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Campionato di calcio Serie A stagione 2022/2023 di Award & Oscar FFZ

Ultimo Aggiornamento: 12/06/2023 14:35
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Lo Spezia scappa, l'Atalanta si salva coi gol della panchina.
Ma niente svolta...

I liguri vanno avanti di due gol nel primo tempo con Gyasi e Nzola,
poi Gasperini cambia e nella ripresa arrivano le reti di Hojlund e Pasalic (al 93')


Andrea Elefante


Un calcio alla crisi della quinta sconfitta nelle ultime sei partite: è quello che al 93’ dà Pasalic, con un tocco sporco, su un invito di Koopmeiners che coglie la difesa dello Spezia impreparata proprio mentre Gotti pregustava una vittoria che non sarebbe stata immeritata. Perché la sua squadra aveva legittimato una sostanziale superiorità, e un atteggiamento più concreto e reattivo dell’Atalanta, con due gol, più uno annullato per fuorigioco, e almeno altri due sfiorati. Sicuramente più incisiva della Dea, che ha strappato un punto più con i nervi, denunciando la giornata negativa di troppi giocatori, su tutti Palomino, sovrastato da Nzola (e quando è uscito l’angolano, la squadra si è come sgonfiata) e l’impalpabile Ederson. Alla fine l’hanno rimediata i due migliori: Hojlund, con il gol che ha ridato coraggio ai suoi, e Koopmeiners, l’autore dell’assist decisivo per Pasalic. Che si è confermato una maledizione per lo Spezia: sei gol in cinque partite contro la squadra ligure.

LE SCELTE — Gotti, avendo recuperato Reca, non rischia subito da titolare il neo acquisto Moutinho e sceglie Amian a Caldara. Per il resto tutto come previsto, con Gyasi e non Maldini al fianco dell’intoccabile Nzola. Gasperini risolve i dubbi offensivi scegliendo la coppia Zapata-Lookman; dietro, assieme a Toloi, ci sono Palomino e Scalvini, preferiti a Okoli e Djimsiti; sulle fasce Maehle e Ruggeri, con il triangolo di centrocampo formato da De Roon, Ederson e Koopmeiners.

PRIMO TEMPO — Bastano meno di 3’ per capire che lo Spezia, a cominciare dall’approccio, è molto più connesso dell’Atalanta: Bastoni si trova sui piedi una specie di rigore a Sportiello “scoperto” ma calcia malissimo la chance. Il campanello d’allarme non basta a svegliare un’Atalanta svagatissima e quando Nzola scappa per la prima volta - ce ne saranno diverse altre - a Palomino per mettere in mezzo, c’è Gyasi prontissimo a tagliare bruciando Toloi. La reazione invocata per i momenti difficili il giorno prima da Gasperini c’è, ma non abbastanza lucida e quello che poteva essere un momento chiave a favore, diventa un’arma a doppio taglio: al 12’ c’è uno scontro (con sospetto rigore) fra Zoet, in uscita disperata, e Zapata, il secondo portiere dello Spezia ha la peggio e deve uscire, entra il terzo portiere, il bosniaco Zovko, che però si dimostrerà all’altezza, mentre non molto dopo Gasperini perderà il colombiano, acciaccato dalla collisione. Il portiere ferma prima un colpo di testa di Zapata e poi, in uscita, il subentrato Hojlund che punta la porta, ma nel frattempo lo Spezia raddoppia con merito, quando l’onnipresente Bourabia vince un contrasto con il troppo molle Edreson e lancia nello spazio Nzola che si trova solo, e in posizione regolare, davanti a Sportiello. L’Atalanta gioca ma lo Spezia segna, perché sfrutta bene i tantissimi errori tecnici e di atteggiamento della Dea. Che prima dell’intervallo rischia anche il 3-0, quando Nzola scappa di nuovo a Palomino, che però lo recupera in extremis.

SECONDO TEMPO — Ci si aspetta una reazione immediata dei nerazzurri, ma in realtà il film è lo stesso del primo tempo: Spezia vicino al gol dopo 2’ (colpo di testa fuori di Bastoni) e ogni errore della squadra di Gasperini corrisponde a un pericolo creato dallo Spezia. Che segna il 3-0 su un imbambolamento di coppia Scalvini-Hojlund, sfruttato da un lampo di Ampadu, che però le immagini giudicano in fuorigioco. Forse è lì che lo Spezia perde un po’ di sicurezze, anche se è ancora Ampadu, con un destro a giro, a sfiorare il gol. Ma più che altro la squadra di Gotti entra in riserva di energie, quelle che non mancano a Hojlund per riaccendere la partita (spalle alla porta, si gira bene addosso a Kiwior e segna con un diagonale) e sfiorare con un altro radente di sinistro il 2-2. Lo trova Pasalic quando è appena iniziato il quarto dei cinque minuti di recupero: assist di Koopmeiners e tocco sotto misura del croato, con la difesa di casa non si sa se più distrutta o distratta.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Apre Djuric, poi ecco il super-gol di Miranchuk:
tra Toro e Verona è 1-1

I granata vanno sotto al 45', poi trovano il pari con il russo (64').
L'Hellas torna a fare punti dopo 10 sconfitte consecutive


Nicola Cecere


Al Toro non riesce la ripartenza lanciata per merito di un Verona fermamente deciso a porre fine alla caduta libera determinata dalle dieci sconfitte di seguito. Il pareggio rispecchia il sostanziale equilibrio in campo, però va detto che l’Hellas è andato vicino al raddoppio in due occasioni: sull’1-0 con Depaoli e poi sul’1-1 con Lazovic. E in entrambe le circostanze si è trattato di errori di mira commessi da ottima posizione. Anche i granata hanno costruito due palle gol dopo aver riacciuffato gli avversari: una cavalcata di Linetty rifinita male, e giusto all’ultimo minuto di recupero un guizzo aereo di Lukic concluso però a lato. Ma il principale rammarico di giornata riguarda la scelta iniziale di Juric che ha impiegato Vlasic da punta pura per oltre un’ora senza ricavarne i benefici immaginati, anzi giocando praticamente in dieci. Il primo tempo, è privo di emozioni fino al colpo di coda dell’Hellas. C’è un angolo calciato forte e teso da Lazovic, una parabola che favorisce il movimento ad anticipare Schuurs fatto abilmente da Djuric sul primo palo. La deviazione aerea dell’attaccante del Verona è centrale ma sorprende nettamente un indeciso Milinkovic. Il portiere trenta secondi dopo rischia di incassare il 2-0 in un contrasto con Kallon al limite dell’area.

VLASIC BLOCCATO — Né il Toro né il Verona fin lì erano riusciti a graffiare nei sedici metri. Juric ha proposto Vlasic punta centrale e non falso nove nel senso che il croato ha fatto proprio il centravanti al posto di Sanabria. La mossa non ha dato esiti poiché l’asfissiante e ruvida marcatura di Hien ha costretto Vlasic a giocare quasi sempre spalle alla porta, il che ha privato la squadra della sua inventiva. Il povero Nikola si è battuto con orgoglio ma quando può ricevere palla faccia alla porta diventa più pericoloso, naturalmente. I suoi assistenti laterali, Miranchuck e Radonjic non riuscendo ad alzare i ritmi venivano facilmente disinnescati e quindi il lavoro di rifornimento del centrocampo non produceva effetti benefici.

LA PARTITA SI ACCENDE — Il meglio del match arriva nella ripresa. Al quarto d’ora Kallon smarca De Paoli in mezzo all’area, ma la girata di testa a botta sicura è finita fuori. Dal mancato 2-0 all’1-1 passano quattro minuti. E’ un pezzo di bravura di Miranchuk che di sinistro da fuori area fulmina Montipò. Qui Juric immette Sanabria per Radonjic ma è il Verona a farsi subito pericoloso con un perfetto suggerimento di Doig per Lazovic appostato in beata solitudine sul secondo palo: l’inzuccata però termina fuori ed è un errore clamoroso oltre che rovinoso. Zaffaroni allora si gioca le carte Ilic e Verdi, per un finale a viso aperto, come classifica impone. Però è il Toro ad andare vicino al successo, che sarebbe stato una punizione crudele per un Verona apparso una squadra in fiducia, non certo allo sbando o rassegnata.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Il Lecce ribalta la Lazio ma Umtiti esce in lacrime:
buu razzisti contro di lui

Strefezza e Colombo rispondono a Immobile ma la partita
è turbata dagli odiosi ululati contro il difensore dei salentini


Stefano Cieri


Finisce con le lacrime di Umtiti e la gioia sfrenata di Lecce e del Lecce. Vittoria bella, costruita col cuore, col carattere, ma anche col gioco quella ottenuta dalla squadra di Baroni. Un successo di rimonta, e per questo ancora più entusiasmante, per giunta maturato dopo che nella prima mezz'ora in campo c’è solo la Lazio e sembra che non possa esserci partita. La partita invece deve ancora iniziare e il Lecce, dopo l’1-0 di Immobile, la fa sua con pieno merito, grazie alle reti di Strefezza e Colombo.

Finisce con le lacrime di Umtiti, si diceva. Migliore in campo, ma soprattutto capace di essere più forte anche dell’idiozia degli ultrà laziali che lo bersagliano con i soliti odiosi buu (in precedenza lo avevano fatto anche con Banda). Ululati che, a metà ripresa, inducono l’arbitro Marinelli a interrompere il gioco per evitare che la vergogna continui (cosa che per fortuna avviene). Bruttissima giornata anche per la Lazio squadra, non solo per i suoi tifosi. I biancocelesti giocano (anche molto bene) solo nella prima mezzora, poi si spengono all’improvviso e senza motivo. Non è un calo fisico, ma mentale: nel momento in cui la partita diventa una battaglia la formazione di Sarri si scioglie.

