Sassuolo 3-0

Classifica
1) Napoli, Juventus, Milan, Atalanta, Fiorentina, Inter, Lazio, Torino, Roma e Spezia punti 3;
11) Cremonese, Bologna, Lecce, Monza, Empoli, Salernitana, Udinese, Sampdoria, Verona e Sassuolo punti 0.

(gazzetta.it)
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Prima giornata senza neppure un pareggio, 3 punti oppure niente!
Hanno vinto tutte le "grandi", bene il Napoli. [SM=x1583472]





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Felici tutti i tifosi delle grandi società tranne gli utenti di DAZN che hanno avuto problemi di autenticazione mell'accedere alle partite. [SM=g8890]



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Torino, manca solo il gol.
Lazio, oltre a Immobile c'è poco

I granata non concretizzano la superiorità del primo tempo,
Milinkovic decisivo sul centravanti di Sarri nella ripresa


Mario Pagliara


Un punto a testa può dare soddisfazione sia al Toro sia alla Lazio. Fino all’ora di gioco i granata si sono fatti preferire sul piano del gioco, poi quando è iniziata a finire la benzina sono venuti fuori i biancocelesti. Che hanno avuto le migliori occasioni per portare a casa la partita: tre e tutte a distanza ravvicinata contro un super Vanja Milinkovic. E tutte sciupate in sequenza da Marusic, Immobile e Sergej Milinkovic.

PALLEGGIO GRANATA — Quando si arriva a metà del primo tempo c’è un dato offerto dalle statistiche che colpisce l’occhio: è il possesso di palla del Toro di Juric sopra al 65%, scenderà al 55% all’intervallo. La sostanza cambia poco, riflette una tendenza: nel primo tempo si sono visti da una parte un Toro che ha provato a palleggiare e a colpire in verticale con la solita e accentuata pressione alta delle squadre di Juric; dall’altra una Lazio che ha avuto ben pochi cromosomi del gioco di Maurizio Sarri, per larghi tratta statica e più preoccupata a controllare a vista Singo e Aina sulle fasce, Vlasic e Radonjic sulla trequarti. A proposito, come era preventivabile Juric riequilibra il suo attacco contro una difesa a quattro posizionando il trequartista al centro (Vlasic, al debutto dal primo minuto, e non Lukic in panchina) con Radonjic largo sulla sinistra in linea con Sanabria. Buon Toro, dunque, in avvio. Il primo pericolo è dei granata portato da Sanabria dopo 9’: diagonale di poco fuori. Provedel esce due volte a farfalle (al 4’ e al 23’) ma i granata non ne approfittano. Al 24’ invece Marusic coglie la doppia leggerezza difensiva di Djidji (troppo spazio a Zaccagni, è suo l’assist) e Singo che si perde del tutto Marusic. Milinkovic mantiene il sangue freddo ed evita la beffa. Nel finale di primo tempo, l’inerzia del match si riequilibra: Buongiorno anticipa ovunque Immobile, Radonjic non trova lo spunto. Si va sullo 0-0 all’intervallo.

CRESCITA LAZIO — Nella ripresa il Toro parte pure bene, stazionando nel quarto d’ora di avvio nella metà campo laziale. Ma poi, piano piano, la stanchezza comincia a farsi sentire (soprattutto in Linetty e Singo) e la Lazio, aiutata dall’innesto di Basic e Marcos Antonio che portano forze fresche, comincia a crescere guadagnando campo. Nel cuore della ripresa c’è il momento migliore della squadra di Sarri: Immobile si ritrova due volte in buona posizione ma prima una bella chiusura di Milinkovic (10’) poi le gambe di Djidji (18’) non gli permettono di trovare la gloria. L’unico errore della gara di Buongiorno serve un assist involontario a Sergej Milinkovic (21’): nasce il duello tra fratello, con il portiere del Toro Vanja che ha la meglio salvando in angolo. A un quarto d’ora dalla fine, Juric lancia nella mischia Lazaro, Pellegri e Lukic e il Toro ne beneficia recuperando un po’ di energie. Ma non succede molto altro e si finisce senza gol.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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La follia di Perez frena l'Udinese, la Salernitana non ne approfitta

