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Campionato di calcio Serie A stagione 2022/2023 di Award & Oscar FFZ

Ultimo Aggiornamento: 12/06/2023 14:35
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Rilancio Fiorentina dopo 8 gare senza vittorie, Verona battuto

Segnano Ikoné e Gonzalez, la squadra
di Italiano interrompe la serie negativa.
Montipò para un rigore a Biraghi


G.B. Olivero


Un gol all’inizio, uno alla fine e la Fiorentina torna alla vittoria. Il Verona ha giocato una partita monocorde, tirando una sola volta in porta e creando raramente le premesse per colpire. I viola, anche stanchi per l’impegno di coppa, hanno saputo soffrire nella parte centrale della ripresa, non hanno giocato in modo sciolto, ma nel primo tempo hanno pure sprecato un rigore. Oggi, comunque, per la Fiorentina contava solo vincere.

PRIMO TEMPO — Italiano sceglie Kouame come centravanti: un segnale per i deludenti Jovic e Cabral. La coppia d’attacco del Verona è invece composta da Henry e Lasagna, che tira fuori dopo una quindicina di secondi. La Fiorentina sfonda facilmente a sinistra, dove Hien soffre la verve di Sottil. Al 4’, su cross dell’esterno sinistro, Kouame non trova il guizzo in area. Ma al 13’ la Fiorentina segna: lunga rimessa laterale di Venuti per Ikoné che salta Coppola, si accentra e calcia. Il tiro non sembra irresistibile, ma Montipò non riesce a parare. Al 21’ un’azione condotta da Sottil e rifinita da Ikoné viene conclusa male da Venuti che tira centrale da ottima posizione consentendo a Montipò di deviare. Tra il 26’ e il 28’ succede di tutto. Prima la Fiorentina spreca un rigore: Coppola atterra Kouame, ma Biraghi si fa respingere una brutta conclusione da Montipò. Poi Quarta intercetta in modo quasi miracoloso un tiro di Lasagna destinato al gol. Infine Henry segna, ma la rete è annullata per fuorigioco. Il primo tempo si conclude con due buoni interventi di Montipò su Venuti e Quarta.

SECONDO TEMPO — Nella ripresa il Verona cresce e prende in mano la partita contro una Fiorentina molto stanca dopo l’impegno di giovedì in Conference League. Però la squadra i Cioffi non tira mai in porta. Il tecnico inserisce Kallon, Verdi e Djuric, ma è la Fiorentina ad andare vicina al raddoppio con Bonaventura che, subentrato all’infortunato Amrabat, costringe Montipò a una bella parata al 7’. Anche Italiano cambia i suoi giocatori offensivi inserendo Saponara, Gonzalez e Cabral, ma i viola non ripartono quasi mai. Al 36’ il Verona costruisce la più grande occasione da gol della sua gara: imbucata di Verdi per Kallon, che spreca sulla pronta uscita di Terracciano. E al 45’ Gonzalez chiude la gara sfruttando un perfetto cross di Mandragora, splendidamente lanciato da Duncan.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Juve e Allegri, è un disastro senza fine.
Prima vittoria in A del Monza

Seconda sconfitta consecutiva per i bianconeri, la prima in campionato.
Sotto gli occhi di Allegri, in tribuna, la sua squadra non crea
alcun pericolo e finisce in dieci: espulso Di Maria al 40'


Livia Taglioli


Ti aspetti una Juve reattiva dopo un inizio di stagione un po’ così in campionato e sciagurato in Champions: e invece alla settima giornata, in una gara che sa già di ultima spiaggia, ti arriva la prima sconfitta in serie A, contro il Monza, che passa 1-0 con merito per gioco espresso e occasioni create. Il Monza dell’ex Palladino, all’esordio in panchina, dopo aver perso le prime tre gare casalinghe, ottiene con la Juve i suoi primi tre punti - i primi assoluti in serie A - che vanno a sommarsi all’unico punto ottenuto fin qui, la scorsa settimana. Con un agitatissimo Galliani che lascia la tribuna ben prima del fischio finale, lui che del Monza è tifoso fin da bambino.

IN&OUT — Nella Juve rientra dal 1’ Di Maria dopo l’infortunio muscolare, inizialmente in un tridente con Kostic e Vlahovic, poi in posizione di seconda punta. Ma il risultato non cambia un granché: l’argentino non incide, si innervosisce e commette un plateale fallo di reazione tirando una gomitata in peno petto a Izzo che lo stava ostacolando. Risultato: rosso diretto all’argentino, al 40’ del primo tempo, e Juve in dieci. La Juve, con Allegri in tribuna a scontare il turno di squalifica dopo l’espulsione con la Salernitana e Landucci in panchina, schiera Gatti con Bonucci in panchina e il solito centrocampo, con Miretti e McKennie ai lati di Paredes. Squalificati Cuadrado e Milik, nessuno dei tre più recenti infortunati (Locatelli, Rabiot e Alex Sandro) è disponibile. Sull’opposto fronte Raffaele Palladino schiera un 4-3-3 tutto grinta e coraggio.

MONZA PADRONE NEI PRIMI 45’ — Una Juve trasparente lascia sfilare via il primo tempo senza mai farsi pericolosa e senza lasciare segni particolari sul match. La partita la fanno infatti i padroni di casa, che tengono linee strette, buon giro palla e lucchetti chiusi su ogni varco. Mostrando anche un’apprezzabile intraprendenza offensiva e arrivando varie volte al tiro, dal limite o dall’area, ben orchestrati da Rovella, prestito bianconero arrivato a Monza nelle ultime battute del mercato. La migliore occasione dei primi 45’ porta la firma di Ciurria, all’esordio da titolare, che sbaglia mira da ottima posizione. La Juve si limita a una gara di contenimento, occasionalmente arriva anche dalle parti di Di Gregorio, ma Vlahovic e Di Maria non graffiano e al solito il centrocampo fatica a chiudere e ripartire. Landucci chiede ai suoi di pressare più alto: il Monza, che alla fine del primo tempo farà registrare il 59% del possesso palla, sale senza difficoltà e arriva in scioltezza al limite, salvo poi non riuscire a rifinire con qualità l’ultimo passaggio o non trovare lo specchio con conclusioni anche coraggiose. Miretti sente il duello a distanza con Rovella ed è fra i più attivi dei suoi, spolmonandosi nell’alternare fase di contenimento e qualche incursione. Poi, al 40’, la Juve resta in dieci, per una clamorosa ingenuità di Di Maria, che non controlla un moto di stizza e si fa espellere.

JUVE, NESSUN CAMBIO DI PASSO NELLA RIPRESA — La ripresa si apre sulle stesse note, con Mota e il neo entrato Gytkyaer che graziano Perin a due passi dalla porta. Oltre al danese, dal 55’ sono in campo anche Barberis e Caldirola, mentre nella Juve McKennie è chiamato ad allungare la squadra, giocando in posizione più avanzata. E’ Miretti però a dare un segno di vita bianconero dalle parti di Di Gregorio, poi il Monza riprende il controllo del match, con una Juve più spettatrice che soggetto attivo della gara, ordinata quel tanto che basta ad eseguire il compitino ma priva di guizzi, di cambi di passo, e naturalmente di gioco offensivo. Davvero troppo poco. Non stupisce quindi il vantaggio del Monza: arriva al 74’ con Gytkjaer che, sbucando dietro a Gatti, si avventa in scivolata in area su un cross di Ciurria e di destro infila Perin. E per la Juve, che prima del 90’ si gioca anche le carte Kean, Fagioli e Soulé, cala il sipario.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Colpo Atalanta, il 18enne Scalvini stende
la Roma e manda la Dea in vetta

Senza Dybala, out nel riscaldamento, i giallorossi si fanno
sorprendere da un gol del difensore nel primo tempo:
nella ripresa espulso Mourinho per eccessive proteste verso l’arbitro Chiffi


Massimo Cecchini


Si respira aria buona lassù in alto. Ma forse, un po’ a sorpresa, a goderne è la sempre più capolista Atalanta, che gela l’entusiasmo dei sessantamila dell’Olimpico La Roma di José Mourinho, infatti, cade in casa per la prima volta nella stagione, a causa di uno 0-1, santificato dalla rete di Scalvini nel primo tempo. Diciamo la verità, per le occasioni create i giallorossi avrebbero meritato il pareggio, ma hanno sciupato troppo sotto porta, e nel calcio chi sbaglia paga.

DYBALA STOP — Nel riscaldamento Mourinho perde Dybala per un problema al flessore e questo lo costringe a rilanciare Matic, che nel foglio di distinta era in panchina. Al solito, Pellegrini avanza sulle zolle della trequarti accanto a Zaniolo e dietro ad Abraham. Insomma, i soliti noti, con Celik al posto dell’infortunato Karsdorp. Gasperini, invece, miscela le sue tante scelte, piazzando De Roon in difesa, Hateboer e Maehele, con Scalvini in mediana a fianco a Koopmeiners, mentre Pasalic e Ederson sono in appoggio di Hojlund. Subito dopo un colpo di testa alto di Smalling al 2’, a causa di uno scontro con Demiral esce per infortunio Musso - trauma cranico con ricovero all’ospedale Gemelli - che rilancia Sportiello, all’esordio stagionale. Per mezz’ora, però, la partita è solo spigolosa e con tanti errori. I giallorossi hanno il baricentro più alto, ma quando tocca ai bergamaschi fare pressioni alte, entrambe le squadre hanno praterie dietro i difensori di cui non approfittano. Le vere ostilità, insomma, le apre Cristante al 29’, con un tiro dal limite fuori di poco, seguito dal 32’ da una conclusione simile di Ibanez controllata da Sportiello. Ma l’Atalanta è pronta alla rasoiata, perché al 35’ Scalvini, ben servito da Hojlund ai sedici metri, piazza un destro a fil di palo che sblocca il match. La reazione della Roma però è furiosa, tant’è che nel giro di quattro minuti sfiora il gol tre volte. Al 42’ Abraham, lanciato da Pellegrini solo davanti al portiere, mette incredibilmente a lato. Pochi secondi più tardi il varco giusto lo trova Ibanez che, a tu per tu con Sportiello, gli tira addosso. Non basta, perché al 45’ ancora Abraham, servito da Matic a pochi passi dalla porta, conclude sul portiere.