SBLOCCA CIRO — E pensare che la Lazio parte davvero forte. Messa in moto dalla sapiente regia di Cataldi, la formazione romana prende il comando delle operazioni e lo tiene fino alla mezzora senza concedere nulla alla squadra di casa. La squadra romana va vicina al gol già dopo sei minuti con un colpo di testa di Casale, sul quale Falcone deve superarsi per deviare in angolo. Poi è ancora il portiere dei giallorossi ad anticipare con una provvidenziale uscita Basic lanciato a rete. Ma al 14’ il gol arriva. E a marcarlo non può che essere Immobile. Il capitano sfrutta l’imbucata di Casale e fredda Falcone con un diagonale preciso più che potente. Per l’attaccante si rinnova così la tradizione di segnare alla prima partita del nuovo anno solare (lo ha sempre fatto da quando è alla Lazio). Nonostante il vantaggio la Lazio continua a macinare gioco e va vicina al raddoppio con lo stesso Immobile che non riesce a inquadrare la porta su una magistrale imbeccata di Milinkovic. Ma l’occasione più ghiotta capita sui piedi di Basic alla fine di un’azione di contropiede condotta da Lazzari. Il tiro del croato, da posizione favorevole, finisce alto. Nell’ultimo quarto d’ora del primo tempo la Lazio rallenta e si vede finalmente anche il Lecce, fin lì incapace di arginare il dominio laziale. I padroni di casa si fanno vivi con un tiro di Gendrey che finisce di poco fuori e poi reclamano un rigore per un contatto nell’area laziale tra lo stesso Gendrey e Cataldi. L’arbitro Marinelli lascia proseguire e sembra la decisione più corretta.


IL RIBALTONE — Le avvisaglie di un cambio di scenario che già si erano intraviste nell’ultimo quarto d’ora della prima frazione diventano pienamente realtà nella ripresa. Grazie anche al cambio giusto al momento giusto. Baroni lascia infatti negli spogliatoi l’evanescente Banda per mettere dentro un Di Francesco che, pur non segnando, diventerà il mattatore della partita. Il suo movimento sulla sinistra manda infatti in crisi Lazzari e più in generale l’intera retroguardia degli ospiti. E’ proprio Di Francesco con un tiro che Provedel respinge a fatica a dare il senso del cambiamento dopo soli due minuti dall’inizio della ripresa. L’1-1 arriva al 12’. Il lancio di Hjulmad libera Di Francesco in area. Il suo tiro è forte e preciso, Provedel ci arriva ma può solo respingere, la palla finisce sui piedi di Strefezza che deve solo depositare in rete. La squadra di casa, spinta anche da un pubblico straordinario, continua a premere. Lotta su tutti palloni, impedisce alla Lazio di uscire dalla sua metà campo e si mette nelle condizioni di effettuare il sorpasso. Che arriva al 26’. L’azione è simile a quella dell’1-1. Lancio di Hjulmand per Di Francesco che colpisce al volo trovando sul secondo palo Colombo che spinge in rete per il 2-1. Sarri prova a rianimare la squadra inserendo Felipe Anderson e Vecino e successivamente Cancellieri, Marcos Antonio e Romero. Ma l’inerzia della gara non cambia. A parte un assolo di Felipe Anderson (che viene però fermato al momento del tiro) la Lazio non produce. Il Lecce invece continua ad essere minaccioso nell’area laziale.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Roma cinica alla Mou: basta un rigore al 6',
poi il Bologna non buca il muro

Il penalty procurato da Dybala e trasformato da Pellegrini regala i tre punti.
Nel recupero Abraham salva sulla linea


Andrea Pugliese


La Roma riparte vincendo, grazie a un rigore iniziale di Pellegrini e al salvataggio al 96’ di testa di Abraham su colpo di testa di Ferguson. In mezzo una partita brutta, senza grandi sussulti, dove per i giallorossi c’è ovviamente da salvare una vittoria preziosissima in chiave Champions, ma poco altro. Per il Bologna invece tanto possesso palla (62% finale) ma poca concretezza in fase di finalizzazione.

SUBITO PAULO — Si inizia nel ricordo di Mihajlovic, ex di entrambe le squadre. Poi Mourinho rivoluziona la Roma, lasciando in panchina il deludente Abraham (a fare la prima punta ci va Zaniolo), lanciando dal via Tahirovic in mezzo al fianco di Cristante e spedendo in tribuna il reietto Karsdorp. La partita si mette subito in discesa per i giallorossi grazie al maldestro intervento di Lucumì su Dybala, che causa il rigore poi trasformato da Pellegrini al 6’ di gioco. Sembra l’inizio di una gara scintillante e invece le aspettative restano deluse. I ritmi sono bassi, la Roma si contrae su se stessa e lascia il pallino del gioco al Bologna, per provare a sfruttare le ripartenze. Il problema è che manca di gamba, Celik è fallosissimo e davanti la fantasia non è supportata dalle idee. Dall’altra parte, invece, il Bologna ha un possesso palla superiore (54% alla fine del primo tempo), ma non trova mai il modo di rendersi pericoloso. Qualche giocata di Orsolini, i duelli di Arnautovic con Smalling e poco altro. Così i pochi spunti sono di marca giallorossa: una deviazione di Zaniolo su tiro di Mancini da fuori, una percussione di Cristante e una giocata di Dybala in aria. Ma niente di trascendentale, tutte azioni velleitarie. Si va al riposo così, con l’impressione che la Roma voglia controllare il vantaggio e il Bologna sia incapace di darle fastidio.

NIENTE DI FATTO — A inizio ripresa la Roma ha subito la palla del 2-0 con Zaniolo, che non sfrutta una scellerataggine in aria di Soumaoro. E’ poi Orsolini a non sfruttare un’uscita a vuoto di Ibanez, con Dominguez da solo che poteva pareggiare a porta vuota. Insomma, si inizia forte, ma più per gli errori delle difese che non per merito degli attacchi. I limiti tecnici in impostazione della coppia difensiva del Bologna (Soumaoro-Lucumì) sono evidenti, ma la Roma invece di andare a pressare alta temporeggia. Pellegrini inventa un paio di palle delle sue, il Bologna sfiora il pari in mischia, Zaniolo dopo 15’ minuti chiede il cambio per problemi fisici (dentro Abraham) e poi parte la girandola dei cambi (si arrende anche Dybala). La Roma allora per difendere il vantaggio si piazza 3-5-1-1, per provare a compattarsi. E porta a casa l’obiettivo, perché il Bologna non riesce mai a rendersi davvero pericoloso (Dominguez sbaglia di tutto) e perché Smalling respinge tutto quello che c’è da respingere. Anche se a salvare la Roma al 96’ è Abraham, che respinge sulla linea di testa il potenziale pari di Ferguson.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Una punizione di Milik affossa la Cremonese, ma che fatica la Juve!

La squadra di Allegri passa a tempo scaduto,
i grigiorossi colpiscono due pali con Dessers e Afena-Gyan.
In campo Chiesa dal 55'


Livia Taglioli


“Luca Vialli segna per noi”: è uno striscione della Sud dedicato all’attaccante cremonese che ha trovato gloria nella Juve ad aprire la sfida dello Zini. Nessuno riesce ad emulare la splendida rovesciata con cui, in maglia bianconera, perforò la squadra della sua città nel campionato ’94-’95. La partita è decisa a tempo scaduto da Milik, che firma la vittoria della Juve (0-1) con un gran sinistro su punizione. In precedenza la Cremonese aveva colpito due pali, con Dessers e con Afena Gyan.

SETTIMA VITTORIA DI FILA — La Juve riparte da dove aveva lasciato – con la settima vittoria nonché il settimo clean sheet di fila - anche sul fronte infortuni: sono ben sei, l’ultimo in ordine di tempo quello di Di Maria, vittima di una contusione alla caviglia destra nella prima seduta bianconera post mondiale. Gli altri sono il solito Pogba, De Sciglio, Cuadrado, Bonucci e Vlahovic, alla quinta gara di fila saltata in campionato. Allegri scegli Soulé per la fascia destra, con l’ex Fagioli preferito a Rabiot nel ruolo di interno sinistro, con Miretti a far da raccordo fra la squadra e Milik. L’altro Massimiliano, Alvini, risponde schierando dal 1’ il neo arrivato Ferrari, con Valeri e Sernicola instancabili stantuffi sulle fasce e la coppia Dessers-Okereke in avanti.

DUE GOL ANNULLATI ALLA CREMONESE — Nel primo tempo è la Cremonese a farla da protagonista, con Bremer e Szczesny che stoppano Okereke in zona gol nei primi minuti. Poi Valeri di testa supera il portiere polacco, ma in millimetrico fuorigioco e la rete non viene convalidata. E’ una Cremonese concentrata e pronta a pungere: il suo pressing alto schiaccia la Juve, che fatica a ripartire, mentre la squadra di Alvini è prontissima nell’innescare i suoi attaccanti, con scambi nello stretto in avanti o veloci verticalizzazioni quando parte dalla sua trequarti. Il primo segnale di vita bianconero in avanti arriva dopo 19 minuti, con un sinistro velenoso di Soulé che non sorprende Carnesecchi, abile a deviare in angolo in tuffo. Dopo due minuti è però ancora la Cremonese a trovare la via del gol, stavolta con Dessers, ma Ayroldi non convalida stavolta per un presunto fallo dell’attaccante su Danilo. La Cremonese continua a macinare gioco offensivo, la Juve resta più coperta e ci prova un paio di volte dalla distanza, con Miretti e Kostic che però non inquadrano lo specchio.

