Stellar Blade Un'esclusiva PS5 che sta facendo discutere per l'eccessiva bellezza della protagonista. Vieni a parlarne su Award & Oscar!
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Fate

Ultimo Aggiornamento: 09/03/2009 23:02
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06/03/2009 23:18
 
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Già che ci sono posto una storia che avevo mandata a Zac per farne un fumetto, ma quel ragazzo non mi produce..

Fate
Ora che sono vecchio voglio scrivere una storia che mi capitò tanto tempo fa quando ancora prestavo servizio nella polizia di stato. Ormai sono in pensione da tanti anni e tante sono le cose che mi sono successe in servizio che meriterebbero di essere raccontate ma una in particolare non l’ho mai raccontata ad anima viva e credo che ora sia giunto il momento di farlo. Era il 1983, allora ero ancora ispettore, quando poi andai in pensione nel novantadue ci andai con il grado di commissario e all’epoca si poteva parlare a giusta causa di gradi visto che eravamo ancora un corpo militare. All’epoca lavoravamo agli omicidi del mostro di Firenze, facevo parte della famosa squadra antimostro. Le nefandezze del mostro di Firenze continuavano impuniti e noi, che ci dovevamo muovere tra la pressione pubblica e quella politica, annaspavamo nel buio. Non è facile catturare un pazzo in un mondo affollato di pazzi. Alla luce di quanto è uscito fuori nel corso degli anni non era neanche uno ma almeno tre con tanto di mandanti, in pratica un po’ dei pazzi che sono in giro per il mondo avevano fatto gruppo e disgraziatamente erano pazzi assassini, ma non è di questo che voglio scrivere perché comunque usci dall’indagine nel settantacinque per occuparmi di altro e c’è sicuramente gente più documentata di me che può parlare di quei fatti, la cosa che vado a scrivere successe parallela a quella situazione, ma non aveva nessun collegamento con essa. Noi della S.A.M. lavoravamo dodici ore al giorno con un impegno totale, eravamo stressati e questo non aiutava le indagini. Per rilassarci alle volte andavamo in archivio e prendevamo delle cartelle a caso, le aprivamo, ci leggevamo i fogli inerenti l’indagine contenuta in esse e se c’erano le foto era anche meglio. Ci piacevano le indagini riguardanti i furti, se erano stati commessi in maniera estrosa ci facevano perfino ridere. Non eravamo impazziti ma a lavorare sempre sui quegli atroci omicidi gli altri reati, specialmente quelli dove non si faceva male nessuno, ci sembravano divertenti. Ovviamente evitavamo accuratamente le cartelle contenenti indagini di omicidi o violenze di qualsiasi genere, ne avevamo d’avanzo delle nostre!
Un giorno, era il 20 aprile, facemmo una delle nostre incursioni in archivio, io aprii un fascicolo a caso e mi ritrovai d’avanti la foto di un ragazzo morto eppure la cartella non era nello scafale degli omicidi. La foto tra l’altro era inquietante, il ragazzo era disteso in un prato e pareva dormisse, tradiva l’idilliaca immagine il fatto che era completamente ricoperto di brina. Ero abituato a ben altre atrocità ma quella foto mi metteva a disagio. Decisi di rubare qualche altro minuto al mostro e lessi il fascicolo. Il ragazzo era stato trovato morto in un prato appena fuori Firenze, non aveva segni sul corpo e dall’autopsia che ne seguì per stabilire la causa del decesso non era stata trovata una spiegazione. Sembrava quasi che semplicemente avesse smesso di vivere. Il ragazzo si chiamava Giorgio Tiraboschi, aveva vent’anni, frequentava il liceo scientifico e il giorno della sua morte, il sette aprile, era andato con i suoi amici a fare una scampagnata. Erano trentadue ragazzi in tutto tanto che gli interrogatori furono fatti a