ESPULSO MOU — Nella ripresa Gasperini fa uscire i due protagonisti del gol (Hojlund e Scalvini) per inserire Muriel e Okoli, riportando De Roon in mediana, ma il segno della partita diventa subito la corrida. Al 10’ Zaniolo reclama per un presunto rigore per fallo di Okoli. L’ambiente si fa bollente e così al 12’, quando Hateboer parte a palla ferma verso la porta della Roma, Mournho perde la testa ed entra in campo dicendone quattro all’olandese che risponde. Il “rosso” è inevitabile e lo Special One fa una scena in stile Pozzecco, c.t. del basket azzurro. Al 16’, comunque, tocca ad Abraham evitare la beffa, perché una conclusione di Pasalic deviata da Celik viene salvata del centravanti sulla linea. Il gioco si spezzetta, le squadre si allungano, però le occasioni vere incredibilmente scemano. Un colpo di testa di Ibanez e un tiro debole di Pellegrini sono il prodotto giallorosso, imitato da una sventagliata di Muriel. Intanto i giallorossi inseriscono prima Belotti, poi Zalewski e Shomurodov, passando anche alla difesa a quattro, ma arriva solo un tiro di Abraham dal limite parato da Sportiello e una conclusione alta di Zaniolo. E se i bergamaschi alla fine, abbassando il baricentro, provano a gelare il pallone negli spazi, l’ultima occasione è giallorossa, con Celik che al 42’ crossa a beneficio di Shomurodov, il cui colpo di testa a botta sicura finisce al lato. Il resto è solo nervosismo e poco, più, con i nerazzurri che chiudono con sette ammoniti. Ma per stare in testa alla classifica ne valeva la pena.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Colpo Napoli: vince a San Siro ed è primo.
Il Milan scivola al quarto posto

I rossoneri alzano bandiera bianca dopo
una striscia di 22 risultati utili di fila.
A segno Politano (rigore), Giroud e Simeone.
Il Diavolo colpisce due traverse


Stefano Cantalupi


Dopo Inter e Juve, cade anche il Milan: domenica di passione per le tre tifoserie più numerose d’Italia (non succedeva dalla 6ª giornata della stagione 2015-16), che guardano gli altri festeggiare e vanno alla pausa di campionato col pieno di dubbi. Napoli gode, pazza di gioia: impresa azzurra a San Siro e primo posto riagganciato, grazie a un guizzo di Simeone e a un po’ di buona sorte. Pioli riassapora la sconfitta che in Serie A non conosceva da gennaio: 22 partite fa, lo Spezia e quella serata tremenda dell’arbitro Serra.

LE SCELTE — Ci sono due nomi inattesi nell’undici di partenza del Milan: se la presenza di Kjaer al posto di Kalulu stupisce soprattutto pensando alla rapidità del trio offensivo napoletano Politano-Raspadori-Kvaratskhelia, quella di Krunic sul lato sinistro dell’attacco sorprende perché il bosniaco è reduce da un infortunio. Non è dunque Saelemaekers a sostituire lo squalificato Leao cambiando fascia di competenza, ma a farne le spese è Messias, perché "Saele" è comunque titolare a destra, accanto all’altro belga De Ketelaere. Spalletti - e Domenichini che è in panchina al suo posto - se la giocano invece come previsto, col 4-3-3 che vede Anguissa, Lobotka e Zielinski in mediana.

TRAVERSA DI GIROUD — Pronti-via e la mossa difensiva di Pioli sembra subito azzardata, perché Kjaer stende Kvaratskhelia che stava prendendo velocità sulla sinistra. Succederà di nuovo al 18’, ma nel frattempo il Milan è salito di colpi, eseguendo a buon ritmo le trame "pioliane". Krunic ci mette anche qualità: c’è il suo zampino quando Giroud colpisce la traversa (bravissimo Meret a deviare) e c’è il suo cucchiaio quando il francese toglie involontariamente a Calabria un gol potenziale, dopo un inserimento con sponda volante di De Ketelaere. Ancora lui, Krunic, per poco non interrompe la siccità del Milan alla voce "gol da calcio d’angolo", ma niente, Meret non collabora. Così il Napoli, a lungo costretto a rincorrere e rinculare come non piace a Spalletti, prende coraggio e mette fuori il naso. Prima con un "back door" che ricorda le migliori interpretazioni di Insigne e Callejon: lancio di Zielinski dalla trequarti sinistra, Politano timbra il cartellino sul palo destro, ma non trova l’impatto vincente. Poi con un paio di lampi del sornione Kvaratskhelia, che fa ammonire Calabria, fin lì ben attento a contenerlo. Si va al riposo senza reti e con la sensazione che debba ancora succedere tutto.

BOTTA E RISPOSTA — Le ammonizioni mettono in apprensione Pioli, che all’intervallo decide due cambi: dentro Dest per Calabria (che in realtà esce a causa di un affaticamento muscolare) e Kalulu per Kjaer. Il crash-Dest, pardon, il crash-test arriva immediatamente: Kvaratskhelia punta l’americano in area e va a terra, Mariani propende per il corner ma Irrati al Var lo invita all’on-field review, rigore. Politano lo trasforma, esplode il terzo anello verde occupato dai tifosi ospiti, mentre il numero 21 in maglia azzurra risponde agli insulti della Sud rossonera. L’inerzia passa dalla parte del Napoli, Pioli allora butta nella mischia la coppia Diaz-Messias e per poco il brasiliano non pareggia subito. Ma è questione di poco: minuto 69, Hernandez sfonda a sinistra e mette al centro per Giroud, che dall’area piccola non perdona. San Siro ruggisce, 1-1, partita che gira di nuovo.

LAMPO CHOLITO — Nel frattempo, però, s’è iscritto al match anche il Cholito Simeone, entrato insieme a Zerbin. E in queste situazioni, quando i match perdono un po’ d’ordine e conta l’istinto, l’argentino dà il meglio di sé. Sono trascorsi meno di dieci minuti dal gol di Giroud quando Simeone pulisce un pallone al limite dell’area rossonera, lo tocca per Mario Rui e va a ricevere il passaggio di ritorno in area: colpo di testa perfetto e Maignan non può evitare il 2-1. Finita? Assolutamente no, perché il Milan ha cuore e orgoglio, le armi principali per vincere uno scudetto. Manca la fortuna, però, almeno stasera. E così, quando Kalulu comincia e finisce una percussione di ottanta metri centrando la seconda traversa milanista della serata, anche Pioli capisce che la prima sconfitta stagionale è destinata a materializzarsi. Il Napoli va alla sosta in testa, in compagnia dell’Atalanta. Il Milan è quarto, dietro anche all’Udinese. Scherzi di una stagione strana, e non solo perché c’è un Mondiale in mezzo.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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SERIE A 2022/2023 7ª Giornata (7ª di Andata)

16/09/2022
Salernitana - Lecce 1-2
17/09/2022
Bologna - Empoli 0-1
Spezia - Sampdoria 2-1
Torino - Sassuolo 0-1
18/09/2022
Udinese - Inter 3-1
Cremonese - Lazio 0-4
Fiorentina - Verona 2-0
Monza - Juventus 1-0
Roma - Atalanta 0-1
Milan - Napoli 1-2

Classifica
1) Napoli e Atalanta punti 17;
3) Udinese punti 16;
4) Lazio e Milan punti 14;
6) Roma punti 13;
7) Inter punti 12;
8) Juventus e Torino punti 10;
10) Fiorentina e Sassuolo punti 9;
12) Spezia punti 8;
13) Salernitana e Empoli punti 7;
15) Lecce e Bologna punti 6;
17) Verona punti 5;
18) Monza punti 4;
19) Cremonese e Sampdoria punti 2.

(gazzetta.it)
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In vetta con l'Atalanta!!! [SM=x4983510]






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Il Napoli non si ferma più:
Anguissa e Kvara stendono il Toro

La doppietta del camerunese nel primo quarto
d'ora indirizza la partita sul binario azzurro,
poi un'altra gemma del georgiano.
Di Sanabria la rete granata.
Espulso Juric per proteste


Mario Pagliara


Dodici minuti per alzare la voce e riempire un sogno. Il Napoli è avanti 2-0 già dopo una dozzina di minuti grazie alla doppietta di Anguissa, il resto è una naturale conseguenza. Spalletti vince 3-1 contro Juric (3-0 al 37’ di Kvara, poi il diagonale vincente di Sanabria) e prosegue la cavalcata di inizio stagione in vetta al campionato. Tanto Napoli sì, forse pure troppo per questa versione dei granata molto superficiali e capaci di seminare lungo un primo tempo da incubo una pesante serie di errori. Tanto Napoli, ma pure poco Toro. Che incassa la terza sconfitta consecutiva e ora Juric (espulso nella ripresa) dovrà riflettere a lungo in vista dell’Empoli.

12 MINUTI — Tridente contro tridente. Napoli-Torino è anche la sfida di due attacchi che si specchiano ma non si somigliano per nulla. Spalletti allarga Politano e Kvara, come da protocollo, e sceglie Raspadori. Juric non rinuncia ai tre uomini offensivi, ma li piazza lungo l’asse verticale: c’è Miranchuk sulla trequarti alle spalle della coppia Vlasic-Sanabria. Lo aveva detto, alla vigilia, Juric: davanti ai 40.000 del Maradona servirebbe un Toro perfetto. Nell’avvio granata l’imperfezione, invece, regna sovrana: il Toro gioca sotto il suo standard di ritmo, riempie la prestazione di ripetuti errori – alcuni anche grossolani -, e viene sovrastato dal tasso tecnico e dalla padronanza degli azzurri. I primi dodici minuti sono da elettrochoc per il Toro, colpito a freddo da una doppietta di Anguissa. Al 6’ Mario Rui scappa a Singo sulla destra, crossa e Anguissa (perso da Linetty) svetta saltando su Buongiorno e Rodriguez. Cinque minuti dopo, Rodriguez apre una falla sulla sinistra, nella quale si inserisce ancora Anguissa (su invito di Politano). Riesce a fare tutta la metà campo in solitaria fino a infilare Milinkovic.

SPERANZA SANABRIA — Due a zero dopo dodici minuti è una mazzata per il Toro. Il Napoli prende il controllo totale della sfida, tanto gira palla con i granata sempre a rincorrere. Serve addirittura il volto di Lukic (31’) per evitare il tris a Zielinski, prima Vlasic aveva saggiato i riflessi di Meret (18’), anche Rrahmani sfiora il gol di testa (33’), ma al 37’ altra frittata del Toro e 3-0 del Napoli. Stavolta è Djidji a sbagliare i tempi dell’intervento, aprendo tutto il campo a Kvara. Inutile la ricorsa di Lukic. Al secondo minuto di recupero un bel diagonale di Sanabria riaccende la speranza granata (è il 3-1), e trenta secondi dopo sempre Sanabria sfiora addirittura il 3-2.