CHIESA E KEAN PER ALZARE I GIRI, MA A DECIDERE È MILIK — La ripresa si apre su ritmi più blandi: la Cremonese ha allentato pressing e furore agonistico, la Juve non schiaccia sull’acceleratore. Al 55’ fanno il loro ingresso in campo Chiesa e Kean, per Soulé e Fagioli: chiaro l’intento di Allegri di alzare i giri. Un sinistro di Gatti fa correre un brivido nelle schiene grigiorosse, poi Hendry e Buonaiuto rilevano l’ammonito Ferrari ed Okereke. Kostic e Dessers sbagliano mira, Chiesa centra l’esterno della rete, ma l’occasione migliore della partita fin qui è il palo colpito da Dessers al minuto 69, subito dopo l’ingresso di Rabiot e Paredes. Il francese si fa ammonire a tempo di record, poi tocca a Bremer e pure a Meité, che sarà squalificato. Entrano Milanese e Afena-Gyan, Carnesecchi e Szczesny si guadagnano un posto in paradiso: il primo con un doppio intervento ravvicinato su Rabiot e Kean, l’altro su una conclusione di Valeri, lanciato in contropiede. Un palo colpito da Afena-Gyan da posizione angolata esaurisce le munizioni grigiorosse, la Juve, che complessivamente ha costruito meno della Cremonese, ne ha ancora una, ma letale. La spara Milik, che con un sinistro su punizione al 91’ punisce ben oltre i suoi demeriti la Cremonese.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Carlos Augusto oro di Monza:
alla Fiorentina non basta Cabral: 1-1

Il quarto gol dell'esterno brasiliano vale un punto per i brianzoli
che sfiorano anche il successo soprattutto con Petagna


Giovanni Sardelli


Pari brasiliano al Franchi con Cabral e Carlos Augusto che decidono un match equilibrato e piuttosto divertente. A Terracciano e Di Gregorio il merito di aver tenuto con un paio di interventi davvero prodigiosi. Viste le ambizioni, pari che soddisfa davvero poco la Fiorentina, sempre piantata a metà classifica con la zona Europa ancora molto lontana. Italiano rivoluziona la squadra tenendo in panchina Milenkovic, Amrabat, Bonaentura, Jovic e Kouame. Davanti Cabral, in mezzo il giovane Bianco. Palladino punta su Mota centravanti con Colpani e Caprari a supporto.

GOLAZO — La Fiorentina parte forte, pressando alto e recuperando una valanga di palloni. La prima vera occasione arriva però su piazzato con Biraghi che colpisce il palo direttamente su angolo. Per il Monza è Colpani ad alleggerire la pressione (rasoterra fuori), ma al 19’ i viola passano. Quarta lancia lungo in verticale, Cabral si mangia in velocità Caldirola e lascia partire un destro fortissimo sotto la traversa che non lascia scampo a Di Gregorio. Gol pazzesco sotto la Fiesole, terzo di questo campionato per il brasiliano. La gara resta divertente con il Monza che ci prova di più e sfiora il pari con Colpani, servito da una grande giocata di Mota.

ANCORA CARLOS — All’intervallo Palladino cambia: fuori Caprari e Colpani, dentro Petagna e Birindelli con Ciurria che avanza di qualche metro. Mosse azzeccate e proprio Petagna dopo undici minuti calcia forte a girare non trovando l’angolo alla destra di Terracciano. La Fiorentina perde campo, il Monza ci crede ed attacca. Italiano capisce di dover intervenire ma non fa in tempo perchè Ciurria al 61’ crossa in mezzo, Bianco non segue Carlos Augusto ed il brasiliano trova il pari, quarto gol del suo campionato. Entrano Amrabat e Kouame per Bianco e Saponara e subito Cabral ha la palla del vantaggio calciando però debolmente. Dentro anche Marì, dopo il fatto di cronaca che lo aveva purtroppo visto protagonista.

FORCING VIOLA — Ad un quarto d’ora dal termine clamorosa doppia occasione Monza. Amrabat perde il pallone, l’azione porta Mota a calciare da ottima posizione con Terracciano prodigioso a respingere e Petagna sprecone a calciare incredibilmente alto sul prosieguo. Il Monza si ferma lì ed il finale è di marca gigliata. La Fiorentina ci prova con Barak, buono il primo dribbling fuori il tiro, e Quarta. Fantastico Di Gregorio a rispondere. Italiano le prova tutte inserendo anche Jovic e Castrovilli al rientro dopo oltre otto mesi. Qualche spunto ed alcune mischie in area non cambiano la situazione e l’1-1 spiega piuttosto bene la partita.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Dzeko, capocciata al Napoli.
L'Inter riapre la corsa scudetto

Ai nerazzurri basta un gol del bosniaco al 55' per imporre
il primo stop stagionale alla squadra di Spalletti,
ora a +5 sul Milan, con Inzaghi che risale a -8


Andrea Ramazzotti


L'Inter riapre il campionato infliggendo la prima sconfitta in A al Napoli. I nerazzurri ora sono a -8 dalla vetta, ma ringraziano anche il Milan, a -5, e la Juventus, a -7. Decide una rete di Dzeko, al decimo centro stagionale, il settimo in campionato. Il bosniaco con le sue prestazioni si sta meritando il rinnovo che arriverà a fine mercato. Difficile per il presidente Zhang, molto soddisfatto in tribuna, immaginare un partenza migliore nel 2023, mentre per Spalletti tornano a materializzarsi i fantasmi di gennaio, mese non sempre ricco di soddisfazioni per le sue formazioni.

PIÙ INTER — Inzaghi sfida la capolista con l'ex romanista, e non il campione del mondo Lautaro, al fianco di Lukaku, ma soprattutto con Darmian al posto di Dumfries sulla corsia destra. Quest'ultima è chiaramente una mossa anti Kvara, un modo per provare a disinnescare il georgiano non lasciando Skriniar in balia dei suoi uno contro uno. Spalletti recupera Meret, sceglie Rrahmani al fianco di Kim e punta su Politano per completare il reparto offensivo. L'inizio degli azzurri è assai coraggioso, con il 4-2-3-1 e Zielinski più trequartista che mezzala, ma l'Inter "buca" il pressing avversario con il palleggio e le verticalizzazioni improvvise. Lukaku su lancio di Acerbi si presenta davanti a Meret, salvato da una bella chiusura di Kim, mentre Dimarco, su cross del belga, non inquadra lo specchio da posizione defilata. Il Napoli fa la partita e al 45' aveva il 65% di possesso, ma le occasioni nella prima frazione sono quasi tutte dei padroni di casa: la più clamorosa capita sui piedi di Darmian che calcia alto da ottima posizione vanificando una bella combinazione tra Big Rom e Dzeko. Kvaratskhelia ci prova spesso senza però sfondare perché fermato, anche con le "cattive", da Skriniar o Barella; Osimhen è stato arginato da Acerbi. Più complicato per Spalletti stoppare Lukaku che, su tacco di Barella, calcia alto di poco. Prima dell'intervallo l'ultima chance, che poi è la prima per i partenopei, capita sui piedi di Anguissa che, sotto misura, non trova il tocco giusto sul traversone di Di Lorenzo. Difficile per il tecnico di Certaldo essere soddisfatto, mentre Inzaghi rientra negli spogliatoi più rammaricato per il risultato che soddisfatto per la prestazione (comunque discreta).

DZEKO SFONDA — La ripresa inizia con le stesse formazioni e con la Curva Nord che riserva il primo coro dal suo ritorno in Italia a Romelu Lukaku. Pace fatta con il centravanti, di nuovo titolare a 131 giorni dall'ultima volta, il 26 agosto all'Olimpico contro la Lazio. L'Inter crea subito un paio di pericoli, ma il Napoli risponde con Osimhen, stoppato da Calhanoglu e Onana. La gara diventa ancora più emozionante, soprattutto dopo che i nerazzurri passano in vantaggio con un colpo di testa di Dzeko, "armato" da uno splendido cross di Dimarco (abbracciato da tutti i componenti della panchina) e perso da Rrahmani. La reazione degli azzurri c'è e dopo uno slalom dei suoi, Kvara calcia sull'esterno della rete. Fiutato il pericolo, Inzaghi sostituisce Big Rom con Lautaro e Dimarco con Gosens: chiaro l'intento di arginare con forze fresche la mareggiata in arrivo; Spalletti risponde giocandosi la carta Raspadori per Zielinski e togliendo pure l'opaco Politano per far posto a Lozano. Prima della sostituzione con Dumfries, Darmian va vicino al raddoppio, mentre Dzeko, alle prese con i crampi, viene accompagnato in panchina dall'applauso del Meazza: al suo posto entra Correa. Nuovi avvicendamenti anche per il Napoli, con Elmas e Ndombele dentro per Kvaratskhelia e Anguissa, e con Simeone per Lobotka. Azzurri super offensivi per l'ultimo assalto, con Onana chiamato alla respinta su botta di Raspadori. È l'ultima emozione prima della festa interista.

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Pereyra risponde a Baldanzi,
poi l'Udinese non supera un Empoli in dieci

Gol lampo del gioiello toscano dopo 3',
il capitano bianconero risponde nel secondo tempo,
poi l'espulsione di Akpro, ma i friulani non passano:
ottava gara di fila senza vittoria


Francesco Calvi


Ciccio Caputo torna subito a incidere e mette lo zampino sul primo punto dell’Empoli nel 2023. L’attaccante 35enne regala a Baldanzi l’assist del momentaneo 0-1 nella trasferta di Udine, che per 45’ vede gli azzurri imporsi sugli avversari. Nella ripresa i toscani si chiudono e l’Udinese prova l’assedio, pareggia con Pereyra ma non centra il ribaltone. Udogie spinge però non basta, Beto arranca e l’assenza di Deulofeu si fa sentire.