scaglioni, in tre gironi. Ovviamente trattandosi di quel che sembrava una morte naturale non c’erano indiziati, si tentava solo di ricostruire l’accaduto. Pare che il Tiraboschi l’ultima volta che è stato visto vivo dagli amici si allontanava con una ragazza, anch’essa presentatasi in questura per l’interrogatorio, nel tardo pomeriggio. All’imbrunire la ragazza era con gli altri ma Tiraboschi no . La ragazza disse agli altri e ripetè in questura che era stata a parlare con il Tiraboschi fino a poco prima, dopo di che lui si era allontanato per urinare e lei aveva fatto ritorno nel gruppo. Quando la ragazza si presentò in questura non aveva con se i documenti, dichiarò di chiamarsi Elena delle Fate, nome risultato poi falso. Quando fu trovato il secondo ragazzo il dodici aprile, Emanuele Solo, su un banco di scuola del suo istituto nelle stesse condizioni del Tiraboschi e anche in quel caso la sedicente Delle Fate era l’ultima persona vista con lui da vivo venne aperta un’indagine non per omicidio, non c’erano gli estremi, ma per morti sospette. Questa volta quella che ormai era quasi un’indiziata non si presentò. Il nome risultò essere falso e sebbene anche la seconda autopsia non indicò una causa perchè anche in questo caso il corpo era sanissimo ma inesorabilmente morto e quindi non c’erano gli estremi per un’imputazione di omicidio, la Delle Fate era comunque ricercata. Gli amici dei due dissero che la Delle Fate l’avevano conosciuta qualche giorno prima e la ragazza sembrava avere un interesse per il Tiraboschi, dopo la sua morte la ragazza si era avvicinata al Solo che era il migliore amico del Tiraboschi, per dargli conforto in un momento così difficile. I colleghi chiesero ai ragazzi come rintracciarla ma non seppero rispondere, si davano appuntamento di volta in volta. Non avevano un recapito telefonico e tanto meno sapevano dove abitava. Sapevano solo dire che l’avevano conosciuta in discoteca ,“La Falena Blu”, a inizio mese e che da allora l’avevano frequentata. Concordavano tutti sul fatto che fosse molto bella, ragazzi e ragazze, anche se pare che alle ragazze non fosse molto simpatica. Il massimo che i colleghi riuscirono a ottenere fu un’identikit anch’esso contenuto nel fascicolo, la ragazza appariva veramente molto bella. Ia seconda morte era datata 11 aprile, l’indagine venne aperta il giorno dopo ma non impedì che vi fosse una terza morte, esattamente il 18, due giorni prima che mi capitasse in mano quel fascicolo. I ragazzi della compagni avrebbero dovuto chiamare il commissario Manfredi, l’ufficiale che si occupava del caso, appena avessero visto la ragazza e così fece uno di loro, tale Gian Luca Tosi. Chiamò la questura dicendo che la ragazza lo aveva seguito fin sotto casa e la poteva vedere dalla finestra ancora la sotto. Una volante si precipitò là con il commissario ma la ragazza se ne era andata. Salirono in casa del ragazzo che era con sua madre per sapere come era andata. Il Tosi aveva stava rientrando a casa quando si era accorto che la Delle Fate lo seguiva a una certa distanza, si era spaventato e aveva allungato il passo ma se la ritrovava sempre dietro, a una distanza di circa quindici metri. Arrivato a casa credeva di averla seminata ma affacciatosi alla finestra si accorse che lei era là sotto. Fu all’ora che aveva chiamato la questura. Il ragazzo era agitato a tal punto che si dovette chiamare un medico che gli somministrò un potente calmante. Il ragazzo si stese sul suo letto in camera sua e a sera sua madre, quando lo andò a svegliare per la cena, si accorse che era morto.
