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Campionato di calcio Serie A stagione 2022/2023 di Award & Oscar FFZ

Ultimo Aggiornamento: 12/06/2023 14:35
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È l'anno dello scudetto?





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Re:
ilpoeta59, 14/01/2023 08:49:



È l'anno dello scudetto?



La squadra di Spalletti se lo merita e Allegri avrebbe dovuto complimentarsi invece di scappare.





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Kvara e Osimhen schiantano la Juve.
Il Napoli vola a +10 e spacca il campionato

Il georgiano (un gol e due propiziati) e
il nigeriano (doppietta) decidono la partita.
La Signora resta in gioco fino al 3-1 di Rrahmani, poi sparisce


Massimo Cecchini


Toscani di terra e di mare. Luciano Spalletti è in comoda tuta casual, Massimiliano Allegri in elegante cappotto scuro. Sembrano lo yin e lo yang del calcio, gli opposti complementari. Lo si vede anche nel calcio che, di base, propongono e che alla fine premia uno straripante Napoli, adesso signore del campionato con 10 punti di vantaggio. Il 5-1 finale, santificato da una doppietta di Osimhen e dalle reti di Kvaratskhelia, Rrahmani e Elmas, a cui risponde solo Di Maria, racconta di un dominio palese e materializzato, che lancia in orbita i partenopei e ridimensiona ancora una volta una Juventus che pareva guarita. Pensavano fosse amore, invece era un calesse, avrebbe detto Massimo Troisi, ma forse questo Napoli, adesso, è troppo per tutti.

GOL E TALENTO — Surfando sull’onda di un Maradona in formato bolgia, la squadra di casa parte forte, accentuando la trazione sul lato destro, dove Politano punge, cercando di sfruttare la grande attenzione di Danilo, Bremer e Alex Sandro su Osimhen, il capocannoniere del campionato. Sull’altro lato Kvaratskhelia sembra ancora nella versione dimessa post-natalizia, ma sarà solo una impressione. Per il resto, affidate le chiavi del gioco a Lobotka, si capisce che quando quest’ultimo viene schermato da Milik, tocca a Zielinski abbassarsi per costruire, mentre Anguissa cerca l’Interno del campo. Tutto molto bello, così come meno spettacolare ma lineare pare il piano partita dei bianconeri. I tre difensori coprono le spalle a una mediana in cui Locatelli cerca di dirigere, cercando più l’appoggio di Rabiot che di McKennie, mentre Chiesa e Kostic hanno il compito di allargare il gioco sulle fasce, creando corridoi per il lavoro di Di Maria, pronto ad agire alle spalle di Milik, alle prese con Kim e l’ansiogeno Rrahmani. Dopo una decina di minuti di studio, il match prende vento. È Osimhen a scaldare il guanti di Szczesny, ma tutto questo è solo l’antipasto dello sblocco. Un minuto più tardi il cross di Politano per Kvaratskhelia è sporcato da Locatelli, la spettacolare semirovesciata del georgiano costringe il portiere juventino alla gran deviazione che sarebbe decisiva se non irrompesse Osimhen per portare il Napoli in vantaggio. È il delirio del Maradona. La Juve sbanda, perché negli spazi che inevitabilmente la squadra di Allegri è costretta a lasciare i velocisti azzurri vanno a nozze. Se al 22’ Rrahmani non sbagliasse un appoggio liberando Di Maria, il cui tiro dal limite scheggia la traversa, la partita si direbbe solo azzurra. Ma è una illusione. i bianconeri lievitano, facendo viaggiare la palla più velocemente, così - dopo che un tiro di Kvaratskhelia finisce alto di parecchio - al 26’ un cross di Kostic trova Milik, il cui colpo di testa impegna Meret mentre sempre di testa, al 31’, Bremer, su angolo, conclude alto. Il Napoli pare in lieve difficoltà, ma nelle praterie la palla a Osimhen arriva con più facilità e così il nigeriano, attirando un raddoppio di Danilo su di lui e favorito da un pessimo intervento di Bremer, libera Kvaratskhelia, il cui piazzato vale il 2-0. Sembrerebbe il colpo del k.o. se i bianconeri non reagissero subito, così sl 42’ è Di Maria ad accorciare le distanze, scambiando prima con Locatelli e poi con Milik prima di fulminare Meret. Il Napoli accusa il colpo, tant’è vero che un cross tagliato di Chiesa, deviato maldestramente da Rrahmani costringe lo stesso Meret a un grande intervento per evitare l’autogol.


SUPER OSIMHEN — Nella ripresa Spalletti sostituisce l’acciaccato Politano con Elmas, ma il piano di gioco non cambia. La Juve prova a sfruttare le palle inattive con Di Maria, il cui angolo diretto, al 7’, fa venire i brividi. Nelle praterie, però, a fare paura è Osimhen, che al 9’ si libera di un incerto Alex Sandro e da posizione defilata impegna Szczesny. Proprio dal corner che ne nasce il match ha un’altra svolta, visto che, sulla ribattuta della difesa, una saetta di Rramhani inchioda i bianconeri a subire il tris. Il difensore albanese naturalizzato dal Kosovo, così, diventa il 17° marcatore diverso stagionale per i partenopei. Allegri non perde tempo e lancia subito Paredes e Kean per Locatelli e Milik. La Juve però sbanda, così Osimhen approfitta di un errore in disimpegno per rubare palla su un altro svarione di Bremer e presentarsi davanti al portiere, calciando alto da ottima posizione. Il Napoli appare padrone del campo e pare maramaldeggiare, con Zielinski che impegna dal limite Szczesny. Gli spazi alle spalle della linea difensiva bianconera diventano crateri in cui galleggia Kvaratskhelia dove gli altri affondano. Nessuna sorpresa che al 17’ proprio il georgiano trovi con un cross tagliato ancora una volta Osimhen, che di testa realizza il 4-1. Una santificazione, visto che finora non aveva mai segnato a Juve, Milan e Inter. Sulla squadra di Allegri grandina, così al 24’ Szczesny deve bloccare un tiro dl limite di Kvaratskhelia. Spalletti a quel questo punto comincia la gestione, sostituendo Mario Rui con Olivera. Il Napoli però non si ferma, così al 27’, sfondando a destra, la cinquina tocca a Elmas, il cui tiro viene deviato in modo imparabile da Alex Sandro. È il colpo di grazia che manda in archivio il match ben prima della fine. Il rosario di cambi da parte di entrambi gli allenatori servono solo a lanciare gli “olé” del Maradona ai fraseggi dei padroni di casa, che chiudono dominatori. La striscia di vittorie della Juve si chiude, il Napoli vola nel cielo della classifica e non vuole più fermarsi.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Il Monza vola poi trema.
Ma la doppietta di Caprari
fa sprofondare la Cremonese

I brianzoli sbloccano subito il match dopo 8' con Ciurria.
Poi fa tutto l'attaccante: rigore al 18' e gol del 3-0 al 55'.
Ciofani al 67' e Dessers all'83' riaprono il match, ma non basta.
Grigiorossi ancora senza vittorie


Pierfrancesco Archetti


L’orgoglio tardivo della Cremonese non basta a recuperare una partita che ha cambiato senso, ma non esito, verso la fine: da 0-3 a 2-3, per l’allenatore Alvini è arrivato il capolinea. Il Monza prima domina, poi gestisce con sofferenza il ritorno dei padroni di casa, tanto che un prodigio del portiere Di Gregorio evita il 3-3 a Ciofani (in coabitazione con Carlos Augusto).

MONZA SPRINT — La squadra di Palladino comunque prosegue con il suo ritmo da Europa. Il Monza infila il quarto risultato utile consecutivo: ha aperto l’anno con i pareggi a Firenze e in casa con l’Inter. Prosegue con questo successo, sono otto i punti consecutivi. Come a Verona, la Cremonese si squaglia dopo pochi minuti: al 19’ è già sotto per 2-0, nella partita precedente il doppio svantaggio era arrivato al 26’. L’azione collettiva dei monzesi nasce da Carlos Augusto e Machin, il cross sull’altro lato viene raccolto da Birindelli, prolungato da Petagna e infilato in rete da Ciurria, in gol anche contro l’Inter. Il raddoppio avviene su rigore segnalato dal Var a Massa, dopo che lo stadio si era dimenticato di un’azione molto precedente e protestava per un’ammonizione a Birindelli. Viene punito il fallo di Ghiglione su Izzo e Caprari raddoppia dal dischetto.