IL MATCH — Sperando di sorprendere Sottil, Zanetti manda subito in campo il neo-acquisto Caputo, schierato al fianco di Satriano. A centrocampo ci sono Grassi e Akpa Akpro, turno di riposo per Bandinelli e Bajrami. Proprio l’albanese rimane fuori per fare spazio a Baldanzi, che trova la rete dopo appena 3 minuti. Il baby trequartista premia un taglio di Caputo che si allarga sulla fascia, crossa a rimorchio e ritrova ancora Baldanzi: controllo e tiro in porta, Silvestri non può nulla. Il 19enne festeggia la sua terza rete in campionato, Caputo torna a Empoli e sembra che non sia mai andato via: i compagni tentano di innescarlo nello stretto e con lanci lunghi, lui gioca di sponda e dialoga con Satriano, muovendosi sempre sul filo del fuorigioco.

TALLONE D'ACHILLE — Dopo il vantaggio azzurro, la partita si fa vivacissima. L’Udinese attacca, l’Empoli si copre, recupera palla cerca di pungere in contropiede. Luperto e compagni tengono botta ma soffrono tanto (anzi, troppo) sulla fascia di Stojanovic. Nel primo tempo Arslan s’infila da quelle parti, crossa in mezzo e pesca Beto, che per due volte va vicino al pareggio con un’incornata. I friulani ci provano pure dalla distanza, sfiorano il palo con Walace e lo colpiscono in pieno, al 39’, con Pereyra. L’Empoli difende il risultato fino all’intervallo, però nella ripresa rischia addirittura la sconfitta. Confinati nella loro metà campo, gli azzurri non riescono ad alzare il baricentro mentre l’Udinese, individuato il punto debole degli avversari, butta benzina sul fuoco: Sottil "libera" Udogie sulla fascia mancina, l’esterno ci prende gusto e diventa una spina nel fianco dei toscani. Cross, tiri, assist, alla fine la mossa si rivela azzeccata. Passaggio di Destiny per Pereyra al 70’, palla all’angolino e parità ristabilita. L’azione si ripete, ma senza successo, un paio di minuti più tardi, poi l’Empoli rimane addirittura con un uomo in meno. Akpa Akpro finisce fuori per doppia ammonizione, in seguito ad un fallo ai danni del solito Udogie. La squadra di Zanetti resiste comunque fino al triplice fischio e il match finisce 1-1. Per l’Udinese si tratta dell’ottava gara consecutiva senza vittorie.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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SERIE A 2022/2023 16ª Giornata (16ª di Andata)

04/01/2023
Salernitana - Milan 1-2
Sassuolo - Sampdoria 1-2
Spezia - Atalanta 2-2
Torino - Verona 1-1
Lecce - lazio 2-1
Roma - Bologna 1-0
Cremonese - Juventus 0-1
Fiorentina - Monza 1-1
Inter - Napoli 1-0
Udinese - Empoli 1-1

Classifica
1) Napoli punti 41;
2) Milan punti 36;
3) Juventus punti 34;
4) Inter 33 punti;
5) Lazio e Roma punti 30;
6) Atalanta punti 28;
8) Udinese punti 25;
9) Torino punti 22;
10) Fiorentina punti 20;
11) Bologna punti 19;
12) Lecce e Empoli punti 18;
14) Salernitana e Monza punti 17;
16) Sassuolo punti 16;
17) Spezia punti 14;
18) Sampdoria punti 9;
19) Cremonese punti 7;
20) Verona punti 6.

(gazzetta.it)
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Gonzalez torna e fa felice la Fiorentina:
rigore decisivo al 91'.
Sassuolo, la classifica è brutta

Viola in vantaggio a inizio ripresa con Saponara,
pareggio di Berardi su calcio di rigore prima del nuovo
tiro dagli 11 metri trasformato dall’argentino


G.B. Olivero


Un generosissimo rigore regala alla Fiorentina un’immeritata vittoria contro il Sassuolo. La squadra di Dionisi gioca meglio e ha la colpa (grave) di non trasformare in occasioni da gol una discreta manovra. La Fiorentina produce ancora meno, ma vince sfruttando due episodi: un assist involontario di Ferrari a Saponara per la rete del vantaggio e, dopo il pareggio dal dischetto di Berardi, un’interpretazione discutibile dell’arbitro Manganiello dopo un tocco di braccio di Tressoldi in seguito a una carambola nell’area del Sassuolo. Il rigore siglato da Gonzalez al 91’ è il classico tiro da tre punti.

PRIMO TEMPO — Italiano conferma Cabral in attacco e lascia ancora fuori Amrabat preferendogli Bianco e Duncan. Dionisi schiera Obiang davanti alla difesa e cerca subito di sorprendere gli avversari: al 3’ Berardi calcia alto da fuori area. Pochi secondi dopo Consigli respinge un insidioso cross di Bonaventura. Al 5’ Frattesi salva su un’incursione di Milenkovic e poi il Sassuolo prende in mano la partita mostrando idee chiare dal punto di vista tattico e buone linee di gioco. Al 18’ Terracciano deve distendersi per deviare in angolo un bel rasoterra di Frattesi. Dieci minuti dopo il portiere viola è bravo in uscita su Pinamonti, lanciato da una bella combinazione tra Frattesi e Berardi. Al 33’ ancora il Sassuolo in velocità: dribbling di Berardi, dialogo tra Pinamonti e Frattesi, cross per la testa di Rogerio che conclude centralmente. La Fiorentina, a lungo inesistente, manda qualche segnale di vita nel finale di tempo, prima con un cross pericoloso di Kouame respinto da Ferrari e poi con tre angoli consecutivi che però non danno alcun esito. All’intervallo fischi dei tifosi viola, delusi da una brutta prestazione e dall’incapacità di produrre un tiro nello specchio della porta. Il 4-2-3-1 della Fiorentina non sembra funzionare, mentre il Sassuolo, pur senza fare nulla di eccezionale, riesce a proporre un calcio organizzato.

SECONDO TEMPO — L’impressione è che solo un episodio possa cambiare la giornata della Fiorentina e l’episodio arriva all’alba della ripresa. Cross da sinistra, Kouame non controlla, Ferrari sbaglia il tocco e serve Saponara che a pochi metri da Consigli segna di sinistro. È il primo tiro in porta dei viola e arriva su assist di un avversario. Il Sassuolo, però, non si spegne e trova il pareggio in fretta. Una bella azione personale di Obiang porta Pinamonti al tiro di sinistro che Dodo, entrato da poco al posto di Venuti, devia con il braccio largo: è rigore (dopo controllo di Manganiello al monitor) che Berardi trasforma al 12’. Italiano, che a inizio ripresa aveva inserito Castrovilli e Saponara al posto di Bianco e di Cabral, si affida anche a Gonzalez (fuori Duncan) e Terzic (fuori Biraghi). Dionisi sostituisce Pinamonti con Alvarez e Laurientè con Ceide. Kouame, che nella ripresa gioca da centravanti, spreca una bella palla di Bonaventura calciando fuori da pochi passi. Al 29’ Ferrari si fa parzialmente perdonare rinviando poco prima della linea un colpo di testa di Saponara dopo una brutta uscita di Consigli. Al 41’ Saponara mette un pallone perfetto sulla testa di Gonzalez che non riesce ad angolare ed esalta i riflessi di Consigli. La svolta, però, arriva proprio nel finale quando la Fiorentina accelera cercando di vincere la partita. Su un cross in area neroverde Tressoldi rinvia, la palla rimbalza sul piede di Terzic e poi sul braccio dello stesso Tressoldi. Manganiello lascia correre, poi viene richiamato al monitor e fischia il rigore anche se le braccia del difensore del Sassuolo appaiono in posizione congrua rispetto al rinvio che stava effettuando prima della rapidissima e ravvicinata carambola. Al 46’ Gonzalez trasforma e regala la vittoria alla Fiorentina. Nel lungo recupero (10 minuti), infatti, il Sassuolo non trova più le forze per reagire.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Ottava sinfonia della Juve:
Danilo nel finale punisce l'Udinese

La squadra di Allegri conquista la vittoria
numero 8 di fila, sempre senza subire reti.
Gara decisa dal gol del brasiliano all'86', su assist di Chiesa


Livia Taglioli


All’Allianz Stadium si è consumato l’ultimo saluto al capitano della più recente Champions League targata Juve, Gianluca Vialli: squadre con il lutto al braccio e minuto di silenzio, in un’arena a riflettori spenti e per una volta col tutto esaurito, che ascolta muta e raccolta l’omaggio letto non senza fatica da Gianluca Pessotto. Scrosciante l’applauso finale, con gli occhi lucidi di molti, fra cori e canti, proprio come quando Luca era in campo. Poi inizia il match, a passo lento e compassato. E ancora un "Luca Vialli segna per noi" si alza dagli spalti. Passano i minuti, la partita non decolla, il ritmo non si alza. Finché il "solito" gol nel finale sblocca e chiude il match: al minuto 86 Paredes catapulta in area un pallone per l'accorrente Chiesa, che stoppa di petto e al volo mette in mezzo: Danilo da due passi non può far altro che segnare, regalando alla Juve l'ottava vittoria di fila.

PRESENTI E ASSENTI — Davanti agli occhi di Agnelli e Nedved, all’ultima gara da dirigenti bianconeri all’Allianz Stadium, Max Allegri, ancora privo di Pogba, Vlahovic, Cuadrado, Bonucci e De Sciglio, opta per cinque novità rispetto a Cremona: Bremer è affaticato, dentro Rugani, ed anche Alex Sandro sulla sinistra. In mezzo invece torna Rabiot dal 1’, con McKennie inizialmente dislocato sulla fascia destra, mentre davanti si rivede Di Maria titolare (non succedeva dalla gara col Monza di settembre), subito dietro a Kean. Sottil risponde armando la fascia sinistra con Udogie e con a destra un Pereyra che punta ad accentrarsi. Beto e Success in avanti tengono in tensione Szczesny e la difesa.