“Come vedi non siete i soli a dovervi confrontare con enigmi e misteri ” mi disse il Guzzanti, uno degli ispettori che lavoravano al caso arrivato in quel momento, con l’aria vagamente soddisfatta. Belle soddisfazioni pensai io. “Te li cederei volentieri i miei misteri così li potresti aggiungere ai tuoi e farci una bella collezione.” E me ne andai, non avevo certo voglia di stare a discorrere col Guzzanti, avevo da tornare alle mie indagini Quella sera tentammo una delle tante trappole al mostro e come le altre volte andò buca. Avevamo passato l’ennesima notte in bianco per nulla. Passai in questura per scrivere il rapporto e mi avviai a casa a piedi che stava albeggiando. Le strade erano deserte, c’era solo una ragazza che camminava alcuni passi avanti a me e mi sembrava proprio la ricercata. Mi dissi che era frutto della mia fantasia. Avevo letto di lei il giorno prima e avevo passato una nottata abbastanza impegnativa, poteva essere che vedessi una cosa per un’altra. Non volevo comunque commettere le leggerezze che erano state fatte in quell’indagine come non controllare il nome della ragazza la volta che si è presentata in questura. Lo so che non c’era ancora un’indagine ma visto che non aveva con se i documenti un minimo riscontro sarebbe stato opportuno cercarlo come sarebbe stato opportuno lasciare un paio di agenti in borghese sotto casa del Tosi e forse si sarebbe potuta evitare la terza morte, e poi Delle Fate non esiste come cognome. Questo era quello che pensavo mentre camminavo dietro la ragazza. Decisi di attraversare la strada e aumentare il passo fino a esserle parallelo in maniera tale che potessi vederla bene in faccia senza spaventarla. Feci così e mi accorsi al di la di ogni ragionevole dubbio che si trattava di Elena Delle Fate. Mentre attraversavo per fermarla la chiamai, lei si girò verso di me e aspettò che la raggiungessi. Pensai che evidentemente non poteva immaginarsi chi ero. Estrassi il distintivo e la invitai a seguirmi in questura, lei sorrise e mi disse candida:
“ Per quale motivo ?”
“ Dovrà dare delle spiegazioni riguardo alla morte di tre ragazzi. ”
“ Non ti seguirò da nessuna parte ma se ti accontenti delle spiegazioni te le darò. Gli ho rubato il respiro, è il mio cibo, io sono fatta di quello, ma vedi, ora sono sazia e devo andare. ”
“ Signorina, non mi obblighi a metterle le manette, mi segua spontaneamente. ”
“ Ascolta, la legge degli uomini non mi interessa come non mi interessano le tue minacce. Tu mi vedi come una di voi e il mio aspetto effettivamente è questo, ma quello di cui son fatta è ben diverso. Tenterò di spiegarti e sta attento uomo, perché ho pochi minuti da dedicarti. Io sono fatta di quello che voi riuscite a intrappolare dentro di voi per un certo tempo, quello che alcuni di voi chiamano il soffio vitale. Lo esaurite rapidamente e morite. Io invece non solo ci vivo, è quel che sono. Non puoi applicare a me la legge degli uomini perché io non sono una di voi e poi gli uomini sono le prede naturali di noi altre, arresteresti un leone perché uccide una gazzella ?”
“ Ti porterò in questura, che tu lo voglia o no, ma visto che hai così voglia di parlare perché non mi dici come li hai uccisi quei tre disgraziati.”
“ Il primo, Giorgio, mi ha portato in una gita fuori porta con i suoi amici e una volta là ha voluto che ci appartassimo, mi ha portato sotto un albero di pesco in fiore e mi ha baciato con passione.. mi ha lasciato il cuore sulle labbra. Il secondo, Emanuele, era giù per la morte del suo amico così lo aspettai fuori dalla scuola e alla fine delle lezioni quando tutti furono usciti noi rientrammo attraverso una finestra. Mi portò nella sua aula, mi fece vedere il suo banco accanto a quello di Giorgio che era rimasto vuoto. Mi abbracciò, ebbe anche lui un bacio consolatore. Del resto alcuni di voi chiamano la morte La Grande Consolatrice ”, e rise di una risata sincera che mal si accompagnava a ciò che stava dicendo.