TENTATIVO DI RIMONTA — La Cremonese, ancora a zero vittorie, viene infilata anche da Caprari, che brinda alla doppietta su servizio di Petagna, al 55’. I cambi di Alvini però danno più concretezza sotto porta. Nel duello Ciofani-Di Gregorio, il portiere è bravo a respingere un primo tentativo ma non può nulla su un colpo di testa ravvicinato. Mentre il Monza gigioneggia in contropiede, la Cremonese si avvicina ancora con Dessers, ma dopo non trova il colpo del pari e non si schioda dall’ultimo posto. Il Monza invece vola a 21 punti.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Milan, 2-2 in rimonta a Lecce e il Napoli va a +9


Padroni di casa in vantaggio con l'autorete
di Theo Hernandez e il gol di Baschirotto.
Nella ripresa reazione rossonera con le reti di Leao e Calabria


Marco Fallisi

Cambiando l’ordine dei fattori il prodotto non cambia: da 2-0 a 2-2 con la Roma, da 0-2 a 2-2 con il Lecce, ma per il Milan il bicchiere resta comunque mezzo vuoto. Il vuoto, a proposito, lo fa il Napoli, ora a +9 sui rossoneri, attesi mercoledì dal derby di Supercoppa che a questo punto della stagione ha tutta l’aria di uno spartiacque sull’annata dei campioni d’Italia: la vittoria del trofeo chiuderebbe il momentaccio e rilancerebbe la banda Pioli dal punto di vista mentale; una sconfitta, diversamente, manderebbe tutti al banco degli imputati, con uno scudetto quasi già in tasca a Spalletti e gli ottavi di Champions con il Tottenham da giocare col morale sotto le scarpe. Per oltre un’ora, il Lecce ha accarezzato l’idea dello scalpo milanista, ma esce comunque tra gli applausi dei suoi tifosi: siamo a sei risultati utili di fila, e la lezione di calcio inflitta a Leao e compagni nel primo tempo rimarrà nella memoria a lungo.

MILAN HORROR — Nel primo tempo c’è solo una squadra in campo: il Lecce affamato e aggressivo che Baroni ha disegnato alla perfezione, una squadra pressoché perfetta alla quale i due gol rifilati ai campioni d’Italia vanno persino stretti. Con un pizzico di fortuna in più, i tifosi giallorossi avrebbero potuto esultare per un risultato ancora più rotondo. Dall’altra parte c’è un Milan che Pioli prima del match aveva promesso “determinato”, e che invece al Via del Mare manda in scena un inquietante festival dell’approssimazione: distanze sempre sbagliate tra i reparti, errori di distrazione, scontri tragicomici nel cuore dell’area da “vado io o vai tu?”. Il risultato è almeno una mezzora di dominio leccese, certificato dai due gol che mettono in ginocchio il Milan: al 3’ Kalulu perde un pallone in uscita e lo consegna a Di Francesco, che crossa in mezzo trovando la deviazione di Theo Hernandez. Uno a zero e diavoli in bambola. Ancora Di Francesco e poi Strefezza, le due ali che fanno ammattire la difesa rossonera con tagli e cambi di gioco sui fianchi, sfiorano il gol ma non inquadrano di poco. Al 23’ è 2-0: sugli sviluppi di un solito piazzato, Hjumland pesca al centro la testa di Baschirotto, che infila a due passi da Kalulu. Il francese è in confusione totale: entra su entrambi i gol dei salentini. Che mettono ancora i brividi a Tatarusanu poco dopo, con un’occasione colossale che Gendrey getta al vento: il suo colpo di testa su cross di Di Franceso finisce clamorosamente a lato. Per i primi veri segnali di Milan occorre aspettare il 43’, quando una bella girata di testa di Giroud chiama Falcone alla deviazione in angolo. Il tiro di Pobega al 10’, murato da Falcone, è stato un lampo nel buio. Siamo ai minimi storici: in questa stagione un Milan così brutto e impotente non si era visto nemmeno nelle batoste di Champions con il Chelsea.

SCOSSA — La ripresa si apre con due cambi milanisti: fuori Theo, tra i peggiori, e Saelemaekers, dentro Dest e Messias. Niente cambi di sistema, quanto piuttosto una sterzata di Pioli: anche un intoccabile come Hernandez, se in serata flop come qui a Lecce, può finire fuori. Il Lecce nei primi 45’ ha speso tantissimo e adesso si vede: il Milan guadagna terreno e fiducia, e soprattutto ritrova l’organizzazione in mezzo e qualche buona idea per andare in verticale. E così al 58’ i diavoli sfondano: Pobega trova Giroud, al francese si oppone ancora Falcone ma la palla, toccata da Baschirotto, finisce a Leao che indovina l’angolo più lontano. È la scossa giusta, alla quale Pioli ne aggiunge un’altra richiamando in panchina Diaz per Origi: si tenta l’assalto col doppio centravanti. Quello con più esperienza, Giroud, fa la cosa giusta al 70’: torre magnifica per Calabria, che infila di testa il 2-2. In una partita così, come è quasi logico aspettarsi, i venti minuti finali scorrono più di pancia che di testa, da entrambe le parti. Il Milan centra un palo con Messias che però è in fuorigioco, il Lecce sfiora il colpaccio con una serpentina ubriacante di Gallo e un pallone in mezzo velenosissimo, che Tomori devia in angolo. Finisce così, e a sorridere è solo il Lecce.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Basta Lautaro contro il Verona:
l'Inter agguanta la Juve ed è a un punto dal Milan



La rete dell'argentino al 3' decide la partita.
I nerazzurri di Inzaghi sono terzi assieme alla Juventus


Andrea Ramazzotti

Vince senza dare spettacolo l'Inter che doma il Verona grazie a una rete di Lautaro e aggancia al terzo posto in classifica la Juventus. Il Napoli resta lontanissimo, a +10, ma in compenso Inzaghi mercoledì si giocherà il derby di Supercoppa a Riyad con il morale più alto rispetto al Milan, fermato a Lecce. Reduci dal deludente 2-2 di sabato a Monza e dal sofferto passaggio del turno in Coppa Italia, i nerazzurri confermano di non essere in un gran momento complice una mediana incerottata. Il gioco non decolla e l'Hellas, pur tirando una sola volta nello specchio, resta così in corsa fino alla fine. San Siro, ancora una volta pieno (oltre 70.000 spettatori), si aspettava di più ma alla fine applaude l'ottava vittoria di Skriniar e compagni nelle ultime 10 giornate.

NEL SEGNO DEL TORO — Rispetto alla sofferta vittoria in Coppa Italia, Inzaghi recupera Calhanoglu, di nuovo regista con Gagliardini e Mkhitaryan ai suoi lati; in attacco riecco Dzeko insieme a Lautaro. Zaffaroni e Bocchetti invece schierano la stessa formazione reduce dalla vittoria contro la Cremonese, con Kallon e Lazovic alle spalle di Djuric. L'Hellas inizia pressando alto, come aveva fatto il Parma mercoledì, ma l'Inter approccia bene la gara e passa subito, con una bella azione di Mkhitaryn, conclusa da un tiro di Gagliardini ribattuto da Ilic. Il pallone però finisce sui piedi di Lautaro che mira il palo alla destra di Montipò e lo trafigge: per l'argentino campione del mondo è il terzo gol del 2023. Il Toro è in palla: viene stoppato con il fisico da Hien prima che possa calciare e poi da Montipò, su cross di Gagliardini. Il Verona non si scoraggia e, con i suoi uno contro uno a tutto campo, rallenta la costruzione di Inzaghi: il tecnico interista prova a ovviare abbassando Calhanoglu o sfruttando i lanci lunghi di Onana, ma, avanti di un gol, le sue attenzioni sono principalmente rivolte alla fase di non possesso. Vietato lasciare spazi tra le linee a Lazovic o agli inserimenti dei centrocampisti sulle "spizzate" di testa di Djuric, abile sui palloni alti. Ecco perché i nerazzurri finiscono per abbassarsi troppo, faticano a rendersi pericolosi e concedono qualcosa di troppo agli avversari. All'intervallo Skriniar e compagni sono comunque avanti.

ZERO SPETTACOLO — L'Inter riparte con più voglia di far male, ma la mira non è quella giusta e così il Verona ha il tempo per riorganizzare i suoi duelli a tutto campo che obbligano a un super lavoro con i piedi Onana. Dopo 12 minuti Zaffaroni cambia qualcosa in avanti, con Sulemana per Kallon, anche se la sterzata più decisa, complice un triplice cambio (Veloso per Tameze, Magnani per Dawidowicz e Lasagna per Ilic) la dà a metà ripresa, per giocarsi il tutto per tutto. E così, dopo una prima frazione senza tiri nello specchio, Sulemana impegna il camerunese che devia in angolo. Inzaghi risponde con Correa e Asllani per Dzeko e Calhanoglu: forse pensa a gestire il match, forse proietta lo sguardo al derby di Supercoppa di mercoledì. L'Hellas resta attaccato alla partita, lotta su ogni pallone e per cercare di limitare i gialloblù, controllando il ritmo, ci vogliono anche le forze fresche di Barella e Gosens, che rilevano Mkhitaryan e Dimarco. Asllani sfiora il 2-0 con un gran tiro da fuori, il Verona risponde con tre attaccanti tutti insieme a battagliare (Djuric, Piccoli e Lasagna). Onana non corre pericoli, pur restando sotto pressione. Alla fine esulta con i compagni per l'1-0, lo stesso risultato di Inter-Napoli del 4 gennaio. Anche se 10 giorni fa la prestazione era stata... un'altra cosa.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Zaccagni e Felipe Anderson,
la Lazio batte il Sassuolo e
riprende la corsa europea



I biancocelesti segnano allo scadere del primo
tempo su rigore e nel recupero con il brasiliano:
un successo importante che scaccia le ombre sulla squadra di Sarri.
Si ferma Immobile, costretto a uscire al 15'.
Neroverdi in crisi profonda


Stefano Cieri

Torna al successo la Lazio ed esce così dalla mini-crisi di questo inizio d’anno. Buio pesto invece per il Sassuolo che incassa la quarta sconfitta consecutiva e vede pericolosamente avvicinarsi la zona retrocessione. La formazione di Dionisi stavolta non ha neppure l’attenuante del gioco, solo quella delle assenze. Delude contro una Lazio peraltro non particolarmente scintillante, attenta a mostrarsi più quadrata che bella. La formazione di Sarri si impone con due gol segnati nei minuti di recupero dei due tempi. Il gol che sbocca la gara arriva in coda al primo tempo grazie al rigore trasformato da Zaccagni. Il definitivo 2-0 è di Anderson al quarto dei cinque minuti di recupero. Unica nota stonata per i biancocelesti l’infortunio di Immobile. L’attaccante si ferma dopo appena un quarto d’ora per un problema muscolare. Si teme uno stiramento.