A Udine finisce senza reti il match tra bianconeri e campani.
Espulso l'argentino a fine primo tempo, la squadra di Nicola
non riesce a sfruttare la superiorità numerica


Francesco Velluzzi


Finisce zero a zero. Udinese e Salernitana muovono la classifica. Ma il punto serve soprattutto ai campani che, anzi, avrebbero dovuto prenderne tre perché hanno giocato tutto il secondo in 11 contro 10 per l’espulsione di Nehuen Perez, schierato peraltro da Sottil da quinto a destra, un ruolo non suo.

Nicola, che è passato anche da qui, doveva osare di più, crederci, buttare altra benzina nel motore e invece ha giocato al solito, d’attesa, più attento a tenere il pareggio che a cercare una vittoria che avrebbe potuto ottenere contro un’Udinese che palesa evidenti difficoltà in attacco. Beto resta quasi settanta minuti in panchina, Nestorovski, unico vero centravanti, per ora ci rimane incollato.

VETRINA — L’Udinese si coccola i suoi 11659 abbonati, la Salernitana ha tantissimi sostenitori nel suo spicchio ed è accompagnata dallo stato maggiore con in testa il presidente Danilo Iervolino. A Udine si rivede in tribuna Gino Pozzo, responsabile del mercato da Londra. Prima del via il direttore dell’area tecnica dell’Udinese Pierpaolo Marino consegna la maglia celebrativa a Rodrigo Becao per le cento presenze col club.

PARTITA — Via si gioca. Sottil parte con la mossa che si era intuita ieri sera: Nehuen Perez, quinto, esterno alto a destra, con Becao, Bijol e Masina dietro. Non sembra una gran carta da giocare. A Nicola ne mancano cinque in partenza, perchè a Ribery, Pirola, Lovato, Kastanos si è aggiunto anche Lassana Coulibaly. Così la mossa è riportare, dopo una seconda vita da centrale difensivo, Radovanovic a centrocampo. Non è un regista, ma un equilibratore e tampona Tore davanti alla difesa. I nuovi acquisti Maggiore e Vilhena hanno il compito di scatenarsi e inserirsi. Candreva e Mazzocchi quello di macinare sulle fasce. La squadra granata parte bene, ma al 5’ c’è l’episodio che potrebbe dar la svolta alla gara. Pereyra (sempre sopra gli altri) recupera palla, serve Udogie che lo manda in profondità a sinistra. Cross e Bronn interviene col braccio. Aureliano non ha dubbi e indica il dischetto, ma Nasca lo manda al monitor e, ovviamente, la decisione cambia. Niente rigore. Sconcerto, ma si va avanti. E dopo 4’ su una girata in netto fuorigioco di Bonazzoli Silvestri compie uno dei suoi soliti miracoli. Poi si oppone anche a Fazio. Mentre prima della mezzora l’Udinese deve rinunciare a Bijol, che aveva fatto bene, perchè una capocciata di Botheim lo manda fuori. Tocca a Nuytinck che in settimana è diventato papà di una bimba. I bianconeri prendono campo, hanno un uomo in più, Pereyra, mentre Nicola fa il suo gioco solito, di attesa. Sepe è bravo due volte su Deulofeu, rimediando a pasticci dei suoi. Ma il catalano non punge, quando tenta i suoi dribbling viene raddoppiato. Al 49’ con 5 ‘ di recupero, un altro episodio che può dare la svolta: Mazzocchi recuperar palla in difesa e si invola solitario e con la squadra in superorità. Nehuen Perez lo stende da principiante e Aureliano lo manda a far la doccia.