“ E il terzo, Tosi, come hai fatto ad arrivare a lui ?”
“ Per me questo non è stato un problema. Ormai il ‘branco’ era in agitazione e così dovetti isolare la mia ultima preda. Quando fui sotto casa sua non ebbi bisogno di andare a prenderlo nella mia interezza, e avrei potuto. Ci andò solo una parte di me, una bella farfalla colorata che lo sorprese sul letto addormentato, gli si posò sulle labbra e gli rubò il respiro ”
“ E tu chi saresti, una specie di alieno cattivo? ” Rise a crepa pelle, sembrava la divertisse molto parlare con me.
“ No, io appartengo a questo mondo, o meglio, in questo mondo mi conoscete bene. Sono una Fata, semplicemente.”
“ Una fata !? Ed è per questo che ti sei data quello stupido nome ? E poi le fate non dovrebbero essere buone ?” Ero convinto di avere d’avanti a me una schizofrenica e volevo farla parlare per capire come aveva ucciso quei poveri ragazzi. Temevo che una volta in questura si sarebbe resa conto e non avrebbe più parlato.
“ Ascolta, quello é il mio nome e il fatto che non risulta alla vostra anagrafe non vuol dire che sia falso, e comunque io non sono cattiva. A quei ragazzi ho portato via il respiro perché di quello vivo. non uccido ne per gioco ne per crudeltà, quello lo fanno le streghe.”
“ Sì, va bene, ma perché hai ucciso proprio quei tre? E perché tutti ragazzi ?
“ Perché erano i bocconi più prelibati; tre ragazzi pieni di vita come tre bon bon stracolmi di crema. Io ho succhiato la crema e ho lasciato la pasta vuota ma intatta. Per quanto riguarda le ragazze hanno lo stesso soffio dei ragazzi inizialmente ma una volta che arrivano alla pubertà quello che hanno dentro per noi diventa veleno ! Non ci piacciono e noi non piacciamo a loro ”
“ Va bene, ma tutte quelle storie di fatine buone.. Voi uccidete la gente ?”
“ Raramente. Abbiamo fame molto di rado e in genere non ve ne accorgete, questa è la prima volta che mangiamo da che avete preso a fare le autopsie. Il più delle volte qualcuno di voi ha avuto occasione di intravederci nel nostro mondo e la cosa gli è apparsa sublime, non era così raro in passato che accadesse ma ormai il ‘vostro’ mondo è troppo rumoroso e a meno che non ci affacciamo noi difficilmente ci si può incontrare. ”
“ Il vostro mondo ? Esiste un vostro mondo ? E avreste lasciato vivi quelli che lo hanno visto ?”
“ Quante domande ! Non esiste un nostro mondo, esistono i mondi paralleli e noi stiamo in uno di essi. Sono come stratificati l’uno sull’altro e per noi è abbastanza facile scendere poi tornare in dietro, per voi è pressoché impossibile. È come un palazzo senza scale, noi possiamo buttare una corda e calarci giù dal piano più alto per poi risalirvi, ma voi siete al piano terra e ci rimanete. Per quanto riguarda il lasciare vivi gli uomini che hanno potuto intravedere il posto dove stiamo ci sono fate che ce li hanno anche portati gli uomini nel nostro mondo. Gli hanno permesso di stare con loro per alcuni cicli, l’equivalente di qualche anno. Il nostro interesse per voi come prede è raro. Spesso vi abbiamo anche difeso dalle streghe, non abbiamo nessuna colpa se siamo l’anello dopo il vostro nella catena alimentare, vedrai che mi devo sentire in colpa !”
“ Ora basta ! Venga con me ” Mi avvicinai per trattenerla per un braccio ma quando le afferrai il braccio esplose in mille farfalle. Feci un passo indietro e le farfalle si spostarono come mosse dal vento a due metri da me, poi in un moto ondulatorio mi circondarono come per osservarmi da ogni angolazione e un istante dopo volarono veloci verso i monti allargandosi all’orizzonte. Questo è quello che accadde quell’aprile del settantatre e ormai sono abbastanza vecchio da raccontarlo.