PRIMO TEMPO A RETI INVIOLATE — E’ un’Udinese intraprendente e mai in soggezione quella che nel primo tempo spinge senza soluzione di continuità, e sua è la prima occasione della gara, dopo 18 minuti, col portiere polacco che smanaccia e allontana su un colpo di testa di Walace. Immediata la replica juventina, con Rugani che gira a rete di testa una punizione di Di Maria, ma Silvestri c’è. Un sinistro da fuori di Kean finisce alto, poi Szczesny anticipa di precisione Success, così come Udogie impedisce a Di Maria di avventarsi su un cross basso di Miretti. Ancora due occasioni e finisce il primo tempo: Silvestri stoppa su Kean a due passi dalla porta, il polacco in due tempi blocca una conclusione dalla distanza di Walace.

L'IMPORTANZA DEI CAMBI — L’Udinese come previsto è squadra fisica e solida, ma anche capace di strappi grazie alla velocità di Udogie e della sua coppia d’attacco, la Juve non trova la tanto invocata qualità, con Di Maria piuttosto anonimo nelle giocate e spesso arretrato nella posizione in campo. Ma nessuno dei bianconeri trova il guizzo, il ritmo resta basso e le trame prevedibili. Kean prova una girata di destro mancando di poco il bersaglio e Kostic conclude di potenza ma Silvestri gli chiude lo spazio e allontana. Sono i preamboli di una ripresa più avvincente del primo tempo, con Di Maria che innesca prima Kean (errore da due passi ma era in fuorigioco) e poi Rabiot: bella la galoppata del francese, con Miretti che sbaglia lo stop sul cross in area. Poi Szczesny para a terra su Becao. Di Maria chiede il cambio per un dolore a un polpaccio, Allegri prima richiama Locatelli e Miretti e innesta Paredes e Chiesa, poi anche l’argentino lascia il campo a favore di Milik, al 65’. A conferma della tesi allegriana dell’importanza dei cambi, saranno Paredes e Chiesa a confezionare… due terzi del gol della vittoria: al minuto 86 l’argentino inventa un gran lancio, l’azzurro rifinisce e Danilo colpisce. E la Juve vince 1-0.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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07/01/2023 23:22
 
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Inter, clamorosa beffa al 93':
un autogol di Dumfries regala al Monza il 2-2

Nerazzurri in vantaggio con Darmian, raggiunti dopo 2' da Ciurria.
Poi il pasticcio di Pablo Marì regala al Toro la rete del 2-1.
Nel recupero l'autorete dell'olandese


Filippo Conticello


Senza la stessa cattiveria del big match col Napoli, con qualche patema non richiesto più errori sparsi qua e là, ed ecco l'Inter ferma la marcia che pareva lanciata: si fa rimontare nel recupero da un volitivo Monza, pareggia 2-2 una partita che doveva condurre in porto con naturalezza ed è costretta a ridimensionare le ambizioni di rimonta. Sarà pure tornato al gol Lautaro che, smaltiti i festeggiamenti mondiali, ha portato il suo agonismo anche in Brianza, ma sono pure tornate le dormite difensive, vera zavorra di stagione.

PRIMO TEMPO — A inizio partita Inzaghi sorprende davanti perché lascia fuori a sorpresa il totem appena ritrovato: Romelu Lukaku avrebbe bisogno solo di mettere minuti per salire di condizione, ma si accomoda in panchina per schierare il Lautaro Mundial. Accanto al Toro, l'eterno Dzeko che al momento pare l'unico vero titolarissimo. E poi a destra, per la seconda gara di fila, Darmian prende il posto a Dumfries per tamponare il pericoloso Carlos Augusto, la freccia monzese spesso più appuntita. Nel 3-4-2-1 brianzolo a riscaldare il cuore il ritorno da titolare al centro della difesa di Pablo Marì, per la prima volta dall'accoltellamento di Assago: una bella notizia anche se non sarà certo la migliore serata della vita. Davanti, poi, Palladino si affida a Petagna assistito alle spalle da Machin e Ciurria. Bastano i primi minuti per capire dove pende la torre nerazzurra: Darmian non è solo chiamato a tamponare, ma deve far pure l'assaltatore specializzato. Alla seconda scorribanda trova subito l'1-0 sfruttando il solito assist da sinistra, stavolta di Bastoni. Un vantaggio così rapido, al 10', farebbe pensare a una passeggiata di salute qui in Brianza e, invece, neanche il tempo di festeggiare che l'Inter ricade nei vecchi vizi: le dormite difensive, scomparse col Napoli, ricompaiono un minuito dopo il gol. Ciurria, smarcato in maniera deliziosa dal capitano Pessina, trova un varco per accentrarsi da destra e trovare l'angolo con il sinistro. Il Monza, ringalluzzito dal pari, costruisce pure qualche occasione supplementare, soprattutto da palla inattiva sfruttando la fisicità di Petagna. Ma la partita in avvio è un flipper, non trova pace, e non trova pace neanche il povero Pablo Marì: il difensore appena rientrato a pieno regime si addormenta al 22' e si fa borseggiare il pallone nell'aria piccola da Lautaro. Troppo facile per il Toro segnare il 2-1, suo personale regalo di ritorno dal Qatar. Il nuovo vantaggio ha, quindi, il potere di riportare l'Inter sui giusti binari del gioco perché la palla inizia a traghettare da una parte all'altra come al solito, con belle combinazioni di prima. Così, sulla più bella azione del primo tempo, Barella libera al tiro Dimarco sul piede sbagliato: il destro in questo caso non è minimante uguale al sinistro. Nel complesso, i nerazzurri avanzano e il Monza arretra, uno spartito che continua fino all'intervallo e anche oltre.

SECONDO TEMPO — Nella ripresa l'Inter ritrova un Toro ispirato, che stacca pericolosamente di testa in area e poi taglia come il burro la difesa di Palladino liberando al cross Darmian: è come se il gol abbia fatto saltare il tappo e aggiunto birra all'argentino campione del mondo. Tra l'altro dopo neanche dieci minuti ritrova il suo gemello belga perché Inzaghi manda in panchina Dzeko, lontano parente dall'attaccante letale degli ultimi tempi: Romelu Lukaku, un gigante non certo abituato a subentrare dalla panchina, continua da parte sua l'opera di riconnessione della Lu-La, decisamente faticosa qui all'U-Power Stadium. Nello stesso tempo i nerazzurri sostituiscono anche la cabina di regia: out Calha per colpa di un leggero affaticamento allo psoas e dentro Asllani. Dopo otto minuti esce anche Barella, risparmiato visti i tanti impegni, e va dentro Gagliardini. Nella somma di tutti gli addendi, la squadra di Simone perde padronanza nel possesso della palla, abbassa il baricentro e concede costantemente l'iniziativa ai brianzoli: in pratica, un'altra partita. Il Monza, infatti, trova coraggio in costruzione, provando a sfruttare energie fresche con gli ingressi di Gytkjaer davanti e Ranocchia più Colpani in mezzo. Confeziona un'occasione con uno stacco pericoloso di Marì, sempre lui, fermato da un attento Onana. Nel complesso, il vento è cambiato per davvero e, per non rischiare oltre il necessario, Inzaghi sente il bisogno di tamponare le fasce facendo entrare insieme sia Gosens che Dumfries. Se le coperture di Skriniar (a cui i tifosi interisti hanno chiesto con uno striscione di tornare) danno sicurezza alla difesa, davanti a Lukaku manca ancora lo spunto che fu e così perde diversi duelli con Caldirola. Allora ancora Lautaro deve mettersi in proprio e inventare un tiro a giro dall'area piccola che finisce sul palo. Ma, proprio quando tutto sembra deciso, ecco che arriva la frittata inattesa in casa nerazzurra: uno stacco di Caldirola porta al 2-2 nel complesso meritato. La testata la dà un monzese cresciuto nell'Inter con decisiva deviazione di Dumfries: manca solo il fiocco nel regalo.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Al Toro non basta Sanabria:
Ochoa para tutto e la Salernitana fa 1-1

Primo tempo dominato dai granata di Juric:
nove occasioni e il solo gol dell'attaccante.
I campani reagiscono nella ripresa e impattano con Vilhena.
Per gli ospiti anche due pali


Mario Pagliara


Il più grande peccato del Toro di Juric è stato aver lasciato aperta la partita dopo un primo tempo dominato e spettacolare (9 occasioni da gol pulite in 45’, al 90’ saranno 13 con due pali). A Juric non basta così il colpo di testa di Sanabria, rimontato in avvio di ripresa da Vilhena. La Salernitana soffre tanto nella prima parte, ma in avvio sfrutta l’errore di Vojvoda e ha il merito di rientrare in una partita che il Toro avrebbe meritato di vincere. Resta l’uno a uno finale e per Juric i due punti aggiunti in classifica in questo 2023 (contro Verona e oggi all’Arechi) rappresentano un avvio di nuovo anno a passo lento. Reduce da tre sconfitte di fila, la Salernitana di Davide Nicola, sorretta da un super Ochoa, raccoglie invece un punto pesantissimo che rafforza la sua buona classifica in relazione all’obiettivo salvezza.

TORINO DOMINANTE — Basterebbero pochi numeri per raccontare cosa è stato il primo tempo dello stadio Arechi: in 45 minuti il Torino ha creato nove palle gol (alcune hanno pure dell’incredibile), ci sono state cinque parate decisive di Ochoa, in mezzo il palo di Schuurs e il colpo di testa di Sanabria (36’) che ha spezzato un equilibrio apparente. I numeri non mentono mai: nella prima metà della sfida, si è assistito a un netto dominio da parte della squadra di Juric. Difficoltà enormi per la Salernitana di Davide Nicola, fischiata dal proprio pubblico all’intervallo. E’ stato grande Toro, ma il primo tempo di Salerno è stato soprattutto il manifesto più chiaro di ciò che può essere il calcio di Ivan Juric: Toro con un baricentro altissimo, recupero sistematico delle seconde pelle sulla trequarti offensiva, efficacia altissima degli esterni (Vojvoda e Lazaro) e superiorità totale della coppia di mediani Lukic-Linetty. All’intervallo, il vantaggio di un gol è molto meno di quello che il Toro avrebbe meritato.