SECONDO TEMPO — I cambi sono fondamentali: Nicola osa buttando dentro Dia per un Botheim che ha dato pochissimo e Bradaric per Radovanovic, mentre Sottil inserisce Lovric per Makengo. Ma no cambia sostanzialmente assetto: 3-4-2. Mente Nicola porta Bradaric esterno sinistro e sposta Mazzocchi a destra a duettare con Candreva mezzala e porta Maggiore al centro. Mazzocchi continua a imperversare, ma è Walace che ha una gran palla dal limite. Calcia male. Candreva fa meglio,ma trova il solito Silvestri. Dopo 25’ Sottil toglie l’evanescente Success e butta nella mischia Beto (un cambio che andava fatto prima). Il portoghese si invola subito. La salernitana ha un uomo in più, ma è come non lo avesse. L’atteggiamento resta di attesa. Ed è inspiegabile. Tanto che su un pallone ben recuperato l’ottimo Lovric lancia Deulofeu che viene steso al limite dell’area da Fazio. E la grande occasione per il catalano che calcia male rasoterra finisce la sua partita, sostituito da Arslan. Finisce anche la gara con un pari che non accontenta nessuno.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Che bella la prima Inter di San Siro:
Lukaku ispira Lautaro, tris show allo Spezia



L'argentino sblocca la partita dopo 35 minuti,
poi Calhanoglu e Correa liquidano gli ospiti, mai in partita:
nerazzurri a punteggio pieno davanti a 71mila tifosi


Filippo Conticello

Nella partita del ritorno di Lukaku davanti al suo popolo, l'Inter ricorda a tutti che in questo casato adesso i sovrani sono due: contro il povero Spezia si riconnette per davvero la Lu-La ed è Lautaro, l'altro re del San Siro nerazzurro, ad aprire la partita su assist del gemello belga. Nel secondo tempo Calhanoglu e Correa condiscono il punteggio, ma il 3-0 sta stretto, strettissimo ai nerazzurri, sul velluto per tutta la sera. Dimenticati i balbettii di Lecce, Inzaghi ritrova una squadra potente e con mille frecce: davanti gli attaccanti (sia i titolari che le riserve) dettano legge e dietro Handa per 90' non si sporca neanche i guanti: i liguri ci mettono del loro, sia chiaro, ma il messaggio di Simone al campionato è chiarissimo.

PRIMO TEMPO — All'inizio Inzaghi scioglie l'enigma a sinistra, puntando su Dimarco, il più in palla di tutti i mancini, e per il resto si affida alla formazione standard, concedendo i primi minuti da titolare del campionato a Dumfries e Dimarco. Da parte sua, il 3-5-1-1 di Gotti è troppo tenero per i nerazzurri che avanzano a ondate: Agudelo dietro a Nzola soffre di solitudine e la difesa si schiaccia costantemente, un po' alla volta fino a ridursi all'area di rigore. Al povero Nikolaou il compito di fare a botte col figliol prodigo belga: i difensori di Serie A un po' alla volta stanno scoprendo quanto sia un mestiere usurante marcare Lukaku. Ma, in realtà, è tutta l'Inter a essere aggressiva e altissima: De Vrij, il più arretrato di tutta la compagnia, nella media dei primi 45' sta addirittura all'altezza del centrocampo. Dallo sfondamento sugli esterni, soprattutto a destra con Dumfries, piove una grandinata di occasioni, spesso non sfruttate. Ma a rubare gli occhi sono quei due là davanti che si cercano con la stessa insistenza di un tempo: la Lu-La è alta sul cielo da San Siro, come se una metà non se ne fosse mai andata via. E così, inevitabilmente, il gol che spezza la gara non poteva che arrivare da una combinazione della coppia reale: Lukaku l'aggiusta e Lautaro con una magnifica conclusione mancina a pelo d'erba batte Dragowski. Da altre combinazioni dentro l'area, sempre con l'aiuto del martello olandese, nascono altre possibilità: il solo Toro potrebbe farne un altro paio. Mentre l'urlo di Romelu si spezza in gola quando colpisce la traversa con una testata dopo cross tagliente di Bastoni: ennesima prova di uno strapotere fisico a volte imbarazzante del numero 90.