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07/03/2009 21:46
 
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Aspetto il film, oppure me la dici a voce
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09/03/2009 08:44
 
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Re:
Mr Weiss, 06/03/2009 23.18:

Già che ci sono posto una storia che avevo mandata a Zac per farne un fumetto, ma quel ragazzo non mi produce..

Fate
Ora che sono vecchio voglio scrivere una storia che mi capitò tanto tempo fa quando ancora prestavo servizio nella polizia di stato.

Ormai sono in pensione da tanti anni e tante sono le cose che mi sono successe in servizio che meriterebbero di essere raccontate ma una in particolare non l’ho mai raccontata ad anima viva e credo che ora sia giunto il momento di farlo.

Era il 1983, allora ero ancora ispettore, quando poi andai in pensione nel novantadue ci andai con il grado di commissario e all’epoca si poteva parlare a giusta causa di gradi visto che eravamo ancora un corpo militare.

All’epoca lavoravamo agli omicidi del mostro di Firenze, facevo parte della famosa squadra antimostro. Le nefandezze del mostro di Firenze continuavano impuniti e noi, che ci dovevamo muovere tra la pressione pubblica e quella politica, annaspavamo nel buio.

Non è facile catturare un pazzo in un mondo affollato di pazzi. Alla luce di quanto è uscito fuori nel corso degli anni non era neanche uno ma almeno tre con tanto di mandanti, in pratica un po’ dei pazzi che sono in giro per il mondo avevano fatto gruppo e disgraziatamente erano pazzi assassini, ma non è di questo che voglio scrivere perché comunque usci dall’indagine nel settantacinque per occuparmi di altro e c’è sicuramente gente più documentata di me che può parlare di quei fatti, la cosa che vado a scrivere successe parallela a quella situazione, ma non aveva nessun collegamento con essa.

Noi della S.A.M. lavoravamo dodici ore al giorno con un impegno totale, eravamo stressati e questo non aiutava le indagini. Per rilassarci alle volte andavamo in archivio e prendevamo delle cartelle a caso, le aprivamo, ci leggevamo i fogli inerenti l’indagine contenuta in esse e se c’erano le foto era anche meglio. Ci piacevano le indagini riguardanti i furti, se erano stati commessi in maniera estrosa ci facevano perfino ridere. Non eravamo impazziti ma a lavorare sempre sui quegli atroci omicidi gli altri reati, specialmente quelli dove non si faceva male nessuno, ci sembravano divertenti. Ovviamente evitavamo accuratamente le cartelle contenenti indagini di omicidi o violenze di qualsiasi genere, ne avevamo d’avanzo delle nostre!


Un giorno, era il 20 aprile, facemmo una delle nostre incursioni in archivio, io aprii un fascicolo a caso e mi ritrovai d’avanti la foto di un ragazzo morto eppure la cartella non era nello scafale degli omicidi. La foto tra l’altro era inquietante, il ragazzo era disteso in un prato e pareva dormisse, tradiva l’idilliaca immagine il fatto che era completamente ricoperto di brina. Ero abituato a ben altre atrocità ma quella foto mi metteva a disagio. Decisi di rubare qualche altro minuto al mostro e lessi il fascicolo. Il ragazzo era stato trovato morto in un prato appena fuori Firenze, non aveva segni sul corpo e dall’autopsia che ne seguì per stabilire la causa del decesso non era stata trovata una spiegazione. Sembrava quasi che semplicemente avesse smesso di vivere.

Il ragazzo si chiamava Giorgio Tiraboschi, aveva vent’anni, frequentava il liceo scientifico e il giorno della sua morte, il sette aprile, era andato con i suoi amici a fare una scampagnata. Erano trentadue ragazzi in tutto tanto che gli interrogatori furono fatti a scaglioni, in tre gironi.

Ovviamente trattandosi di quel che sembrava una morte naturale non c’erano indiziati, si tentava solo di ricostruire l’accaduto.


Pare che il Tiraboschi l’ultima volta che è stato visto vivo dagli amici si allontanava con una ragazza, anch’essa presentatasi in questura per l’interrogatorio, nel tardo pomeriggio. All’imbrunire la ragazza era con gli altri ma Tiraboschi no . La ragazza disse agli altri e ripetè in questura che era stata a parlare con il Tiraboschi fino a poco prima, dopo di che lui si era allontanato per urinare e lei aveva fatto ritorno nel gruppo.

Quando la ragazza si presentò in questura non aveva con se i documenti, dichiarò di chiamarsi Elena delle Fate, nome risultato poi falso.

Quando fu trovato il secondo ragazzo il dodici aprile, Emanuele Solo, su un banco di scuola del suo istituto nelle stesse condizioni del Tiraboschi e anche in quel caso la sedicente Delle Fate era l’ultima persona vista con lui da vivo venne aperta un’indagine non per omicidio, non c’erano gli estremi, ma per morti sospette.

Questa volta quella che ormai era quasi un’indiziata non si presentò.