TONNY GOL — L’uomo che ha riportato il sorriso sul volto di Ivan Juric è Tonny Sanabria. Minuto 36: cross di Lazaro al centimetro, tuffo spettacolare e vincente di Sanabria che di testa batte Ochoa, protagonista assoluto dell’incontro. Fino a quel momento il portiere messicano aveva tenuto in piedi una Salernitana frastornata dalla prepotenza atletica del Toro. Era accaduto sul colpo di tacco di Zima (9’), su Radonjic (9’), su Vlasic a tu per tu (20’), su Lukic (35’), su Vojvoda (40’). Bravo e fortunato il portiere della Salernitana su Sanabria (6’: palla alta a distanza ravvicinata) e su Buongiorno (31’: colpo di testa di un soffio a lato). Poi il palo evita il bis al colpo di testa di Schuurs (42’). Il grande errore della squadra di Juric è aver lasciato ancora aperta la partita.

IL LAMPO DI VILHENA — Il secondo tempo riparte con tredici minuti di ritardo a causa dello spegnimento del Var, poi ripristinato. In avvio di ripresa Davide Nicola ridisegna la Salernitana con un 3-4-2-1, inserendo Piatek al posto di Bohinen. I campani trovano subito l’occasione che riporta la partita sul binario della parità. Così, al quarto minuto, il Toro incassa la beffa: Vojvoda commette un errore di controllo, favorendo la ripartenza Vilhena che si invola e trafigge Milinkovic. Nel Toro entra Ricci (per Linetty), ma la Salernitana ha ormai preso coraggio e sfiora il sorpasso con Piatek (12’: tiro a incrociare fuori) e con Candreva (14’: guantoni di Milinkovic). Dopo l’ora di gioco, Juric getta nella mischia Miranchuk (per Radonjic), Singo (Vojvoda out), Djidji (a rilevare Zima), ed è costretto a sostituire l’infortunato Lazaro con Rodriguez (27’). Appena dopo l’ingresso dello svizzero, Ochoa riprende la sua collezione di miracoli con una super parata su Miranchuk. E si ripete al 40’ spingendo Rodriguez sul palo. Juric allarga le braccia sconsolato.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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La Lazio viene rimontata ancora:
avanti 2-0 con l'Empoli subisce il pari al 94'

I biancocelesti passano in vantaggio con Anderson e Zaccagni,
dominano il match per lunghi tratti ma poi si fanno sorprendere dai toscani,
in gol con Caputo e Marin (nel recupero)


Stefano Cieri


Altra beffa per la Lazio e questa fa ancora più male della sconfitta di Lecce. In coda ad una partita in cui sblocca subito la gara, controlla le operazioni senza dannarsi troppo l’anima e poi mette (apparentemente) al sicuro il risultato, la formazione di Sarri riesce a farsi rimontare nel finale da un Empoli che sembra quasi incredulo di evitare la sconfitta. La formazione di Zanetti ha comunque il grande merito di crederci fino in fondo, di non mollare neppure quando il risultato sembra chiuso. L’esatto contrario di una Lazio che, invece, a un certo punto della gara (a Lecce era successo alla fine del primo tempo, stavolta a un quarto d’ora dalla fine) decide senza motivo di staccare la spina. Confermando, tra l’altro, lacune difensive che cominciano ad essere davvero preoccupanti.

GOL IN AVVIO — La Lazio la sblocca subito. Al primo angolo, dopo un minuto e mezzo dal fischio d’inizio, il cross di Luis Alberto trova la testa di Felipe Anderson, sulla cui deviazione interviene, sempre di testa, l’empolese Caputo. L’ex attaccante della Samp, nel tentativo di rinviare, trova invece la sua porta: Vicario resta spiazzato ed è gol. Sbloccato subito il risultato, la Lazio decide di fare gioco, ma a ritmi più blandi rispetto a quelli che ci sarebbero se il risultato fosse ancora sullo 0-0. Ne viene fuori una partita non particolarmente spumeggiante. Anche perché l’Empoli preferisce restare guardingo nella sua metà campo come da piano partita voluto da Zanetti ed evidentemente non modificato nonostante il repentino 1-0. Lo si vede dal ritmo con cui vengono impostate, dai toscani, le uscite dal basso, senza quella urgenza tipica di chi deve rimontare. La Lazio si adegua e di tanto in tanto si rende protagonista di qualche fiammata. L’occasione migliore per il raddoppio capita sui piedi di Zaccagni al 19’ in coda ad un assolo di Lazzari sulla destra: la conclusione dell’ex Verona non è delle più felici. Prima e dopo questa palla-gol, va vicino alla rete anche Immobile che in due circostanze non riesce ad inquadrare la porta (ma in entrambe le occasioni la posizione non è favorevole). Nell’ultimo quarto d’ora del primo tempo la formazione toscana prova a mettere la testa fuori dal guscio, ma non combina granché, a parte qualche iniziativa sulla sinistra con Parisi e Fazzini.

RIPRESA DA BRIVIDI — Il secondo tempo ripropone, almeno inizialmente, lo stesso copione della prima frazione di gioco. Lazio che tiene il pallino del gioco, ma a ritmi bassi, grazie al vantaggio maturato in apertura di gara. La squadra di casa riesce comunque a creare qualche occasione per il raddoppio. Su una di queste, al 9’, ecco arrivare il 2-0. Lo propizia ancora Felipe Anderson, che si invola sulla destra e lascia partire un tiro-cross, su cui Zaccagni è il più lesto di tutti: tocco sotto e rete. La squadra di sarri è in totale controllo, tanto da sfiorare anche la terza marcatura. L’occasione più grande per farlo arriva al 18’ con un tiro di Milinkovic che Vicario riesce a deviare sul palo. A quel punto la Lazio commette ancora un volta l’errore di tirare i remi in barca, convinta di essere ormai al traguardo. Errore letale. Anche perché i cambi di Zanetti rianimano un Empoli fin lì troppo compassato. Il tecnico dei toscani inserisce prima Cambiaghi e Bandinelli per Baldanzi e Grassi, quindi Pjaca e Ebuehi per Satriano e Stojanovic. La squadra ospite si fa più intraprendente, anche perché dall’altra parte i cambi non sono altrettanto efficaci. Anzi, le uscite di Cataldi (per Vecino) e Lazzari (per Hysaj) sembrano spegnere la formazione di casa. Serve però un episodio per riaprire la gara. Arriva al minuto 38, grazie al contropiede che parte da un angolo sfruttato male dalla Lazio. Assist di Cambiaghi per Caputo e gol del 2-1 (con i biancocelesti quasi tutti nella metà campo avversaria). La squadra di Sarri, pur con qualche fatica e patema di troppo, sembra comunque in grado di portare a casa i tre punti. Ma al quarto minuto di recupero ecco il patatrac. Bajarami supera Pedro con un tunnel e mette in mezzo, la respinta di Felipe Anderson finisce sui piedi di Marin che dal limite dell’area supera Provedel.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Il Lecce si ferma (due volte) al palo,
Nzola non decolla: a La Spezia è 0-0

Due legni giallorossi in apertura,
i liguri vengono fuori alla distanza,
ma trovano un grande Falcone.
Nella ripresa i protagonisti sono pioggia e vento


Francesco Velluzzi


Finisce zero a zero tra Spezia e Lecce e non poteva essere in altro modo. Perché il secondo tempo è stato davvero impossibile da giocare per la squadra di Luca Gotti e per quella di Marco Baroni che, invece, nella prima parte hanno provato a vincerla combattendo alla morte con intensità e accanimento. Troppa pioggia e anche troppo vento. Una bufera. Davvero dura. Spezia e Lecce nella seconda parte della ripresa hanno capito che un minimo errore avrebbe potuto complicare la gara e hanno rischiato molto meno. Il punto sta bene a tutte e due perché muovono la classifica. Il Lecce è al quinto risultato utile di fila e dopo tre vittorie potrebbe recriminare sulla quarta che avrebbe portato al record in A perché il doppio legno (Blin-Gonzalez) grida vendetta. Lo Spezia porta a casa il quarto risultato utile di fila, il secondo pareggio consecutivo in casa, ma lascia più amarezza quello di mercoledì scorso con l’Atalanta. Gotti respira, avvicina il Sassuolo, in attesa delle altre sfide della giornata.

CLIMA — Piove tanto a La Spezia, con vento a raffiche. Partita difficile, quindi, per entrambe. Gotti alla fine “rischia” Dragowski che torna dopo l’infortunio subito a Verona prima della sosta che gli fece saltare il Mondiale. E’ l’ubica vera novità della formazione di casa che, per il resto, è la stessa che ha cominciato mercoledì con l’Atalanta. Nel Lecce la novità, ma annunciata, è Maleh che, acquistato a inizio anno, debutta da titolare. In regia al posto dello squalificato capitano Hjulmand (che è in tribuna per seguire i compagni, dove ci sono anche i ds del Sassuolo e del Bologna Giovanni Rossi e Giovanni Sartori) c’è Blin. La fascia di capitano va sul braccio di Gyasi.