ZACCAGNI PRIMA DELL’INTERVALLO — Il Sassuolo comincia in maniera volitiva e nei primi cinque minuti si rende pericoloso con Laurentie, ma entrambe le conclusioni del francese vengono deviate in angolo. La Lazio risponde subito, al 6’, con una doppia conclusione Zaccagni-Anderson. Il tiro dell’ex Verona viene respinto con qualche difficoltà da Pegolo, sulla ribattuta Anderson spara alto da ottima posizione. Queste prime schermaglie sembrano fare da preludio ad una gara ricca di emozioni da una parte e dall’altra. E invece si tratta di un fuoco di paglia. La partita va infatti in letargo, con le due squadre che preferiscono controllarsi piuttosto che affondare. A spegnere gli ardori della squadra di Sarri provvede anche l’infortunio di Immobile che si arrende dopo appena un quarto d’ora per un problema muscolare (risentimento al flessore della coscia destra, si teme uno stiramento). Sarri fa entrare Pedro e sposta Anderson al centro nel ruolo di falso nueve. La Lazio fa fatica a calarsi in questa nuova versione senza il suo bomber al centro e non produce praticamente nulla fino ai minuti finali del tempo. Il Sassuolo, visibilmente contratto dopo le ultime scoppole, non ne approfitta, anche se di tanto in tanto si fa vedere dalle parti di Provedel. Il portiere laziale deve intervenire due volte attorno al 44’ per neutralizzare le conclusioni di Laurentie e Frattesi. Ma un minuto dopo ecco la Lazio risvegliarsi all’improvviso. Una combinazione Luis Alberto-Pedro porta quest’ultimo a una conclusione su cui Tressoldi si immola. Ma sul seguente angolo la traiettoria di Luis Alberto trova la testa di Milinkovic: Toljan intercetta la palla con la mano ed è rigore (che Pairetto decreta solo dopo l’intervento del Var). Dal dischetto realizza Zaccagni.

CHIUDE FELIPE — La ripresa comincia con il Sassuolo alla ricerca del pareggio. Dionisi butta dentro Maxim Lopez per Obiang e Defrel per lo spento Alvarez. Successivamente il tecnico giocherà anche le carte Ceide (per Laurentie) e Thorstvedt (per Traore). Ma la squadra di casa appare poco lucida, soprattutto al momento dell’ultimo passaggio. Così, a parte qualche mischia in area che per poco non si concretizza, l'unica vera palla-gol degli emiliani nella ripresa è un colpo di testa di Frattesi su angolo di Berardi: la conclusione del centrocampista finisce di poco alta. Più efficace la Lazio che, pur senza dannarsi l’anima, controlla le operazioni a centrocampo e si rende pericolosa in contropiede. Il 2-0 potrebbe arrivare al quarto d’ora se Anderson capitalizzasse meglio l’ottimo assist di Milinkovic. O cinque minuti più tardi se Pedro fosse più preciso sul paesaggio di Luis Alberto. Così la squadra di Sarri deve soffrire fino in fondo. Il raddoppio che chiude la gara arriva infatti al quarto dei cinque minuti di recupero con Felipe Anderson che sfrutta una indecisione di Tressoldi e va tutto solo a segnare il gol del 2-0.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Il Toro paga la stanchezza.
Lo Spezia sbanca l'Olimpico
col rigore di Nzola

Dopo il colpo col Milan in Coppa Italia, granata sconfitti in casa dalla squadra di Gotti.
Decide il penalty per fallo di mano di Djidji al 28'


Mario Pagliara


Le tante energie spese mercoledì nei 120 minuti di Coppa Italia tradiscono il Toro. Favorendo il colpaccio esterno dello Spezia che passa all’Olimpico Grande Torino grazie a un rigore trasformato da Nzola nel primo tempo, e nella ripresa prende una traversa con Gyasi. Tre punti di platino per i liguri nella corsa salvezza, punizione molto severa per i granata invece che, dopo il capolavoro di San Siro, frenano in campionato: due punti tra Verona, Salernitana e Spezia nei primi tre impegni del 2023 sono decisamente pochi.

POCHE ENERGIE — Juric conferma i reduci della notte di San Siro. L’unica novità nell’undici è l’inserimento di Vojvoda sulla sinistra (a Milano era partito Rodriguez), gli altri dieci sono i protagonisti che hanno avviato il capolavoro di Coppa Italia. Scelta rischiosa, essendo la quarta partita in dieci giorni e a distanza così ravvicinata dal mercoledì di San Siro. Forse troppa riconoscenza da parte del tecnico verso chi lo ha fatto grande a San Siro. Una scelta che, alla fine, si dimostrerà sbagliata. Il Toro tiene molto palla nella prima mezzora, inizia con due-tre lanci indovinati di un Ricci abbastanza ispirato, ma poi sulla trequarti finisce per smarrirsi. Paga le poche energie rimaste nel serbatoio, e infatti all’intervallo ci va senza aver tirato nemmeno una volta nello specchio di Dragowski.

NZOLA DI RIGORE — Lo Spezia, invece, non deve fare certo i conti con questa problematica. Gotti può presentare la sua formazione migliore, uomo su uomo: 3-4-1-2 il modulo di avvio, con una particolare sensibilità sulla posizione di Agudelo avanzato alle spalle delle due punte Nzola-Gyasi. Non fa molta fatica, lo Spezia, a contenere la prima discreta mezzora di palleggio del Toro. I granata girano la palla ma viaggiano sotto ritmo, agevolando il piano di Gotti di chiudere, rompere e ripartire. Al primo contropiede (23’) Holm impegna Milinkovic. Quattro minuti dopo, poi, arriva l’episodio che spezza l’equilibrio: Reca conclude dall’interno dell’area, gli si oppone Djidji che si gira di spalle allo spezzino. La palla sbatte sul braccio destro di Djidji, e l’arbitro Ghersini assegna un rigore che Nzola al 28' non fallisce. Al 45’ al Toro è annullato il pari di Vlasic per il fuorigioco di Sanabria, ma la reazione è timida. Ospiti avanti a metà partita.

TRAVERSA DI GYASI — Quando si riparte, Juric inserisce subito due cambi: Linetty per Lukic e Rodriguez per Schuurs. Al primo minuto, tripla occasione per il Toro nella stessa azione con Vlasic, Singo e Linetty: tutti e tre i tentativi murati dalla difesa ospite. Juric avrà alzato la voce nello spogliatoio, perché nel primo quarto d’ora della ripresa il Toro si mostra almeno con più voglia. E’ più una fiammata che un tentativo vero di risalire la corrente: i granata non riescono a rimontare il gol di svantaggio, anzi è lo Spezia ad andare vicinissimo al raddoppio con la traversa di Gyasi (65’). Scavalcata l’ora di gioco, entrano Karamoh (per Sanabria) e Radonjic (per Miranchuk) per vivacizzare l’attacco. Lo Spezia non si limita a tenere botta, risponde colpo su colpo presentandosi con regolarità in zona offensiva. I primi cambi di Gotti cadono a quindici minuti dalla fine con dentro Ekdal e Ferrer (fuori Holm e Bourabia). Non è giornata per il Toro che sfiora il pari solo al terzo minuto di recupero con un colpo di testa di Djidji controllato in tuffo da Dragowski. Per lo Spezia è una giornata di festa.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Bologna, che carattere:
Sansone e Posch ribaltano l'Udinese.
Sottil in crisi, squadra in ritiro

Apre Beto dopo 10’ poi sale in cattedra la Var:
due gol annullati e un lungo stop per un rigore non concesso ai rossoblù.
Nella ripresa la squadra di Motta cambia passo,
bianconeri a secco di vittorie da 10 turni


Matteo Dalla Vite


L’Udinese non vince dal 3 ottobre e colleziona la… decima. La decima non-vittoria (e da stasera tutti in ritiro, come ha ufficializzato Pereyra nel post partita). Il Bologna, feroce e letale nonostante l’assenza di 8 giocatori, fa il colpaccio in virtù di una gara nella quale ha sempre messo l’idea di potercela fare. C’è stato di tutto: rigori non dati, gol cancellati (due), Var, un palo (di Barrow nel finale). E in virtù di una ripresa tosta e calibrata per qualità, capacità, tenuta atletica e volontà, il Bologna ha meritato di ribaltare il tutto: dopo il gol di Beto nel primo tempo (al quale è stato annullato il 2-0 per fuorigioco di Becao), ecco il pari di Sansone e il raddoppio di Posch alla seconda rete in campionato. L’Udinese non riesce a vincere da oltre cento giorni, mentre il Bologna torna a vincere in trasferta dopo la gara di Monza.