Il nome risultò essere falso e sebbene anche la seconda autopsia non indicò una causa perchè anche in questo caso il corpo era sanissimo ma inesorabilmente morto e quindi non c’erano gli estremi per un’imputazione di omicidio, la Delle Fate era comunque ricercata.

Gli amici dei due dissero che la Delle Fate l’avevano conosciuta qualche giorno prima e la ragazza sembrava avere un interesse per il Tiraboschi, dopo la sua morte la ragazza si era avvicinata al Solo che era il migliore amico del Tiraboschi, per dargli conforto in un momento così difficile. I colleghi chiesero ai ragazzi come rintracciarla ma non seppero rispondere, si davano appuntamento di volta in volta. Non avevano un recapito telefonico e tanto meno sapevano dove abitava. Sapevano solo dire che l’avevano conosciuta in discoteca ,“La Falena Blu”, a inizio mese e che da allora l’avevano frequentata. Concordavano tutti sul fatto che fosse molto bella, ragazzi e ragazze, anche se pare che alle ragazze non fosse molto simpatica. Il massimo che i colleghi riuscirono a ottenere fu un’identikit anch’esso contenuto nel fascicolo, la ragazza appariva veramente molto bella.

Ia seconda morte era datata 11 aprile, l’indagine venne aperta il giorno dopo ma non impedì che vi fosse una terza morte, esattamente il 18, due giorni prima che mi capitasse in mano quel fascicolo. I ragazzi della compagni avrebbero dovuto chiamare il commissario Manfredi, l’ufficiale che si occupava del caso, appena avessero visto la ragazza e così fece uno di loro, tale Gian Luca Tosi. Chiamò la questura dicendo che la ragazza lo aveva seguito fin sotto casa e la poteva vedere dalla finestra ancora la sotto. Una volante si precipitò là con il commissario ma la ragazza se ne era andata.

Salirono in casa del ragazzo che era con sua madre per sapere come era andata. Il Tosi aveva stava rientrando a casa quando si era accorto che la Delle Fate lo seguiva a una certa distanza, si era spaventato e aveva allungato il passo ma se la ritrovava sempre dietro, a una distanza di circa quindici metri. Arrivato a casa credeva di averla seminata ma affacciatosi alla finestra si accorse che lei era là sotto. Fu all’ora che aveva chiamato la questura. Il ragazzo era agitato a tal punto che si dovette chiamare un medico che gli somministrò un potente calmante. Il ragazzo si stese sul suo letto in camera sua e a sera sua madre, quando lo andò a svegliare per la cena, si accorse che era morto.

“Come vedi non siete i soli a dovervi confrontare con enigmi e misteri ” mi disse il Guzzanti, uno degli ispettori che lavoravano al caso arrivato in quel momento, con l’aria vagamente soddisfatta. Belle soddisfazioni pensai io. “Te li cederei volentieri i miei misteri così li potresti aggiungere ai tuoi e farci una bella collezione.” E me ne andai, non avevo certo voglia di stare a discorrere col Guzzanti, avevo da tornare alle mie indagini


Quella sera tentammo una delle tante trappole al mostro e come le altre volte andò buca. Avevamo passato l’ennesima notte in bianco per nulla. Passai in questura per scrivere il rapporto e mi avviai a casa a piedi che stava albeggiando. Le strade erano deserte, c’era solo una ragazza che camminava alcuni passi avanti a me e mi sembrava proprio la ricercata.

Mi dissi che era frutto della mia fantasia.

Avevo letto di lei il giorno prima e avevo passato una nottata abbastanza impegnativa, poteva essere che vedessi una cosa per un’altra. Non volevo comunque commettere le leggerezze che erano state fatte in quell’indagine come non controllare il nome della ragazza la volta che si è presentata in questura. Lo so che non c’era ancora un’indagine ma visto che non aveva con se i documenti un minimo riscontro sarebbe stato opportuno cercarlo come sarebbe stato opportuno lasciare un paio di agenti in borghese sotto casa del Tosi e forse si sarebbe potuta evitare la terza morte, e poi Delle Fate non esiste come cognome.