GARA ADDORMENTATA — Nella ripresa il Napoli addormenta la partita attraverso il palleggio, il Toro ha il merito di riordinarsi ma non riesce mai a trovare il varco. Poco da segnalare, se non fosse per i cambi. Dopo un’ora di gioco Spalletti avvia la staffetta Raspadori-Simeone e sostituisce Zielinski con Ndombele. Uscirà poco dopo anche uno stremato Politano, dentro Lozano. Juric risponde al 23’ della ripresa giocandosi la piazza Radonjic (rientra in panchina Miranchuk). Il tecnico croato si espellere per proteste plateali poco prima del doppio cambio Adopo-Linetty, Aina-Lazaro. L’unico graffio granata arriva a sei minuti dalla fine con una sventola di Radonjic sulla quale Meret si guadagna la giornata, al 90’ Lozano fa volare Milinkovic. Giù il sipario e Maradona in festa.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Dybala e Smalling ribaltano l'Inter: la Roma inguaia Inzaghi

Dimarco porta in vantaggio i nerazzurri,
ma la squadra dell'ex Mou rimonta con un gran gol dell'argentino al 39'
e con un'incornata vincente del difensore al 75'.
Inter a 8 punti dalla vetta


Filippo Conticello


José, vecchio re di San Siro, strappa tre punti alla “sua” Inter rimanendo fedele a se stesso: questo 1-2 della Roma sa tanto di Mourinho, è fatto di difesa e guizzi al momento opportuno. Inzaghi invece non esce dal cono d'ombra in cui si è infilato da settimane: anche quando la sua squadra dà segni di qualche vitalità, come stavolta, non raccoglie punti, anzi peggiora la sua crisi. Simone dovrà ripensare, soprattutto, a quanto sia diventata tenera la sua difesa e, magari, a quanto gli sarebbe servito quel 21 argentino che ora abita nella Capitale.

PRIMO TEMPO — Nella giornata dello svelamento di Asllani davanti al pubblico nerazzurro, la sorpresa è tutta di José Mourinho, osannato dai suoi vecchi tifosi dal minuto 1, quasi a voler sottolineare la primogenitura dell'amore portoghese: il tecnico romanista spedisce in panchina l'Abraham opaco di stagione e traghetta Zaniolo davanti per provare a correre alle spalle di Acerbi. Pellegrini e Dybala dovrebbero far la parte degli incursori, anche se l'occhio di un San Siro strapieno non può che essere diretto verso Paulo, interista mancato, sedotto e poi abbandonato dai nerazzurri prima di vestirsi di giallorosso d'estate. Inzaghi ai tempi ha scelto altro e, adesso che i flessori tormentano ancora Lukaku, deve affidarsi all'eterno Dzeko con Lautaro, caricato a molla dalla sua Argentina.

DZEKO-GOL, ANZI NO — E sarebbe proprio Edin a spaccare la partita con un gol da borseggiatore d'area su una palla che ballonzola dalle sue parti, ma il Var vede un fuorigioco millimetrico. In realtà, nel primo tempo il piano partita di Mou non sembrerebbe funzionare e il tecnico - squalificato e invisibile a tutti i curiosi perché rintanato nel pullman della squadra a vedere il match via tablet – non sarà stato contento: la squadra non riesce ad armare ripartenze adeguate, e così l'Inter prende campo e schiaccia la sua Roma, pur senza costruire grandi occasioni. Asllani fatica a trovare la migliore posizione, schermato bene da Pellegrini, ma Barella e Calha hanno la gamba dei giorni migliori e sono il motore del primo tempo. Da una loro combinazione arriva poi il filtrante azzurro per Dimarco che sfrutta l'errore di Celik e beffa con un destro mogio mogio Rui Patricio: il portoghese non è il massimo della reattività, mentre Federico completa la sua settimana magica con la Nazionale segnando di nuovo dopo il guizzo in Ungheria. Ci sarebbe tempo e spazio per affondare, ma è in quel momento che l'Inter non coglie l'attimo come spesso le capita. Anzi, cade negli antichi vizi e lascia un po' di più campo al palleggio romanista: la beffa è la conseguenza. Non una beffa, ma la beffa di tutte le beffe: è il sinistro di Dybala, servito da Spinazzola, a colpire Handa che, anche stavolta, avrebbe potuto fare molto meglio. Se sul sentimento del rimpianto si scrivono libri da un migliaio di anni ci sarà un motivo: in tanti a San Siro hanno pensato a ciò che poteva essere e non è stato.

SECONDO TEMPO — Se da parte interista ci sono comunque passi avanti rispetto al diluvio di Udine, resta il problema più grande della stagione: appena Inzaghi subisce, si spegne tutto o quasi. E all'inizio del secondo tempo pure la Roma non trova più coraggio dal guizzo inatteso della Joya, fedele al progetto di Mou che poi risulterà vincente. In generale, però, nella ripresa si aprono più le acque e c'è più spazio per aggredire la partita da una parte e dall'altra. Dopo 13', però, uno degli elementi di maggiore interesse del match esce ed è curioso che il contrasto che abbia portato alla sostituzione di Dybala sia arrivato dall'amico argentino Lautaro: anche qui il destino ci ha messo lo zampino. A questo punto ad Abraham toccherebbe il compito di tenere palla, ma al contrario è l'Inter che ritrova passo e ritmo piantando le tende per quindici minuti là davanti. Da un lato cresce la regia di Asllani, dall'altro i difensori giallorossi faticano a leggere i movimenti sulla fascia di Dimarco e in mezzo di Lautaro, entrambi molto ispirati: è una traversa timbrata su punizione da Calha al 62esimo a fotografare questo pezzo di gara a decise tinte nerazzurre. Come nel primo tempo, però, la Roma sorniona resiste al momento giusto e poi punge: una punizione-cross di Pellegrini viene trasformata in oro da una testata di Smalling, troppo solo dentro l'area. È l'1-2, il delitto perfetto, che impone a Inzaghi cambi immediati e istintivi: fino al quarto d'ora finale Simone non aveva attinto dalla panchina, un'anomalia, poi in un colpo solo manda in campo Mhkitaryan a fare il regista al posto di Asllani e aggiunge una punta, Correa, per Calhanoglu. È un cambio di modulo, un tridente della disperazione, con successivo cambio degli esterni e ingresso in campo di Bellanova a destra e Gosens a sinistra. A questo, però, anche se perde per infortunio pure capitan Pellegrini (al suo posto Camara), alla Roma tocca solo difendersi con il coltello tra i denti. Gli attacchi nerazzurri, a cui si aggiunge pure il giovanissimo Valentin Carboni, sono però molto confusi, e anzi ci sarebbe pure spazio per il tris in ripartenza quando José costruisce una coppia d'attacco pesante Abraham-Belotti. Smalling mette la testa anche nella sua area salvando l'ultima occasione e così Mou può prendersi la prima gioia contro il suo vecchio popolo adorante. Per Inzaghi, invece, è nera la notte sopra San Siro, e tra tre giorni da queste parti passa pure Lewandowski.

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Il Milan non muore mai:
3-1 a Empoli nel recupero con super Leao.
Ma Pioli perde (altri) tre giocatori

Finale pazzesco con Bajrami che risponde a Rebic e porta gli azzurri sull’1-1 al 92’.
Eppure non è finita: Ballo-Touré e Leao regalano i tre punti ai rossoneri


Marco Pasotto


Ci si può ricordare di essere cattivi, cinici, rabbiosi e concreti anche nei minuti di recupero. Anche se per ottanta quella cattiveria non s’è vista. In altre parole: non è mai troppo tardi per ricordarsi che se c’è quello scudetto in mezzo al petto, qualcosa vorrà pur dire. Per esempio che si può vincere anche in mezzo a mille difficoltà – tre giocatori finiti in infermeria nel giro di quaranta minuti -, anche quando tutto sembra irrimediabilmente compromesso. Il Milan sbanca Empoli con un finale di gara pazzesco, dove succede di tutto. I toscani che acciuffano l’1-1 con Bajrami, rimediando al vantaggio rossonero di Rebic, al minuto numero 92. Il Diavolo che si riporta avanti al 94’ con l’ultimo che ti aspetteresti, e cioè quel Ballo-Touré che doveva in qualche modo evitare di far rimpiangere eccessivamente Hernandez: beh, missione ampiamente riuscita. E il 3-1 firmato da Leao quando il cronometro dice 97, con una sgommata solitaria e incontenibile. Ma è anche un successo che costa salatissimo: Pioli in una botta sola perde per infortunio Saelemaekers, Calabria e Kjaer. Tre k.o. che vanno ad aggiungersi ai sei giocatori già fermi ai box. Si addensano nuvoloni proprio ora che inizia il tour de force, con il trittico terribile Chelsea-Juve-Chelsea all’orizzonte. La vittoria, però, conferma il grande carattere e la mentalità vincente acquisita negli ultimi anni da questa squadra. Il Napoli è ancora lì, a portata di tiro tre punti più in su. E i gradini di vantaggio sull’Inter adesso sono cinque.

LE SCELTE — Zanetti ha mischiato un po’ le carte in mediana, preferendo Grassi a Marin davanti alla difesa e affiancando alla sua sinistra Henderson, con capitan Bandinelli (uomo del match a Bologna) confinato in panchina. In difesa De Winter al posto dell’infortunato Ismajli. Attacco affidato a Lammers e Satriano, assistiti da Pjaca. Pioli si è presentato al Castellani senza i mammasantissima Maignan ed Hernandez – in scena Tatarusanu, al debutto stagionale, e Ballo-Touré -, ma ha potuto affidarsi a Calabria, incerto in vigilia. Si era parlato anche di Pobega fra gli undici di partenza, invece si è presentato come al solito Bennacer. Dietro, però, fiducia a Kjaer e Kalulu out. Davanti Messias ha alzato bandiera bianca all’ultimo (dentro Saelemaekers), De Ketelaere si è piazzato dietro lo spremutissimo Giroud e a sinistra è tornato dalla squalifica Leao. I primi minuti hanno subito consegnato l’immaginabile copione: Milan a campeggiare nella metà campo empolese e toscani consci che il battito cardiaco non sarebbe mai sceso sotto una certa soglia. Consci, soprattutto, che non era il caso di fare azzardi ed era consigliabile cercare di governare al meglio la fase difensiva. Un atteggiamento però eccessivamente rinunciatario – un po’ per paura, un po’ per oggettive difficoltà tecniche nell’uscire dalla pressione rossonera -, che a un certo punto ha fatto arrabbiare parecchio Zanetti.