BETO SENZA BIS — Gerard Deulofeu, la cui ultima gara è datata 12 novembre, non c’è nonostante le previsioni: Sottil mette Success e aspetta che lo spagnolo recuperi nella maniera più adeguata, visto che nella rifinitura di stamattina avrebbe detto di non sentirsi al massimo e totalmente pronto. Il Bologna è senza otto uomini fra acciaccati, squalificati e scelte: Motta ritrova Barrow e "ripesca" Kasius (che entrano nel finale), Sansone fa il Falso-9 e Moro si riprende il centrocampo secondo un 4-1-4-1 che deve cercare di reagire dopo due sconfitte di fila contro Roma ad inizio anno nuovo e Atalanta in casa. Il pre-gara viene dedicato a Sinisa Mihajlovic, applauso di tutta la Dacia Arena, poi l’inizio della gara viene contrassegnato da due occasioni dell’Udinese: doppio tiro fuopri di Beto e Success. Al nono c’è l’occasione più bella del Bologna che però, nel ribaltamento di fronte, porta al gol dei friulani: Orsolini, con la porta praticamente sguarnita, cerca il pallonetto e non trova la porta ma poi è Beto a realizzare subito l’1-0 su assist di Success. Grande gol e l’Udinese dopo 10’ è in vantaggio. Il Bologna cerca di reagire ma è l’Udinese a mettere dentro il 2-0 poi annullato con check-Var: ancora Beto su assist di Becao, ma questa volta non vale per fuorigioco del difensore friulano. Al 18’ Orsolini chiede un rigore: la trattenuta di Udogie c’è ma Volpi decide – erroneamente – che non è punibile.

TUTTO VAR — Alla fine del primo tempo ti rendi conto che è più protagonista il Var che altro. Perché oltre al 2-0 annullato a Beto, ecco che c’è bisogno di Abbattista in due occasioni. Al 36’ una conclusione di Sansone viene controllata: c’è stato o meno un colpo di mano di Bijol? Il Var alla fine dice che non c’è stato alcun tocco, rimessa dal fondo. Poi, al 45’, Sansone segna su assist di Aebischer ma – dopo 3’ di Var – viene pescato in fuorigioco. Recupero che si alza e Bologna ancora in svantaggio dopo aver creato tanto – come l’Udinese – ma recriminando per un più che possibile rigore di Udogie su Orsolini.

SANSONE E PALO — La ripresa vede il Bologna arrivare al pari ma dopo un altro brivido: Udogie piazza un diagonale al 9’ dopo esitazione fra Soumaoro e Lucumi, a lato. Passano 5’ e a Sansone (prima rete in campionato) non viene annullato il gol: tiro secco da centro-area dopo assist di Moro. Pari anche giusto che gasa gli uomini di Motta e mette Sottil nell’idea di infilare Samardzic e Arslan: proprio quest’ultimo ci prova ma Skorupski c’è, mentre il Bologna alla lunga cambia due uomini (dentro Cambiaso e Soriano) cercando di vincerla nonostante le tante e gravi assenze. E il gol dell’1-2 arriva grazie a Posch: angolo di Orsolini, spizza Schouten e l’austriaco infila in solitaria il vantaggio del Bologna. Udinese sconfitta e che non gioisce da oltre cento giorni, a Motta segnali importanti da una squadra falcidiata eppure resiliente e rispettabilissima e che prende un palo finale con Barrow.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Atalanta esagerata, 8-2 alla Salernitana!
La Dea resta in scia Champions



I bergamaschi schiantano i campani con un primo tempo travolgente:
in gol anche Boga, Scalvini, Ederson e Zortea, inutili le reti di Dia e Nicolussi Caviglia.
Crisi profonda per la squadra di Nicola


Andrea Elefante

La forza d'urto dell'Atalanta si scontra con la presunzione (nelle scelte di Nicola) e la mollezza della Salernitana e ne esce un clamoroso 8-2 che rilancia le ambizioni europee dell'Atalanta, proprio alla vigilia della sfida alla Juve (da giocare però senza lo squalificato Koopmeiners) e fa riflettere il club granata sull'operato del tecnico e il suo futuro. Gasperini si coccola il suo arsenale offensivo: Hojlund travolgente, Boga ritrovato con gol e assist, doppietta per Lookman e anche buoni segnali da Zapata. In più i gol di Koopmeiners, Ederson e Zortea: lampi ritrovati della squadra che travolgeva le avversarie. Finalmente anche in casa.

LE SCELTE — Gasperini conferma la linea difensiva e i due olandesi (De Roon e Koopmeiners) seppur entrambi diffidati, preferisce Zappacosta a Hateboer con Ruggeri confermato sulla sinistra (quattro delle ultime cinque da titolare, è la terza di fila), ma davanti alza il tasso di offensività schierando anche Boga, assieme a Lookman e Hojlund, in un 3-4-3. Nicola risponde con lo stesso assetto, allargando a destra Vilhena, per "accompagnare" Dia e Piatek: l'escluso è Bonazzoli. Poche scelte in difesa: il tecnico non ha Daniliuc e Bronn, non rischia Gyomber, dunque con Fazio ci sono l'ex Lovato e Pirola, che soffriranno molto, ma non più dell'esperto centrale.

PRIMO TEMPO— La serataccia per la Salernitana si materializza dopo cinque minuti scarsi, quando Boga inventa un dribbling dei suoi, ne semina tre (il secondo con rimpallo) e converge per il tiro, deviato da Pirola. Partita in discesa, la Dea fa quasi subito di tutto per complicarsela e su rinvio lungo di Ochoa, Piatek fa sponda per Dia, che approfitta di uno smarrimento di Toloi per segnare l'1-1. Ma non è la solita Atalanta che accusa il colpo e serve la prima parte del solito show di Ochoa per rinviare il 2-1: il portiere messicano aveva già detto no di piede al 2-0 di Koopmeiners, al 12' lo nega a Lookman e poi anche a Boga, che aveva colpito di testa ma su azione viziata da fuorigioco. Ma a quel punto si è scatenato il temporale Hojlund, che aveva già reclamato un rigore per fallo di Fazio e nel giro di 20' ne prende due, tartassando il malcapitato argentino, che non lo tiene mai. Il primo lo realizza Lookman, ma con un tiro difettoso e quasi respinto da Ochoa, il secondo lo sbaglia Koopmeiners, che però rimedia segnando il 4-1 dopo respinta del portiere. Nel frattempo l'Atalanta aveva già allungato al 23', su corner tagliatissimo di Koopmeiners e colpo di testa di Scalvini a bruciare Coulibaly. Ma l'indemoniato Hojlund non era appagato dai due rigori procurati e anche un po' indispettito dalla parata di Ochoa - ancora - al 28', che gli aveva negato la gioia personale. Così, su lancio di De Roon, al 41'si è fatto quaranta metri abbondanti di campo, prima corpo a corpo e poi bruciando Fazio, e infilando poi il 5-1 con un radente di sinistro sull'altro palo.

SECONDO TEMPO — A poco serve, a Nicola, modificare un po' l'assetto riportando Vilhena a infoltire il centrocampo. Un sussulto con fuga di Dia sul cui invito Piatek non arriva di un soffio, poi Lookman allunga ulteriormente con una sassata di destro (9° gol in campionato) e la valanga continua a travolgere, fregandosene del 6-2 firmato da Nicolussi Caviglia, ancora attivato da Dia. Gli ultimi due gol sono dell'ex Ederson che piazza all'incrocio e non esulta e di Zortea, su assist di Zapata, con sterzata di qualità. E il non gol non arriva solo perché la traversa nega il 9-2 al sinistro rabbioso di Koopmeiners. Ma la Salernitana era già idealmente sotto lo spicchio dei suoi tifosi, a chiedere scusa.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Abraham ricama, Dybala colpisce.
E la Roma sogna: è a -3 dalla Champions

Doppietta dell'argentino su doppio assist dell'inglese.
Sconfitta la Fiorentina, in dieci dal 24' per l'espulsione di Dodo


Andrea Pugliese



Abraham costruisce e Dybala pennella. La Roma supera per 2-0 la Fiorentina proprio grazie alla sua coppia di attaccanti, con l’inglese che stavolta si distingue per i due assist e l’argentino che è il solito immenso gigante. Il primo gol è un gioiellino di coordinazione e capacità balistiche, il secondo un tap-in perfetto a chiudere i giochi. Con questo successo la Roma aggancia Lazio e Atalanta e si porta a -3 dalla zona-Champions. Per la Fiorentina, invece, una partita comunque giocata a viso aperto, nonostante le follie di Dodo, che dopo 24’ di gioco è già sotto la doccia per un doppio giallo.