Questo era quello che pensavo mentre camminavo dietro la ragazza. Decisi di attraversare la strada e aumentare il passo fino a esserle parallelo in maniera tale che potessi vederla bene in faccia senza spaventarla. Feci così e mi accorsi al di la di ogni ragionevole dubbio che si trattava di Elena Delle Fate. Mentre attraversavo per fermarla la chiamai, lei si girò verso di me e aspettò che la raggiungessi. Pensai che evidentemente non poteva immaginarsi chi ero. Estrassi il distintivo e la invitai a seguirmi in questura, lei sorrise e mi disse candida:

“ Per quale motivo ?”

“ Dovrà dare delle spiegazioni riguardo alla morte di tre ragazzi. ”

“ Non ti seguirò da nessuna parte ma se ti accontenti delle spiegazioni te le darò. Gli ho rubato il respiro, è il mio cibo, io sono fatta di quello, ma vedi, ora sono sazia e devo andare. ”

“ Signorina, non mi obblighi a metterle le manette, mi segua spontaneamente. ”

“ Ascolta, la legge degli uomini non mi interessa come non mi interessano le tue minacce. Tu mi vedi come una di voi e il mio aspetto effettivamente è questo, ma quello di cui son fatta è ben diverso. Tenterò di spiegarti e sta attento uomo, perché ho pochi minuti da dedicarti. Io sono fatta di quello che voi riuscite a intrappolare dentro di voi per un certo tempo, quello che alcuni di voi chiamano il soffio vitale. Lo esaurite rapidamente e morite. Io invece non solo ci vivo, è quel che sono. Non puoi applicare a me la legge degli uomini perché io non sono una di voi e poi gli uomini sono le prede naturali di noi altre, arresteresti un leone perché uccide una gazzella ?”

“ Ti porterò in questura, che tu lo voglia o no, ma visto che hai così voglia di parlare perché non mi dici come li hai uccisi quei tre disgraziati.”

“ Il primo, Giorgio, mi ha portato in una gita fuori porta con i suoi amici e una volta là ha voluto che ci appartassimo, mi ha portato sotto un albero di pesco in fiore e mi ha baciato con passione.. mi ha lasciato il cuore sulle labbra.
Il secondo, Emanuele, era giù per la morte del suo amico così lo aspettai fuori dalla scuola e alla fine delle lezioni quando tutti furono usciti noi rientrammo attraverso una finestra. Mi portò nella sua aula, mi fece vedere il suo banco accanto a quello di Giorgio che era rimasto vuoto. Mi abbracciò, ebbe anche lui un bacio consolatore. Del resto alcuni di voi chiamano la morte La Grande Consolatrice ”, e rise di una risata sincera che mal si accompagnava a ciò che stava dicendo.

“ E il terzo, Tosi, come hai fatto ad arrivare a lui ?”

“ Per me questo non è stato un problema. Ormai il ‘branco’ era in agitazione e così dovetti isolare la mia ultima preda. Quando fui sotto casa sua non ebbi bisogno di andare a prenderlo nella mia interezza, e avrei potuto. Ci andò solo una parte di me, una bella farfalla colorata che lo sorprese sul letto addormentato, gli si posò sulle labbra e gli rubò il respiro ”

“ E tu chi saresti, una specie di alieno cattivo? ”

Rise a crepa pelle, sembrava la divertisse molto parlare con me.

“ No, io appartengo a questo mondo, o meglio, in questo mondo mi conoscete bene. Sono una Fata, semplicemente.”

“ Una fata !? Ed è per questo che ti sei data quello stupido nome ? E poi le fate non dovrebbero essere buone ?”

Ero convinto di avere d’avanti a me una schizofrenica e volevo farla parlare per capire come aveva ucciso quei poveri ragazzi. Temevo che una volta in questura si sarebbe resa conto e non avrebbe più parlato.

“ Ascolta, quello é il mio nome e il fatto che non risulta alla vostra anagrafe non vuol dire che sia falso, e comunque io non sono cattiva. A quei ragazzi ho portato via il respiro perché di quello vivo. non uccido ne per gioco ne per crudeltà, quello lo fanno le streghe.”

“ Sì, va bene, ma perché hai ucciso proprio quei tre? E perché tutti ragazzi ?