FASCIA DESTRA SPARITA — Il Milan nella prima mezzora di gioco è infatti arrivato a ridosso dell’area azzurra con una certa scioltezza praticamente tutte le volte che aveva palla fra i piedi. Ed è ovvio che sono arrivate anche le occasioni. Due nitidissime: la più colossale con Leao, che ha sprecato un’assistenza deliziosa di De Ketelaere centrando Vicario da pochi metri, tutto solo. Errore grave anche da parte di Saelemaekers, che ha mandato in malora un’azione devastante di Leao: piatto destro a lato da posizione decisamente golosa. De Ketelaere ha dato le stesse sensazioni delle ultime uscite: piedi morbidi, idee lussuose, ma a corrente alternata. Nei primi 45 l’Empoli si è affacciato seriamente dalle parti di Tatarusanu soltanto una volta, ma a Pioli sono venuti i peli dritti: il tiro di Henderson per poco non è passato sotto il fianco del portiere romeno, assistito dalla buona sorte. La partita del Milan, incanalata sui binari giusti al netto degli errori in zona gol, ha cambiato volto tra il minuto numero 33 e 36: tre maledetti giri di lancetta nei quali il Diavolo ha perso prima Saelemaekers (ginocchio) e poi Calabria (coscia). Scomparsa, in pratica, l’intera fascia destra rossonera, considerate anche le assenze pregresse di Florenzi e Messias. Pioli ha rimediato come ha potuto, ovvero inserendo Krunic alto e Kalulu terzino. Problema nel problema: sono stati utilizzati due dei tre slot disponibili per le sostituzioni.

TRIPLICE CAMBIO — Il Milan ha sentito il doppio colpo, in termini tattici ma senz’altro anche sotto l’aspetto mentale, perché è venuto meno in intensità. Condizione immutata anche nell’approccio alla ripresa, dove l’Empoli ha preso coraggio col passare dei minuti. Prima un siluro di Marin che ha sibilato a pochi passi da Tatarusanu e poi un colpo di testa di Lammers alto di poco. E il Milan? Sempre una sensazione diffusa di poca cattiveria da parte dei rossoneri, che infatti si sono resi pericolosi soprattutto su palla inattiva. Una punizione di Giroud è finita sulla parte superiore della traversa, quella di Tonali invece è stata deviata e ha chiamato Vicario a un mezzo miracolo. Poco prima della mezzora Pioli ha perso anche Kjaer e ne ha cambiati tre: il danese con Dest (Kalulu di nuovo centrale), De Ketelaere con Diaz e Giroud con Rebic. L’Empoli ha sciupato col neo entrato Bajrami (attento Tatarusanu) e poi si è fatto beffare al 34’ con una disattenzione da mani nei capelli: Tonali ha servito Leao che sì, era piazzato svariati metri oltre tutti i difensori empolesi, ma l’ha servito su rimessa laterale. Quindi niente fuorigioco, Rafa ha ringraziato e l’ha messa facile facile sui piedi dell’accorrente Rebic. Uno a zero e partita in discesa? Esattamente il contrario, perché nei minuti di recupero è successo di tutto. Al secondo Bajrami su punizione ha firmato il pari, mentre al quarto il Milan è tornato in vantaggio con chi ti aspetti di meno: torre di Krunic e piatto al volo di Ballo-Touré a pochi passi dalla linea di porta. Tutti increduli al Castellani, da una parte e dall’altra dello stadio. Match poi chiuso a chiave definitivamente da Leao, che al 97’ ha trovato la forza per andarsene via in contropiede solitario e superare Vicario con uno scavetto. Una vittoria costata carissima al Milan, ma al fischio finale è stata un’altra festa pazzesca.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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02/10/2022 16:13
 
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Lazio, tutto facile con lo Spezia:
4-0 con doppietta di Milinkovic

Immobile fallisce un penalty dopo 2 minuti,
poi i biancocelesti si scatenano e salgono a 17 punti


Nicola Berardino


Per la prima volta nella gestione Sarri la Lazio centra la terza vittoria di fila in campionato. Il 4-0 (secondo di fila dopo quello di Cremona) inflitto allo Spezia fa riagganciare il Milan, affiancando l’Atalanta (in attesa della gara con la Fiorentina) a quota 17, a tre lunghezze dalla capolista Napoli. Immobile sbaglia un rigore al via, ma la squadra di Sarri mette subito in discesa la gara. I gol di Zaccagni e Romagnoli conducono all’intervallo già sul 2-0. Nella ripresa, Milinkovic chiude i conti con una doppietta. Terzo clean sheet di fila per i biancocelesti. Continua la serie nera dello Spezia contro la Lazio: cinque k.o. in altrettante gare in A. Anche all’Olimpico toppato l’appuntamento con il primo gol esterno in campionato. Prima della partita, cerimonia per intitolare la Curva Sud dell’Olimpico (per le gare della Lazio) a Tommaso Maestrelli, in occasione del centenario dalla nascita del tecnico del primo scudetto biancoceleste (1973-74).

FLOP CIRO, ZACCAGNI C'È — Sarri è squalificato e c’è Martusciello a guidare la panchina della Lazio. Rientrano dal primo minuto Romagnoli, Luis Alberto e Lazzari, reduce da infortunio. Recuperato Immobile: in campo dal via. Nello Spezia restano in infermeria Reca, Sala, Kovalenko e Hristov. Gotti ricompatta la difesa inserendo Caldara, mentre in mediana dà spazio a Ellertsson. Avvio aggressivo della Lazio. Scorre il primo minuto quando Felipe Anderson verticalizza per Luis Alberto che lancia Immobile in area. L’attaccante viene travolto da Ampadu. Sacchi non ha dubbi e decreta il rigore. Dal dischetto Immobile sciupa l’occasione per portare subito in vantaggio in biancocelesti: tiro potente ma alto. Spezia pronto nelle ripartenze. Al 7’ Kiwior vicino al gol: provvidenziale la deviazione di Lazzari in angolo. Al 12’ la Lazio sblocca il risultato. Prepotente incursione di Zaccagni, triangolazione con Felipe Anderson per sbucare nell’area piccola e infilare Dragowski. Secondo gol in campionato per Mattia Zaccagni. Il pressing serrato dello Spezia a metà campo non impedisce alla Lazio di lanciarsi in profondità. Al 20’ sciabolata di Milinkovic a lato. Insiste la squadra di Sarri. Al 24’ Romagnoli è lesto a fiondarsi dai limiti dell’area su un rimpallo e di sinistro a volo sigla il raddoppio. Primo gol in biancoceleste per il difensore ex Milan. Al 35’ gran numero di Felipe Anderson in area: tiro deviato in angolo. Due minuti dopo, rilancio dello Spezia. Diagonale di Bastoni di poco a lato. Poi anche un colpo di testa d Caldara: alto. La Lazio continua a premere, regge la difesa dello Spezia. All’intervallo col 2-0 per i biancocelesti.

MILINKOVIC FA 51 — Al via della ripresa, un cambio per i biancocelesti in difesa: Gila avvicenda Patric, frenato da un disturbo gastroenterico. La squadra di Gotti prova a guadagnare metri, ma il pallino del gioco è della Lazio. E al 17’ arriva il terzo gol. Si sgancia in profondità Immobile che salta Dragowski, appoggia su Zaccagni, assist per Milinkovic che taglia la barriera dei 50 gol in Serie. Al 19’, altre due sostituzioni nella Lazio: entrano Hysaj e Pedro pe Lazzari e Immobile. Al centro dell’attacco si sposta Felipe Anderson. Tre sostituzioni nello Spezia: Agudelo, Ekdal e Amian rilevano Ellertsson, Bourabia e Ampadu. La formazione di Gotti beneficia di nuove energie. Al 25’ Provedel salva in uscita su Gyasi. Cerca il gol Pedro. Al 28’ esce tra gli applausi Luis Alberto: lo sostituisce Vecino. E nello Spezia, Sanca rileva Gyasi. Liguri insidiosi: bel tiro di Holm dalla distanza, fuori bersaglio. Marcos Antonio prende il posto di Cataldi. Esordio in A per Beck che rimpiazza Kiwior. E al 46’, su assist di Hysaj, Milinkovic firma la sua doppietta: c’è l’ombra del fuorigioco, Sacchi convalida dopo il check del Var. A fischio finale i 41mila dell’Olimpico in festa per la Lazio da zona Champions.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Ciofani e Strefezza, tra Lecce e Cremonese è un pareggio di rigore

Due gol su penalty. Grigiorossi avanti al 19', i salentini riequilibrano la sfida al 42'


Francesco Velluzzi


Nella lunga battaglia per non retrocedere che si chiuderà con un mucchio di squadre ai primi di giugno, Lecce e Cremonese fanno 1-1 con un botta e risposta su calcio di rigore. Anche se è la Cremonese di Massimiliano Alvini che sta diventando squadra e mette alle corde i salentini con mosse azzeccate tatticamente e maggior concretezza davanti perché va più al tiro. Alla fine forse il migliore in campo è proprio Wladimiro Falcone, portiere giallorosso che nega a Okereke il raddoppio come aveva fatto con Zanimacchia nel primo tempo. Alvini cambia modulo, passa a 4 e blinda gli esterni del Lecce che sono il vero pericolo costante della squadra di Baroni. Non solo, appiccica Pickel a Hjulmand limitando la fonte del gioco e costringendo i padroni di casa a soluzioni differenti, non sempre programmate. Ma è bravo anche Baroni ad accentrare più il suo elemento di maggior qualità, Strefezza che, infatti riesce a mandare in area Gendrey che procura il rigore col quale Strefezza pareggia quello di Ciofani.