MAGO DYBALA — Mourinho deve rinunciare a Zaniolo per indisposizione, Italiano tiene ancora Gonzalez in panchina dal via. La partita fatica a decollare, c’è tanto possesso palla ma poca verticalità. Un paio di tiri parati da fuori di Zalewski da una parte e Amrabat dall’altra, ma poi poco altro degno di interesse. A cambiarle volto ci pensa allora Dodo, che dopo aver preso il primo giallo per una trattenuta a campo aperto su Zalewski dopo appena 3’ di gioco, si ripete al 24’ con un’entrata inutile in corsa, sempre sul polacco. In inferiorità numerica, Italiano decide però di volersela giocare ancora e si riposizione con un 4-2-3, buttando dentro Venuti al posto di Duncan e abbassando Bonaventura in mediana. Ikonè così ha anche una buona occasione dopo un coast to coast, ma si dimentica di tirare. E allora è la solita immensa magia di Dybala (complice una deviazione di Milenkovic) a regalare il vantaggio alla Roma, con un gioiello dell’argentino che è un misto di balistica e coordinazione. Poi la Roma protesta a fine tempo anche per un mani evidente di Ikonè in area, ma l’arbitro e il Var lo considerano involontario perché arriva dopo un tocco di piede del francese.

ANCORA PAULO — Allora le mosse di Italiano ad inizio ripresa sono Barak e Gonzalez (per Ikoné e Jovic), per cercare di dare maggiore dinamismo alla squadra e rinforzare nel contempo il centrocampo. Ed in effetti la squadra viola così trova maggior equilibrio e gestisce meglio il possesso, anche se alla fine colleziona solo una serie di angoli e poco più. Dopo un palo di Celik su cui Giua chiama un fuorigioco inesistente, l’occasione d’oro però al 15’ ce l’ha Abraham su uno svarione difensivo di Bonaventura, ma l’inglese cade da solo in area e spreca tutto. Allora per congelare i risultato Mou toglie i ragazzi (Zalewski e Bove) e mette dentro l’esperienza di Spinazzola e Matic. E al 37’ arriva anche il 2-0 giallorosso: Cristante inventa per Abraham, che regala l’assist a Dybala per il raddoppio. Prima della fine c’è ancora spazio per l’ovazione finale per Dybala e l’esordio assoluto in giallorosso di Solbakken.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Empoli, 3 punti d'oro:
Ebuehi gol, finale rovente per
l'1-1 di Colley al 97' annullato al Var

I doriani si svegliano dopo essere andati sotto.
Il pari tolto dall'arbitro Santoro che dopo avere consultato
il Var ravvisa un fallo di mano di Gabbiadini sull'azione del gol


Salvatore Malfitano


Doveva essere la gara dei grandi ex, da Caputo a Lammers passando per Verre. Doveva essere un’occasione da sfruttare per la Sampdoria, per riemergere dalle sabbie mobili. Non è stato nulla di tutto questo. La squadra di Dejan Stankovic non approfitta delle sconfitte di Sassuolo e Salernitana e cade in casa dell’Empoli, lasciando invariate le distanze. Meglio i toscani, anche se nella ripresa cedono maggiormente l’iniziativa ai blucerchiati rischiando di essere raggiunti. La rete che decide l’incontro la segna Ebuehi, fedelissimo di Paolo Zanetti che lo aveva avuto a Venezia, che all’inizio del secondo tempo sovrasta di testa la difesa empolese per un ulteriore scatto verso una salvezza serena. Ciò che però farà discutere è il finale controverso, che ha visto a recupero ampiamente scaduto l’annullamento del pareggio segnato da Colley, per un tocco di mano di Gabbiadini giudicato volontario nel corso dell’azione.

LA PARTITA — Fin dai primi minuti, l’atteggiamento delle due formazioni è molto simile: azioni manovrate, pochissimi lanci lunghi e pressione alta sulla costruzione avversaria. Zanetti e Stankovic si affidano agli ex della gara in avanti, con Caputo e Lammers chiamati ad incidere. È l’Empoli, in ogni caso, a farsi preferire in termini di occasioni. Al 10’ è Marin a chiamare in causa Audero al termine di una manovra avvolgente a ridosso del limite dell’area. Sette minuti dopo, Vicario non s’intende con Bandinelli e Vieira recupera un pallone pericolosissimo, senza però riuscire a servire Gabbiadini che avrebbe avuto la porta quasi spalancata. Il portiere della Sampdoria respinge la conclusione di Ebuehi (24’), i blucerchiati poi sfiorano il vantaggio al 28’ con l’ottimo colpo di testa di Leris sul cross di Augello che si stampa sulla traversa. Nel finale di primo tempo, brutta reazione di Parisi dopo un fallo gratuito di Lammers: l’arbitro Santoro ammonisce, ma l’esterno dei toscani rischia il rosso. In pieno recupero bella triangolazione tra Satriano e Bandinelli, l’ex Inter in spaccata non riesce ad inquadrare la porta.

LA RIPRESA — Nessun cambio all’intervallo e la partita nel complesso riprende proprio nel modo in cui si era andati a riposo. Stavolta è Caputo a cercare Satriano in area, l’attaccante anticipa Colley di tacco sul primo palo, anche in questo caso senza centrare i pali (47’). La risposta della Samp è immediata, al 51’ serve uno strepitoso intervento di Vicario, che devia in angolo, sul piatto di Vieira da fuori area diretto all’angolino. Tre minuti più tardi, l’incontro si sblocca: sul calcio d’angolo da sinistra battuto da Marin, Ebuehi svetta più in alto di tutti per mettere alle spalle di Audero. Le squadre si allungano, l’Empoli prova ad approfittarne con Caputo che ci prova in diagonale, trovando però ancora le mani dell’estremo difensore blucerchiato. Gli allenatori cambiano molto poco dopo l’ora di gioco: Stankovic manda dentro Winks, Zanoli e Sabiri (fuori Leris, Amione e Verre), Zanetti inserisce Pjaca e Haas per Baldanzi e Bandinelli. Il centrocampista marocchino ci mette qualche secondo per farsi notare, con un tiro dalla distanza che costringe Vicario alla parata. Le speranze di pareggio degli ospiti si dissolvono ancora su un suo intervento, con cui rimedia al buco di Luperto che permette a Gabbiadini di calciare in area all’82’. Gli ultimi minuti sono di sofferenza, per l’Empoli, costretto a giocare con un uomo in meno per l’infortunio di Ismajli che arriva dopo le cinque sostituzioni. Così c’è ancora tempo per un altro: Lammers punta la difesa, arriva sul limite e calcia sul primo palo, Vicario ancora una volta è insuperabile e non si lascia sorprendere.

FINALE CONCITATO — Nei secondi finali succede l’impossibile. Su un calcio di punizione, su cui si sarebbe conclusa la gara, sempre Vicario è miracoloso su Colley; sugli sviluppi dell’azione, c'è un contatto tra Gabbiadini e Luperto al limite dell'area. Cadendo l'attaccante doriano tocca il pallone con la mano, Audero in proiezione offensiva suggerisce con uno scavino la palla che, dopo un tocco successivo, arriva nuovamente a Colley che con un preciso diagonale segna un insperato pareggio. Santoro però viene richiamato da Marini e Guida ad una on-field review: Gabbiadini, in caduta dopo lo scontro con Luperto, tocca involontariamente il pallone con un braccio. Il direttore di gara annulla la rete, sbagliando: non è un intervento punibile. Semmai avrebbe potuto prendere in considerazione il contatto di gambe Gabbiadini-Luperto. E così dopo oltre cento minuti a spuntarla è l’Empoli. Diluvia sul Castellani, ma le nuvole più nere sono quelle che si addensano sulla Sampdoria.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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SERIE A 2022/2023 18ª Giornata (18ª di Andata)

13/01/2023
Napoli - Juventus 5-1
14/01/2023
Cremonese - Monza 2-3
Lecce - Milan 2-2
Inter - Verona 1-0
15/01/2023
Sassuolo - Lazio 0-2
Torino - Spezia 0-1
Udinese - Bologna 1-2
Atalanta - Salernitana 8-2
Roma - Fiorentina 2-0
16/01/2023
Empoli - Sampdoria 1-0

Classifica
1) Napoli punti 47;
2) Milan punti 38;
3) Juventus e Inter 37 punti;
5) Lazio, Atalanta e Roma punti 34;
8) Udinese punti 25;
9) Torino e Fiorentina punti 23;
11) Bologna e Empoli punti 22;
13) Monza punti 21;
14) Lecce punti 20;
15) Spezia e Salernitana punti 18;
17) Sassuolo punti 16;
18) Verona e Sampdoria punti 9;
20) Cremonese punti 7.