SI GIOCA — La partita comincia a farla il Lecce col solito gran ritmo: dopo 4 minuti Dragowski respinge su Strefezza che svaria da destra a sinistra per calciare i piazzati. Lo Spezia esce solo al 6’ con la combinazione Ampadu-Reca-Gyasi che arriva in leggero ritardo. Ma subito dopo è Colombo che parte palla al piede e da fuori area impegna Dragowski bravo a respingere. Al 12’ il Lecce aumenta i giri ancora di più: corner sul quale svetta Blin che colpisce la traversa, palla che finisce a Gonzalez che calcia bene e trova l’incrocio dei pali. Dopo i perimi 15’ lo Spezia guadagna campo e Falcone deve deviare in angolo un colpo di testa di Bastoni. La lotta tra Nzola e Baschirotto è molto fisica, Gyasi cerca di liberarlo con tacco e palle profonde, ma è Bourabia che, dopo aver saltato Strefezza e affondato Gendrey pesca l’angolano che di testa va vicino al gol. Piove tanto, ma le squadre non si risparmiano. Al 35’ Dragowski smanaccia su corner e poi manda lui in corner il tiro del solito Gonzalez sempre pronto a inserirsi. Gli ultimi brividi li regala Nikolaou che perde una palla sciagurata e Bourabia, bravo e ottimo nelle incursioni, che si coordina bene ma calcia malissimo.


SECONDO TEMPO — Si riparte con una pioggia decisamente più fitta. Chi sbaglia paga, insomma perché il pallone scivola. E infatti al 3’ lo Spezia in ripartenza va... Bastoni per Gyasi e Nzola in profondità, ma sulla conclusione dell’Angola Falcone si supera e respinge. Poi è bravo Dragowski a mandare in corner su Strefezza. Gotti dopo dieci minuti ricorrre al primo cambio: Bourabia è sfinito ed esce lasciando il posto ad Agudelo. E subito dopo Baschirotto, che ha trattenuto troppo, finisce per beccarsi il giallo. E’ battaglia e siccome le energie vanno dosate ecco che al 21’ arrivano più cambi: Caldara per Kiwior ed Ekdal per Bastoni nello Spezia; Bistrovic per Maleh e Banda per Di Francesco nel Lecce. Ovviamente è Banda la variabile del match perché con i suoi scatti può far malissimo e infatti Holm, già in ombra dall’inizio, lo patisce eccome. E infatti al 37’. Lui a saltargli sopra ma spedendo fuori. E’ l’ultimo sussulto di una partita che nella ripresa è stato davvero difficile giocare. Il punto sta benissimo a entrambe.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Il Napoli vola a +7 su Juve e Milan: 2-0
alla Samp con Osimhen e il rigore di Elmas

Doriani in 10 dal 39’ per il rosso a Rincon.
Polemiche per un rigore dato dal Var nel primo tempo:
Audero risolve tutto parando il tiro di Politano.
Spalletti campione d'inverno: è +7 su Milan e Juve


Filippo Grimaldi


Il Napoli è campione d'inverno. Due a zero alla Samp, con un gol per tempo - Osimhen ed Elmas su rigore nella ripresa -, contro una Samp che paga a caro prezzo il fatto di avere giocato tutta la ripresa (e undici minuti del primo tempo) con l’uomo in meno per la sciagurata espulsione di Rincon nella prima frazione. E grazie al pari della Roma col Milan, Spalletti sale a più 7 sui rossoneri e sulla Juve, che affronterà venerdì a Napoli. La squadra di Stankovic si ferma, un’altra volta. Una gara giocata in un’atmosfera particolare: prima i cori, gli striscioni, le lacrime per Vialli e Mihajlovic, i sampdoriani tutti in campo per il riscaldamento con la maglia blucerchiata e il nove sulla schiena, i figli di Sinisa insieme al suo “fratellino” Stankovic a bordo campo per il minuto di silenzio. Ma poi c ‘è il campo, e la sentenza è stata netta e inappellabile. Vittoria che pesa per la capolista, Samp che resta nel limbo. La squadra di Spalletti è ripartita, rimessa a lucido nelle gambe e nella testa, e non era così scontato dopo la flessione di Milano contro l’Inter appena quattro giorni fa. Perché la sconfitta di San Siro ha fatto rumore e perché oggi al Ferraris l’eco emotiva per il ricordo dei due grandi appena scomparsi ha fatto da moltiplicatore delle energie sampdoriane. Spalletti, che una rivoluzione aveva promesso e in parte ha effettuato, ha rinunciato a Rrahmani, Olivera e Zielinski rispetto all’ultima partita: dentro Juan Jesus e Mario Rui in difesa, con Elmas al posto di Zielinski e solito 4-3-3, contro una Samp che ha schierato solo la novità-Murru a sinistra in difesa dovendo ovviare alla partenza (per Napoli) di Bereszynski.

PRIMO SEGNALE — Dopo cento secondi c’è subito l’episodio che potrebbe far svoltare la gara: Murru corre spalla a spalla con Anguissa, prima del pestone del difensore doriano sul camerunense già a terra: Abisso dopo un check Var va al monitor e concede il rigore contestato dalla Samp. Il sinistro di Politano (6’) dal dischetto finisce sul palo deviato dalla mano sinistra di Audero. Ma il pericolo scampato esalta la Samp che spinge forte a sinistra, va al tiro con Lammers (fuori), poi ci prova ancora con Gabbiadini. Il Napoli prova a sfruttare la velocità del suo attacco, e mette sempre un centrocampista in pressione sulle ripartenze blucerchiate. È il miglior momento dei padroni di casa, che nonostante il pressing altissimo della squadra di Spalletti mette paura agli ospiti. Al 12’ Verre impegna Meret in angolo su assist di Lammers. Il Napoli risponde con Elmas (parato).

LA SVOLTA — Furore Napoli, perché gli ospiti hanno più qualità, spingono bene a sinistra con Mario Rui, anche se la Samp riesce a tratti a reagire. Osimhen fa l’elastico, va a conquistare una palla preziosa in mezzo, riparte e si infila nella difesa doriano sul lancio di Mario Rui superando Audero (19’). Qui la gara cambia: il ritmo altissimo penalizza la Samp, lo 0-1 è il passaporto che Spalletti aspettava per liberare gambe e mente del suo Napoli. Si scatena Kvaratskhelia, Murillo rischia e lo ferma, prima di murare ancora Osimhen al 35’ che fallisce il raddoppio. Da lì in poi il Napoli va in gestione, perché la Samp perde giri nel suo motore. Ancor più dopoché Osimhen scappa a destra dopo avere saltato Nuytinck e viene steso da Rincon quando sta per entrare in area e battere a rete. Rosso al venezuelano, Samp in dieci, si aprono spazi immensi per il Napoli, che sfiora il secondo gol con Kvaratskhelia (47’): diagonale bellissimo, fuori di un soffio.

REAZIONE — Nella ripresa Stankovic passa al 4-4-1, con Lammers unica punta, Djuricic in mediana al posto di Gabbiadini e Zanoli, ex Napoli, al debutto in maglia blucerchiata, mentre Spalletti riparte con Rrahmani al posto di Kim, che esce a scopo precauzionale. Ma è un monologo partenopeo, perché il Napoli è in assoluta gestione della gara, bravissimo a muoversi fra le linee e la Samp può far poco con un atteggiamento forzatamente rinunciatario. Lammers è troppo isolato in avanti, ed è questo canovaccio che accompagna a lungo la gara nella ripresa. La Samp bassa, il Napoli con il suo giro palla efficace. Entrano Lozano e Zielinski, fuori Politano e Kvaratskhelia, poi Ndombele rileva Anguissa. La Samp sembra avere perso fiducia, prima ancora che idee, perché l’uomo in meno è un handicap troppo forte contro un avversario in salute. Lozano (25’) impegna Audero, mentre Lobotka continua a recitare da padrone in mezzo al campo. Alla mezz’ora Stankovic avanza allora Djuricic e passa al 4-3-2, ma la mossa non paga e l’unica pecca che si può fare a questo Napoli così di qualità è quella di gestire la gara. Un atteggiamento rischioso, anche se la Samp non fa un tiro in porta. Poi, al 33’ dopo un check var per un tocco di mano di Vieira su tiro di Elmas, l’arbitro concede il secondo rigore agli ospiti. Elmas non sbaglia, due a zero e partita finita.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Roma, rimonta pazzesca nel finale.
Abraham riprende il Milan,
Napoli campione d'inverno

I rossoneri scappano con Kalulu e Pobega, ma Ibanez e
l'inglese nel recupero favoriscono la fuga di Spalletti


Alessandra Gozzini


A San Siro, sotto la pioggia battente, piovono anche grandi emozioni: nel recupero Abraham aggancia il Milan sul pari e fa felici i cinquemila romanisti in trasferta. Molto meno gli altri settantamila che avevano riempito San Siro, con colori rossoneri. L’emozione finale arriva quasi inattesa: padroni di casa in controllo e quasi certi di aver aggiunto altri tre punti preziosi in classifica. Il Milan è abituato alle rimonte, molto meno a subirle. Dopo il posticipo le distanze in vetta aumentano: mentre i rossoneri viaggiavano verso lo stadio, il Napoli batteva la Samp a Marassi portandosi così a più 7 dai rossoneri (e dopo il match di San Siro laureandosi campione d'inverno). Pioli rilancia lo stesso undici di Salerno, primo successo in trasferta dell’anno: per scelta e per necessità, dato che l’infermeria continua a essere trafficata. Anche la Roma è con la formazione annunciata: tridente con Zaniolo, Dybala e Abraham.

KALULU GOL — Le prime note da tabellino sono due ammoniti in 10’: Celik e Mancini, un indizio per quello che sarà tutto il corso di gara. Mai fluido, costantemente interrotto dai fischi dell’arbitro Massa: tantissimi falli, tanti gialli. Al solito qui è Leao che prova a spaccare la partita con azioni personali in velocità; o Diaz, confermato 10, che ci prova da fuori area. Una partita così non poteva che sbloccarsi su calcio da fermo: alla mezz’ora sull’angolo battuto da Tonali sbuca in mischia la testa di Kalulu, libero dalla marcatura di Ibanez, per il vantaggio rossonero. Da lì il Milan controlla con più padronanza, anche se in chiusura di tempo è la conclusione di Zalewski a finire di diritto nella cronaca.