PRIMO TEMPO — Non c’è afa ma c’è il sole a Lecce che ricorda con la voce dello speaker e sullo schermo la figura del Maciste Bruno Bolchi che allenò anche qui. Non ci sono particolari sorprese nella formazione di Marco Baroni anche se il ballottaggio a sinistra lo vince Gallo su Pezzella e davanti il centravanti lo fa Colombo, carico dal gol in Under 21 e non Ceesay che in settimana ha avuto qualche problemino. Alvini, invece, cambia tanto. Il 4-2-3-1 provato in amichevole non era solo dettato dall’emergenza, era una vera e propria prova. E infatti la Cremo parte con quel modulo con Valeri e Sernicola incollati a Strefezza e Banda, mentre Pickel che al centro tra i i tre dietro il rilanciato centravanti Ciofani (capitano), Pickel si occupa prevalentemente di Hjulmand per bloccare la fonte. Se la Cremonese avesse maggior tecnica e qualità avrebbe ben altra classifica, perché sbaglia appoggi e passaggi elementari. Ma il gioco lo fa e il Lecce, imbottigliato, ne risente. Banda non parte mai, Hjulmand non riceve mai la palla pulita per impostare e il rimedio è il lancio lungo. Per Colombo che, però non riesce a destreggiarsi. Così, proprio da una palla da Hjulmand l’ottimo Ascacibar innesta Okereke che si infila nel corridoio giusto e costringe Falcone al fallo in area. Sul dischetto al 19’ va Ciofani che non sbaglia. Al 33’ il Lecce tenta la carta del rigore ma Banda che affonda rischia più la simulazione. Baroni porta Strefezza più dentro il campo per evitargli la guardia di Valeri che è bravo anche a scendere. Ma è Zanmacchia che su un errore dei padroni di casa si invola e trova le manone di Falcone a negare il raddoppio agli uomini di Alvini proprio quando il Lecce si stava svegliando. Però, proprio la mossa di Strefezza più dentro il campo consente al brasiliano uno splendido scambio con Gendrey che viene steso da Okereke. Chi è il rigorista dei salentini? Il campo dice Strefezza. Lo scorso anno era Coda. Ma l’esecuzione di Gabriel è perfetta e per lui sono tre in questo campionato.

SECONDO TEMPO — Si riparte con Baroni che lascia negli spogliatoi lo spento Colombo per giocarsi subito la carta Ceesay. Che non riesce a capitalizzare al 12’ un bella imbeccata di Strefezza. Al 15’ dopo aver salvato bene di testa Gallo si accascia a terra. E’ necessario il cambio e tocca a Pezzella. Ma è la Cremonese che fa correre più pericoli al Lecce guadagnando corner in serie sui quali Falcone ne esce sempre vincitore. A metà ripresa Alvini rischia con Dessers per Ciofani e Meité per Ascacibar. La Cremo ci crede e al 27’ su un erroraccio di Baschirotto (passaggio avventato) ci vuole il miracolo di Falcone per salvare su Okereke. Poi il solito Zanimacchia calcia fuori. Ci prova anche Meité, murato. I padroni di casa non sono mai al sicuro e nel finale devono rinunciare pure a Strefezza che chiede il cambio. Ma chiudono all’attacco, mettendo l’energia di Banda nel finale ma senza mai tirare in porta. Radu esce dal Via del Mare senza aver fatto una sola vera parata.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Pessina si sblocca e il Monza vince ancora: buio pesto Sampdoria



Apre l'ex Atalanta, raddoppia Caprari con una splendida volée e chiude Sensi:
la squadra ligure subisce la quarta sconfitta consecutiva e resta a due punti in classifica,
i brianzoli mettono la testa fuori dalla zona retrocessione


Filippo Grimaldi

Capolinea Samp, Marco Giampaolo è sempre più a rischio esonero. Sconfitta senza appello per i blucerchiati, contestati pesantemente a fine gara, che cadono (0-3) sotto i colpi di un Monza coraggioso e padrone assoluto del campo. Per la squadra di Palladino seconda vittoria di fila dopo quella contro la Juventus, che le permette di uscire dalla zona rossa della classifica. Vanno a segno Pessina in avvio (una costante, quella dei gol subìti nella prima mezz'ora, per i blucerchiati) e, nella ripresa, i due ex Caprari (con uno straordinario destro al volo al 22') e Sensi (con un piatto destro che batte Audero all'ultimo minuto di recupero). Numeri impietosi per i blucerchiati: sesta sconfitta in otto gare, zero vittorie, la salvezza già a rischio.

PANCHINA TRABALLANTE — In caso di esonero del tecnico (in tribuna perché squalificato e sostituito dal vice Conti), il club ha già sotto contratto Roberto D'Aversa sino al prossimo 30 giugno. È lui il principale candidato a sostituire l'allenatore che gli era subentrato nella stagione passata. Qualsivoglia altra soluzione comporterebbe costi che, ad oggi, la precarietà dei conti blucerchiati sembra sconsigliare in attesa di un compratore.

QUESTIONE DI TESTA — Certo è che il Monza vince la sua gara innanzitutto sul piano mentale, ma va dato merito agli ospiti di avere giocato una gara di grande sostanza e qualità. Palladino presenta lo stesso Monza dalla mediana in su che ha messo al tappeto al Juventus prima della sosta, con Rovella e Sensi padroni della mediana, una difesa attenta e una sfrontatezza offensiva che stordisce i padroni di casa. Giampaolo abbandona il suo 4-1-4-1 e si affida a un 4-3-3 in fase offensiva, con Gabbiadini e Djuricic larghi sulle fasce e pronti a rientrare in fase di non possesso, passando al 4-5-1, con Caputo confermato unica punta e la regia affidata a Villar, con la novità della coppia di centrali difensivi, Murillo al fianco di Colley. È una sfida in cui gli ospiti fanno valere il gran lavoro di Sensi e Rovella, il primo saggio, il secondo (al ferraris se lo ricordano bene) con il fuoco addosso, ma sempre lucido. Al resto pensa la coppia Pessina-Mota Carvalho, che crea grandi problemi quando sale a una retroguardia blucerchiata troppo prevedibile.

HIGHLIGHTS — Così, all'11', approfittando di un errore in fase di impostazione dei blucerchiati, arriva il vantaggio ospite. Caprari salta Rincon e apre per Sensi che lancia sul lato opposto Ciurria. Assist di testa per Pessina, il cui gol cambia radicalmente la partita. Sampdoria troppo tesa e con poche certezze, Monza sciolto. I blucerchiati si affidano a giocate individuali, che però non portano risultato. Di Gregorio chiude due volte su Sabiri e neppure un folle passaggio sbagliato di Izzo trova la Samp attenta ad approfittarne. Si arriva così all'episodio contestato (minuto 47), quando Izzo fa blocco su Villar che cade a terra in area. Ayroldi prima concede il rigore, poi richiamato al check Var a bordo campo corregge la sua decisione fra le proteste doriane.

CAMBIO DI PASSO — La Samp prova a ripartire dopo l'intervallo con più impeto e, soprattutto, concretezza, ma è tutto vano. Squadra troppo lunga, molto nervosismo. Inutili gli inserimenti di Quagliarella e Vieira (fuori Caputo e Villar), con il passaggio al 4-3-1-2. Il Monza mai va in affanno, controlla la partita senza rinunciare a provare a chiuderla. E lo fa al minuto 22 con il capolavoro di Caprari. Lì la Samp si arrende, mentre il Monza non rinuncia a giocare e, al 50', l'altro ex illustre, Sensi, con un piatto destro trova il varco fra Audero e il palo. Finisce 0-3, per la Samp è un momento durissimo, di riflessioni e decisioni.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Sassuolo scatenato: manita alla Salernitana

I ragazzi di Dionisi ritrovano la vittoria in casa che mancava
dal 20 agosto (1-0 contro il Lecce), la sblocca Laurienté, poi Pinamonti su rigore.
Nella ripresa le reti di Thorstvedt, Harroui e Antiste.
Ottima direzione di gara all'esordio per Ferrieri Caputi


Andrea Elefante


Nel giorno di Maria Sole Ferrieri Caputi, prima donna ad arbitrare una gara di Serie A, il Sassuolo passeggia sui resti della Salernitana combattiva e impenetrabile che fu. E che non è da quattro partite, visti gli 11 gol subiti.

Alla faccia degli assenti, per il Sassuolo una classifica migliore dell’anno scorso dopo una vittoria “comodissima”, che agevola anche il compito dell’arbitro: non è stata una partita complicata, ma l’ha diretta con lucidità e serenità, interpretando bene tutto (a parte un giallo non dato ad Erlic), compreso il fallo di Maggiore su Ceide, per il rigore del 2-0 del Sassuolo.

LE SCELTE — Solo una sorpresa da Dionisi, che ritrova Erlic al centro della difesa, risolve il ballottaggio Thorstved-Henrique a favore del primo e davanti, assieme a Laurienté e Pinamonti, schiera Ceide e non Kyriakopoulos come nell’ultima gara prima della sosta. Anche Nicola viaggia nel segno della continuità, a parte il ritorno di Lovato nella linea a tre difensiva: in assenza di Bohinen c’è ancora Maggiore a fare il play e davanti fiducia alla coppia Piatek-Dia.

PRIMO TEMPO — Al Sassuolo bastano 12’ per smascherare una Salernitana a cui manca la feroce aggressività dei bei tempi. La fotografia è Bronn, che su una ripartenza avviata da Frattesi e rifinita da Thorstvedt per l’incursione di Laurienté, lascia troppi metri di libertà al francese, bravissimo a “puntare” il palo più lontano. La squadra di Nicola potrebbe crollare già 5’ dopo, quando Thorstvedt può guardare in faccia Sepe, ma invece del tiro sceglie la sterzata sul sinistro, consentendo al portiere una respinta-miracolo. Segnali di vera Salernitana solo al 25’, quando Maggiore mette Dia davanti a Consigli, bravissimo a respingere. Ma prima di costruirsi un’altra chance da gol (34’, Dia riceve da Mazzocchi ma mira fuori un comodo tiro centrale), i granata rischiano ancora per una fuga a velocità pazzesca di Laurienté, che però davanti a Sepe inciampa senza tirare, né servire il ben piazzato Pinamonti. Il quale poi ha la chance per segnare, e non la spreca, al 37’, quando sull’altra fascia Ceide, al primo lampo della sua partita, va via in dribbling fino alla linea di fondo, dove interviene Maggiore, colpendo prima il pallone con il piede e poi con l’anca il norvegese. Ferrieri Caputi non ha dubbi e indica il dischetto e il successivo consulto con il Var non comporta variazioni della decisione, non essendoci errore tecnico su cui intervenire: il centravanti del Sassuolo angola molto il tiro e segna il 2-0, anche se Sepe intuisce la traiettoria.