LA RIPRESA — Nella ripresa il timido Spezia non fa niente per uscire dal guscio: la sensazione di essersi consegnati mani e piedi alla squadra più forte è evidente. Anche quando Gotti alza il baricentro e porta su la palla, gli esterni Gyasi e Reca non producono pericoli. Inzaghi, invece, si diverte con i suo i cambi di campo, da una fascia all'altra la palla trasmigra come viaggiasse su dei caccia. Lo sfondamento centrale, invece, è sempre compito dell'ariete ex Chelsea: Lukaku si vede spesso per la caparbietà nel tenere e smistare la palla. Non a caso da una sua azione cocciuta la palla arriva sul piede di Calhanoglu per il secondo gol di giornata, un destro più preciso che potente. La ricerca del primo gol di Romelu sotto la Nord finisce a vuoto perché qualche contropiede non viene sfruttato come si dovrebbe e al 65esimo Inzaghi lo toglie per dare spazio a Dzeko. E se pure il bosniaco ha avuto le sue occasioni per segnare, alla fine alla festa finisce per partecipare il quarto attaccante della rosa: il gol del 3-0 lo segna l'altro argentino, Correa, entrato al posto di Lautaro. Senza Dragowski per Gotti sarebbe stata una grandinata molto peggiore, ma la potenza offensiva dell'Inter è tremenda. E non solo perché la Lu-La si è finalmente ricomposta davvero.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Berardi, che meraviglia!
Il Sassuolo si sblocca, il Lecce resta giù

Arrivano i primi tre punti per la squadra di Dionisi,
dopo il ko di Torino contro la Juventus.
Il numero dieci neroverde decide la gara con un gol capolavoro.
Ancora ferma a zero punti la squadra pugliese


Francesco Calvi


Un capolavoro di Mimmo Berardi regala i primi tre punti della stagione al Sassuolo. In campo contro il Lecce nell’anticipo della seconda giornata, i neroverdi conquistano una vittoria di misura (1-0) grazie alla splendida volée del loro capitano. In attesa di trovare una quadra che consenta ai nuovi arrivati di esprimersi al top, Dionisi punta tutto sulle giocate del suo numero 10. La fiducia è stata ripagata con un gol decisivo, il miglior modo per festeggiare il rinnovo di contratto fino al 2027.

LE FORMAZIONI — Mentre aspetta l’arrivo di Pongracic e (probabilmente) Umtiti, Baroni conferma l’undici titolare che aveva sfidato l’Inter nella gara d’esordio. Baschirotto e Blin sono adattati al centro della difesa, Strefezza, Ceesay e Di Francesco partono dal 1’ in avanti. Dionisi opta invece per un 4-3-3, con Henrique schierato al fianco di Lopez e Frattesi. Kyriakopoulos gioca alto a sinistra, completando il tridente con Berardi e Pinamonti.

SUPER MIMMO — Nel primo quarto d’ora, il Lecce gestisce la partita: Hjulmand interrompe con successo le ripartenze degli avversari, Strefezza e Di Francesco spingono sulle fasce. L’ex attaccante dell’Empoli cerca il gol dalla distanza, Berardi lo imita al 20’ con un mancino che finisce di poco al lato. Passano i minuti, però, e il Sassuolo trova sempre più fiducia. Il Lecce spreca con Ceesay e, al 40’, subisce l’1-0. Sugli sviluppi di un corner, concesso dopo un tiro parato a Kyriakopoulos, Berardi si coordina alla perfezione e calcia al volo con il mancino. Il tiro del numero 10, imprendibile per Falcone, finisce dritto nell’angolino basso.

NELLA RIPRESA — Subito dopo l’intervallo, Baroni inserisce Banda al posto di Di Francesco, per provare a portare più uomini nell’area di rigore avversaria. Il Sassuolo amministra il vantaggio concedendo poco, a ridosso del 60’ Gonzalez manca l’appuntamento con il pareggio. Dionisi si affida a Defrel e Thorsvedt sperando di trovare il raddoppio, ma l’unico tiro dei suoi, all’86’, lo prova ancora Berardi dalla distanza.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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