“ Perché erano i bocconi più prelibati; tre ragazzi pieni di vita come tre bon bon stracolmi di crema. Io ho succhiato la crema e ho lasciato la pasta vuota ma intatta. Per quanto riguarda le ragazze hanno lo stesso soffio dei ragazzi inizialmente ma una volta che arrivano alla pubertà quello che hanno dentro per noi diventa veleno ! Non ci piacciono e noi non piacciamo a loro ”

“ Va bene, ma tutte quelle storie di fatine buone.. Voi uccidete la gente ?”

“ Raramente. Abbiamo fame molto di rado e in genere non ve ne accorgete, questa è la prima volta che mangiamo da che avete preso a fare le autopsie. Il più delle volte qualcuno di voi ha avuto occasione di intravederci nel nostro mondo e la cosa gli è apparsa sublime, non era così raro in passato che accadesse ma ormai il ‘vostro’ mondo è troppo rumoroso e a meno che non ci affacciamo noi difficilmente ci si può incontrare. ”

“ Il vostro mondo ? Esiste un vostro mondo ? E avreste lasciato vivi quelli che lo hanno visto ?”

“ Quante domande ! Non esiste un nostro mondo, esistono i mondi paralleli e noi stiamo in uno di essi. Sono come stratificati l’uno sull’altro e per noi è abbastanza facile scendere poi tornare in dietro, per voi è pressoché impossibile. È come un palazzo senza scale, noi possiamo buttare una corda e calarci giù dal piano più alto per poi risalirvi, ma voi siete al piano terra e ci rimanete. Per quanto riguarda il lasciare vivi gli uomini che hanno potuto intravedere il posto dove stiamo ci sono fate che ce li hanno anche portati gli uomini nel nostro mondo. Gli hanno permesso di stare con loro per alcuni cicli, l’equivalente di qualche anno. Il nostro interesse per voi come prede è raro. Spesso vi abbiamo anche difeso dalle streghe, non abbiamo nessuna colpa se siamo l’anello dopo il vostro nella catena alimentare, vedrai che mi devo sentire in colpa !”

“ Ora basta ! Venga con me ” Mi avvicinai per trattenerla per un braccio ma quando le afferrai il braccio esplose in mille farfalle. Feci un passo indietro e le farfalle si spostarono come mosse dal vento a due metri da me, poi in un moto ondulatorio mi circondarono come per osservarmi da ogni angolazione e un istante dopo volarono veloci verso i monti allargandosi all’orizzonte.

Questo è quello che accadde quell’aprile del settantatre e ormai sono abbastanza vecchio da raccontarlo.





Mi sono permessa di riorganizzare l'impaginazione del testo, per facilitarne la lettura. [SM=g1652058]

Bello il racconto, mi piace. [SM=g7341]

Ma se lo legge laLupa non gradirà che tu preferisca le fate alle streghe [SM=g7350] [SM=g7350]


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come trama è veramente bella, mi ha preso.
ma io punto molto sulla struttura: la punteggiatura e le interruzioni sono importanti.
e trovo che molte frasi siano molto rindondanti e che la storia poteva velarsi di un po' piu di mistero per gustarla piano piano.

però, mi piace davvero molto!
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Re:
@Mimmi the Maneater@, 09/03/2009 10.12:

come trama è veramente bella, mi ha preso.
ma io punto molto sulla struttura: la punteggiatura e le interruzioni sono importanti.
e trovo che molte frasi siano molto rindondanti e che la storia poteva velarsi di un po' piu di mistero per gustarla piano piano.

però, mi piace davvero molto!




Come storia a se andrebbe effettivamente rivista perchè la concepii come sceneggiatura di un fumetto.
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Re: Re:
merinze, 09/03/2009 8.44:



Mi sono permessa di riorganizzare l'impaginazione del testo, per facilitarne la lettura. [SM=g1652058]

Bello il racconto, mi piace. [SM=g7341]

Ma se lo legge laLupa non gradirà che tu preferisca le fate alle streghe [SM=g7350] [SM=g7350]






Meri, fa di questo racconto ciò che vuoi.

P.S. Se tutte le streghe fossero come la Lupa sarei perdutamente innamorato della categoria!
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