(gazzetta.it)
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Plusvalenze: stangata sulla Juve,
15 punti di penalizzazione



La Corte federale d'Appello va oltre le richieste di Chinè.
Pene pesanti anche per i dirigenti: 2 anni e mezzo a Paratici,
2 anni ad Agnelli e Arrivabene, 1 anno e 4 mesi a Cherubini e 8 mesi a Nedved


Elisabetta Esposito

Stangata clamorosa sulla Juventus: la Corte federale d’Appello è andata ben oltre i nove punti chiesti dal procuratore federale per il campionato in corso e ha sanzionato il club per il caso plusvalenze con 15 punti di penalizzazione. Pene pesanti anche per i dirigenti per cui è stata chiesta anche l’estensione a Uefa e Fifa: 2 anni e mezzo a Paratici, 2 anni ad Agnelli e Arrivabene, 1 anno e 4 mesi a Cherubini e 8 mesi a Nedved, Garimberti, Vellano, Venier, Hughes, Marilungo e Roncaglio. Assolti gli altri otto club e i rispettivi amministratori e dirigenti. La Juve presenterà ora ricorso al Collegio di Garanzia del Coni.

SANZIONE AFFLITTIVA — Vista la gravità dei fatti contestati e l'impatto avuto dal punto di vista sportivo sui campionati, la richiesta di Chinè era stata di una sanzione davvero afflittiva che tenesse la Juve fuori dall'Europa. La motivazione è: le plusvalenze fittizie nei bilanci al 30.6.19, 30.7.20 e la trimestrale 2021 hanno permesso alla Juve di ridurre le perdite e di non ricapitalizzare, e di fare il mercato, con effetti vantaggiosi sul piano delle competizioni sportive a cui ha partecipato in quelle stagioni. Quindi la penalizzazione, per essere afflittiva, deve collocare la Juventus in una posizione, in questo momento della stagione, che non permetta la partecipazione alle competizioni europee.

DIRIGENTI — Mano pesante del procuratore c’era stata anche per i dirigenti bianconeri: se nei confronti delle altre società ha avanzato richieste di sanzione uguali a quelle del processo già celebrato nella primavera scorsa (di cui adesso ha chiesto la riapertura), nei confronti dei manager juventini le sue richieste sono aumentate di quattro mesi ciascuno proprio per la maggiore gravità delle condotte contestate rispetto ad allora: quindi, inibizione di 20 mesi e 10 giorni per Paratici, 16 mesi per Agnelli, 12 mesi per Nedved, Garimberti e Arrivabene, 10 mesi e 20 giorni per Cherubini.

LE DIFESE — Dopo la Procura c’è stata la parola alle difese: la Juve è stata la prima a prendere la parola. Poco prima delle 15 è finito il primo giro di interventi dei legali delle 9 società coinvolte, a partire dal club bianconero, che riguardava l’ammissibilità del ricorso. “Nessuno degli elementi valorizzati dalla procura Federale dimostra l’esistenza di una artificiosa sopra-valutazione dei diritti alle prestazioni sportive dei calciatori alle predette operazioni, con ciò rendendosi piena infondatezza dell’odierno ricorso”, ha sostenuto la difesa Juventus. Circa la “sussistenza di documenti interni e budget riportanti l’indicazione di plusvalenze come obiettivo strategico, non costituiscono affatto - scrivono i legali- un elemento che possa fondare la natura fraudolenta e artificiosa delle operazioni concluse e dei valori ad esse assegnati”.

SECONDO GIRO FINITO ALLE 16.45 — Dopo una pausa, secondo giro di interventi nel merito, esaurito attorno alle 16.45, lasciando la parola alla replica di Chinè. Passate da poco le 17, dopo la replica di Chiné soprattutto sull’ammissibilità del ricorso, la Corte federale d’Appello si è poi riunita in camera di consiglio per far uscire il verdetto poco dopo le ore 21.

LE ALTRE SOCIETÀ — Le richieste per le altre società hanno ricalcato quelle che erano state avanzate in aprile nel primo processo, ed erano state di un'ammenda di 195mila euro per la Sampdoria, 42mila euro per l'Empoli, 320mila euro per il Genoa. Richiesta di ammenda anche per Parma (338mila euro), Pisa (90mila euro), Pescara (125mila euro), Pro Vercelli (23mila euro) e il "vecchio" Novara (8mila euro). Riguardo alle sanzioni richieste per i 52 dirigenti coinvolti, se a quelli bianconeri sono stati aggiunti quattro mesi di inibizione rispetto al primo processo, per gli altri sono confermate le richieste di aprile: 12 mesi per Massimo Ferrero, 8 mesi e 20 giorni a Ienca per la Samp; 11 mesi e 15 giorni per Corsi dell'Empoli; 6 mesi e 10 giorni per Preziosi, 10 mesi e 15 giorni per Zarbano del Genoa. Più gli altri dirigenti di Serie B.

L'UDIENZA — L’udienza per l’istanza di revocazione che la Procura federale - con i legali collegati da remoto - ha preso il via attorno alle 12.45. Per la Juventus, accanto ai tre legali Bellacosa, Sangiorgio e Apa, presenti in collegamento da Torino anche il nuovo presidente bianconero Gianluca Ferrero e due dei dirigenti oggetto dell’indagine, Federico Cherubini ma anche Fabio Paratici. All'udienza, oltre al club bianconero, presenti anche i rappresentanti di Samp, Empoli, Genoa, Parma, Pisa, Pescara, Pro Vercelli e il "vecchio" Novara e 52 dirigenti, tra cui Agnelli, Nedved e Cherubini. Chinè ha aperto la seduta motivando l’ammissibilità della sua istanza, poi è arrivata la formulazione delle richieste di sanzioni.

LE MOTIVAZIONI — Il procuratore capo Giuseppe Chiné – dopo aver studiato con la massima attenzione le carte dell’inchiesta Prisma della Procura della Repubblica di Torino – è convinto di avere in mano quegli “elementi di prova nuovi che dimostrino la sussistenza degli illeciti” che, in base all’articolo 63 del Codice di giustizia sportiva, potrebbero consentire la riapertura di un processo anche con sentenze divenute inappellabili e irrevocabili. In questo caso parliamo di intercettazioni e documenti, tra cui il cosiddetto “libro nero” di Paratici, che la Procura federale non poteva avere a disposizione nel primo processo, ma su cui adesso può contare grazie alla giustizia ordinaria.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Il Verona ritrova il sorriso: Depaoli e Lazovic piegano il Lecce



La squadra di Zaffaroni torna al successo e sale a 12 punti.
Baroni perde anche Umtiti, infortunato a una spalla


Francesco Velluzzi

Resurrezione? È presto per dirlo. Ma il Verona chiude il girone d’andata con la vittoria che serviva (2-0) contro il Lecce che, invece, fino a oggi stava volando. Il ruolino di marcia del nuovo anno dei gialloblù dice 7 punti in quattro partite, l’unica persa contro l’Inter. Vittorie con Lecce e Cremonese e pari esterno col Torino. Con 12 punti si può sperare eccome nella salvezza. Ma quel che conta è che qualcosa si è mosso nell’animo di questa squadra che fino allo scorso campionato era una rivelazione. Il sigillo lo hanno messo Depaoli e Lazovic, ma tutta la squadra, dal sempre più autoritario Ilic all’arrembante Doig al monumento Djuric (uno dei pochi che ha messo in difficoltà la sorpresa leccese Baschirotto) ha fatto grandi cose contro un Lecce che è stato all’altezza del suo ottimo girone d’andata nel primo tempo,ma nel secondo, subito il raddoppio, è sembrato un pugile suonato da un colpo terrificante e non è più riuscito a invertire la rotta. E che potrebbe aver perso a lungo Umtiti uscito in lacrime (e anche il Verona è preoccupato per la perdita di Henry, uscito in barella nel finale).

PRIMO TEMPO — Solita splendida cornice della curva dei tifosi gialloblù, carica, colorata, rumorosa. Un pubblico che incita la squadra anche quando arriva col pullman allo stadio senza pensare che la classifica piange. La curva opposta è piena di salentini. In 2775 hanno acquistato il biglietto per la trasferta veronese, arrivando anche da Londra. Se quelli del Verona non lasceranno mai soli i propri calciatori, stessa cosa si può affermare per quelli giallorossi. Si gioca. Il Verona ha Lazovic e Lasagna dietro la torre Djuric. Formazione annunciata, come quella del Lecce che è la solita con Colombo centravanti, Di Francesco a sinistra nel tridente e Blin e Gonzalez in mezzo accanto al regista Hjulmand. È una gara fisica, fatta di duelli, ma il Lecce è come al solito più rapido, più bravo sulle seconde palle e anche sui contrasti. La prima combinazione dopo 4 minuti, ma Colombo calcia fuori. Lasagna risponde dopo un minuto allo stesso modo. Zaffaroni e Bocchetti si alternano nell’area tecnica che dovrebbe essere dominio del primo, con il patentino, ma il secondo scalpita anche perché in realtà durante la settimana la squadra la allena pure lui... Un siparietto perché entrambi si agitano e danno disposizioni. Al 10’ Lazovic sbaglia il pallonetto, mentre poco dopo Tameze sbaglia l’intervento su Strefezza, imprendibile, e rimedia il giallo. Sorte che spetta 6’ dopo anche a Dawidowicz, diffidato, che poi si fa male e cede il posto a Magnani. Il Verona gioca sempre allo stesso modo: palla per la sponda di Djuric che con la sua stazza e i centimetri fa soffrire non poco Baschirotto che gioca quasi a casa (è di Nogara). Mentre Umtiti è bravo a murare sempre Lasagna. Dalla mezzora, però, è il Lecce che prende ancora più coraggio e al 34’ il solito Strefezza serve a Blin l’assist per il vantaggio col francese che sbaglia il piattone e Montipò che può respingere. Al 38’ è Colombo che impegna in due tempi il portiere del Verona. Che, però, al 40’ si trova inaspettatamente in vantaggio: cross da sinistra di Doig e De Paoli colpisce indisturbato di testa firmando il vantaggio gialloblù.