GUIZZO ABRAHAM — La ripresa ha il merito di essere subito più viva, anche se il merito maggiore è del Milan (alla ricerca del raddoppio), più che della Roma, che ancora manca di qualità. La prima chance è per Theo Hernandez dalla distanza, in cui non è necessario l’intervento di Rui Patricio. Che è invece impegnato subito dopo da Giroud in elevazione: per il 9 del Milan è il primo tentativo della gara. Matic e Tahirovic (per Cristante e Zaniolo) sono le prime carte di Foti (in panchina al posto dello squalificato Mourinho). Anche se sarà la panchina di Pioli a essere decisiva per prima: il cambio che segue, Pobega per Diaz, porterà poco dopo al raddoppio rossonero. Azione avviata da Vranckx (altro subentrato), proseguita da Leao e rifinita da Pobega: piazzato preciso che vale il 2 a 0. Prosegue anche il conto degli ammoniti, a cui, fra gli altri, si aggiungono Tonali e Ibanez, squalificati alla prossima. La Roma si accende tardi, ma in tempo: a tre minuti dalla fine la rete di Ibanez (testa su corner di Pellegrini) avvia la sperata rimonta. Che si concretizza in pieno recupero: su punizione (ancora Pellegrini) Tatarusanu respinge il colpo di testa di Matic, ma ne approfitta Abraham a due passi dalla porta. In chiave corsa scudetto, fa felice solo la Juve oltre al Napoli.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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09/01/2023 23:36
 
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Ciclone Lazovic sulla Cremonese:
il Verona non è più ultimo

Il serbo con due gol nel primo tempo
decide la sfida tra le ultime della classe.
I lombardi restano soli in fondo alla graduatoria,
i veneti raggiungono la Sampdoria a quota 9


Pierfrancesco Archetti


Il Verona non vinceva dal quattro settembre, quando batté la Sampdoria in un altro scontro diretto. Poi dieci sconfitte di fila interrotte dal pareggio di mercoledì scorso a Torino. Ma con questo successo torna a sperare: supera la Cremonese e aggancia la Sampdoria. Tutto nel primo tempo, tutto grazie a super Lazovic: doppietta. E pensare che è dato fra i partenti, per fare cassa sul mercato.

IL DECOLLO — Il Verona mette subito in chiaro chi comanda: al 9’ va in vantaggio con il serbo, abile a colpire dall’area piccola un cross di Kallon. La Cremonese è in affanno, sbaglia troppo e viene punita anche su contropiede, quando è in 10 per un infortunio a Bianchetti, che poi rientrerà fasciato alla testa. Gli ospiti perdono palla in attacco, Doig attraversa tutto il campo poi serve a Lazovic la palla del raddoppio (26’). Bocchetti è squalificato, in panchina nel Verona comanda solo Zaffaroni, l’assetto tattico non cambia e rispetto al pareggio di Torino l’unica novità è Ilic al posto di Sulemana. L’Hellas domina e manca il tris con Kallon, ancora dopo una sgroppata di Doig. Poi nel secondo tempo si calma e deve solo contenere. Ci riesce.

CREMONESE A TERRA — Alvini cambia qualche pedina in avanti rispetto all’ultima gara. Zanimacchia però non è trequartista ma punta esterna, con Buonaiuto (al posto di Okereke) dall’altra parte. Dessers è il centravanti che perde i duelli con i difensori veronesi. A fine primo tempo reclama un rigore per tocco di Hien: l’arbitro Mariani consulta il Var e lascia correre. Nella ripresa il tecnico sostituisce tutto l’attacco facendo entrare Okereke, Felix, Tsadjout e poi Ciofani, ma cambia poco. Cremonese in crisi nera.

IL RICORDO — Nel ricordo di Gianluca Vialli, la Cremonese ha giocato con una maglia speciale sulla quale era stampata una foto dell’attaccante scomparso. Le divise saranno poi messe all’asta e il ricavato andrà alla fondazione Vialli-Mauro.

Fonte : Gazzetta dello Sport
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09/01/2023 23:41
 
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Bologna, non basta Orsolini:
l'Atalanta vince in rimonta
e aggancia la romane

Emiliani subito a segno con l'attaccante marchigiano,
poi nella ripresa Gasp inserisce Boga,
che serve i due assist decisivi a Koopmeiners e Hojlund


Matteo Dalla Vite


I cambi che cambiano. Gasperini li ha e ribalta il Bologna, Thiago Motta ha una panchina che più corta di così non si può e alla lunga la tecnica e le giocate atalantine hanno la meglio. Gasp si infila al quinto posto (con Lazio e Roma) e a meno 3 dall’Inter grazie ai gol brillantissimi di Koopmeiners e Hojlund, mentre il Bologna chiude il filotto di partite utili consecutive in casa perdendo dopo tre vittorie. L’Atalanta vera la si è vista nella ripresa dopo un primo tempo bolognese bello, vero, dinamico e capace di chiudere varchi e idee alla squadra di Gasp che però con Boga e zappacosta (inseriti all’inizio della ripresa, più Ederson e non solo) cambia spartito fino a prendersi la vittoria dopo il 2-2 di La Spezia.

1-O PER SINISA — Thiago Motta è senza Arnautovic, Zirkzee, Barrow, De Silvestri e Bonifazi: Sansone fa il falso-9 muovendosi come tarantolato e dietro a lui il tecnico del Bologna sceglie un dispositivo a 4 con Orsolini e Soriano larghi. Gasperini ha recuperato Zapata e in attacco sceglie anche Pasalic e Hojlund. Entrambe arrivano da una delusione nella giornata precedente e hanno evidentemente l’idea di giocare per un riscatto totale. Detto che il pre-gara è caratterizzato da un ricordo emozionante su video e con 1’ di silenzio per Sinisa Mihajlovic (“Ciao Sinisa, bolognese come noi per sempre” è lo striscione della curva) e Gianluca Vialli, ecco che l’avvio di partita vede il Bologna (in maglia rosa per scopo benefico) attivare subito Musso costretto (minuto 3) a devitalizzare un retropassaggio di Scalvini in scivolata su cross di Sansone. E’ un antipasto del vantaggio al minuto 6’ quando Posch mette una palla innocua in mezzo che Palomino praticamente serve a Orsolini: tiro basso e teso a girare e il Bologna è in vantaggio. Orsolini alza le dita al cielo e dice “E’ tuo”, dedicandolo a Sinisa Mihajlovic.


SPAZI E GIOCO — L’Atalanta arriva vicino alla porta con Palomino (colpo di testa al 13’) ma fatica a trovare le giuste idee anche perché il 4-1-4-1 di Motta mostra una giostra senza punti di riferimenti che manda un po’ in confusione gli uno-contro-uno bergamaschi. Ma l’Atalanta è squadra piena di risorse e tecnica, per cui sa creare situazioni anche ricche: al 17’ i nerazzurri chiedono il rigore per un contatto (lieve) appena dentro l’area fra Soumaoro e Hojlund. Di Bello, appostato a due passi, è deciso: non c’è punibilità in area bolognese. Così come non c’è in area atalantina al 30’ quando Palomino entra pulito sulla palla in controllo di Orsolini. Il Bologna davanti ha idee chiare e spinge e gioca bene; in ripiegamento si ricompatta velocemente in 5 davanti alla difesa e non è facile per l’Atalanta trovare spazi, sbocchi, intuizioni fulminanti: ci prova Hojlund al 33’ ma il suo tiro-cross finisce lontano; poi, ancora Bologna e sprazzi di atalanta. Primo tempo molto casalingo con i nerazzurri che fanno “snocciolare” scontentezze assortite a Gasperini, per niente contento dei suoi.


RIBALTONE E MERCATO — E infatti Gasp fa di tutto perché cominci un’altra gara all’inizio della ripresa: fuori Pasalic (fantasmatico) e Hateboer, dentro Boga e Zappacosta. Passano 2’ e l’Atalanta, che riesce finalmente a far girare palla, orchestra un’azione che apparecchia il pallone per Koopmeiners: botta fotonica da trenta metri e Skorupski non sa come fare. Pareggio e qui, davvero, comincia un’altra partita come Gasperini voleva. E la nuova gara dice che Boga è stata una scelta azzeccata: il suo ingresso porta anche al raddoppio, visto l’assist filtrante che Hojlund infila con astuzia, prontezza e tecnica per l’1-2 al 13’ della ripresa. Thiago Motta fa tre cambi in un colpo (dentro Schouten, Aebischer e Pyyhtia), l’Atalanta resiste nonostante un Bologna corto ma rabbioso. Gasp si prende il quinto posto, Thiago sa di dover ricevere qualcosa dal mercato. Presto. In tribuna, l’agente di Beukema: piace all’Atalanta e al Bologna, ma la Dea ha più opportunità .

Fonte: Gazzetta dello Sport
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SERIE A 2022/2023 17ª Giornata (17ª di Andata)

07/01/2023
Fiorentina - Sassuolo 2-1
Juventus - Udinese 1-0
Monza - Inter 2-2
08/01/2023
Salernitana - Torino 1-1
Lazio - Empoli 2-2
Spezia - Lecce 0-0
Sampdoria - Napoli 0-2
Milan - Roma 2-2
09/01/2023
Verona - Cremonese 2-0
Bologna - Atalanta 1-2

Classifica
1) Napoli punti 44;
2) Juventus e Milan punti 37;
4) Inter 34 punti;
5) Lazio, Atalanta e Roma punti 31;
8) Udinese punti 25;
9) Fiorentina e Torino punti 23;
11) Lecce, Bologna e Empoli punti 19;
14) Salernitana e Monza punti 18;
16) Sassuolo punti 16;
17) Spezia punti 15;
18) Verona e Sampdoria punti 9;
20) Cremonese punti 7.

(gazzetta.it)
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