SECONDO TEMPO — Se possibile, nella ripresa la Salernitana è ancora più deludente, nonostante Nicola cambi tre sistemi di gioco: squadra slegata, poco reattiva, con un solo tentativo - e neanche così pericoloso - per andare in gol, di Piatek, che di testa mette a lato. Ma nel frattempo il Sassuolo aveva già segnato il terzo gol, con ripartenza ideata - guarda caso - da Lopez, con assist perfetto di Alvarez per Thorstvedt che arriva da dietro. E ne segna altri due, infierendo sugli squilibri granata: prima, al 31’, con un’azione che esalta la sua nuova verticalità, chiusa da Harroui su assist di Laurienté. E poi a un minuto dalla fine, in pieno recupero, quando Sepe respinge alla disperata un tiro di Alvarez solo davanti a lui: respinta che trova Antiste il quale con tutto il tempo e lo spazio firma il 5-0.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Lookman rilancia l'Atalanta in vetta:
basta un gol per battere la Fiorentina

La seconda rete in Serie A dell'inglese riporta i bergamaschi a pari punti con il Napoli capolista.
Terza sconfitta in campionato per gli uomini di Italiano


Luca Taidelli


La cinica Atalanta non sbaglia un colpo, con un guizzo di Lookman – ma metà gol è di Muriel - batte una Fiorentina dalle ali tarpate, e dopo otto giornate non soltanto resta prima con il Napoli a quota 20 punti ma è già a metà dell’opera salvezza, invocata in settimana dal presidente Percassi a quota 40. L’attacco che un tempo segnava a raffica ora si limita a colpire quando deve, ma Gasp ha fondamenta solide come dimostrano le appena tre reti concesse. La Fiorentina paga le assenze di Sottil e Gonzalez, la stanchezza di Amrabat – dentro, e bene, solo nel finale dopo gli impegni in nazionale -, la scarsa condizione degli attaccanti e la Conference che toglie energie (anche) mentali, visto che giovedì in Scozia bisogna vincere per non uscire in un girone pur tutt’altro che irresistibile. L’Atalanta invece le Coppe per questo giro non le gioca e fa bene a sfruttare il vantaggio.

PRIMO TEMPO — Gasperini tiene in panchina Demiral e al centro della difesa Okoli, piazzando Scalvini sul centro sinistra. Davanti c’è Ederson alle spalle di Lookman e Muriel. Italiano invece per la seconda volta di fila risolve il ballottaggio Jovic-Cabral tenendo in panchina entrambi gli attaccanti spuntati e accentrando Kouamé, con Ikoné e Saponara ai suoi lati. Subito in evidenza le due filosofie, con la Viola più manovriera ma incapace di cambiare ritmo e la Dea 2.0. che preferisce aspettare per poi andare di fiammate con le sventagliate e i cambi di gioco – soprattutto di Scalvini e Koopmeiners – a (cercare di) innescare le punte o gli esterni. La squadra di Italiano esce dai blocchi un po’ più convinta e con Kouame bravo a chiamare fuori Okoli avrebbe le occasioni per passare. Con lo scorrere dei minuti però la spinta viola si placa ed emergono i problemi soprattutto nelle letture difensive, con Lookman ed Ederson però incapaci di approfittarne. Serve un episodio che accenda un match in cerca di autore (e di centravanti…) e al 39’ la scintilla sembra arrivare. Irrati infatti espelle Kouamé che sfiora al volto De Roon. Sarebbe un bel guaio per la Viola, che già deve gestire lo scarso dinamismo di Bonaventura e Saponara, maestri di calcio ma non più di intensità. Invece al Var il direttore di gara si rende conto dell’involontarietà di Kouamé, cui risparmia anche il giallo, per la rabbia del mondo nerazzurro, già sensibile dopo gli episodi controversi nelle tre vittorie toscane della scorsa stagione. Più che due tentativi di Lookman e Soppy, i primi nello specchio dei padroni di casa, però il finale di tempo non regala.

SECONDO TEMPO — Si riparte con gli stessi 22 e la Fiorentina che sembra più frizzante (diagonale decisiva di Toloi su Kouamé a centro area) grazie a Bonaventura che prova a cucire il gioco tra mediana e attacco. Nelle terre di mezzo infatti le varie coppie (Ederson-Mandragora, Barak-De Roon e Koopmeiners-Bonaventura) tendono ad annullarsi. Gasp si gioca le carte Maehle e Pasalic per Soppy ed Ederson, mentre Italiano probabilmente vorrebbe forze fresche sugli esterni alti ma Sottil è rimasto a Firenze e Gonzalez è perseguitato dalla tallonite. Il match si stappa al 59’, con Muriel che su una rimessa laterale danza sulla linea di fondo, beffa Mandragora e serve un babà che Lookman a due passi dalla porta non può certo rifiutare. La Viola ora è costretta a sbilanciarsi e Maehle si mangia il raddoppio sull’imbucata del solito Muriel. Invece che inserire uno tra Cabral e Jovic, Italiano vira al 4-2-3-1 con Amrabat per Bonaventura e lo spaesato Barak che avanza alle spalle di Kouame. La Dea però ora è una catapulta e ogni ripartenza diventa un’occasione da rete. Quarta salva su Lookman ma il match ormai va a strappi e Saponara su torre di Kouamé si incarta a tre metri dalla porta. Alla mezzora i due tecnici provano a dare l’ultima svolta. Nella Dea entrano Malinovskyi, Hojlund e Demiral per Lookman, Muriel e l’acciaccato Toloi. Tra i viola Barak cede il posto a Jovic e in un finale all’arma bianca, in cui la Dea si schiaccia troppo, entra pure Cabral. Sportiello però dice di no a Jovic, mentre Demiral va solo vicino al clamoroso autogol.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Vlahovic e Milik segnano, il Bologna è poca cosa: la Juve riparte col tris

Il serbo manda in gol Kostic e raddoppia, il polacco, autore di un’ottima partita, chiude i conti


Andrea Ramazzotti


Massimiliano Allegri è stato ascoltato. Alla vigilia aveva parlato di “stagione che deve iniziare contro il Bologna” e la squadra non lo ha deluso battendo nettamente il Bologna. Stavolta niente vittoria di corto muso o beffa finale sotto forma di Var: il successo, atteso oltre un mese, è stato indiscutibile e meritato anche per gli inossidabili detrattori di Max. La differenza l’hanno fatta i giocatori offensivi, dall’inesauribile Kostic, autore dell’1-0, al ritrovato Vlahovic, sbloccatosi dopo quattro gare di digiuno, passando per Milik, acquisto fondamentale per dare la scossa all’attacco. La Signora si era imposta per 3-0 pure alla prima giornata contro il Sassuolo, quando i problemi del settembre da incubo non erano neppure all’orizzonte. Resta da capire se quella con il Bologna sarà vera gloria: è stato tutto merito dei bianconeri oppure i rossoblù hanno agevolato il loro compito con una fragilità preoccupante in mezzo al campo e una scarsa incisività delle sue punte? Più che dalla sfida di Champions di mercoledì contro il Maccabi Haifa, i dubbi verranno dissipati dal big match di sabato a San Siro contro il Milan. Bonucci e compagni ci arriveranno a -4 dalla formazione di Pioli e a -7 dalla capolista Napoli, ma con un morale completamente diverso rispetto a due settimane fa. Non un particolare di poco conto per una formazione che ha ancora fuori Pogba, Chiesa e Di Maria.

CONTESTAZIONE E RITORNI — Senza il Fideo squalificato, ma con in campo i recuperati Szczesny, Alex Sandro, Locatelli, Rabiot e Milik (quest’ultimo a Monza era out per l’espulsione rimediata contro la Salernitana), rispetto alla sconfitta pre sosta la Signora ha cambiato non solo la maglia (dal nero al rosa), ma soprattutto l’abito tattico: confermata la difesa a quattro, ma spazio per il 4-4-2 a discapito del 4-3-3. Obiettivo chiaro: curare la solitudine offensiva di Vlahovic affiancandogli l’ex Napoli e Marsiglia e calciare di più verso la porta avversaria rispetto al settembre nero. Thiago Motta ha risposto con una coppia di difensori centrali inedita (Bonifazi e Sosa), ma soprattutto con il 4-2-3-1 che aveva Soriano alle spalle di Arnautovic per creare pericoli tra le linee. L’ambiente infuocato, con contestazione fuori dal J Hotel e cori poco carini provenienti dalla Curva, ha spinto Bonucci e compagni ad aggredire fin dall’inizio e il Bologna, più che a ripartire, ha dovuto pensare a occupare gli spazi. Bonucci e Bremer tenevano alta la linea per arginare il temuto Arnautovic, ma anche per non allungare la squadra. Nonostante ciò, però, il Bologna non era costretto alle corde perché il ritmo non era elevato e quasi tutte le iniziative si sviluppavano sulla fascia sinistra, con Kostic protagonista. Pochi i palloni per le due punte e così nel primo quarto d’ora l’unico pericolo è arrivato da un colpo di testa centrale di McKennie.

DUETTO SERBO — Era chiaro che alla Juventus servisse un episodio per accendersi e non a caso è stato Milik, uno dei più positivi in questo complicato inizio di stagione, a provocarlo: l’attaccante polacco nella propria metà campo ha strappato con una scivolata da mediano il pallone a Sansone e ha innescato un micidiale contropiede, ben condotto da Vlahovic e rifinito da un diagonale vincente di Kostic, al primo gol in A. Se l’esterno serbo aveva servito l’assist dell’1-0 al compagno nella vittoria di martedì in Norvegia, ieri è stato ripagato. La rete non ha saziato la fame di Madame che arrivava sempre prima sulla sfera, vinceva quasi tutti i duelli e approfittava dei molti errori nei passaggi dei rossoblù per ripartire. Il palleggio non è mai stato spettacolare, ma Milik ha comunque sfiorato il 2-0, su cross di Alex Sandro, senza che Thiago Motta riuscisse a trovare una soluzione per la netta superiorità in mezzo di Locatelli e Rabiot. Gli ospiti hanno costretto alla parata Szczesny solo con un’inzuccata neppure tanto insidiosa di De Silvestri e sono tornati negli spogliatoi senza aver mai fatto paura agli avversari.