SECONDO TEMPO — Si riparte con Pezzella al posto di Gallo nel Lecce. Ma è il Verona che parte col turbo. Sempre Djuric con le sponde. Ma adesso ci sono anche le ripartenze: al 7’ Ilic colpisce la traversa, un minuto dopo manda in gol Lazovic. Lo serve sulla sinistra e il capitano non perdona e firma il raddoppio. Lecce stordito. Depaoli che con un gran tiro da umori sfiora addirittura il tris. Baroni cambia e punta su un attacco con tre piccoli. Infatti Banda entra, ma al posto di Colombo e in mezzo si piazza Di Francesco, mentre Maleh prende il posto di un Gonzalez meno devastante che in altre occasioni. Anche Zaffaroni e Bocchetti cambiano: Kallon per Lasagna e Sulemana per l’autore del secondo gol Darko Lazovic. Mentre l’ottimo Umtiti al 27’ si deve arrendere lasciando il posto a Tuia. Sembra un problema alla spalla. Che rischia d’essere un guaio per il Lecce che ha i centrali contati. E dovrà quasi certamente ricorrere al mercato. Ma nessun cambio porta qualcosa in più al Lecce anestetizzato dal Verona che, col doppio vantaggio, ha gioco facile. Neppure Banda, tantomeno Voelkerling (Ceesay è rimasto ancora seduto) hanno creato problemi alla difesa gialloblù, sempre, comunque, molto attenta sia nei centrali che in tutti gli uomini di centrocampo. E ora si prepara per la battaglia di Udine del 30, il penultimo giorno di mercato. Ma per salvarsi forse non serve buttare tanti innesti quanto sperare nel carattere di quelli visti contro il Lecce.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Napoli, andata da impazzire: 50 punti!
Di Lorenzo e Osimhen affondano la Salernitana

Il capitano segna nel recupero del primo tempo,
il nigeriano sigla il 13° gol in campionato a inizio ripresa.
Ora gli azzurri sono a +12 sul Milan


Vincenzo D’Angelo


Metà stagione basta per riscrivere la storia: è un Napoli da record, come mai prima in Serie A. La vittoria a Salerno (2-0, reti di Di Lorenzo e Osimhen) permette alla squadra di Spalletti di girare a quota 50 punti alla fine del girone di andata, cancellando il precedente primato del Napoli di Sarri nel 2017-18 (48 punti). Ennesimo messaggio agli inseguitori, che dovranno vincerle tutte per sperare nel titolo e non è detto che basterà.

Il Napoli impressiona per sicurezza, compattezza e pericolosità, e la trasformazione di Osimhen da ottimo centravanti ad arma letale, ha messo il Napoli da mesi in pole per il titolo. Il vantaggio sul Milan sale a +12, un punto dietro c’è l’Inter: se Milano non risponde, sarà già fuga definitiva.

RECUPERO AMICO — Nicola ridisegna la sua Salernitana per il “debutto-bis”: 4-5-1, con Nicolussi Caviglia davanti alla difesa per ostruire le linee di passaggio azzurre. Nel Napoli, che ripropone Elmas per Kvaratskhelia (influenzato), torna titolare Lozano nel tridente offensivo. Il tema della partita è chiaro da subito: Salernitana schiacciata e attenta, Napoli padrone del palleggio, a caccia di un’imbucata. Ma superare il muro granata appare subito complesso e la capolista fatica a rendersi pericolosa. Ci riesce al 20’ con Osimhen, bravo a girarsi in mischia su azione d’angolo, ma il riflesso di Ochoa vanifica il guizzo del nigeriano. Due minuti dopo, la risposta della Salernitana: Piatek va via in ripartenza solitaria, punta e salta Di Lorenzo e impegna per la prima volta (anche unica nei primi 45’) Meret. La Salernitana aveva perso Gyomber dopo 15’ (guaio muscolare), ma non lo spirito difensivo e Lovato riesce di fisico a limitare Osimhen. Il Napoli è bravo a non innervosirsi, nonostante le difficoltà ad assaltare la porta di Ochoa. E all’ultimo secondo del recupero, passa: Anguisa scambia con Mario Rui e arriva sul fondo, sul cross rasoterra arriva Di Lorenzo che stoppa e di destro fulmina Ochoa per il vantaggio azzurro.

SEMPRE OSIMHEN — La rete di Di Lorenzo permette al Napoli di ripresentarsi nella ripresa con la testa più libera e al primo affondo la capolista raddoppia col capocannoniere Victor Osimhen, lesto a mettere in rete una respinta del palo dopo una bella conclusione di Elmas. Per Osi è l’undicesimo centro in dieci gare di A: se il primato avesse bisogno di un volto, la maschera del nigeriano sarebbe stampata formato maxi. Per Victor undici gol nelle ultime dieci partite e 13 in quindici presenze totali: una forza della natura, la vera arma in più del collettivo azzurro. E Osi sfiora subito il raddoppio di testa, chiamando Ochoa all’ennesimo riflesso decisivo su colpo di testa ravvicinato.

ALTRO STRAPPO — Il doppio vantaggio non cambia lo spartito: Napoli in gestione, che di tanto in tanto tenta un affondo, Salernitana rintanata, incapace di un’aggressione alta per provare a ribaltare velocemente l’azione. L’occasionissima per riaprire il match arriva lo stesso, quasi in maniera occasionale: Di Lorenzo e Lobotka pasticciano, il 99 granata spara potente, Meret ci mette il guantone e manda sul palo. Capolavoro del portiere azzurro, spesso criticato ma quest’anno in condizioni straordinarie. È il punto esclamativo sulla gara: i tifosi della Salernitana contestano i granata a fine match, quelli del Napoli, invece, non ci sono. Niente “capolista se ne va” stavolta, ma è un dettaglio musicale. La classifica parla (o canta) già da sola.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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22/01/2023 00:23
 
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Perla di Miranchuk, i viola si svegliano tardi: un bel Toro sbanca Firenze

Gran primo tempo dei granata, che segnano
con un sinistro del russo dopo la traversa di Seck.
Nella ripresa inutile la pressione viola, Milinkovic salva su Barak nel finale


Mario Pagliara


E’ dolcissima la notte fiorentina del Toro. Belli e concreti, i granata fanno festa grazie a una pennellata di Miranchuk. A Firenze in Serie A il Torino non vinceva dal 1976: questa notte si addormenta in zona Europa. La prima vittoria del 2023 permette alla squadra di Juric di salire al settimo posto con 26 punti, avendo una partita in più sull’Udinese che giocherà domani in casa della Sampdoria. La Fiorentina di Italiano è dominata per un’ora abbondante sul piano del gioco, si sveglia solo al novantesimo quando ha due grosse occasioni con Jovic e Barak: Zima e Milinkovic blindano il colpaccio al Franchi.


TORO AL BACIO — Lo aveva detto, Juric, alla vigilia: “Abbiamo recuperato le energie, adesso abbiamo voglia di giocare una grande partita”. Detto, fatto. Il Toro del primo tempo del Franchi sfodera una prestazione al bacio. Quello che Juric non aveva raccontato nella conferenza della vigilia è la doppia mossa che spinge la Fiorentina verso un disordine tattico raramente visto in una squadra di Italiano: dal primo minuto, tra i granata, ci sono infatti Adopo a centrocampo e Seck in attacco. Il primo ha il compito, svolto egregiamente, di fare un po’ il mediano un po’ il marcatore a uomo di Bonaventura quando avanza. Il secondo ha il mandato di colpire in velocità la coppia Igor-Milenkovic, e ci riesce spesso. A brillare nella notte fiorentina, è però, soprattutto il grande talento di Samuele Ricci: interpreta il suo miglior primo tempo da quando gioca al Toro. Costruisce, pennella, corre e combatte pure. Gara completa. Vedere per credere quello che combina dopo dodici minuti, quando manda prima in bambola Duncan e poi spedisce uno splendido filtrante centrale per Seck. Il senegalese s’invola, fa gol ma c’è una spalla in fuorigioco che gli nega la grande gioia.