SHOW DI DUSAN E AREK — Dagli spogliatoi sono rientrate le stesse formazioni e lo spartito tattico non è cambiato. Milik ha dato un altro segnale della sua presenza con un tiro dal limite alto, tanto per far capire al Bologna che la sua serata sarebbe stata complicata anche nella seconda frazione. I rossoblù hanno guadagnato qualche metro di campo, ma ci sono riusciti solo perché è stata la Juventus a “chiamarli” fuori dal guscio, per colpirli in contropiede. Piano perfettamente riuscito con il 2-0 nato da una ripartenza micidiale, con il cross di McKennie per la testa di Vlahovic, di nuovo in gol dopo quattro incontri senza esultare tra A ed Europa. Allegri ha inserito Cuadrado per McKennie e Paredes per Kostic (Rabiot ha traslocato a sinistra), Thiago Motta ha risposto con Medel per Dominguez, Cambiaso per De Silvestri e Vignato per Sansone. Mosse vane quelle del tecnico ex Spezia perché una manciata di secondi dopo il triplice cambio, Milik ha chiuso il confronto con una botta spaventosa dal limite, sugli sviluppi di un calcio d’angolo respinto male dalla difesa rossoblù. Il resto della gara è stata un allenamento in vista della Champions, con Vlahovic che ha sfiorato la doppietta, Bonucci che di testa ha timbrato il palo ed Allegri che ha chiuso con la difesa a tre per tenere imbattuta la propria porta, “impresa” che non riusciva dal 2-0 allo Spezia del 31 agosto. Quella era stata anche l’ultima vittoria, poi un settembre da dimenticare che adesso sembra un po’ più lontano.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Udinese, sesta vittoria consecutiva:
rimonta a Verona ed è terza da sola

Hellas avanti con un'altra rete di Doig,
reagisce la squadra di Sottil che trova il pari con Beto,
poi Bijol in pieno recupero lancia i friulani dietro la coppia Napoli-Atalanta



Non smette di sorprendere l'Udinese, che vince 2-1 a Verona grazie a un gol al 93' di Bijol, a segno per la seconda partita consecutiva. Fanno sei successi consecutivi per la squadra di Sottil, ancora a un punto in classifica dalle capolista a Napoli e Atalanta. Il verdetto del Bentegodi penalizza il Verona, che continua ad ottenere meno punti di quelli che meriterebbe. Risultato comunque equo: l'Udinese ha indubbiamente avuto più occasioni, sprecando troppo per mancanza di mancata qualità nei tiri in porta, con lo scatenato Deulofeu a fare tutto bene tranne le conclusioni (clamoroso l'errore di testa nel primo tempo).

LA PARTITA — Dopo il primo brivido (errore di Montipò nel rinvio, ma Makengo non scarta il regalo), il Verona si rintana e cerca di ripartire, trovando il gol con il giovane scozzese Doig, che esulta per la seconda volta in campionato grazie a un bel sinistro al volo. Qui l'Udinese mostra tutto il suo spessore, giocando un calcio di grande intensità e buona qualità. Pereyra e Walace sciupano buone occasioni, Montipò non fa miracoli ma dà sicurezza. Quando la partita sembra un po' incartarsi, Sottil azzecca tutto dalla panchina. Dentro l'immensa qualità del giovane Samardzic e Beto. Ed è proprio il brasiliano a segnare su azione avviata dal mancino e rifinita da Deulofeu. I cambi di Cioffi danno molto meno e il Verona fatica a creare, preferendo proteggere il pari. Missione compiuta fino al 93', quando Gunter e Ceccherini lasciano saltare di testa Bijol su punizione dell'onnipresente Samardzic. Lo sloveno dopo aver punito l'Inter segna un altro gol pesante e Udine riassapora i bei tempi antichi, quando stava spesso nelle parti alte della classifica.

Gasport

Fonte: Gazzetta dello Sport
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SERIE A 2022/2023 8ª Giornata (8ª di Andata)

01/10/2022
Napoli - Torino 3-1
Inter - Roma 1-2
Empoli - Milan 1-3
02/10/2022
Lazio - Spezia 4-0
Lecce - Cremonese 1-1
Sampdoria - Monza 0-3
Sassuolo - Salernitana 5-0
Atalanta - Fiorentina 1-0
Juventus - Bologna 3-0
03/10/2022
Verona - Udinese 1-2

Classifica
1) Napoli e Atalanta punti 20;
3) Udinese punti 19;
4) Lazio e Milan punti 17;
6) Roma punti 16;
7) Juventus punti 13;
8) Sassuolo e Inter punti 12;
10) Torino punti 10;
11) Fiorentina punti 9;
12) Spezia punti 8;
13) Lecce, Salernitana, Empoli e Monza punti 7;
17) Bologna punti 6;
18) Verona punti 5;
19) Cremonese punti 3;
20) Sampdoria punti 2.

(gazzetta.it)
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L'Inter va con doppio Dzeko:
2-1 in casa del Sassuolo.
Ora Inzaghi può sorridere



Avanti nel primo tempo con un gol di Edin,
i nerazzurri vengono raggiunti nella ripresa da Frattesi,
ma il bosniaco firma la vittoria e la rete personale numero 101 in campionato.
Convincente esordio A di Onana


Filippo Conticello

Più che questi tre punti, meritati, sudati e pure dorati, da Reggio Emilia l'Inter sperava di portare via altro. Soprattutto quello che in tanti hanno chiamato "lo spirito di Barcellona": la voglia di lottare insieme vista nella notte di Champions, la fame e l'unità di gruppo. Col Sassuolo, avversario meno nobile ma pur sempre insidioso, i nerazzurri hanno confermato quella stessa buona onda: riuscire a rimettere il muso avanti dopo essere stata ripresa, è la conferma che l'Inter sta davvero ritrovando se stessa. Nell'operazione l'ha aiutata la freddezza dell'eterno Dzeko, autore di una doppietta salvifica e ben più efficace del collega Lautaro: al Camp Nou Edin rischierà di soffrire di solitudine davanti, ma potrà comunque risultare decisivo.

PRIMO TEMPO — Nella gara che segna la ripartenza in campionato, dopo tre k.o. consecutivi in trasferta, alla fine è spuntato Onana: sorpasso per scelta tecnica sul mammasantissima Handanovic ed esordio camerunese dal primo minuto in A. Insomma, la prima notizia di giornata, che è anche una scheggia di futuro, arriva dalla porta. Per il resto, Inzaghi sceglie cambi mirati rispetto alla sfida col Barcellona in ogni fazzoletto di campo: due in difesa (dentro Acerbi e D'Ambrosio), uno in mezzo (torna il talentino Asllani a suonare le danze) e uno davanti (Dzeko è un obbligo anche per il k.o. di Correa: né lui né Lukaku saranno infatti in Catalogna). Il Sassuolo di Dionisi, invece, si piazza con un 4-3-3 assai dinamico, in cui il trittico davanti sa come far venire il mal di denti: accanto all'ex Pinamonti, la velocità di Laurienté a sinistra e Ceide a destra fa ballare la difesa nerazzurra in alcuni momenti. La prima occasione, però, la crea un centrocampista a lungo seguito dei nerazzurri: un'incursione di Frattesi costringe Onana alla prima parata della vita in A poi, sulla ribattuta, Barella rischia i connotati ribattendo col faccione. I nerazzurri, frenati da una regia timidina di Asllani, seguito a uomo da Maxime Lopez, conservano comunque un atteggiamento prudente e un baricentro più basso rispetto agli inizi: anche questo è un insegnamento dalla notte di Coppa. Nel primo tempo avrebbe due maxi-occasioni per passare quando, grazie a strappi individuali, riesce a "rompere" le linee nemiche: prima tocca a Bastoni in libera uscita fare 50 spettacoli metri con la palla attaccata al sinistro e poi a Dumfries sfondare sulla fascia destra, ma in entrambi i casi è Lautaro a fallire. Il digiuno è persistente, preoccupante e lo si vedrà per tutta la gara. Con questa disposizione, i nerazzurri, senza far niente di trascendentale e a ritmi lentissimi, fanno comunque piovere altri palloni pericolosi in zona Consigli: si difetta in precisione finché, dopo un angolo deviato da Dumfries, Dzeko trova il tocchetto rapace dell'1-0 giusto prima della fine del primo tempo e festeggia il suo 100esimo centro nel nostro campionato. Tra l'altro, Edin non segnava dal derby e interrompe il tabù dei gol delle punte nerazzurre: un mese lunghissimo finalmente alle spalle.

LA RIPRESA — Nel secondo tempo Inzaghi toglie dalla contesa Asllani, ammonito ma pure deludente: con l'ingresso di Mkhitaryan e lo spostamento di Calha da regista, il centrocampo di Simone ha lo stesso assetto di quello di martedì. Era stato il reparto meno convincente fino a quel momento, ma con l'aggiunta dell'armeno trova un tesoro di qualità e lucidità. I nerazzurri soffrono, però, le volte in cui gli esterni riescono a prendere campo, soprattutto Laurienté è una pantera in accelerazione e costringe D'Ambrosio a un fallo da giallo (e alla seguente sostituzione con Skriniar). Anche Rogerio trova più campo su quella corsia e, quando taglia il pallone giusto in mezzo, Frattesi impatta al volo e beffa Onana: su questo 1-1 qualche responsabilità sarebbe anche di Calhanoglu, che non segue l'azzurro a dovere nella sua scorribanda in area. A quel punto Dionisi rovescia in campo davanti Antiste (per Ceide) e a centrocampo Harroui (per Thorstvedt) pur di sfruttare il buon momento neroverde, ma è lì che la partita subisce un ulteriore colpo di vento. Prima si assiste all'ennesimo atto della faticosa rincorsa al gol di Lautaro Martinez: Consigli trova una parata immaginifica sul colpo di testa del Toro. Poi un'altra zuccata, stavolta di Dzeko, finisce in rete: il bosniaco segna il 2-1 su assist eccellente di Micki, il cui peso specifico nella gara è enorme. L'armeno è un jolly per Simone che ad Appiano lo sta testando anche in posizione più avanzata. La partita prosegue così, con questo copione e con Lautaro che allunga la sua sequela di errori sotto porta: alla fine le conclusioni del Toro saranno sei e i gol zero. In vista della Champions, tra molte buone notizie, questa preoccupa un po'.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Tomori-Diaz: il Milan aggancia la vetta e la Juve sprofonda

Dopo un buon avvio della squadra di Allegri,
i rossoneri escono alla distanza imponendosi con un gol per tempo.
Leao colpisce due pali


Marco Pasotto


Il campionato ristabilisce ciò che la Champions aveva dato l’impressione di sovvertire per un paio di giorni: questo Milan, almeno per il momento, continua a essere più forte di questa Juve. Una partita che il Diavolo ha portato a casa con rabbia, anzi con ferocia – quella ferocia smarrita a Londra e ritrovata da grande squadra proprio contro un’altra big – e con una lettura tattica di Pioli che si è rivelata vincente e superiore a quella di Allegri. Ma non solo: il Milan si è preso i tre punti grazie a un giocatore criticato più di una volta in questa stagione (Tomori) e con un riservista di lusso (Diaz). I soliti, mille modi del Milan pioliano di arrivare al gol e vincere le partite. Anche senza sette infortunati. Non poteva esserci risposta più energica ed energizzante dopo il blackout totale di Stamford Bridge. La Juve è durata circa mezzo tempo, per poi uscire quasi completamente di scena, e adesso c’è un abisso fra i bianconeri e i primi piani del torneo. Uno schiaffo violento non solo in termini di punti, ma anche nelle convinzioni e in quell’autostima faticosamente riconquistata tra Bologna e Maccabi (6 gol fatti e solo uno incassato). Allegri non si fidava del Milan ferito: era stato un buon profeta.

LE SCELTE — Pioli dopo le sofferenze londinesi ha capito di dover mettere mano a qualcosa. Dove per qualcosa si intende per esempio la tormentata fascia destra, che infatti è finita nuovamente nel frullatore: fuori Krunic e Dest, chiavi a Kalulu - ovvero con Gabbia accanto a Tomori al centro della difesa - e Diaz. Esatto, Diaz, e qui ci sono due novità in una: il turno di riposo (e di riflessione) per De Ketelaere e il cambio di sistema. Qualcosa di molto fluido, come piace a Pioli, un po’ 4-3-3 e un po’ 4-1-4-1, con Bennacer davanti alla difesa e Tonali nella doppia veste di mezzala destra e interno a seconda degli sviluppi di gioco. Stesso discorso per Pobega – l’altra grande novità di giornata - sul centrosinistra. A sinistra si è riformata la corsia dei sogni con Theo e Leao, al servizio di Giroud. Allegri ha confermato il 4-4-2 immaginato in vigilia, con il ritorno di Bonucci, Cuadrado davanti a Danilo, Alex Sandro per l’infortunato De Sciglio e Locatelli preferito a Paredes. Attacco affidato a Vlahovic e al ristabilito Milik. Il polacco è stato il più servizievole dei suoi nella prima parte di gara, intelligente nei movimenti e abile a dettare i passaggi, il problema della Juve è che è durata meno di metà tempo. Tutto abbastanza bene, fin quando ci sono state iniziative e coraggio. Con Cuadrado, che ha messo in difficoltà Tomori quando Hernandez non ci arrivava, con Rabiot che alternava inserimenti e lanci. Gioco di rimessa, comunque, perché la Signora, come da copione, attendeva sorniona che il Milan si smarrisse in fase offensiva. E quando i bianconeri mettevano nel mirino la porta, pochi ricami e scelte di sostanza: ci ha provato prima Cuadrado (9’), poi Danilo (14’) e sono stati tiri insidiosi che si sono spenti vicino al palo destro di Tatarusanu.

FATICA — Il Milan ha avuto il merito di non spaventarsi, anzi, di non preoccuparsi nemmeno, tranquillizzato da avere il pallone fra i piedi per la maggior parte del tempo. Il problema rossonero, nella prima fase del match, è stato la difficoltà di liberare Leao nello spazio, mentre Diaz – largo a destra - ha faticato parecchio a emergere e trovare luce. Chiuso, chiusissimo. In altre parole, la mossa tattica di Pioli ha prodotto effetti evidenti per fortificare il regno tra mediana e trequarti, ma non è riuscita a coinvolgere Giroud. Un problema relativo, in realtà, perché quando col passare dei minuti la Juve ha iniziato a perdere metri e la capacità di ripartire. Al 20’ è stata salvata dalla buona sorte con Leao, che di tacco ha appoggiato sul palo esterno un angolo di Tonali. Il giallo a Cuadrato al minuto 26 ha praticamente tolto di scena il colombiano, preoccupato soprattutto di non lasciare la squadra in dieci, e la Juve in pratica è finita lì. Decisamente molto presto. Troppo presto. Un invito a nozze per i rossoneri, che si sono accorti dell’evidente timidezza bianconera e hanno iniziato a martellare. Bravissimo Bennacer a pulire tutti i palloni nella prima fase di impostazione, mentre Tonali e Pobega hanno protetto e accompagnato allo stesso tempo. Alla mezzora proteste rossonere per un braccio-spalla di Vlahovic in area su tiro di Leao e pochi minuti dopo altro palo di Leao, stavolta con un destro dalla distanza. Il gol di Tomori nei primi secondi di recupero è stato quasi ovvio, vista l’inerzia della partita: angolo di Hernandez, Cuadrado a vuoto, girata di Giroud che sbatte su Tomori e palla che resta lì, comoda comoda da mettere in buca. Proteste rabbiose della Juve per un ruvido intervento precedente di Hernandez su Cuadrado, da cui è nato l’angolo. La prima frazione è terminata così e la si può osservare anche da un’altra angolazione: un solo tiro in porta dei bianconeri – debole e centrale – di Milik. Tatarusanu non ha avuto altri pensieri in forma diretta.

COPIONE — La ripresa non ha cambiato il copione. Juve sfilacciata, smarrita, preoccupata, una squadra che ha dato l’impressione di essere anche giù di tono fisico. E Milan sempre più feroce. Leao sgommava, tirava, e i bianconeri non replicavano. Al decimo il match si è virtualmente concluso: erroraccio di Vlahovic in appoggio, Diaz ha rubato palla ed è partito quando era ancora nella sua metà campo, senza che nessuno riuscisse a prenderlo. Non ce l’ha fatta Bonucci, schivato come un paletto dello slalom, non ce l’ha fatta Milik, non ce l’ha fatta Cuadrado. Galoppata solitaria conclusa con un gol fantastico. San Siro in delirio. A quel punto sono iniziati i cambi. Dentro Paredes e Miretti per Locatelli e Kostic, e Krunic per Pobega. Hernandez ha sprecato con Szczesny fuori causa, Kalulu ha salvato un gol praticamente fatto su Kean, ma ciò che ha colpito ed è rimasto negli occhi è la cattiveria agonistica, la ferocia del Diavolo sia nel pressing che nei recuperi difensivi. Un atteggiamento che Madama non ha praticamente mai esibito, se escludiamo qualche sprazzo nei minuti iniziali. Differenze tattiche e nell’atteggiamento: i tre punti del Diavolo sono chiusi qui dentro.

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La Samp di Stankovic rimonta a Bologna ma l'1-1 la lascia ultima

Dominguez porta in vantaggio la squadra di Motta,
reazione blucerchiata nella ripresa.
Djuricic sigla il pari poi Skorupski difende il punto


Filippo Grimaldi


Samp (serba) felice, Bologna travolto dai fischi a fine gara dopo un 1-1 che (ri)accende la feroce contestazione della curva rossoblù. Dominguez illude la squadra di casa, Djuricic salva i blucerchiati. Chi, se non il suo connazionale, avrebbe potuto dare una mano a Stankovic per rimettere in parità una partita che per la Samp stava diventando maledettamente complicata? Succede proprio così al minuto 27 della ripresa, in una gara che il Bologna sino a quel momento pareva gestire tranquillamente dopo il vantaggio di Dominguez nel primo tempo. Invece finisce in parità la sfida del Dall’Ara, ma alla fine chi sorride è la Sampdoria e il Bologna mastica amaro. Ma la colpa è dei rossoblù, che dopo l’intervallo non sono riusciti a imporre il proprio gioco per provare a chiudere la gara. Un punto che pesa per i blucerchiati, e pazienza se la prima vittoria della Samp slitta ancora. Il Bologna ricade nel limbo, dopo una settimana mai così tormentata, anche se Motta porta a casa il primo punticino della sua gestione. Stankovic ha provato a dare la svolta in due giorni di lavoro e qualcosa si è già visto, almeno sul piano dell’intensità. Apre Dominguez nel primo tempo, a chiusura di un’azione che ha avuto in Arnautovic il principale interprete, con un’apertura di prima (male Sabiri) per Aebischer. Il suo tiro è stato ribattuto da Audero, che nulla ha potuto sulla seconda conclusione del centrocampista argentino del Bologna. Sempre lui, Dominguez, quasi allo scadere ha centrato la traversa da quasi trenta metri, a conferma di una serata da protagonista.

VIAGGIO NELLA CRISI — Stankovic farà crescere ancora questa Samp, che stasera ha schierato con un 4-2-3-1 (Rincon e Vieira davanti alla difesa, Caputo unica punta) che ha mostrato nel primo tempo vecchi peccati e ben note lacune, a cominciare dall’unica punta blucerchiata mai servita. Stankovic è entrato in campo abbracciato a Thiago Motta, compagno del Triplete nerazzurro, ma poi ha dovuto soffrire. Per il Bologna non era una serata facile sul piano psicologico dopo essere entrato in campo accolto da uno striscione nella curva rossoblù (“Chi non lotta se ne deve andare”), che lasciava poco spazio all’immaginazione. L’inizio della Samp è stato in salita, perché il Bologna ha sfondato subito sulla propria corsia di destra (in sofferenza Bereszynski), con Orsolini che ha servito Aebischer: tiro fuori di poco, murato da Murillo. Poi sono usciti i blucerchiati e si è avuta l’impressione che la squadra di Stankovic fosse riuscita a riorganizzarsi, facendo una buona densità in mezzo al campo, sfruttando poi gli inserimenti di Djuricic, al quale i rossoblù hanno faticato a prendere le misure. Motta ha perso Lykogiannis per un infortunio, uscito in barella per i postumi di una testata con Sabiri, sostituito da De Silvestri (a destra, con Cambiaso spostato a sinistra). Ma la manovra non ne ha risentito, anche perché la Samp ha perso incisività con il passare dei minuti.

CORREZIONE DI ROTTA — Stankovic ha provato nella ripresa a cambiare, e le sue mosse hanno funzionato: dentro Léris (a sinistra), Djuricic spostato in posizione centrale, e Sabiri a destra. Caputo-gol, ma era partito in posizione nettamente irregolare. Stankovic ha dato allora spazio a Villar, per guadagnare qualità nel palleggio contro un Bologna meno brillante del primo tempo, ma che ha approfittato delle frequenti interruzioni del gioco per aggiustare le posizioni. Fino al gol del pareggio: cross di Bereszynski dalla destra, malinteso Skorupski-Soumaoro, rinvio corto del portiere, tiro sbagliato di Léris che è diventato un assist per Djuricic. Lì è esplosa la gioia di Stankovic, che nel finale con Verre è andato vicinissimo a una clamorosa vittoria.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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