TRAVERSA E POI MIRANCHUK — Nella prima parte della gara il Toro ha un predominio netto soprattutto nella zona centrale. Gioca bene, alza spesso i ritmi e colpisce nel cuore della difesa viola: Vlasic e ancora Ricci confezionano l’azione conclusa con una sventola di Seck (22’). C’è solo la traversa ad impedirgli di segnare un gol da urlo. Tre minuti dopo anche Singo scarica un bolide con grandi pretese, Terracciano si salva come può. La Fiorentina è disordinata, sfilacciata, va all’intervallo coperta dai fischi e reagisce timidamente alla mezzora con Kouame (su invito di Biraghi) che impegna un attento Milinkovic. Ma il meglio del Toro deve ancora arrivare: tre minuti dopo, la palla si ferma sul sinistro di Miranchuk (servito da Vojvoda dopo l’errore di Amrabat). Il russo al piede ha una calamita e piazza un cioccolatino di sinistro imprendibile con una semplicità disarmante. E’ il suo quarto gol in campionato, il secondo nel 2023: Toro meritatamente avanti. E al 45’ Vlasic potrebbe anche raddoppiare.


MILINKOVIC SALVA TUTTO — In avvio di ripresa, la Fiorentina guadagna un po’ di campo e prova a risalire la corrente spinta da Bonaventura (al 9’ tiro dalla distanza). Al decimo Italiano getta nella mischia Jovic e Gonzalez (fuori Saponara e Amrabat). Juric risponde dopo 25 minuti sostituendo uno stremato Adopo con Linetty. Poco dopo entra anche Zima per l’infortunato Djidji. La squadra di Italiano aumenta progressivamente la pressione, ma il Toro resta stabilmente dentro la partita e concede poco o nulla. Al novantesimo, doppia grande occasione della Fiorentina: prima Jovic si addormenta e Zima salva tutto, poi Milinkovic fa un paratone in pieno recupero su Barak. La Fiorentina esce tra i fischi, il Toro fa festa.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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22/01/2023 16:15
 
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Cinquanta punti in andata sono una media da scudetto ma il campionato è ancora lungo, speriamo che la buonanima di Maradona e il nostro San Gennaro ci assistano! [SM=x4983510]





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23/01/2023 00:35
 
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Ehizibue regala tre punti d'oro all'Udinese: per la Samp è notte fonda



Doriani in crisi profonda dopo un'altra sconfitta interna.
Nel primo tempo due grandi occasioni per Djuricic e Vieira.
I bianconeri ritrovano il successo dopo tre mesi
e mezzo grazie a una rete all'88' dell'olandese


Filippo Grimaldi

Due mondi agli antipodi. Udinese in zona-Europa, Sampdoria alla quattordicesima sconfitta in campionato e sempre più a fondo. Decide la sfida del Ferraris un gol di Ehizibue a due minuti dalla fine, complice una colossale disattenzione della difesa blucerchiata, chiudendo così nel peggiore dei modi per il pubblico di casa la giornata del ricordo di Gianluca Vialli. Sottil esulta, ritrova la vittoria dopo dieci turni senza successi, consolida il settimo posto e vede avvicinarsi il sogno di un posto in Conference League. Per Stankovic una gara amarissima, ma appare evidente come ai blucerchiati manchi, oltre che una proprietà solida (contro Ferrero esposto un durissimo striscione sugli spalti) anche una punta forte fisicamente. Il tecnico serbo aveva varato una squadra offensiva, con Winks play basso alla prima da titolare, Djuricic preferito a Vieira in mediana e Sabiri trequartista dietro a Lammers e Gabbiadini. Sottil, con Deulofeu ancora in panchina (entrato nel finale, ma di novo infortunato), in difesa ha piazzato Becao-Bijol-Perez e in mediana Ehizibue e Eudogie esterni con Samardzic e Arslan mezzali.

BUONA PARTENZA — La Samp parte forte: ha una palla d’oro dopo ottanta secondi con Gabbiadini, ma Silvestri è pronto nella respinta, poi replica con Djuricic che approfitta di un pasticcio Bijol-Becao (10’), ma spreca tutto con un diagonale fuori di un soffio. E, ancora, con una conclusione a giro di Gabbiadini, deviata in angolo. L’Udinese soffre, Ehizibue e Udogie non riescono a far ripartire l’azione perché sulle fasce Léris e Augello salgono spesso e il gioco bianconero ne risente. Per i blucerchiati è il miglior momento prima dell’intervallo, poi quando la pressione cala e il baricentro si abbassa, l’Udinese inizia a far valere la sua maggiore fisicità, cresce sul piano dell’intensità ma creando poco sul piano offensivo, a parte un’occasione con Samardzic (33’) sprecata con un tro debole e centrale parato da Audero.

SPAZI CHIUSI — Bocciato Sabiri nel primo tempo, Stankovic sceglie Verre nella ripresa, ma non riesce più ad alzare il ritmo, favorendo inevitabilmente le ripartenze ospiti. E’ un passo indietro rispetto al primo tempo sul piano dell’intensità e allora in una Samp che non riesce a creare gioco, Stankovic lancia Vieira e toglie l’infortunato Djuricic (colpo al volto). Becao mura Lammers al colpo di testa (14’) in area, poi i blucerchiati sbagliano clamorosamente con Vieira 16’ che calcia alle stelle su sponda di Gabbiadini. L’ennesimo errore offensivo dei padroni di casa, che alla fine costa caro alla Samp. Sottil cambia le due mezzali (dentro Lovric e Makengo), la Samp perde Colley k.o. sostituito da Zanoli. Verre sbaglia al 39’ e pochi minuti arriva il colpo del k.o. ospite. Blucerchiati a fondo. Udinese, è festa.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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23/01/2023 00:39
 
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Una magia di Caprari salva il Monza: col Sassuolo finisce 1-1

Partita equilibrata, con gli emiliani che si
portano in vantaggio al 13' con gol di Ferrari.
Ma al 60' la rete capolavoro dell'attaccante
di Palladino riporta il risultato in parità


Alex Frosio


Il primo punto dell’anno per il Sassuolo non impedisce al Monza di continuare la striscia positiva. Ma l’1-1 non permette alla squadra di Palladino – mai un successo quando è andata sotto – di fare per il momento pensieri più alti di classifica.

LA SBLOCCA FERRARI — Il Monza prova subito a testare il periodo nero del Sassuolo con un paio di affondi e quattro calci dd’angolo pochi minuti. Al 4’ Pessina da fondo crossa per Birindelli al volo, mira troppo larga. Al 9’ Petagna riceve in area e di tacco assiste Caprari che batte a colpo sicuro ma sulla traiettoria trova Erlic. Il Sassuolo, fin lì assestato nella propria metà campo, passa alla prima occasione. Sull’angolo di Laurienté, Petagna e Marlon si ostacolano sul primo palo, la palla filtra e Ferrari sfuggito a Izzo può batterla in rete da due passi. Il vantaggio al 13’ dà fiducia ai neroverdi, squadra tutt’altro che in disarmo. Tre minuti dopo Laurienté sfiora il raddoppio con un gran destro a giro fuori di pochissimo, poi ci riprova al 26’ ma stavolta allarga troppo la mira. Altra chance al 40’ per il francese, che apre per Berardi e poi va a riceverne il passaggio a rimorchio: destro potente che si stampa sulla traversa. Il Monza ritrova linee di gioco nel finale di tempo con Pessina che si infila nei mezzi spazi: al 43’ fa viaggiare Ciurria, cross per Carlos Alberto che di sinistro va alto, al 44’ il capitano brianzolo riceve una sponda di Petagna ma il suo sinistro verso la porta viene allontanato da Rogerio.

I CAMBI AZZECCATI — Palladino ridisegna il Monza a inizio ripresa con tre cambi: Pablo Marì per Marlon, Dani Mota per Petagna, Colpani per Birindelli, riportando Ciurria a tutta fascia a destra, mossa alla base della crescita stagionale. I brianzoli guadagnano così metri e pericolosità. Al 10’ affondo di Dani Mota e cross basso, Colpani si incarta nel colpo di tacco. AL 15’ il pareggio, che è un’invenzione strepitosa di Caprari. Mette giù in area un pallone vagante, mentre la difesa del Sassuolo è incerta, e poi piazza un destro a giro sul palo opposto. Il Sassuolo è in difficoltà, Berardi cerca di scuoterlo con un sinistro dalla distanza, alto. Sarà proprio il capitano a “tradire”. Appena oltre metà ripresa Palladino rischia, perché la classifica glielo permette: fuori Caldirola, dentro Gytkjaer, e 4-2-3-1 con Ciurria e Carlos Alberto terzini. L’equilibrio è in bilico, il Sassuolo prova ad approfittarne con un contropiedone di Toljan che su lancio di Berardi scatta alle spalle di Carlos Augusto e poi assiste lo stesso Berardi, il cui tocco di destro a porta spalancata però è largo. La partita è viva e un po’ caotica. Al 29’ rasoterra di Caprari, Pegolo blocca. Al 31’ la più grande chance monzese: Ciurria in verticale per Gytkjaer, diagonale intercettato da Pegolo, poi Dani Mota cicca il tap-in.

LE MOSSE DI DIONISI — Dionisi rinfresca al 35’: Ceide e Alvarez davanti per Laurienté e Defrel, più Tressoldi per l’infortunato Ferrari. E al 40’ potrebbe vincerla: Frattesi difende in area e va da Berardi tutto solo ma costretto di nuovo alla battuta di destro. Ancora larga. L’ultimo brivido al 3’ di recupero, con Tressoldi che rischia su Ciurria in area. Per l’arbitro Prontera non c’è nulla.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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